Primero: "Papà mi manchi", "Siamo orgogliosi di te"
MARTÍN'S POV
Dopo aver raccattato il mio enorme zaino da campeggio dal sedile accanto a me, inizio a scendere un gradino alla volta dalla navetta, che mi ha portato direttamente all'aeroporto di Bogotà.
Raggiungo le grandi porte automatiche, che in un nanosecondo si aprono davanti a me, facendomi beare della leggera aria condizionata all'interno dell'aeroporto.
Non sto nella pelle.
Vedere gente che corre in tutte le direzioni, non fa altro che aumentare la mia eccitazione.
Mi dirigo verso l'enorme tabellone che indica tutti i voli di oggi, rastrellando velocemente tutti i nomi delle grandi capitali, fino a trovare ciò che stavo cercando: il mio volo per Vigo.
Così mi accomodo su una delle sedie vicino al mio gate e aspetto.
Questo viaggio l'ho aspettato con così tanta impazienza, fin dall'età di 15 anni e ora, che ho 21 anni, finalmente posso intraprendere ciò che per me è una delle cose più importanti al mondo: il cammino di Santiago e, in tutti questi anni non ho fatto altro che mettere i soldi da parte per questo viaggio, facendo piccoli lavoretti qua e là in contemporanea alla scuola.
Sono molto religioso, tutta la mia famiglia lo è. Abbiamo sempre desiderato, ardentemente, di compiere questo cammino. Volevamo farlo tutti insieme io, i miei genitori e la mia sorellina Luz, però 140 km a piedi per loro erano un po' faticosi da percorrere, soprattutto per quest'ultima che ha solamente 8 anni.
Credo che la fede sia una delle cose più importanti per gli uomini. Avvicina grandi e piccini, creando valori e spiegando loro il vero significato dell'amore, della lealtà e dei rapporti umani. E soprattutto ci insegna che lui c'è sempre, a proteggerci.
"Tutti i passeggeri del volo A557, diretti a Vigo, sono pregati di recarsi al check-in" annuncia l'altoparlante, richiamandomi dai miei pensieri.
Ci siamo.
Mi alzo dalla sedia carico di sogni, speranze ed emozioni indecifrabili raccogliendo parte dei miei abbastanza-lunghi capelli neri in una specie di chignon, o come la chiamano le ragazze, la famosa "cipolla" e mi dirigo abbastanza velocemente al check-in.
Schivo una miriade di persone e mi metto in coda, aspettando il mio turno.
"Mi raccomando, noi siamo con te e anche lui. Siamo così orgogliosi di te" le parole della mia mamma continuano a frullare nella mia testa e un sorriso da ebete si stampa sulla mia faccia.
Mostro il biglietto al check-in e in un attimo mi ritrovo a percorrere un lungo corridoio, fino ad arrivare all'aereo. È maestoso e mi tremano le gambe al solo pensiero che, tra poco tempo, sarò dove ho sempre sognato di andare.
Salgo le scale e, una volta su, cerco il mio posto.
Una volta trovato, mi accorgo che sono accanto ad una signora sulla cinquantina. Lei accanto al finestrino e io che do sul corridoio.
"Vi preghiamo di allacciare le cinture di sicurezza, l'aereo sta per decollare" annuncia l'hostess e, dopo aver fatto tutte le raccomandazioni di rito sulle uscite di emergenza, sento il motore accendersi e l'aereo iniziare a muoversi.
ALMA'S POV
La gente mi passa dinanzi con quel passo veloce che si ha quando non devi perdere tempo, le loro mani impegnate ad impugnare i manici delle loro valigie e dei loro trolley, visibilmente pesanti e carichi di abiti che avrebbero indossato con felicità non appena sarebbero arrivati a destinazione.
Alzo lo sguardo verso il tabellone con su scritto i voli e sospiro, leggendo il nome della città spagnola scritta a caratteri cubitali, di un arancio acceso.
Fremo all'idea di quello che sto per fare. Non avrei mai immaginato di prendere un aereo da qui, da Bogotà, diretta a Vigo. Qual è lo scopo di tutto ciò? Intraprendere uno dei più grandi desideri di mio padre.
Lui sì che era uno degli uomini più forti e sicuri che avessi mai conosciuto. Era il padre perfetto, quello che anche con un sorriso ti rallegrava una giornata di merda – è consentito dire le parolacce, vero?.
L'allegria e la felicità erano i suoi tratti distintivi, perchè Rodrigo Morales era un mix di pregi, nessun difetto – tranne l'essere particolarmente assillante con me, la sua bambina, la sua luce, la sua anima.
La notte precedente l'ho sognato e sembrava reale, mentre lo abbracciavo e gli dicevo quanto mi era mancato. Sembrava che fosse al mio fianco. Riuscivo a percepire il suo profumo, quello del tabacco, che nonostante fosse stata la chiave per il paradiso, lo contraddistingueva. Era il suo profumo.
