Gloria
Gloria era una puttana. Vendeva aspirapolvere e scopava mariti. Alla Golden Turbox erano ben felici di pagarle alte provvigioni tutti i mesi. La sua media mensile era il triplo, se paragonata a quella dei suoi migliori colleghi. Era una bomba. In tutti i sensi. Ed era odiata per questo.
Aveva metodo, nonostante avesse iniziato da soli tre mesi; Gloria ci sapeva fare. Soprattutto con i pensionati. Ma non solo.
Appuntamento in corso Magenta, ore 9:30. Quattro donne, inclusa Gianna, la coordinatrice, e tre uomini. Quattro caffè, un cappuccino e un succo d'arancia; per Gloria un caffè deca, tre bustine di zucchero e una brioche al pistacchio. Non badava alla dieta, ma aveva una bella forma. Era in carne, carne nei posti giusti.
«La vita è già fin troppo amara per bere un caffè senza zucchero», ripeteva tutte le sante volte che qualcuno fissava le sue bustine vuote.
Gianna fece spazio sul tavolino, tirò fuori la mappa di quella piazza. Spostò un paio di tazzine, spolverò qualche briciola di brioche al pistacchio e attaccò il suo piano d'attacco per quella mattina.
«Paola e Diego, voi iniziate da qui e salite fino in fondo, lato pari. Il lato dispari lo fate voi, Chiara e Molly. Enrico viene ancora con me. Tu, Gloria segui questa via interna; pari e dispari.»
Come tutte le ultime volte a Gloria toccava la via più scomoda, quella più stretta, o più buia, o con meno alberi, meno giardini o, se possibile, senza balconi. Ma a lei non importava. Lei ci sapeva fare in quelle zone. Anzi, più erano emarginate e più si trovava a suo agio.
«Bene, gambe in spalla - concluse Gianna - ci vediamo tra tre ore, in fondo a corso Magenta, dalla Pasticceria Biffi. Chi porta meno contratti offre il caffè a tutti!»
Paola e Diego saltarono sull'attenti, seguiti a ruota dall'altra coppia, e si avviarono rapidi sul lato del corso a loro assegnato.
«A più tardi! E in bocca al lupo pivelli!» sentenziò il simpatico Diego, trentadue anni, di cui tredici impiegati a vendere tremilaeduecento apparecchi.
«Grazie per il caffè che ci offrirai», rispose dall'altro lato della strada Molly, forte dei suoi millequattrocento contratti firmati in poco meno di quattro anni. Gianna, intanto, si era avviata in cassa a saldare il conto. Da premurosa coordinatrice offriva spesso la colazione ai suoi discepoli, come amava definirli. Enrico, l'iniziato della settimana, la seguiva ovunque. Letteralmente.
«Aspettami qui - fu costretta a dire Gianna più di una volta - vado un attimino alla toilette.»
Gloria non aveva fretta, era ancora seduta al suo posto a godersi le ultime briciole della calma del mattino, guardandosi attorno e studiando il mondo circostante. A lei piaceva godersi le cose. E soprattutto non voleva privarsi della goduria di vedere la faccia di Gianna allontanarsi prima di lei. Approfittò dell'attesa per ricontrollare la perfezione del suo smalto color rosso love. Anzi, già che c'era, poteva dare una nuova spennellata.
Gianna le passò davanti, salutandola con un freddo «a più tardi», Enrico si limitò ad un cenno di testa; quasi urtò con la borsa della coordinatrice passando tra le sedie dei tavolini del bar. Lei soffiava sullo smalto appena messo. «A più tardi», rispose alzando un braccio in cerca dell'attenzione del cameriere.
«Un bicchiere di acqua frizzante molto fredda con una fettina di limone grazie.»
Paola non si vedeva già più, probabilmente era riuscita a farsi aprire il portone da qualche inquilino. Dall'altro lato della strada Diego prendeva appunti guardando il citofono. Gloria si accese una Philip Morris blu, aspirò fino a formare due profondi incavi su entrambe le guance. Ingoiò. Poi, dopo due secondi di piacere, riversò tutto il suo bianco respiro sul volto del giovane cameriere che le aveva portato la gelida acqua aromatizzata da una spessa fetta di limone.
Gianna e il fido aspirante si erano diretti sulla stessa via ma in direzione opposta. Erano ancora fermi al semaforo; Gianna al cellulare, mentre Enrico raccoglieva fogli che gli erano scivolati per terra.
