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20. "Se rimani tu, rimango anch'io"

Zahira comprese immediatamente il motivo per cui i demoni pensassero che le mura ovest della città fossero inespugnabili.

Erano davvero altissime, più di trenta braccia di granito ricoperto di metallo scuro, che creava una lunga ombra su buona parte delle strade che stavano attraversando, lasciandoli nella più completa oscurità. Sapeva che mancavano all'incirca diversi minuti all'alba, ma quella tenebra che alleggiava su ogni cosa la inquietava non poco, perché non era normale. E quelle mura non parevano solo inespugnabili, ma lo erano veramente.

Erano comparse all'improvviso fra le ombre più scure che delineavano gli edifici poveri e bassi di Knaabor, e ai suoi occhi erano apparse come una muraglia enorme che si stagliava a coprire il cielo notturno in uno strano scintillio oscuro e metallico. La ragazza non aveva mai visto nulla di simile, abituata com'era a poter osservare il cielo liberamente quella vista le aveva provocato un leggero senso di oppressione, come se si sentisse in gabbia.
E lo era, per certi versi, ne aveva la completa consapevolezza, ma doveva farsi forza.

Non era, forse, lei la stessa ragazza di quattro giorni prima che sognava di vivere un'avventura ed era stufa di essere l'unica senza un fato da seguire?
Ora aveva un'incarico, una meta e un destino, pur essendo ancora nebuloso.
Doveva affrontare tutto quello che le stava accadendo con determinazione, doveva dimostrare ciò che valeva... Eppure nulla si era rivelato come aveva immaginato che sarebbe stato.

Un leggero strattone di Caleb fece cambiare improvvisamente direzione ad Axan, permettendole di riemergere da tutte quelle riflessioni e di riportare lo sguardo sulla strada di fronte a loro. Adhara aveva fatto un cenno per deviare in una stradina più stretta, un attimo prima che due demoni spuntassero all'inizio di quella principale da poco abbandonata.

Appena in tempo, pensò la ragazza trattenendo il fiato.

Stettero fermi in silenzio nella penombra, mentre due demoni grossi e dalla pelle biancastra con striature grigie sul cranio e sulle nocche delle mani, li superavano a piedi, lasciando dietro di sé il suono delle armature di metallo, il tintinnio delle armi e le loro voci gutturali. Caleb alzò lo sguardo verso Leolyn che era fermo davanti a loro, rimasto in coda, con una mano teneva ben saldo sulla sella Gideon, mentre con l'altra mosse le dita in un gesto che indicava di proseguire.

- Non da quella parte, prendiamo un'altra strada!- li avvertì Adhara, invitandoli con una mano a seguirla oltre un'arcata stretta tra due alti edifici dalle mura incrostate - Non vorrei che facessimo altri incontri indesiderati.

Leolyn annuì, anche se i suoi occhi saettarono verso un punto in alto. Gli era sembrato che qualcuno si muovesse su quel edificio laggiù, nella penombra che vigeva sovrana in quella parte di Knaabor, ma forse era solo la tensione che gli giocava brutti scherzi. Insistette per qualche secondo a studiare quel punto, per poi seguire i propri compagni con un moto di inquietudine.

La nuova stradina, che avevano appena imboccato al di là di quell'arco fatto di massi di diversa grandezza incastrati tra loro con la chiave al centro a forma di teschio che rendeva sicura quella costruzione, era molto più stretta e buia. Sopra le loro teste si vedeva a malapena una striscia di cielo ancora nero, non mancava molto al cambio della guardia e dovevano affrettarsi.
L'unico vantaggio era che con molta probabilità non avrebbero incontrato nessuno proseguendo per quella via.

Nel silenzio assoluto, l'unico rumore rivelatore della loro presenza era il suono che producevano gli zoccoli della cavalcatura della loro amica dai capelli di nuvola sulla terra battuta. Se avessero iniziato a correre avrebbero sollevato una nube polverosa molto densa, anche se nessuno di loro avrebbe mai potuto identificarne il colore. Era tutto nero o grigio e tutte le altre tonalità parevano essere state cancellate da quel posto.

Le finestre che si affacciavano ai lati della strada avevano sbarre di metallo, come mille occhi stufi di brancolare nel buio che avevano deciso di tenersi separati da ciò che li circondava, timorosi di ciò che avrebbero potuto vedere e rischiare; mentre alle porte pendevano pesanti catenacci, e non c'era nulla che potesse far pensare a case piene di vita e ospitalità come quelle di un tempo. L'anima di quella città stava marcendo lentamente, divenendo nera come quella che avrebbero avuto i suoi invasori, se mai ne avessero posseduta una.

