Capitolo 18
Alexis aveva appena terminato di vestirsi quando la porta della sua camera si spalancò.
<<Scusate l'interruzione, ma si è fatto tardi>> Jake entrò nella stanza a passi decisi e si fermò poco lontano dal letto; per qualche secondo, non potè fare a meno di osservare Alexis: i suoi lunghi capelli rossi che ricadevano mossi sulla schiena, i fermagli a forma di foglia che fissavano due piccole ciocche sul capo, la piuma dorata che pendeva dal suo lobo, gli splendidi occhi verdi...
Nella sua semplicità, con i capelli sciolti e un modesto abito grigio, dal corpetto stretto e la gonna leggermente più ampia, Alexis era meravigliosa, aveva la stessa bellezza fuori dal comune di una fata, di uno di quegli esseri mistici che esistono solo nelle leggende.
Quando Cassandra lasciò la stanza con un leggero colpo di tosse, Jake si accorse di essersi incantato a guardare la ragazza e distolse lo sguardo con le guance velate di rosa.
Del resto, anche Alexis non aveva staccato lo sguardo da lui, ma, più che a osservare i suoi dettagli, si era persa nei ricordi del giorno precedente.
<<Beh...>> Jake alzò le spalle e fece un sorriso <<Direi che possiamo andare>> la ragazza annuì e lo seguì in corridoio.
Il suo cambio d'umore l'aveva decisamente confusa; la sera prima, quando l'aveva lasciata, era triste e arrabbiato, ma allo stesso tempo malinconico e tormentato, quasi come se non sapesse cosa fare o cosa dire... sembrava perso.
Alexis non lo conosceva da molto tempo, ma da quello che aveva potuto vedere, Jake cambiava umore come cambiava il vento: un momento soffiava da nord, era forte, deciso e determinato, l'altro da sud, era caldo e dolce, ma pronto a cambiare.
Era decisamente un mistero, un mistero tanto bello quanto pericoloso.
<<Hai dormito bene questa notte?>> Alexis si riscosse dai suoi pensieri e fissò il suo sguardo in quello del ragazzo; i suoi occhi rossi scintillavano come due rubini sotto la luce del sole, i capelli, spettinati come sempre, ricadevano delicatamente sulla fronte e le labbra, con grande stupore della ragazza, erano piegate in un dolce sorriso.
<<Sì... bene, molto bene>> si girò verso le grandi finestre ad arco per paura che il ragazzo potesse leggere la bugia nei suoi occhi.
<<Non ho bisogno di vedere il tuo viso, posso leggerti la mente>> la ragazza si voltò verso di lui con la fronte corrugata.
<<Ti avevo chiesto di non farlo>>
<<E non avrei bisogno di farlo, se tu non mi mentissi>> Alexis sospirò e guardò le piccole gocce che scorrevano sul vetro della finestra: quella mattina pioveva, non che fosse una novità, lì pioveva quasi sempre.
<<Alexis>> il tono cantilenante di Jake non bastò a farla voltare, camminava lungo il corridoio con lo sguardo fisso sulle finestre, non voleva dirgli la verità, non voleva dirgli che aveva pensato a lui tutta la notte, che il modo in cui la guardava era un tormento, che il modo in cui si comportava la faceva smarrire come una bussola che non indica più il nord.
All'improvviso, Alexis sentì il suono dei passi farsi più leggero e si accorse che Jake si era fermato nel bel mezzo del corridoio; un senso di inadeguatezza e di imbarazzo la travolse, ma il suo orgoglio la fece avanzare a testa alta verso di lui.
<<Tutto bene?>> la sua domanda risuonò nel corridoio silenzioso e rimbalzò da un angolo all'altro della sua mente, come poteva andare tutto bene?
Dal modo in cui la guardava, Jake aveva di sicuro letto i suoi pensieri; se ne stava lì, fermo come una statua di ghiaccio, la pelle pallida come la neve, gli occhi che lampeggiavano come sangue scarlatto caduto su di un lenzuolo bianco, e la guardava, la guardava come se fosse un fiore raro e prezioso, spuntato nel bel mezzo di una tempesta e determinato a resistergli.
<<A-Alexis>> Jake alzò una mano e la posò sul volto della ragazza, il suo sguardo era un insieme di desiderio, sorpresa e indecisione, ma Alexis non seppe mai come interpretarlo perché, proprio un secondo prima che Jake aprisse la bocca, dal fondo del corridoio provennero delle voci che li fecero allontanare.
<<Non possiamo ritardare!>>
<<Credi che non lo sappia?>> Alexis riconobbe la voce di re Bradley e il suo tono infuriato le mise i brividi.