Un altro tiro, un altro sorso. Poi si massaggiò le labbra con la lingua, cercando di raggiungere, con lo sguardo, la piccola via che le avevano assegnato. Molly e Chiara, per quanto la sua visita fosse acuminata, erano fuori dalla portata del radar.
Spense la sigaretta, non ancora terminata, spingendola con le due dita contro il fondo del portacenere, rimase in piedi, con la punta segnata dalle labbra rosso fuoco rivolta verso l'alto e l'altra estremità, ancora fumante, accartocciata. La prima vittima della giornata.
Ancora due sorsi freschi. Una signora di mezza età uscì da un portone con il suo carrellino per la spesa marrone. Era il momento di agire. Mise a posto i suoi belletti e, dopo aver infilato una banconota da cinque euro sotto il posacenere, si avviò verso la via di sua competenza. Adesso gli altri del gruppo non le interessavano più.
Attraversò la strada fino a raggiungere il piccolo portoncino marrone da cui aveva visto uscire quella signora. La osservava ancora da lontano, fino a quando la vide girare l'angolo opposto. Il carrellino scomparve dopo di lei. Era una palazzina di cinque piani, più un piano rialzato e un attico; dovevano essere almeno 14 appartamenti. L'attico era da escludere, troppo impegnativo per la signora col carrellino marrone. Escluse anche gli appartamenti al piano interrato; il primo sembrava uno studio, il secondo aveva le tapparelle serrate. Gloria si scostò gli occhiali osservando con attenzione gli altri piani. Le cinque finestre del primo piano non la convincevano; camere troppo buie, tapparelle troppo scure. Al secondo piano le uniche finestre con un po' di verde. Qualche pianta le si poteva addire; era la prima opzione. Il terzo piano aveva le tapparelle sollevate e le tende erano troppo fashion per appartenere alla signora di mezza eta: scartato. Il quarto piano era abbastanza anonimo, aveva le tapparelle più logore di quello del quinto ma aveva le finestre aperte, stavano facendo arieggiare. Al quinto invece, sembrava tutto fermo; entrambi erano da tenere in considerazione. Una delle finestre del secondo piano si aprì: una signora si accingeva a bagnare le piante sul piccolo balcone con una bottiglia di vetro. Bene, la scelta si semplificava. Si avvicinò al citofono e si rallegrò nel vedere che i pulsanti erano solo 7: uno per piano. Tra le due opzioni optò per il pulsante del quarto piano.
«Chi è?»
Era una voce giovane, un ragazzo, accento leggermente meridionale, forse campano. Capì di aver sbagliato.
«Sono la signora del piano di sopra, mi si è chiuso il portone... mi puoi-»
«cla-clack», fece il portone, interrompendo la richiesta di Gloria.
«Buon giorno sciura Maria! In cambio mi fai la pasta al forno domani?»
«Certo caro, la faccio come piace a te, bella carica!», rispose lei senza nemmeno pensarci.
Il più era fatto.
L'atrio era signorile, pulito, ben curato. I pavimenti in marmo chiaro erano lucidi, le cassette delle lettere, a sinistra, erano ordinate, tutte uguali, tutte con le stesse etichette, nessuna corrispondenza accumulata o fuori posto.
Tre gradini portavano a un piccolo pianerottolo dove c'era il vano ascensore e, in fondo, le scale da cui si vedeva anche la corte interna. Era una bella palazzina, prometteva bene.
Chiamò l'ascensore e salì al penultimo piano, il quinto. L'ascensore, come il portone, profumava di vecchio. Quinto piano.
La salita fu lenta, Gloria ne approfittò per ammirarsi nel grande specchio e aggiustare la strategica scollatura; era solare, era Gloria. Un angolo della bocca dipinta di rosso sorrise impercettibilmente. Si sentiva bella. Si sentiva padrona. Quinto piano: iniziava lo spettacolo.
Piazzata davanti alla porta, si chinò per leggere la targhetta del cognome. Con le mani si stirò il vestito floreale biancorosso che era già perfetto e suonò energicamente il campanello del signor Brambilla. Un nuovo massaggio delle labbra in attesa dell'esito.
«Chi è?» chiese l'uomo dall'altra parte.
«Sono Gloria, la figlia di Anna, un'amica di sua moglie Maria»
Bum! Meglio di un passe-partout. La porta si aprì.
