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Che il cielo pianga anche per me

Su una collinetta come tante, seduta su una panchina come tante, chiusa nel silenzio di quel luogo e nel proprio anonimato, una ragazza dai capelli neri prendeva l'ennesimo fazzoletto e con esso si asciugava gli occhi pieni di lacrime.

I suoi occhi color nocciola erano leggermente gonfi e le sue guance bagnate dalle continue lacrime, il naso era diventato rosso e il suo intero volto era ricoperto dai capelli mossi, lasciati sciolti di proposito, in modo non attirare l'attenzione di qualche passante.

In quella zona continuavano a cadere alcune foglie, ormai secche poiché era autunno, e poiché spinte da un leggero vento freddo.

Ecco come lei avrebbe desiderato essere, proprio come quel vento che le scompigliava i capelli: fredda, in modo tale da non poter lasciarsi sopraffare dalle proprie emozioni, e passeggera, così tutto ciò che avrebbe visto, sarebbe scomparso dalla sua mente appena se ne fosse andata.

Eppure lei non era affatto così, e in quel momento ne aveva la piena conferma. Quel giorno aveva lasciato che le lacrime abbandonassero finalmente i suoi occhi, o forse erano state proprio loro a vincere contro l'orgoglio e la forza di volontà della ragazza, proprio quella forza che le costringeva a stare al loro posto per non apparire in momenti inopportuni.

Le sue emozioni erano contrastanti e il suo cuore era come se fosse stato diviso a metà: una parte era piena di tristezza, di una tristezza che non la coinvolgeva in quel modo da tanto tempo, che allo stesso tempo la faceva sentire vuota, mentre l'altra era piena di rabbia, rancore e di un istintivo desiderio di vendetta.

Sentiva che quel mondo era più grigio e brutto del solito, e tutta la negatività accumulata nel corso del tempo non aveva fatto altro che peggiorare la situazione. Eppure, nonostante sapesse che esistevano persone capaci di farla sorridere e di donare un colore alle sue giornate, o che esistessero persone che stavano peggio di lei, non riusciva a smettere di piangere.

La ragazza prese l'ennesimo fazzoletto e tornò ad asciugarsi le lacrime, poi cercò di soffocare i singhiozzi con una mano e con l'altra spostò i capelli in avanti: non riusciva a parlare, ma i suoi pensieri gridavano tanto, troppo, quasi da farle venire il mal di testa; infatti sembrava che stessero combattendo una lunga ed estenuante battaglia, come quelle che lei immaginava quasi quotidianamente.

Una parte dei suoi pensieri la esaltava e la incoraggiava: "Sei forte, supererai anche questo momento, e ti farai valere, ovunque andrai nessuno potrà criticarti oppure offenderti, perché non avranno modo di farlo e semmai ci riuscissero, tu riuscirai in un istante a schiacciare le malelingue. Ricordati che vali, che sei piena di qualità e che nessuno potrà mai metterlo in dubbio. Sii come la fenice che brucia, ma risorge dalle proprie ceneri più bella e forte di prima." 

L'altra parte gridava in preda alla rabbia e la criticava in continuazione: "Bella? Ma dove? Ma quando? Seriamente, cos'hai di bello? Anche se non sei grassa, non si può dire che tu sia magra,  inoltre guarda i tuoi capelli: dovrebbero essere ricci, ma non rispettano neanche la loro natura, e i tuoi occhi non sono poi così belli, e per di più hanno anche un colore strano. Ma non parliamo del tuo carattere! Tu sei l'essere con il peggior carattere esistente: troppo curiosa, instabile, lunatica, permalosa, a tratti violenta e sadica, potrei dire anche bipolare, insomma, un vuoto a perdere senza un briciolo di speranza. Ma il tuo difetto più grande non può essere che uno: sei troppo buona. Sei buona da far schifo, ti fai usare senza ritegno e poi ti lamenti, e il peggio è che sembri una fessa, e forse lo sei pure. Ma ora che fai, piangi come una bambina? Ma non ti vergogni neanche un po'?  Prima ti fai usare e poi piangi le tue lacrime di coccodrillo? Ma non farmi ridere, sei ridicola. Ah, ora che mi viene in mente, dove cavolo è finita la ragazza dura e forte che eri!? Si è ammazzata dopo averti vista così oppure è ancora viva? E se lo fosse, dove l'hai rinchiusa? Ma che te lo chiedo a fare, tanto conosciamo entrambe la risposta: ti sei rammollita, sei diventata debole, rammoli-"