<<E allora perchè gli hai dato del tempo in più?>>
<<Sono il tuo re, Lars! Non ti conviene mettere in discussione le mie scelte, sappiamo entrambi cosa succede quando qualcuno lo fa>> i due uomini comparvero dal fondo del corridoio e, quando videro i due ragazzi, ebbero reazioni completamente opposte: Bradley sorrise compiaciuto continuando a camminare verso di loro, mentre Lars, con gli occhi spalancati e le mani strette a pugno, rallentò leggermente e fissò il suo sguardo in quello di Jake.
Il ragazzo, che aveva riacquistato sicurezza, guardò il padre pieno di disgusto e scosse la testa sconsolato; Lars non aveva mai capito niente e mai avrebbe capito, era schiavo del potere e del suo desiderio di ricchezza, nulla, nemmeno il figlio era più importante del successo.
<<Ragazzi>> Bradley allargò le braccia e guardò i due sorridendo <<Immagino vi stiate recando al giardino... per l'allenamento>> guardò Jake con le sopracciglia alzate
<<Certo, mio signore>> Bradley annuì soddisfatto e lanciò un'occhiata ad Alexis che, accanto a Jake, osservava l'uomo come se volesse piantargli un pugnale nel petto.
<<Alexis, cara, come procedono le cose?>> la ragazza sorrise.
<<Procederebbero meglio se non fossi rinchiusa in questo castello e se potessi vedere i miei genitori>> il re la guardò, un'espressione di divertimento mista ad antipatia dipinta sul volto.
<<Purtroppo, c'è chi detta le regole e chi esegue gli ordini>> Alexis, con la determinazione che la contraddistingueva, con quel coraggio da guerriera che sembrava aver ritrovato, si fece avanti.
<<Le regole sono fatte per essere infrante, se così non fosse, questo villaggio non esisterebbe>> re Bradley spalancò gli occhi e la guardò come se lo avesse appena pugnalato; Alexis sapeva di averlo fatto infuriare, ma, in fondo, era la verità: Icy Oak era una bugia, un castello di carte costruito nel bel mezzo di una tempesta... Icy Oak era stato costruito su segreti mai raccontati, regole infrante, ordini mai portati a termine, capricci di re che non conoscevano l'amore... la metà delle persone che vivevano lì erano prigionieri, venivano maltratti e ignorati quando stavano male; le parole di Cassandra erano state chiare, quelle di sua madre anche: Icy Oak era l'inferno.
<<Tu...>> Bradley indicò la ragazza scuotendo la testa <<devi solo ringraziare di essere viva o->>
<<No!>> Alexis lo interruppe, un sorriso inquietante dipinto sulle labbra <<Tu, anzi, tutti voi dovete solo ringraziare che io non mi sia uccisa>> quell'idea aveva sfiorato i pensieri di Alexis molte volte, ma a che prezzo? Togliere loro un'arma sarebbe stato utile, ma lei non voleva solo disarmarli, lei voleva punirli.
<<Portala via! Portala via da qua! Andate ad allenarvi, non la voglio più vedere>> Balder si girò e se ne andò infuriato verso un grande portone di legno situato in fondo al corridoio.
Lars, con la mascella serrata e il viso contorto dalla rabbia, si avvicinò ai due e, dopo aver lanciato un'occhiata velenosa ad Alexis, rivolse il suo sguardo a Jake.
<<Ricordati che questo è quello che è: una di Primrose, una guerriera... una selvaggia>> sputò quelle parole come fossero veleno, ma in modo che Alexis non le sentisse.
Jake, il sangue che gli ribolliva nelle vene e le mani strette a pugno, fece un passo verso suo padre: <<Lei non è una selvaggia ed è molto più umana di te, tu sei solo un mostro>>
<<Io sono tuo padre>>
<<Tu non sei mio padre!>> Jake si accorse di aver alzato la voce e, sentendo lo sguardo di Alexis bruciare sulla sua pelle, tornò a sussurrare <<Balder è mio padre! Tu hai solo il mio stesso sangue>>
<<Balder>> Lars si abbandonò ad un'amara risata <<Quell'uomo è solo un povero vecchio fuori di testa e poi... non basta il sangue a fare di te mio figlio?>>
<<No, non basta>> Jake gli appoggiò una mano sulla spalla e sorrise <<Ma, forse, è meglio così... non credo che mi sarebbe piaciuto essere tuo figlio>> Lars fece appena in tempo a spalancare gli occhi prima che le successive parole sfiorarono le labbra del figlio <<Sopi, pater>>.
