Tercero: "Ancora tu?, "Mi stai seguendo?"
(leggete lo spazio autrice, è importante. Grazie e, buona lettura! xx)
ALMA'S POV
I miei occhi si spalancano rapidamente, alla vista di quel Martín fermo proprio dinanzi la mia stessa figura. Anche lui a Tui! È uno scherzo, vero?
Ed eccolo ancora lì, quel suo sorriso ironico che mi fa solo venir voglia di chiedergli il motivo di tale allegria, se può essere considerata in quel modo.
Allegria. Buonumore. Gioia. Chiamatela come volete, ma tengo a precisare che non provo quel tipo d'emozione da tantissimo.
"Mi stai seguendo, per caso?" Lo sento chiedere e non voglio sbagliare, ma ho percepito del divertimento nella sua voce.
Roteo gli occhi al cielo e mi decido a non dar di matto. Non era nei miei piani incontrare un tipo come quello, no di certo.
È estremamente iperattivo, e mi chiedo come faccia ad esserlo, e fin troppo allegro e solare per i miei gusti. Ha quel qualcosa che mi costringe a desiderare di avere una grossa padella e di sbattergliela in faccia.
E quel sorriso! Per Dio, meglio lasciar perdere.
"Che cazzo ci fai tu qui?" Sbotto, mentre osservo con la coda dell'occhio gli altri passeggeri scendere lentamente dal bus.
Quel ragazzo sorride nuovamente e scrolla le spalle robuste. Credo faccia nuoto, o qualche sport del genere. Ha un fisico robusto, oserei dire anche muscoloso, e quelle braccia la dicono lunga.
"Potrei chiederti la stessa cosa." Esclama, mentre si sistema una ciocca di capelli caduta dal suo chignon.
Aspetta... Cosa? Uno chignon? Da quanto non taglia quei maledetti capelli?
"Cristo." Impreco, facendo ricorso a tutta la mia buona volontà. Porto una mano fra i capelli scuri, che ho deciso di legare in una stretta coda di cavallo, e scuoto il capo, perchè stento ancora a crederci.
Decido di lasciar perdere il ragazzo, dopo aver intravisto un paio di ragazzi iniziare a camminare, proprio dietro un uomo anziano, probabilmente il pellegrino. Lo supero, senza degnarlo di un ulteriore sguardo, e seguo la fila di persone che inizia a muoversi con passi rapidi, ma non forzati. Il passo veloce è quello che mi ha sempre accompagnato quando uscivo di casa, andavo al supermercato o semplicemente al parco. Non ho mai sopportato le persone lente, quelle che impiegano davvero tanto a compiere dei passi.
Mi volto, per assicurarmi di non aver perso nulla per strada, e ringhio fra me e me, notando l'andatura lenta di quel tipo.
Non potrebbe andare meglio!
***
"Quale gusto preferisci di gelato?" La voce di papà mi arriva alle orecchie forte e chiare, mentre io schiaccio la punta del naso contro la vetrina del bancone dei gelati.
Avverto i palmi delle mani gelare, ma non ci faccio tanto caso, perchè quella vaschetta con il gelato a cioccolato sembra chiamarmi ad alta voce, mentre mi invoglia a sceglierla senza alcuna esitazione.
Scuoto piano piano il capo e alzo lo sguardo verso papà, che ancora è in attesa della mia risposta.
"Cioccolato!" Esclamo felicemente, mentre saltello sui piedini ed indico la vaschetta. Ignoro l'occhiataccia del gelataio, che mi indica con lo sguardo il cartello con su scritto "Non toccare la vetrina." e continuo a premere le dita sul grosso vetro.
Papà annuisce e mi ordina la vaschetta con gelato a cioccolato. Paga e mi prende per mano, mentre io porto il cucchiaino in plastica alla bocca.
"Com'è, piccolina?" Mi chiede lui, mentre mi bacia dolcemente il capo.
"Buono!"
***
"A cosa pensi?"
Sussulto immediatamente alla voce squillante di quel Martín. Si è avvicinato a me e probabilmente ha anche accelerato il passo per farlo.
Mi squadra con curiosità, mentre tenta di scoprire qualcosa in più su di me. "Eri con la testa fra le nuvole." Aggiunge, mentre si sistema meglio lo zaino sulle spalle.
Deve pesare un bel po', considerata la grandezza. Il mio ha giusto l'essenziale, ma non è così tanto pesante come il suo.
Scuoto il capo. "A nulla." Gli rispondo, moderando il tono di voce, perchè il ricordo di mio padre mi ha improvvisamente addolcito.
Mi manca tanto, tantissimo, e l'unica cosa che posso fare è aggrapparmi a quei ricordi che ancora possiedo e che custodisco gelosamente nel cuore.
Era così dolce, apprensivo, premuroso, anche quando tornava la sera da lavoro. Mi coccolava, mi viziava e spesso discuteva con mia madre per questo, ma come poteva essere il contrario?
Ero figlia unica, la piccolina di papà.
"È strano." Mormora lui, mentre sta attento a non inciampare fra alcune buche e sassi che troviamo per la strada. Le sue scarpe sembrano addirittura più comode delle mie sneakers nere e bianche.
Aggrotto le sopracciglia, osservandolo con curiosità. Il suo viso è leggermente più lucido, a causa del sudore, e i suoi occhi un po' più stanchi, ma è colpa del sole cocente che ci colpisce rudemente.