Quella frase non ebbe la propria conclusione perché la ragazza si alzò di scatto e, con le lacrime ancora agli occhi, gridò con forza, e sembrò quasi che il suo urlo fosse più simile ad un ruggito. Era carico di frustrazione, rabbia, rancore, tristezza e di tutta la negatività che possedeva e aveva accumulato nel corso del tempo.

"Andate via e state zitte! Lasciatemi sola e non tormentatemi, non vedete che sto già male? Via! Potete dire quello che vi pare, ma ormai non ho più voglia di ascoltarvi col rischio di perdere del tutto la ragione! Colei che deve stare al proprio posto resterà lì, perché non deve uscire. Inoltre," Premette la mano sul lato destro della testa "non ho alcun bisogno né della vostra pietà, né di quella di chiunque altro, mai e poi mai."

Le lacrime continuavano a uscire imperterrite e con crudeltà, e lei non poteva fare niente per bloccarle, in fondo ci era riuscita per fin troppo tempo. Si concesse qualche secondo, e tornò a rispondere alle voci che erano nella sua testa:

"Sono buona, è vero, fin troppo, ma ciò non significa che io possa essere scambiata per una fessa, e se vogliamo proprio essere precise, fessa in latino significa stanca, ed è esattamente quello che sono io. Sono stanca di essere usata e poi trattata come se non valessi niente, e loro non hanno capito niente di me, a partire dal fatto che, se superano il limite, diventerò cattiva, e chi è nato buono ma si è trasformato è peggiore di chi è nato con la cattiveria nelle vene."

Prese un bel respiro, poi alzò lo sguardo verso il cielo annuvolato e gridò: "A tutti voi che mi odiate, che godete nell'usare le persone solo per i vostri interessi sfruttando un falso buonismo, crepate! Attaccatevi a quel che vi pare, ma voi, merde, non vi meritate proprio niente, quindi fatemi il piacere di schiattare!"

Le sue erano parole molto forti, lo sapeva bene, ma desiderava urlarle più di qualsiasi altra cosa. Ad un certo punto i singhiozzi si interruppero e lei tornò a guardare il cielo.

"Se lassù c'è qualcuno, allora lo prego di ascoltare la mia preghiera: volere che qualcuno muoia è impossibile, ma non lo è desiderare che ognuno di loro abbia almeno una piccola, piccolissima parte del dolore che stanno causando a me."

Prese un respiro profondo e si asciugó le ultime lacrime, mentre dal cielo iniziavano a scendere le prime gocce d'acqua. Ridacchió per pochi istanti: "Finisce di piangere uno e incomincia qualcun altro... Ora però mi rifiuto di piangere ancora, soprattutto per persone del genere; anzi, mi rifiuto di piangere per qualsiasi cosa futile come questa."

Lei chiuse gli occhi e si lasció bagnare completamente dalla pioggia, che aveva dato inizio a un terribile temporale, infine mormorò delle parole che sembravano costituire una promessa: "Io non piangerò mai più, ma se dovessi essere triste e se dovesse piovere, allora che il cielo pianga anche per me."

Chiedo scusa a chi probabilmente si è annoiato mentre leggeva queste parole, ma sono molto personali e le ho scritte proprio perché sentivo il dovere di farlo, ed era un dovere verso me stessa.

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