15. UNA PICCOLA GITA
La biblioteca era illuminata da una tenue luce. Avevo trovato rifugio lì dal turbinio di pensieri ed emozioni. Nonostante il ricordo della ragazza dalle labbra cucite. Winny avrebbe tirato fuori qualche orribile teoria. Avrebbe probabilmente concluso che me l'ero immaginata. Allungai le gambe sotto il tavolo. Avevo cercato dei libri sulla storia di Woodville, senza molta fortuna. Era...
Uno scalpiccio. Un brivido mi graffiò la schiena. Non poteva...
Chantal entrò in una nuvola di capelli turchesi e allegria. -Sarà una festa di Halloween indimenticabile!- si sedette sul tavolo. La gonna della divisa le si sollevò a mostrare le ginocchia.
Halloween. Io avrei voluto tornare a casa. A travestirmi con Evelyn. La gola mi si serrò. E ripensai alle parole di Desy. Le scacciai. Ricordai Harry. Cercai di non pensare neanche a lui.
-Hanno chiesto di andare in paese per prendere il necessario in vista della festa- Chantal si stiracchiò, le braccia tese verso il soffitto.
Andare in paese? Sussultai. Avrei potuto indagare su quella storia assurda. Confidai il mio pensiero a Chantal. Beh, non tutto... le dissi solo che sarebbe stato bello staccare dalla nostra prigionia e vedere qualcosa di nuovo. Lei ne fu entusiasta.
-Onestamente non ce la faccio più a restare chiusa qua- commentò.
Non potevo certo darle torto e neppure mi conveniva.
-Avranno un negozio di make up?-
Un negozio di make up? -Ehm, perché non dovrebbero averlo?- mi spinsi indietro una ciocca di capelli.
-Vado a segnare il nostro nome!- Chantal lanciò un gridolino, saltò giù dal tavolo, corse via. La guardai scomparire oltre la porta.
Il cielo plumbeo prometteva pioggia. Mi strinsi nel mio giubbotto. Il vento mi graffiava il viso. L'agitazione mi affondava nel petto. Avevo paura di scoprire qualcosa. Volevo scoprire qualcosa. Sperai che dessero la colpa del mio tremore al freddo.
Mister Blake, il cappotto nero aperto, guardò l'orologio e sbuffò. -Ragazzi, vi lascio liberi... mi raccomando, comportatevi bene, ci rivediamo qui tra un'ora- non sembrava essere troppo felice di averci accompagnato in paese.
-Noi ci comportiamo sempre bene- intervenne Chantal, assumendo l'espressione da brava ragazza. Non attese la risposta. Mi afferrò per il braccio e mi trascinò con sé lungo la via ricoperta di sassolini bianchi.
Il paese trasmetteva un senso di angoscia con le sue casette grigie. Ebbi la sensazione di essere finita in un qualche film horror.
-Nessun negozio di make up- Chantal spostava lo sguardo a destra e a sinistra -dovrebbero togliere questo posto dalle mappe- continuò a brontolare.
Camminavo, il cuore che mi batteva forte nel petto. Possibile che non ci fosse nulla di dedicato alla Dama? Una statua, una scritta, il nome di una via. Se la leggenda era così famosa doveva esserci qualcosa. Una volta ero stata in Italia, a Verona, la patria di Romeo e Giulietta. Beh, lì c'era qualsiasi cosa su di loro. Il mio pensiero si fece tempestoso, sempre più inquieto, tremolante, irrequieto. Cosa potevo fare? Chantal parlava, parlava e parlava. Le sue parole erano prive di senso per me. Sciocche parole. E il mio sguardo cadde su un'insegna che si trovava su un edificio più basso degli altri.
"Biblioteca."
Sì, forse lì ci sarebbe stato qualcosa... e magari anche una connessione a Internet. Spinsi le porte di vetro ed entrai.
-Ehi, dove vai?- esclamò Chantal e un istante dopo la trovai al mio fianco -Questo non è un negozio di make up-
-Decisamente no, ma forse possiamo controllare i social- enormi scaffali dall'aspetto ballerino si trovavano tutti intorno a noi.
-Wow, allora sì, è perfetto!- gridò, attirando lo sguardo truce di un uomo che leggeva, affondato in una poltrona.
-Parla piano, altrimenti ci buttano fuori- le sussurrai.
Chantal sospirò. -Sempre cose da fare o da non fare- buttò indietro i capelli.
Sopressi un sorriso. Era buffa quando faceva così. Mi avvicinai a uno dei computer che ronzava. Il ricordo di Harry, la realtà che creava a computer, mi esplose nella mente. Deglutii e cercai di concentrarmi sul presente. Il computer che avevo davanti era un modello vecchio. Mi affrettai a collegarmi al browser e a digitare le parole chiave.
Woodville, Dama, leggenda
Premetti invio, il cuore che ruotava come la piccola clessidra sullo schermo.
-Ma è lentissimo!- si lamentò Chantal e appoggiò una mano sul tavolo -non si collegherà mai ai social!-
-Diamogli fiducia- sussurrai.
