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8. CHI NON AMA LE STELLE?

Desy allargò il sorriso. Se sorriso si poteva chiamare. A ben guardare somigliava più a un ghigno. -Sono felice che siate venuti numerosi- si passò una mano sul vestitino nero che le lasciava scoperte gran parte delle lunghe gambe. -Ho intenzione di proporvi un gioco- lo sguardo brillò in un modo che mi sembrò crudele. Se esisteva una persona cattiva, una personificazione di tutte le matrigne delle fiabe, beh, io ce l'avevo proprio davanti. E il pensiero mi terrorizzava.

Si sollevarono una serie di assensi. Sentii il cuore stringersi in una morsa. Valutai la possibilità di alzarmi e andarmene. Forse sarebbe stata la cosa migliore, mi sarei rifugiata in camera. Non volevo però diventare famosa come colei che fugge dalla festa. Inspirai a fondo e cercai di mantenere la calma. Il cuore mi batteva fortissimo.

-A cosa giochiamo?- chiese la ragazza bassa che avevo visto alla cena con lei il giorno precedente.

-Quella è Beth, è lei che mi ha detto della festa- mi sussurrò Chantal.

-Chissà perché la cosa non mi sorprende- borbottai. Il vestito nero che avevo indossato era troppo stretto. Mi mancava l'aria.

-Sì, Desy- intervenne Tara, l'altra amica, quella magra, forse temendo di essere messa da parte -a cosa giochiamo?-

-Quella invece è Tara- cicalò Chantal.

-Io andrei sul classico... obbligo o verità- Desy sorrise ancora di più, lo sguardo che si posava su di me. Non le stavo simpatica. Forse avevo sbagliato a insistere per sedermi al suo tavolo a pranzo. Ormai però era tardi.

-Sì, sì- gemette Beth, ridacchiando.

-Ottimo, allora iniziamo- dichiarò Desy, lo sguardo luccicante -chi vuole iniziare?- chiese, squillante.

-Oh, comincio io- urlò Tara.

I turni si susseguirono. Tara scelse obbligo e fu costretta a bere un'intera bottiglia di birra senza prendere fiato. Beth optò per verità e dovette raccontare di tutti i ragazzi con cui era stata insieme. Beatrix scelse obbligo e dovette fare uno spogliarello. Io tremavo. Non mi erano mai piaciuti quei giochi. Li trovavo sciocchi.

-Ora tocca a te- Desy mi fissò. Ebbi la sensazione che non vedesse l'ora che arrivasse il mio turno. Si spinse indietro i lucidi capelli castani.

-Verità- dichiarai. Beh, almeno non avrei dovuto spogliarmi nuda o fare chissà cosa.

Lo sguardo di Harry si puntò su di me. Avevo la sua attenzione. Il pensiero mi stordì. Cercai di mantenere la calma, nonostante sentissi tutto il mio corpo formicolare dolorosamente. -Scelgo io?- chiese.

Feci spallucce, come se non m'importasse.

-Dimmi chi ti piace di più tra i presenti-

Un brivido gelido mi scosse. Era una domanda pericolosa, molto pericolosa. -Nessuno-

-Non è una risposta-

Un groppo in gola. Mi rendeva difficile respirare. Ero tornata in mezzo al fumo. Le narici mi bruciavano. Il passato si schiantava con il presente. I contorni di ogni cosa si confondevano.

-Devi scegliere-

E sarebbe stato un disastro in qualsiasi caso. Aprii la bocca, la richiusi, mi mordicchiai le labbra.

-Se non lo dici subito sarai sottoposta alla penitenza- disse Desy, caustica.

-Lui- indicai un ragazzo dai capelli castani. Probabilmente perché era seduto vicino a Harry, forse perché in qualche modo così avevo spostato il mio desiderio dall'uno all'altro.

-Robb?- Desy mi fissò.