Sbatto le palpebre, perchè il ricordo di mio padre è sempre una batosta per il mio cuore, spezzato, ridotto in pezzi, da quando lui è andato via, con una sola cosa da farmi promettere: intraprendere il Cammino di Santiago.
"Piccola mia, vieni qui. Siediti vicino a me." Mormora, mentre batte la mano sulla trapuntina del suo letto d'ospedale.
È pallido, mentre mi incita ad avvicinarmi a lui. Il viso è magro, molto, e quasi non lo riconosco, ma la luce nei suoi occhi è sempre lì, sempre presente, ed eccolo lì quel sorriso che rivolge solo a me e alla mamma. Un sorriso sincero.
"Ho bisogno che tu faccia una cosa per me." Mi dice, mentre mi accarezza la mano. È freddo, ma non mi ritraggo. Voglio che quella mano sia sempre sulla mia, ma so che non è possibile, perciò la stringo nella mia e respiro profondamente. Tabacco. Ancora. Sorrido. "Sai quanto io sia devoto."
Annuisco vigorosamente, dandogli la possibilità di continuare.
"Voglio che tu vada lì e che preghi per me. Io sarò lì, proprio al tuo fianco, ma non mi vedrai, mi sentirai solo." Mi spiega, mentre i suoi occhi si fanno un po' lucidi e acquosi. Deglutisce e stringe ancora di più la presa fra le nostre mani. "Farai il cammino per me. Puoi, vero Alma?"
Annuisco ancora e questa volta parlo. "Sì." Gli rispondo, chinandomi in avanti per lasciargli un caldo bacio sulla fronte gelida. "Lo farò per te, papà."
Lui sorride e guarda mia madre, seduta su una poltroncina al fianco del letto. "Mi sento stanco." Dice, per poi sospirare pesantemente. Sento la stretta della mano diminuire un po'.
A mia madre trema il labbro inferiore, ma annuisce e mi fa cenno di uscire. "Ti raggiungo fra due secondi." Mi informa, tirandosi in piedi ed avvicinandosi a mio padre.
"Ti voglio bene, papà." Concludo, ricevendo in risposta la stessa frase. Sorrido, per poi andare via.
"Tutti i passeggeri del volo A557, diretto a Vigo, sono pregati di recarsi al check-in." Annuncia solennemente una voce negli altoparlanti sparsi per il grande aeroporto.
Mi alzo velocemente ed afferro il borsone nero, diretta al check-in. Il mio passo è veloce, proprio come quello delle persone che passano al mio fianco senza degnarmi di uno sguardo, come se fossi invisibile. Uno mi urta anche la spalla, ma non si degna neanche di chiedermi scusa.
Sospiro nuovamente.
Dopo aver eseguito tutte le operazioni previste, seguo la lunga fila che si è creata per poter arrivare all'aereo, che si trova già in pista.
Sto attenta a non inciampare e a non spingere nessuno e, non appena sono davanti le scale che conducono sull'aereo, sto attenta a non cadere.
L'hostess mi sorride e mi chiede il biglietto. Glielo mostro velocemente, per evitare di creare una fila ancora più lunga, e lei mi mostra il mio posto.
Corridoio. Grande!
Chiedo scusa ad alcune persone che urto e, camminando sulle punte, arrivo al mio sediolino. È pulito e sembra anche nuovo, per fortuna. Mi siedo e mi sistemo, poggiando il capo sul poggiatesta.
Osservo come i passeggeri prendono posto, come infilano le borse a mano nell'apposito spazio in alto e come sorridono ai propri cari. "Andrà tutto bene." Sento dire da qualcuno ed io spero che sia davvero così.
Non ho mai preso un aereo e questa mattina il cielo non era limpido, ma un po' nuvoloso, a dire il vero, e temo che ci sia una tempesta o qualcosa del genere. Spero di no, perchè potrei seriamente morire d'infarto.
***
L'aereo continua a traballare e io mi sento male. Stringo i pugni attorno ai manici della mia poltrona e chiudo gli occhi, sperando che tutto ciò finisca.
Proprio come avevo previsto, c'è stato un temporale che ha costretto l'aereo ad atterrare su una pista di un aeroporto fra Bogotà e Madrid, dove faremo scalo per poi prendere l'aereo per Vigo.
Sto per chiamare una delle hostess che continuano a dire ai passeggeri di calmarsi, che è solo una turbolenza – turbolenza un cazzo –, quando sento un "Ehi, tutto bene?" alle mie spalle.
SPAZIO AUTRICI:
Buenos días!!
Siamo qui con il primo capitolo, con entrambi i punti di vista (in tutti i capitoli non sarà sempre così, ma potrebbe capitare).
Personalmente (credo di parlare anche a nome di Ale) questa storia ci prende molto e ci aspettiamo tanto da essa. Speriamo prenda anche voi allo stesso modo.
Fateci sapere cosa ne pensate, con una stellina e un bel commento.
Alla prossima, besitos!
Sar & Als xx
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