Jake osservò il padre afflosciarsi a terra come un fiore che aveva un disperato bisogno di acqua, un'espressione beata dipinta sul volto e il braccialetto dorato che gli bruciava sulla pelle per indicare la pratica di magia all'interno del castello, poi, con un sorriso dipinto sul volto, si voltò verso Alexis, le prese la mano e cominciò a correre.
Quando oltrepassarono il grande portone del castello, la pioggia li travolse, ma questo non sembrò preoccupare Jake che, con il sorriso stampato in faccia, rallentò fino a ridurre la sua corsa ad un passo lento.
Alexis, i capelli appiccicati al viso e l'orlo della gonna sporco di fango, lo seguiva nel prato bagnato, in direzione delle prigioni.
<<Dove stiamo andando?>> il nocciolo della sua domanda non era tanto il "dove" quanto il "perché": perché Jake la stava portando alle prigioni?
Il ragazzo, che non aveva mai lasciato la sua mano, la strinse leggermente e fece scorrere il pollice sulle gocce che si posavano sulla pelle pallida della giovane strega.
<<Ti sto portando dai tuoi genitori... se hai delle persone che ti vogliono bene, è meglio far saper loro che ricambi, prima che sia troppo tardi...>> Alexis lo guardò allarmata
<<Cosa intendi?>> Jake colse subito la sfumatura di paura nella sua voce e si affrettò a tranquillizzarla
<<Oh, non intendo quello che hai pensato... dico solo che è bello avere delle persone che ti vogliono bene e a cui puoi volerne>> la ragazza distolse lo sguardo da lui e lo alzò verso il cielo.
Le nuvole grigie erano grosse e veloci, il vento soffiava forte colpendo con rabbia i loro corpi bagnati e il cielo scuro sembrava il più buio degli abissi; la pioggia cadeva a terra in grandi gocce trasparenti e Alexis si chiese se fossero consapevoli della triste fine che le aspettava.
Qualche istante dopo, un lampo colpì il terreno con così tanta violenza, da risuonare nell'aria facendo ricordare alla ragazza la frase della madre: quando senti il suono di un fulmine, senti le urla di tutte le persone che hanno sofferto a causa delle battaglie il cui rumore senti nei tuoni.
Alexis abbassò lo sguardo e lo fissò sulla triste struttura di pietra che si avvicinava sempre di più; pensare che i suoi genitori fossero rinchiusi là dentro le strinse lo stomaco in una morsa dolorosa.
<<Jake... cosa... cosa intendevi quando hai detto che Balder è tuo padre?>> la domanda aveva tormentato la ragazza da quando lo aveva sentito pronunciare quelle parole e voleva, ad ogni costo, sapere cosa fosse successo a quel ragazzo per fargli odiare suo padre, oltre al motivo più che ovvio...
Jake sospirò <<È una lunga storia>> Alexis lo fulminò con lo sguardo
<<Perchè dite tutti così?>>
<<Perchè tutti hanno una lunga storia alle spalle>> la ragazza corrugò la fronte per un momento e poi esclamò: <<No, non è vero!>> suscitando così la curiosità di Jake che le si rivolse con un sopracciglio alzato.
<<Insomma...>> vedendo che il giovane mago non diceva niente, Alexis continuò <<Io non ho una lunga storia>> il ragazzo scoppiò a ridere.
<<Davvero?>> la strega annuì convinta
<<Certo... io... io ho vissuto nove anni a Gold Feather, dieci a Primrose e poi sono stata portata ad Icy Oak... ho scoperto che i miei genitori non erano morti e che, a quanto pare, sono una potentissima strega... cosa c'è di più?>> Jake distolse lo sguardo pensieroso e scostò con una mano i capelli che gli si erano appiccicati alla fronte.
Adorava camminare sotto la pioggia e il fatto che Alexis fosse lì, accanto a lui, la mano racchiusa nella sua, senza lamentarsi, lo rendeva incredibilmente felice.
<<A volte, anzi, la maggior parte delle volte, la nostra storia non è solo ciò che ci succede, ma è anche le persone che incontriamo, le emozioni che proviamo, i legami che stringiamo... ti sarà pure capitato di affezionarti a qualcuno, di innamorarti... no?>> Jake la guardò di sottecchi, pronto a cogliere la più impercettibile sfumatura sul suo volto, e la vide sorridere.
<<Sì, certo... a Primrose, mi hanno accolto come se fossi la loro vera figlia, mi volevano bene e io ne volevo a loro... ma, a volte, mi sembra che sia stato tutto un sogno e che questa sia la realtà e la realtà è un... >> la ragazza si fermò per paura di ferirlo.
