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Capitolo 1

Il cielo era nuvoloso, però non si prevedevano piogge quindi gli studenti del liceo Hartway indossavano vestiti leggeri, a parte qualche freddoloso che preferiva una bella e morbida felpa al posto delle magliette maniche corte.

Linda Westmore e sua figlia Ann si erano fermate con la macchina nel parcheggio dell'istituto circa un'ora prima che il primo studente mettesse piede a scuola. Entrambe erano un poco in ansia per il loro primo giorno di scuola: la madre era stata assunta come vicepreside e questo metteva a disagio la figlia adolescente.

Chi vorrebbe studiare nella stessa scuola in cui lavora il proprio genitore?

Nessuno.

Nemmeno Ann.

Anche se per lei la situazione era un po' diversa. Suo padre era morto un paio di anni fa e questo aveva avvicinato moltissimo madre e figlia, tanto che ormai erano pressoché inseparabili. Ciò nonostante, Ann sperava che la madre non si facesse vedere troppo in giro nei corridoi scolastici.

«Dai, non credo sarà così tremendo. E poi ci sarò anch'io, se ne avrai bisogno» disse Linda, cercando di confortare la giovane che continuava a lanciare lunghe occhiate alla scuola.

«Ecco» mugugnó Ann, stringendo la borsa nera colma di quaderni e penne in maniera spasmodica «Pensavo di evitarlo. Cioè sono davvero felice che tu sia con me, però ricordati che studiare nello stesso edificio dove la propria madre lavora possiede un che di imbarazzante.»

Linda ridacchió divertita e smontó dall'auto, seguita a ruota dalla figlia. Entrambe indossavano vestiti casual, ossia jeans e maglietta. Alla signora Westmore era stato raccomandato di non essere troppo formale visto che la scuola era piccola così come la cittadina, un luogo in cui tutti si conoscevano e si davano del tu. Il preside, infatti, si era dimostrata una persona accogliente e calorosa che aveva fatto sentire Linda a suo agio già dal colloquio per l'assunzione.

«Va bene. Farò finta di non conoscerti, se proprio ci tieni. D'accordo?» si arrese la donna, suscitando l'ilaritá della figlia.

«D'accordo» fece Ann, alzando il pollice in segno di vittoria.

L'edificio scolastico era sviluppato in lunghezza più che in altezza e così somigliava a un grande parallelepipedo, dotato di una palestra attrezzata dove la squadra femminile di basket si allenava per almeno cinque ore al giorno.

Ann adorava quello sport. Nella sua vecchia città, aveva lasciato un pezzo di cuore assieme al posto di capitano della squadra locale eppure non aveva rimpianti.

Ovunque si trovasse sua madre, lì sarebbe stata la sua casa.

Con il cuore più leggero, varcó il grande portone in vetro e legno assieme a Linda dopodiché si separarono, con l'intento di vedersi a pranzo.

La signora Westmore si avviò in direzione della presidenza, che si trovava accanto alla sala insegnanti e alla segreteria. Entrò in un piccolo ufficio dove l'accolse una signora anziana con una crocchia di capelli bianchi e grigi.

«Tu devi essere Linda» esclamò con voce cinguettante, allargando le braccia con gioia «Paul mi ha parlato tanto di te che ormai ti conosco.»

Paul?

«Intende il preside?» chiese la donna, un poco stranita, dopo aver subito l'abbraccio di benvenuto della segretaria.

«Certo! Chi sennò?» ribattè lei, schioccandole un bacio per guancia per poi condurla nell'ufficio assegnato al vicepreside «Qui ci chiamiamo tutti per nome. Anche gli studenti fanno così. Dopotutto ci conosciamo da anni quindi perché cambiare e usare etichette? Comunque, se vuoi ti chiamerò "signora vicepreside".»

Linda sentì distintamente che alla signora quell'appellattivo non piaceva affatto in quanto metteva troppa distanza fra loro così scosse la testa e, con un sorriso, le diede il permesso ufficiale di chiamarla col nome di battesimo.

«Ottimo. L'ufficio è di tuo gradimento? A proposito, io mi chiamo Amelia» disse la segretaria, in maniera calorosa, mentre si fermava sulla soglia affinché Linda potesse dare un'occhiata in giro.

«Bellissimo» replicó la donna, poggiando la borsa sulla grande scrivania, posta di fronte all'unica finestra del locale.

A destra vi era un'ampia carta geografica e una specie di schedario mentre a sinistra vi era un piccolo mobiletto con sopra una felce dentro un vaso rosa antico.

Un nuovo inizio...

Nel frattempo, Ann conosceva tutti i suoi compagni di classe: un intrico di volti e voci che la ragazza stentava a ricordare. Fu un primo giorno caotico e confuso, almeno finché Ann non trovò la palestra. Allora, entrò e lasciò cadere a terra la sua borsa per recuperare una palla da basket, che si trovava esattamente sotto al canestro.

La giovane fece un paio di palleggi, crogiolandosi nel suono forte e sicuro della palla che colpiva il pavimento. Si trattava di un rumore cadenzato e familiare, un ricordo della casa che aveva abbandonato.

Così si lasciò trascinare da quella sensazione dolce e amara allo stesso tempo. Il suo corpo sapeva cosa fare, come agire e muoversi e ben presto Ann si ritrovò madida di sudore, ma felice, estremamente felice.

Un applauso si levó nella quiete dopo l'ennesimo canestro e la ragazza si bloccó al centro del campo di basket, curiosa e spaventata. Accanto alla sua borsa rovesciata, vi era una donna, della stessa età di sua madre, che indossava una tuta blu a strisce bianche e un fischietto al collo. I capelli, lunghi e scuri, era racchiusi in una severa coda che lasciava scoperto il viso.

«Oh, mi scusi. Io non volevo...» balbettó Ann, in imbarazzo per essere stata beccata in flagranza di reato.

Anche se, dopotutto, non stava facendo nulla di male. Solo due tiri in solitudine per ricordare il suo passato. Però non era sua intenzione farsi notare proprio il primo giorno di scuola.

Ann abbandonó la palla, che cadde con un fondo sordo e rotoló fino a raggiungere i piedi della sconosciuta.

«Non preoccuparti. La palestra è sempre aperta» replicó la donna con un sorriso gentile in volto «Sono l'allenatore Sanders. Mia figlia è il capitano della squadra.»

Ann sorrise di rimando, sentendosi subito in sintonia con lei. Camminó fino alla borsa e si fermò di fronte all'allenatrice, che le diede la palla raccolta prima.

«Mi pare che te la cavi bene» osservó Sanders, con occhio clinico «Sentiti libera di venire qui ogni volta che vuoi. Solitamente, a fine giornata ci sono gli allenamenti della squadra, se mai volessi assistere.»

Ann si sentì integrata e contenta per un infinito momento.

Un nuovo inizio...

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