-Se lo dici tu- il suo respiro mi accarezzò l'orecchio.
E attendemmo. Secondi, minuti, forse ore. Artigli che affondavano nella carne, tanto a fondo da farmi sanguinare. Tremavo. Alla fine l'attesa fu premiata. Comparvero una serie di titoli. Chantal espirò rumorosamente.
Aprii il primo. L'articolo di un blog che trattava eventi misteriosi. Parlava di ossa ritrovate vicino alla scuola, di uno studente trovato morto negli anni Cinquanta per cause poco chiare e di una ragazza aggredita nel 1974 da non si sapeva chi. Il mistero aveva attraversato tutta la storia di Woodville. Sentii il cuore stringersi. Brutte cose. I capelli turchini di Chantal mi caddero sulla spalla mentre lei si sporgeva per vedere meglio.
-Orrore- gemette.
Non replicai, ma feci scorrere la pagina. Altre informazioni. Nessuna particolarmente felice. Una studentessa caduta dalle scale nel 1981. Strani rumori. Luci dove non avrebbero dovuto esserci. Sentii lo stomaco annodarsi. La situazione non era brutta, era peggio, molto peggio. Non c'era una cosa che andasse bene.
-Io là dentro non ci torno- gemette Chantal.
Lanciai uno sguardo all'orologio. Non c'era tempo. Estrassi il cellulare di tasca e cominciai a fotografare l'articolo, così da poterlo leggere poi con calma. Forse c'era qualcosa d'importante. M'infilai il cellulare in tasca. Il cuore mi batteva all'impazzata.
Il ritorno al castello fu silenzioso. Perlomeno Chantal non parlò. Era turbata da ciò che aveva letto. Non potevo certo darle torto. Io mi sentivo vuota, confusa, traballante. La storia non mi piaceva.
Cominciammo a parlare mentre ci dirigevamo verso la camera, camminando vicine.
-Questo posto mi mette i brividi- mormorò lei, circondandosi il corpo con le braccia. Mi parve fragile. Non la solita Chantal esuberante.
-Decisamente- sospirai -dobbiamo analizzare bene il contenuto dell'articolo- decisi -forse potremo trovare qualche informazione in più e... -
-Dobbiamo trovare un modo per tornare a casa- m'interruppe Chantal, scuotendo la testa.
-Una fuga?- indagai.
-Sì, anche una fuga, basta andarsene da qua- e come a sottolineare le sue parole si sentì un forte cigolio. La mia amica trasalì. -E va bene se questa casa non ci crolla addosso-
Non le risposi. Non sapevo cosa risponderle. Mi fermai davanti alla porta della nostra stanza e... vidi qualcosa a terra.
Acqua. Pozze d'acqua che conducevano fuori dalla stanza. E alghe, lunghe e viscide. Dita di mostri. Anzi, tentacoli di mostri marini. Tremai. Winny avrebbe detto che avevo troppa fantasia.
Chantal lanciò un grido, portandosi le mani alle labbra. Io appoggiai una mano sulla maniglia.
-Non vorrai aprire?-
-Che possiamo fare?- ma tremavo. Non volevo aprire. Ogni fibra del mio corpo mi gridava di non farlo. Eppure dovevo. Avevo bisogno di capire cosa ci fosse dietro quella porta.
-Aspetta un attimo- Chantal fece un giro su sé stessa. -Vediamo se c'è qualcosa per difenderci, non so, un bastone, qualsiasi cosa-
-Avete bisogno?-
Sussultammo e Chantal mi si aggrappò al braccio.
-Non volevo spaventarvi- Harry avanzò, la schiena dritta. Il portamento di chi non ha paura di nulla. Indossava la divisa della scuola e gli stava troppo bene
-Che ci fai qui?- nella sezione femminile, avrei voluto aggiungere.
Harry ignorò la mia domanda. Mi venne accanto e il suo respiro mi solleticò il collo. Contrassi i muscoli. Perché mi turbava in quel modo? Perché...
La sua mano scivolò sulla mia. Palmo contro dorso. Qualcosa dentro di me sussultò. E tremò quando le sue dita si piegarono. Aprì la porta. Mi sentii diventare acqua, fiume, torrente. Sotto di lui. Non vidi l'interno della stanza. Mi sentivo troppo turbata. Ogni cosa galleggiava nella nebbia.
-Qualcuno è stato qui dentro- la voce di Harry mi riportò alla realtà. Il mio sguardo scivolò sui letti, sull'armadio, sulla finestra. Ogni cosa mi sembrò nuova. E poi notai l'acqua. C'era acqua per terra. Una pozza che alla luce del tramonto assumeva una colorazione rossastra. Come il sangue. Lo stomaco mi si chiuse. Non mi piaceva per niente. Furono solo le braccia di Harry a impedirmi di scivolare a terra. Affondai il viso nel maglione. Mi aggrappai a lui come se fosse una zattera in mezzo alla tempesta. Forse era proprio così.
NOTE DELL'AUTRICE:
Ciao!
Cosa ne pensate di questi nuovi sviluppi?
A presto!
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