Evitai il suo sguardo. Robb avvampò e mi lanciò un'occhiata languida. Harry impallidì, la fronte aggrottata, i pugni chiusi. Notai, sciocca che non ero altro, quanto la camicia rossa donasse alla sua carnagione. Avrei voluto dire qualcosa, ma si sentirono dei rumori e le luci esplosero. Torce.

Tutti si alzarono, corsero, urlarono. Io rimasi immobile, le gambe rigide come pietra. Il pensiero confuso.

Ci avevano scoperti! Lo sapevo, lo sapevo, lo sapevo! Non avrei dovuto andare a quella stupida festa! Chantal. Mi guardai intorno. Dov'era finita?

Qualcuno mi afferrò per il braccio e mi tirò via. Barcollai, certa che stesse per abbattersi su di me la tempesta, che mi avessero vista, che...

-Stai giù- fui spinta per terra, tra dei cespugli.

Mi sentii confusa. Cosa stava succedendo? Sentii qualcuno al mio fianco. Voltai appena la testa. Harry. E il respiro mi mancò. Era lui che mi aveva trascinata via. Perché?

-Non controllano mai tra la boscaglia- spiegò, il tono basso e ruvido. Chissà perché pensai a un bacio un po' brutale. -Stai giù, qualcuno deve aver parlato, deve aver detto della festa- notai una leggera traccia d'accento. Inglese, forse? Possibile che gli sfuggisse ora perché era più agitato?

Un pensiero improvviso mi fece sobbalzare. -E se controllano le stanze?-

-Non lo fanno mai- disse con una sicurezza che io non avevo. Una sicurezza che mi riscaldò il cuore.

E se avessero cominciato da quella sera? Meglio non pensarci. Rimasi ferma, tutto il corpo che mi tremava per la paura.

-Non ci troveranno- mi sussurrò Harry. Sentii le sue braccia stringermi, come se cercasse di consolarmi, di rassicurarmi, di sostenermi.

-Lo spero- mormorai, il tono però mi uscì incerto. Mi resi conto, con una stretta allo stomaco, che eravamo tanto vicini da respirare la stessa aria. Okay, non dovevo voltarmi verso di lui, altrimenti avrebbe potuto pensare che volevo baciarlo. E poi perché avrebbe dovuto pensarlo? E perché lo pensavo? Che imbarazzo! Winny cos'avrebbe pensato?

-Fidati, vivo qua da parecchio tempo, mai stato scoperto-

Il dubbio calò su di me. Certo, le storie su Harry, quelle storie che lo precedevano. Mi sentii a disagio... e poi c'era quella sensazione, come di due cose che si attiravano, aggrappavano, incastravano. Un brivido mi percorse la schiena. Cercai di rimanere immobile, il cuore in gola. Restai così fino a quando non scese il silenzio. Finalmente.

-Credo che ora possiamo andare- sussurrò. Il primo bottone della camicia si era aperto. Fissai la pelle abbronzata contro il tessuto rosso. Un brivido mi percorse. Distolsi lo sguardo.

Non parlai. Temevo che la voce mi avrebbe tradita. Di cosa poi? Non capivo, proprio non capivo. Deglutii. Mi pareva di avere dei cocci in gola. Una sensazione dolorosa. Fui sorpresa quando lui mi sollevò, le braccia intorno alla mia vita.

-Ti riaccompagno alla tua stanza-

-I corridoi saranno controllati- sentii il panico aumentare.

-Ma io non voglio passare per il corridoio-

Mi voltai per guardarlo in faccia. Errore, grave errore. Sentii il suo respiro infrangersi contro le mie labbra. Onde che esplodevano contro gli scogli. Il suo profumo mi fece tremare. Salsedine, sabbia, calore. Profumava come una notte d'estate in riva al mare. Lasciai scivolare lo sguardo sulle ciocche nere che gli scivolavano sugli zigomi alti. E poi giù sulle labbra carnose dietro cui spuntava un sorriso. Tornai su e rimasi incastrata nei suoi occhi che mi confusero ancora di più. Erano più verdi delle foglie in primavera. Inspirai, sforzandomi di rallentare il battito furioso del mio cuore. Dovunque lo guardassi era pericoloso. -E da dove vorresti passare?- domandai con un filo di voce. Quello sguardo mi rendeva le gambe tremanti.

