Capitolo 5
La foresta era immensa e difficile da percorrere in alcuni punti, però Linda continuava a camminare, instancabile e determinata a trovare una traccia che la portasse ad Ann.
Con gli occhi scandagliava il terreno ricoperto di foglie morte e rametti cercando un qualsiasi indizio, ma non vide niente di utile. James era sempre con lei per sostenerla nei punti più ardui da oltrepassare, per rassicurarla quando si sentiva impotente, per farla bere e mangiare visto che lei non sembrava prendersi abbastanza cura di se stessa.
Linda era davvero grata di quel conforto silenzioso, però Ann rimaneva sempre al primo posto nei suoi pensieri.
Il settore assegnato a Sanders, sua figlia e altre tre persone si trovava accanto a quello che stavano controllando Linda e il suo gruppo. Gli alberi erano troppo fitti perché ci si potesse vedere quindi non appena Kathy trovò un indizio nessuno se ne accorse: la ragazza notò un cellulare con la cover fucsia occhieggiare da un cumulo di fango e foglie.
La giovane si chinó, fingendo di doversi allacciare le scarpe, e recuperò l'oggetto con un movimento furtivo. Dopodiché lo nascose nella manica della felpa che aveva indossato e si rimise in cammino. Con lo sguardo, cercò sua madre e, quando la intercettó, la raggiunse con una breve corsetta.
«Tesoro, come va?» le domandò la donna, continuando la ricerca.
«Mamma. Guarda» bisbiglió Kathy, prendendo la madre per un braccio e attirando la sua attenzione verso la mano destra.
«Dove l'hai trovato?» replicó Sanders, togliendo il cellulare a sua figlia e mettendoselo in tasca senza farsi notare «Ti ha vista qualcuno?»
La coach diede un'occhiata sia a destra che a sinistra per controllare le persone che le avevano accompagnate e fu lieta di constatare che tutte erano impegnate nelle ricerca di Ann e nessuno faceva caso a loro. Così si fece accompagnare da Kathy nel punto esatto in cui aveva rinvenuto il cellulare e lì scovó alcune tracce nel fango: Sanders e la figlia seguirono le orme visibili a stento fino a un casotto di legno col tetto in lamiera.
Si trattava di un vecchio rifugio per cacciatori che stava lentamente andando in rovina. In molte parti, infatti, il legno era marcito e il tetto era bucato in più punti.
Kathy si fermò accanto a un albero, ai margini della specie di radura dove sorgeva l'edificio diroccato, mentre sua madre diede un'occhiata in giro prima di aprire la porta. Con un sinistro cigolio, la aprì di qualche centimetro e spió all'interno del casotto di caccia: quello che vide le fece rizzare i capelli.
Ann Westmore giaceva in maniera scomposta su alcuni sacchi di iuta. Aveva il volto insanguinato e pieno di graffi mentre la gamba destra pareva essere rotta, almeno a giudicare dall'angolazione dell'arto. Il petto le si alzava lentamente, a fatica, eppure continuava a farlo con grande irritazione della coach.
«Aiuto...» mormorò la ragazza, schiudendo le labbra secche e ruvide per far uscire la sua fievole supplica.
Ann voltò la testa verso Sanders e aprì pian piano gli occhi, cercando di metterla a fuoco.
«Coach... mi aiuti, la prego...» sussurró ancora per poi abbassare le palpebre.
Maledizione!
La donna si morse il labbro inferiore mentre rifletteva sulla mossa da fare. Alla fine, prese la giovane per le braccia e la trascinó fino al punto più lontano dalla porta dopodiché uscì dalla catapecchia. Con lo sguardo cercò qualcosa con cui serrare la porta e trovò un vecchio lucchetto che faceva al caso suo: lo prese e chiuse quella dannata porta per sempre.
In silenzio tornò da Kathy, che non si era mossa dal suo rifugio, e le strappó il cellulare di mano per poi prendere la ragazza per un gomito.
Camminarono fino a raggiungere un fiume senza nome che scorreva lì vicino: Sanders accese il telefonino e dopo lo buttó in acqua. Kathy non ce la fece più a trattenere le lacrime e si mise a piangere in silenzio.
«Ora è tutto finito» le disse sua madre, asciugandole le guance con fare irritato «E finiscila di piangere. Mi avevi detto che era tutto sistemato. Invece, ho dovuto pensarci io.»
Arrabbiata e furiosa con la figlia, Sanders l'afferró per un polso e fecero il percorso a ritroso, comparendo nel gruppo di ricerca senza che nessuno si fosse accorto della loro momentanea assenza.
«Trovato qualcosa?» domandò lo sceriffo Truman alla squadra, giungendo pochi istanti dopo le due donne.
Si stava facendo buio e le ricerche sarebbero riprese il giorno dopo, alle 8 precise.
«No. Nulla» rispose Sanders, con un cenno desolato della testa.
Gli altri membri del gruppo diedero la stessa risposta allo sceriffo, che si passò una mano sul volto corrucciato di preoccupazione. All'inizio credeva si trattasse di una banale ragazzata, ma via via che i giorni passavano e Ann Westmore non tornava a casa, Truman era sempre più nervoso e agitato, nonché irato con se stesso per aver sottovalutato il caso.
Tutti i volontari ritornarono in città, dalle loro famiglie, e Linda si fece accompagnare dal vicesceriffo: era molto stanca e spossata che non se la sentiva di guidare così l'uomo l'aveva fatta salire sulla volante e l'aveva riportata a casa, con la promessa di andarla a prendere il mattino dopo.
La signora Westmore non proferí parola e si chiuse la porta alle spalle. Una parte di lei, il suo istinto di madre, le diceva che la foresta era il posto giusto, però doveva anche riposarsi per essere lucida.
«Orsacchiotto... dove sei?» bisbiglió nell'oscurità della sua abitazione mentre saliva le scale per poi buttarsi a corpo morto sul letto della figlia.
Fu subito avvolta dal profumo floreale che Ann utilizzava sempre e ciò le fece venire le lacrime agli occhi.
«Ti troverò, tesoro mio...» promise al silenzio e al buio della stanza prima di cadere in un sonno senza sogni.
Kathy, invece, non riusciva a chiudere occhio. Quella che era cominciata come una ragazzata si stava trasformando sempre più in una tragedia di proporzioni epiche e lei non sapeva che cosa fare.
Se ne stava seduta sul suo letto, a gambe incrociate, a pensare come agire finché non abbassó lo sguardo su ciò che teneva in mano.
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