3. Le Veelyn
Si sentiva come se un serpente del deserto, con le sue spire bianche e i suoi denti aguzzi di un nero lucido come pietra, le avesse iniettato in corpo il proprio veleno.
Il nero del veleno le aveva penetrato la pelle e ora le avvolgeva ancora la vista... Ma pian piano stava passando, stava divenendo come una foschia di fumo che si disperdeva lentamente.
Il corpo le formicolava ancora tutto quando finalmente riuscì ad aprire gli occhi.
Le sembrava di aver dormito per giorni.
Le tempie le pulsavano in modo fastidioso, ma la cosa peggiore era la bocca secca e la lingua gonfia.
Aveva bisogno di acqua.
Mise a fuoco lentamente l'interno della tenda in cui era stata curata e riconobbe il tessuto bianco che caratterizzava quella dei guaritori.
Mosse appena la testa e notò qualcuno nella penombra, appoggiato a un lato della sua brandina con il capo infossato tra le braccia avvolte in un mantello bianco. Portava un copricapo che gli velava la testa con strani simboli cuciti nella lunghezza accanto alla guancia arrossata.
Zahira sapeva che non era uno dei guaritori, non avevano copricapi del genere nella sua tribù e, inoltre, la sua gente aveva la pelle scurita dal sole e a volte bruciata, ma non in quel modo rosastro tipico dei Visi Bianchi.
Sbatté un paio di volte le palpebre e osservò oltre.
Non c'era nessun altro.
- Ti sei svegliata finalmente...- Osservò la voce di Ismin.
Zahira riuscì a visualizzarla vicino all'entrata della tenda, con una lunga gonna color smeraldo e i lunghi capelli scuri raccolti intorno al capo a formare un'aureola bruna. Aveva il viso dalla pelle tirata per la stanchezza, e pareva preoccupata.
La ragazza sentì un fruscio e si voltò nuovamente ad osservare lo sconosciuto raddrizzare la schiena e stropicciare gli occhi.
Aveva corti ciuffi color sabbia, che gli sfuggivano dal copricapo sulla fronte chiara, e un volto da ragazzo dai lineamenti fini.
- Ismin... Non ricordo... Cos'è successo?- Chiese con voce esitante, senza staccare gli occhi dallo sconosciuto, mentre la donna si avvicinava porgendole una ciotola d'acqua, che bevve con avidità. L'acqua fu un sollievo per le sue labbra screpolate, per la gola secca e la lingua gonfia.
Sospirò di piacere.
- Mi hai salvato la vita.- Intervenne lo sconosciuto, voltando il suo sguardo in quello scuro di lei, lasciandola perplessa e sorpresa.
Aveva gli occhi viola.
Viola, come le sete colorate che vendevano al mercato, come i fiori profumati delle oasi, come gli abitanti delle Terre Bianche che vivevano al confine. Era stata in uno dei loro villaggi solo una volta, quando aveva poco più di sette anni, ma il ricordo era ancora molto vivido nella sua mente.
Tuttavia Zahira non aveva mai incrociato apertamente gli occhi con uno di loro o, almeno, non fino a quel momento e si sentì pervasa da un'ondata di soggezione.
Quel ragazzo doveva avere all'incirca la sua età, forse due o tre anni in più, eppure i suoi strani occhi sembravano molto più saggi e più antichi. Leggere mezzelune violacee facevano la loro comparsa sotto i suoi occhi stanchi, ma che brillavano di determinazione, testimoniando un animo risoluto e intelligente.
- C... Cosa?- Mormorò sbigottita, ricordando la forza misteriosa che l'aveva spinta ad avanzare e la voce femminile che aveva udito sussurrarle nelle orecchie, quando aveva visto quel ragazzo in difficoltà.
- Hai spezzato un sigillo demoniaco.- le fece notare lo sconosciuto, osservandola ancora più attentamente - E sei ancora viva.-
Zahira non capiva.
Non sapeva nulla di sigilli o di incantesimi, almeno nulla di certo se non quello che aveva potuto ricavare dalle leggende. Ma sapeva che erano pericolosi sia per chi li creava sia per chi li spezzava e, per sentito dire, nessuno era rimasto illeso contro un demone e un sigillo combinati insieme.
Per lei tutto questo si poteva spiegare con una sola parola: fortuna. Era sempre stata abbastanza fortunata, l'unica volta che era stata male era successo quando aveva avuto nove anni ed era stata per un'intossicazione che, tuttavia, non aveva avuto ripercussioni gravi ed era durata molto poco.
Gli Spiriti del Deserto Vorace erano sempre stati clementi con lei.