Apparve Ubaldo, un uomo in pantofole, ordinato. Aveva un'età intorno ai settanta, secondo Gloria appena sotto, barba appena fatta, calvo, un po' spettinato, modi garbati. Profumava di acqua di colonia, portava occhiali da lettura, leggermente allentati sopra al naso, così poteva guardare Gloria da sopra la montatura. Era più basso di lei di una decina di centimetri.
«Buongiorno - esordì l'uomo - mia moglie è appena andata...»
«Buongiorno, sono Gloria - disse allungando una mano in cerca di un saluto - sono passata per la dimostrazione. Piacere!»
«Piacere, Ubaldo Brambilla, Maria non mi ha-»
«Che bella stretta vigorosa, Ubaldo!» interruppe l'uomo fissandolo negli occhi con un sorriso incorniciato di fuoco e avanzando di quel piccolo passettino che le avrebbe concesso la conquista dell'uscio. Ubaldo, distratto da quell'apparire improvviso indietreggiò di quel tanto che bastava.
«Passavo in zona e mi sono ricordata che mia madre mi aveva detto che Maria era interessata ad un nuovo aspirapolvere. Abbiamo in offerta un modello nuovissimo che era un peccato non farglielo vedere. A che ora rientra Maria?»
«Maria rientra per le undici circa...»
Gloria, sempre sorridente, agitò il braccio scuotendo la vistosa scollatura per scoprire l'orologio che aveva al polso; segnava le 9:23. «Bene - disse barando - tra un'oretta. Oggi sono così stanca, Ubaldo, non sono riuscita nemmeno a fare colazione...»
«Prego si accomodi. Posso offrirle un caffè?»
«Magari! È gentilissimo, Ubaldo! Ma a patto che mi dai del tu! Sono Gloria!» ribadì accompagnando con un sorriso estremo.
«Prego Gloria, accomodati», ripetè l'uomo chiudendo la porta d'ingresso. «Da questa parte...»
«Perdonami Ubaldo, mi sono precipitata qui da te senza nemmeno chiamare prima. Sei occupato? Vuoi che ripassi più tardi?»
«Assolutamente nessun disturbo, Gloria. Stavo leggendo il giornale di ieri. Ti preparo un caffè e aspettiamo Maria.»
«Sei gentilissimo! Un vero tesoro!»
«Hai detto che sei la figlia di...?»
«Anna! Una vecchia amica di Maria. Sai si incontrano... lì dove si incontrano ogni tanto...»
«In chiesa?» chiese Ubaldo mentre riempiva la moca con la polvere di caffè.
«Mah, non so...», rispose una finto indecisa Gloria.
«Ai corsi di maglia?» provò ancora a indovinare Ubaldo mentre accendeva il fuoco piccolo del cucinino.
«Si! Ai corsi di maglia!» aggiudicò la donna.
«È un po' che non va, da quando le fa male il polso...»
«Parlami di te Ubaldo, hai una stretta di mano davvero vigorosa! Di questi tempi è merce molto rara...»
Ubaldo sorrise. Buon segno.
«I ragazzi di oggi, sono un po' distratti... Hanno troppe distrazioni!» aggiunse lui ridendo.
«E si, l'hai detto tu Ubaldo! Hanno troppe distrazioni e non quelle giuste!» aggiunse Gloria unendosi alla risata.
«Posso chiederti che lavoro facevi?»
«Ero tranviere...», rispose Ubaldo versando il caffè in una tazzina.
«Wow! Ecco perché le tue mani sono così forti! Posso? Posso rivedere le tue mani?» senza attender risposta Gloria accarezzò le mani dell'uomo che le porgevano la tazzina fumante. Gloria era ora seria, sembrava sognare. Prese una mano e l'avvicinò al petto.
«Quanto mi manca un uomo vigoroso! Ma, come si dice... prima il dovere...». E liberò la mano dell'uomo.
«Ubaldo, per favore mi prendi la valigetta che ho lasciato all'ingresso?»
Ubaldo, un po' spaesato eseguì l'ordine e recuperò la piccola valigetta di Gloria. Tornò in cucina e la porse alla donna.
Dopo aver versato tre cucchiaini colmi di zucchero, Gloria sfilò un depliant e un contrattino.
«Ubaldo, tu mi piaci e a me piace parlar chiaro. Tu sei uomo di mondo, hai viaggiato tanto con il tuo tram, posso parlar chiaro?»
«Vuoi un biscotto?» chiese Ubaldo, abbassando gli occhialini che portava ancora sul naso. Era in piedi, di fronte alla bella e avvenente donna. Da lì ammirava meglio quella scollatura così piena di vita.