Jake fece un sorrisino triste tra sè e sè <<Un incubo?>> Alexis lo guardò triste
<< Sì, ma non tutto è un incubo... anche negli incubi possono esserci persone speciali... c'è Balder, che mi ha aiutato quando ancora non sapeva il mio nome, c'è Cassandra e...>> fece una piccola pausa, il cuore che le batteva forte e le labbra serrate in una linea dura come per evitare che le parole scivolassero dalla sua bocca, poi, non riuscì più a trattenersi e <<Ci sei tu>> disse.
Jake la guardò con un piccolo sorriso sulle labbra.
<<Se vuoi, Alexis, una cosa riguardo alla mia storia te la posso dire>> la ragazza lo osservò impaziente.
<<Se dovessi raccontarla, parlerei anche di te>> il cuore della strega perse un battito e, subito, distolse lo sguardo per non mostrargli il suo stupore; non aveva detto niente di strano, anche lei, se avesse dovuto raccontare la sua storia, avrebbe parlato di lui, eppure... il modo in cui lo aveva detto, il modo in cui l'aveva guardata... qualcosa di strano si era risvegliato dentro di lei e, per una frazione di secondo, nella sua mente erano comparsi due occhi argentati.
Quando arrivarono alle prigioni, la ragazza cercò di mettere da parte le parole di Jake e lo fece fermare prima che potesse varcare l'ingresso.
<<Jake...>>
<<Tutto bene?>> la ragazza scosse la testa come a voler allontanare alcuni dei suoi pensieri.
<<Sì, solo che... non devi farlo per forza>> il giovane mago la guardò stranito
<<Fare cosa?>>
<<Portarmi dai miei genitori... lo hai già fatto una volta e re Bradley non ha avuto niente da ridire solo perché era necessario, ma ora...>> Jake le mise le mani sulle spalle e sorrise.
<<Bradley non potrà farti niente, ti proteggerò io>>
<<Veramente...>> la ragazza distolse lo sguardo e continuò a parlare <<E' di te che parlavo... so che Bradley non può farmi niente, ma non voglio che tu debba prenderti la colpa, non voglio che si arrabbi con te>> il ragazzo alzò le spalle e sorrise.
<<Re Bradley non può farmi niente e poi sa che solo io posso prepararti come si deve... mal che vada mi dovrò sorbire un lungo discorso nel quale non farà altro che lamentarsi della mia "condotta vergognosa">> Alexis scoppiò a ridere e si voltò verso l'ingresso.
<<Allora andiamo, mio cavaliere dalla vergognosa condotta>> Jake sorrise e, insieme, varcarono l'ingresso.
Il vento era cambiato ancora una volta.
L'unica volta che aveva visitato le prigioni, Alexis era troppo presa da ciò che stava per succedere per guardarsi intorno e avrebbe preferito esserlo anche questa volta.
La prigione odorava di sudore, terra bagnata e sangue, tanto sangue; la luce entrava fioca attraverso strette grate di metallo e l'interno era illuminato solo da alcune torce e qualche lanterna.
Il pavimento di pietra era duro e incrostato di sangue e fango e le pareti erano piene di graffi fatti, probabilmente, dalle lunghe spade dei soldati; decine di corridoi identici si diramavano in tutte le direzioni e i soldati stavano di guardia all'ingresso di ciascun corridoio.
Jake, con il sorriso ancora dipinto sulle labbra, pronunciò due incantesimi <<Sopio et Calefacio>>.
I loro vestiti, proprio come la volta precedente, si asciugarono e Alexis, nonostante avesse ancora i capelli leggermente bagnati, si sentì subito più al caldo.
Poco dopo, i soldati si accasciarono a terra assopiti e le loro spade caddero risuonando rumorosamente sulla pietra dura.
<<Vieni, da questa parte>> Jake poggiò la mano sulla schiena di Alexis e la condusse verso il corridoio alla loro destra.
Man mano che superavano le celle, Alexis non riusciva a trattenersi da far scorrere lo sguardo dai poveri prigionieri ai loro nomi, scritti su rozze targhe di metallo fissate alle sbarre; sotto il nome, in caratteri più piccoli, vi era scritto il motivo per cui si trovavano in prigione.
La ragazza non sapeva chi fossero quelle persone, nè quale fosse la loro storia, ma aveva la triste impressione che fossero tutte vittime innocenti, accusate di reati mai compiuti o semplici nemici di Icy Oak.
Avevano quasi raggiunto la fine del corridoio quando le scritte riportate su una delle targhe dei prigionieri la fecero bloccare:
"Alec Cavendor, dichiarato nemico di Icy Oak; accusato di aver fraternizzato con la grande strega Freesia e di aver nascosto oggetti magici di rilievo".
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