-Ma dalla finestra naturalmente- strizzò l'occhio, complice.

-Dalla finestra?- riuscii a guardare altrove. Fu come strappare un cerotto da una ferita sanguinante.

-Proprio dalla finestra- sollevò un angolo della bocca in un ghigno divertito -Non dirmi che non l'hai mai fatto, bambolina-

Avvampai. Eppure quel nomignolo stava benissimo tra le sue labbra. -Per prima cosa non chiamarmi bambolina... e poi come faccio ad arrampicarmi?-

-Ti aiuto io- e mi sorrise, accattivante come il classico cattivo ragazzo.

Ci fissammo. Un istante che parve durare un'eternità. -Ci sto- dissi infine.

Ci mettemmo a camminare. Vicini. I dorsi delle nostre mani erano divisi solo da un soffio d'aria. La consapevolezza mi schiacciava. Dovevo pensare ad altro. Alzai lo sguardo. Le stelle brillavano tanto da abbagliarmi. -In città non si vede un cielo così- mormorai. Parole banali per rompere un silenzio che premeva sul mio stomaco come un macigno.

-Colpa della luce artificiale-

-Un peccato, amo le stelle- sussurrai.

-E chi non le ama? Le stelle appartengono al nostro io più segreto, sono lì da sempre e sempre ci saranno- lanciò un sospiro. Lo fissai con la coda dell'occhio. Ecco un'immagine perfetta per un film. L'eroe che cammina, la luna che gli bagna i capelli neri rendendoli più chiari. Un eroe tormentato. Di che genere potrebbe essere protagonista? -Le stelle creano storie- continuò -un codice Python sullo sfondo nero-

Un che? -Ehm, sì, direi di sì-

-Non hai idea di cosa mi riferisca, vero?- ancora quel ghigno.

-No, in effetti no- ammisi, la gola secca. Non mi piaceva non sapere. Evelyn avrebbe trovato una risposta adeguata. Un modo per flirtare. Io non ero così. Mi sentii piccola, fragile, una bambola di porcellana. Proprio una bambolina.

-È un codice per creare programmi su Internet, ma lascia stare, non voglio annoiarti-

-Non mi annoi- ero sincera. Volevo conoscere ogni piega del suo cuore. E questo desiderio mi spaventava.

-Python viene usato per creare mondi, è come una sorta di architettura- si passò una mano tra i capelli. Il braccialetto di pietre nere brillò alla luce delle stelle. -Creare mondi- ripeté -non c'è nulla di meglio-

Ricordai il foglio nascosto. Il disegno. Creare mondi. C'era un mondo da scoprire lì sopra?

-Lascia perdere- scrollò la testa.

Avrei voluto insistere, ma lui si fermò. Alzai lo sguardo. Il collegio svettava su di noi. Il tempo delle chiacchiere era finito. Si tornava alla realtà. E fu come schiantarsi contro un muro.

NOTE DELL'AUTRICE:

Ciao!

Ho deciso di pubblicare prima questo capitolo per farvi una sorpresa e per rimediare al precedente che era corto. Inoltre volevo festeggiare il fatto che la mia storia sia stata scelta per essere messa nell'elenco temporaneo di febbraio del profilo WattpadFanfictionIta.

Fatemi sapere se questo capitolo vi è piaciuto (con una stellina, un commento o entrambi)!

Mi scuso per eventuali errori, ma ho corretto il capitolo da cellulare e ogni tanto qualcosa mi sfugge.

A presto!

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