Gloria non rispose. Indicò il modello GT-400, uno dei modelli top di gamma: il GT-600 sarebbe stato troppo e non adeguato a quell'appartamento. Per non parlare del GT-800 ideale per tutti i tipi di pavimenti inclusi parquet e moquette e del GT-1000P per saloni immensi. Per quell'appartamento il GT-200 sarebbe potuto andar bene, ma il GT-400 era meglio.
«A Maria piace questo modello», disse disegnando cuoricini con il dito sul depliant poggiato sul tavolo. «É il top gamma. Bellissimo, appena uscito. Una novità assoluta. Senza fili, senza noiosi sacchetti che finiscono sempre, leggerissimo e con tanti accessori. Ha anche il Bluetooth!»
Ubaldo alzò gli occhialini e si avvicinò a quel profumo giovane. Il décolleté distraeva, ma lui cercò di rimanere concentrato sul dépliant.
«Però come tutte le cose belle...», Gloria fece una breve pausa, «Mi offri un goccio d'acqua fresca? Con una fettina di limone?»
«Certo, volentieri», rispose avvicinandosi al frigorifero che era alle spalle di Gloria.
«...però come tutte le cose belle...», riprese il filo del discorso la premio nobel di periferia, «costa un po'. Ma posso aiutarti. Posso essere sincera? Posso parlarti chiaro, Ubaldo?» disse sfiorando la mano dell'uomo che le porgeva il bicchiere di acqua fresca. Lo guardava negli occhi, il sorriso si era fatto serio.
«Siamo tra noi», rispose Ubaldo ricambiando quello sguardo complice, con ancora la mano sotto quella di Gloria.
«Grazie Ubaldo, sei così gentile, così uomo. E io ho un disperato bisogno di sentirmi donna», sussurrò accompagnando la mano dell'anziano fino a spingerla in quello stretto balconcino, fino a sentirla accarezzare il seno sinistro, fino a sentire le sue ruvide dita partecipare a quella recita. Ubaldo deglutì.
«Posso farti il quaranta percento di sconto, ventiquattro rate a interessi zero e in omaggio lo sbattitappeti. Mi basta una firma qui. Ma tu mi devi far sentire donna. Adesso!»
Ubaldo firmò, con le braghe abbassate.
«Sai che non ho le mutandine?» sorrise Gloria, tirandosi su il lungo vestito fino a scoprire entrambe le ginocchia, nel vedere la firma di Brambilla Ubaldo su quel contratto per un apparecchio GT-400 completo di battitappeto, prolunga telescopica, tracolla e set di beccucci per divano e poltrone: valore 800 euro iva inclusa, pagabili in 24 rate senza interessi con anticipo zero. Sorrise ancora, svelando denti bianchissimi circondati dal rosso fuoco, continuando ad arricciare il lungo vestito fino a metà coscia.
«Scopami Ubaldo!»
Ubaldo poggiò gli occhialini sul tavolo, lei gli sfilò la biro, che ancora reggeva tra le dita, e condusse quella mano abbandonata in quel ricordo lontano di paradisi goduti.
«Oh Gloria», disse il pensionato, mentre Maria comprava asparagi.
Ore 9:45, era andata meglio del previsto. Un GT-400, un battitappeto e qualche accessorio. Non male. E Ubaldo era stato veloce oltre che profumato. Si era divertito a fare il birichino, lì in cucina, possedendola di spalle come non faceva da molti anni, mentre lei osservava i quattro fuochi del cucinino e pensava al ragazzo campano del quarto piano.
«Maria sarà contenta! Le hai fatto proprio un bel regalo! È un aspirapolvere meraviglioso. Hai fatto felice anche me, ne avevo bisogno. Ma questo sarà il nostro segreto. Posso consegnarti l'aspirapolvere alle 14. O preferisci via posta?»
«Via posta va bene, così le faccio una sorpresa.»
«Ottimo, Ubaldo! Sei un marito eccezionale!» Gloria sorrise soddisfatta nel vedere il vecchio Ubaldo felice.
«Toglimi una curiosità...», domandò Gloria, «la famiglia al quarto piano è napoletana?»
«No! No! Non c'è nessuna famiglia qui sotto. Solo studenti. Al terzo piano c'è una coppia giovane ma non sono mai in casa, al secondo abitano due pensionati e al primo non vive nessuno.»