Nessuno dei due indossa una bandana, o un cappello, a differenza degli altri partecipanti.
"Cosa?" Gli domando.
Lui scrolla le spalle robusta e mette su un sorrisino tutto fossette. "Non mi hai risposto male." Esclama, come se avesse vinto qualche premio. "È strano." Ripete, come per rafforzare ancora di più il concetto.
Sbatto le palpebre e "Non ti ci abituare." lo liquido, prima di accelerare un po' il passo ed allontanarmi da lui.
Ho bisogno di altri ricordi.
***
Arriviamo finalmente all'hotel e leggo le grandi lettere rosse disegnate sull'insegna di legno.
Mi guardo attorno, osservando il gruppo che si è sparpagliato per la piazza su cui affaccia l'hotel. È abbastanza carino, in fin dei conti, e sembra anche molto accogliente. Non dovrebbe essere male.
Il pellegrino si presenta, mentre tutti si avvicinano. "Io sono Raimundo." Esclama, mentre poggia le mani ai fianchi. Non è molto basso, ma neanche troppo alto, forse nella media. È magro e non avrà più di cinquant'anni, ma sembra molto attivo, in confronto a me, che di anni ne ho decisamente di meno. "Alloggeremo qui, per questa notte. Ci vedremo nella piccola locanda all'ora di cena e vi informerò del tragitto che faremo domani."
Tutti annuiscono e seguono l'uomo all'interno del hotel. Faccio lo stesso e chiedo scusa ad una ragazza. "Perdonami." Le sussurro, dopo averle disgraziatamente schiacciato un piede. Lei mi sorride e mi dice di non preoccuparmi.
Ci raduniamo tutti al centro della piccola hall – se così può essere chiamata – dell'hotel e una donna ci sorride e ci dà il benvenuto.
"Adesso vi smisteremo nelle camere. Sono doppie, ma c'è anche qualche tripla che possiamo mettervi a disposizione." Esclama la donna. "Comunque io sono María Luz, la proprietaria dell'hotel. Sorteggeremo i vostri nomi, così avrete la possibilità di conoscervi meglio."
Dopo un paio di nomi pronunciati, arriva il mio.
"Alma Morales." Dice María Luz. "Con... Tessa White. Potete dirigervi di lá." Aggiunge, indicando con un cenno del capo le scale. "Troverete un ragazzo e lui vi dirà il numero della stanza. Buona permanenza."
Mi dirigo verso le scale e sorrido, vedendo la ragazza a cui ho schiacciato il piede qualche minuto prima. "Ci si rivede." Le dico dolcemente, perchè sembra una tipa apposto. Non mi darà problemi, ne sono sicura. "Sono Alma, piacere."
"Tessa. Piacere mio."
***
"Non vorrei risultare antipatica." Sussurra a voce bassa Tessa, mentre si porta una mano al petto. "Ma non è che potresti fumare fuori? Soffro d'asma."
Annuisco velocemente e le chiedo scusa. "Sì, certo." Le dico, uscendo dalla stanza. Chiudo la porta e percorro il corridoio, fino a giungere all'inizio della rampa di scale che portano alla terrazza.
Salgo velocemente, perchè ho una gran voglia di fumare, e sospiro sollevata quando raggiungo la porta antincendio. La spingo con l'anca e socchiudo gli occhi, quando una potente, ma fresca, folata di vento mi colpisce in pieno viso.
Metto piede sulla terrazza dell'hotel e infilo la sigaretta in bocca. Sono in procinto di accenderla, quando "Oh mio Dio! Allora mi segui sul serio!" sento esclamare da qualcuno alla mia destra.
Sgrano gli occhi, perchè è fottutamente impossibile!
"Che cazzo ci fai tu qui?" Sbotto, vedendo quel Martín seduto sul bordo di una sedia in legno. Non ha un pacchetto di sigarette con sè e neanche un libro, perciò deduco sia venuto qui per prendere solo un po' d'aria... Ma proprio quando decido di farlo anch'io?!
Lui aggrotta le sopracciglia ed incrocia le braccia al petto. Indossa una felpina visibilmente leggera nera e un paio di pantaloncini da tuta, che gli arrivano al ginocchio, e delle pantofole scure. "Sono arrivato prima io."
Intanto, accendo la sigaretta e aspiro profondamente, mentre mi convinco a calmarmi e a non dare di matto.
Papà non lo vorrebbe. Penso.
Ignoro la sua voce e la sua presenza. "Credevo avessimo fatto un paio di passi in avanti."
Sbuffo pesantemente e lo guardo. "Cosa te lo fa pensare?" Domando.
Lui scrolla le spalle e "Non mi avevi risposto male, stamattina. Ora sì. Sei per caso bipolare o qualcosa del genere?" mi chiede.
Ruoto gli occhi al cielo, ma non gli rispondo. Se solo sapesse realmente ciò che ho passato e che continuo a passare.
Finisco la sigaretta in silenzio, poi la schiaccio contro l'inferriata e la lancio giù. Mi volto e mi avvicino alla porta antincendio. "Buonanotte."
Buenos días!
Ecco a voi il terzo capitolo! Che ne pensate di Alma? E di Martín?
Fateci sapere cosa vi hanno suscitato, come li avete percepiti caratterialmente..insomma FATECI SAPERE IL VOSTRO PARERE, CHE È IMPORTANTE.
E fateci sapere se questa storia vi sta piacendo.
Vi mandiamo un grosso besito.
Sar&Als
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