- Credo che tu non sia quello che tutti credono...- Mormorò il ragazzo, tendendo una mano verso di lei e scostandole una treccina fine dal volto. Zahira si sarebbe voluto ritrarre, ma era rimasta troppo sorpresa da quel gesto per far alcunché, era semplicemente arrossita, fatto che l'aveva innervosita. Anche i lineamenti del sacerdote si contrassero improvvisamente in un'espressione di stupore, allontanando di colpo la mano e alzandosi in piedi con un movimento repentino, come se si fosse appena scottato:
- Devo parlare con il capo di questa tribù, immediatamente.
Ismin, che era stata in silenzio e aveva supervisionato ogni movimento del viso pallido con cipiglio preoccupato, lo guardò dritto in viso, prima di sospirare e chiudere stancamente gli occhi: - Sapevo che questo giorno sarebbe arrivato prima o poi... Seguimi, giovane sacerdote luminoso.
Zahira fece per alzarsi, voleva capire cosa diavolo stesse succedendo e perché in qualche modo sentisse di c'entrare con tutta quella fretta di vedere Ubel, ma la mano gentile del ragazzo la trattenne, intimandole di restare lì.
Quel gesto, che voleva essere gentile, ma che ai suoi occhi era stato come un comando, la irritò non poco.
Gli allontanò la mano con un movimento brusco, tirandosi su con i gomiti e buttando giù dalla branda le gambe:
- Non so chi tu creda di essere e non mi interessa, ma se vuoi parlare con Ubel di ciò che è successo voglio essere presente e di certo non sarà un Sacerdote del Popolo Bianco a fermarmi. Qui non hai alcuna autorità e non sei superiore a nessuno, noi non riconosciamo i tuoi dei e non abbiamo paura di te. Capito? -
Ismin abbozzò un sorriso suo mal grado, riconoscendo il carattere deciso della sua figlioccia.
Nessuno poteva darle ordini.
Neppure un Sacerdote.
Il ragazzo scrollò le spalle, uscendo dalla tenda con passo deciso seguito dalle due donne. Il sole incendiava il cielo sulle loro teste, facendo socchiudere gli occhi dello straniero, mentre Zahira e Ismin, essendo abituate, si scambiavano un sorriso divertito. La ragazza notò che la sua amica, colei che aveva svolto per lei sia il ruolo di madre sia di confidente da che ne avesse memoria, non era poi così serena come fingeva di essere.
Qualcosa le impediva di far arrivare la luce di quel sorriso agli occhi e le ombreggiava lo sguardo, glielo si leggeva facilmente da quanto era espressiva, eppure capiva anche che non ne volesse parlare.
Si inoltrarono tra le tende in silenzio fino a giungere in vista di una più ampia e molto più scura delle altre, dove due guerrieri del clan seduti ai lati dell'entrata si alzarono appena li videro giungere, facendo un cenno di rispetto allo straniero.
Zahira non aveva mai visto i guerrieri rivolgersi in modo così rispettoso ad altri se non al loro capo e allo straniero dagli occhi verdi che avevano ospitato tanti anni prima. Le sembrò così strano vedere tanta referenza nei confronti di un ragazzo a cui non doveva ancora essere cresciuta neppure la barba.
Entrarono nella tenda dove li accolsero una fragranza di incenso e mirra dolce e orientale, insieme a due donne dai veli lunghi violetti e le scimitarre appese alle cinture.
Erano le Veelyn.
Coloro che erano destinate fin dalla nascita a custodire e vegliare il capo clan da qualsiasi straniero o membro stesso della tribù potesse rivelarsi un loro nemico, un pericolo per l'intera comunità. Avevano un dono molto speciale, l'unica cosa più simile alla magia che l'intero clan avesse mai visto. Le due Veelyn nascevano da madri diverse, eppure erano identiche, stessi lunghi capelli neri, stesso incarnato ambrato, stesso fisico sinuoso. Ma gli occhi.
I loro occhi.
Erano uno nero come la notte, uno dorato come il sole e brillavano come gemme. Erano una persona divisa in due, due metà coincidenti tra loro con la mente.
Avevano il dono di vedere ciò che era invisibile ad altri, come le auree delle persone. Zahira non le aveva mai viste da così vicino, non era mai stata sottoposta all'Esame.
Ora avrebbe assistito all'Esame dello straniero, eppure le due Veelyn lo guardarono appena, come se un'occhiata fosse loro bastata per capire ogni cosa.
I loro strani occhi si erano subito puntati ad osservare attentamente qualcos'altro.
Anzi qualcun altro.
Stavano fissando intensamente il viso sconcertato di Zahira.
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