«Ubaldo sei un tesoro! Qui sul contratto c'è il mio numero, se hai bisogno di un ricambio, di un accessorio, o se conosci un amico interessato... Chiamami e ti vengo a trovare.»
«Senz'altro Gloria, tette come le tue sono sempre benvenute.»
P«Salutami Maria»
«Sarà fatto! Ti chiamo, l'ascensore...»
«Preferisco scendere a piedi...», infondo è solo un piano.
Altro piano, altra porta, altra etichetta: Ragusa. Stesso cliché. Gloria con le mani si stese il lungo vestito floreale per appianare qualche impercettibile increspatura. Era sempre perfetta, ma lo faceva tutte le volte. Poi con il dito, per iniziare una nuova trattativa, pigiò il campanello per tre secondi esatti. Li contava tutte le volte.
Nessuno disse chi è? La porta si aprì. Si intravide un ragazzo sui vent'anni scarsi. Bruno, magro, mutande nere e magliettina gialla. Scalzo. La voce sembrava quella campana del citofono. La porta si accostò velocemente, lasciando solo un piccolo spiraglio da dove sbucava la testa del ragazzo.
«Chi è?» disse ora.
«Sono Gloria, vendo aspirapolvere, regalo gioie. Soprattutto agli studenti!» disse sfoggiando uno dei più solari sorrisi.
«La ringrazio, ma non siamo interessati», rispose pronto il ragazzo sveglio, ma non abbastanza per accorgersi che Gloria aveva infilato l'estremità della valigetta fra la porta e lo stipite, così da fregiarsi di un piccolo spicchio di conquista.
«Mi fai sentire vecchia se mi dai del lei! Chiamami Gloria!»
«Va bene Gloria, ma non siamo interessati comunque.»
«Niente aspirapolvere, allora. Infondo oggi la giornata l'ho già fatta con la signora del piano di sopra. Ma un caffè me lo offri?»
«Un caffè? Certo!» rispose il ragazzo. «Mi faccia infilare qualcosa...»
«Dammi del tu... come hai detto che ti chiami?»
«Paolo»
«Paolo, per me puoi stare come meglio sei comodo. Non mi scandalizzo.»
«Accomodati in cucina mentre mi vesto.»
«Chi era?» urlò una voce da una stanza socchiusa.
«Ti serve un aspirapolvere?» chiese ridendo Paolo.
Il tempo di infilarsi i primi pantaloncini che erano in giro e tornò in cucina in coppia con il suo coinquilino Franco.
«Salve», disse Franco.
«Salve, io sono Gloria. Come stai....»
«Franco. Piacere.»
«Gloria è qui per un caffè», intervenne Paolo.
«In realtà ero venuta qui per vendere un aspirapolvere... ma non mi avete nemmeno fatto finire la frase. Ma un caffè ci sta proprio a quest'ora! Per cui mi accontento di un caffè!» disse Gloria ridendo.
«Lo preparo subito!» fece Paolo inserendo una capsula di una sotto marca nella macchinetta del caffè. «Hai detto che ne hai venduto uno alla signora del piano di sopra, ma sopra non abita nessuna signora...»
«Sopra abita un pensionato», intervenne Franco.
«Si, la moglie», fece lei.
«Ma è vedovo!» risposero in coro.
«E la sciura Maria?» chiese Gloria prendendo la tazzina, leggermente scheggiata, che le stava porgendo Paolo.
«La sciura Maria, non è la moglie. È la signora che ogni tanto gli fa la spesa, cucina e spiccia la casa. Una volta a settimana viene anche da noi...»
«hmm... e lo zucchero?»
«Finito», disse Paolo.
«Forse c'è una bustina nel cassetto», aggiunse Franco.
«E così il signor Ubaldo è vedovo...», ripetè lentamente Gloria guardandosi lo smalto della mano destra.
«Ubaldo? Ma non si chiama Mario...? Marino!» disse Paolo consegnando una mezza bustina di zucchero a Gloria.
«Oggi lo prendo amaro.» Fece lei, visibilmente distratta.
«Mari' ma a che piano sei andata?» domandò Paolo svelando tutta la sua napulitanità.
Gloria era assente, caffè amaro e pensieri in subbuglio. Prese il cellulare, per rivedere il documento fotografato a casa di Ubaldo, Mario, o come cazzo si chiamava quel porco.
Allargò la foto, la faccia era sua, allargò ancora. Doveva decidersi, prima o poi, a fare una visita oculistica, anche se gli occhiali invecchiano. Allargò. Marino Brambati.
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