E sono passati solo dodici anni, eppure il male corrode così velocemente ciò che il bene ha impiegato anni per creare, quel triste pensiero attraversò la mente dell'elfo e i suoi occhi cristallini furono pervasi dalla malinconia.

- Oh per la Dea...

Quell'esclamazione piena di sorpresa era appena uscita dalle labbra di Caleb prima che lui avesse potuto fermarla e portò il suo compagno a levare lo sguardo di fronte a sé, schiudendo appena la bocca. Caleb non era mai stato un tipo che si impressionasse facilmente, anzi, ma quella vista avrebbe lasciato senza parole chiunque.

Era come trovarsi di fronte al confine del mondo.

Davanti a loro c'era solo metallo su metallo a bloccare i loro sguardi, si sviluppava verso l'alto e pareva non avere quasi fine, riempiendo ogni cosa di un grigiore e di un scintillio metallico, sulla cui superficie si rifletteva a chiazze il rosso intenso del fuoco emanato da alcune torce collocate a distanza regolare su tutto il perimetro. Visto da vicino sembrava davvero enorme, una muraglia più per contenere le persone che per proteggerle.
Davanti a loro la strada si allargava e si piegava verso il basso, come se non ce la facesse più a sorreggere quell'enorme mole terrificante.

Un brivido percorse tutta l'esile schiena di Zahira, mentre deglutiva a vuoto cercando di mandare giù quel nodo terribile che le si era creato in gola. Alzò di nuovo lo sguardo e vide che il metallo era puntellato in modo irregolare da finestre di vetro.
Le postazioni delle guardie.
Dovevano avere una visuale enorme sulla città, talmente grossa da controllarne bene una buona metà.

Axan sbuffò, muovendo gli zoccoli bronzei nella sabbia con fare nervoso, il muso che si piegava verso di loro come a voler dire qualcosa.

- Sssh, bello... Non piace neppure a me, ma è la nostra unica possibilità. - La mano di Caleb corse subito al collo dell'animale, calmandolo con il solo contatto fisico.
- Dobbiamo proseguire non appena la torcia in cima sarà spenta. È il segnale che la guardia ha smontato e serve per avvertire quella successiva di dare il cambio.- li informò Adhara, indicando un punto di luce più distaccato dagli altri che non aveva notato prima - Da quel momento avremmo circa venti minuti e dovremmo calarci nella prima Galleria a sinistra. È necessario essere rapidi.

I tre annuirono all'unisono.

Zahira non aveva mai provato nulla del genere, si sentiva intirizzita e così tanto lucida da muovere lo sguardo in qualsiasi direzione al minimo vacillo delle fiamme. Avrebbe voluto potersi muovere, ma la presenza dietro di sé di Caleb la frenava, come le sue braccia intorno a lei per reggere le briglie. Fino a quel momento non si era accorta di essergli tanto vicino e quasi si sentì soffocare, in trappola, ma doveva stare calma.

Di certo i vestiti pesanti non l'aiutavano a sentirsi più a suo agio, men che meno la presenza fredda della lama che aveva sotto al mantello. Una lama sconosciuta, ben diversa dal suo pugnale usato solo per autodifesa e senza il fine di uccidere nessuno.

Uccidere.

Quella parola le rimbombò nella mente come un eco tra le montagne, mentre Caleb incitava Axan a scattare in avanti.

La torcia si era spenta.
Era arrivato il loro momento.


- Come sta?

Lo sguardo grave del guaritore fu una risposta più che eloquente alla domanda concitata del capo clan Ubel. Le condizioni della ferita non erano di sicuro migliorate e lui lo sapeva bene, l'aveva udita urlare per quasi tutta la notte prima e quando aveva smesso si era precipitato a controllare che fosse ancora viva.

E lo era fortunatamente, era solo rimasta senza voce per urlare e si era semplicemente raggomitolata su sé stessa nella sua branda. I guaritori avevano provato ogni sorta di unguento ed erbe rare per alleviarle i dolori senza alcun esito sufficiente. Avevano prospettato che nei migliori dei casi sarebbe sopravvissuta per circa sette giorni, ma non avevano contanto il fattore cuore.

La sofferenza stava mettendo a dura prova la resistenza di quel importante organo vitale e non sapevano come supportarlo.

Ubel si passó una mano sulla barba, cercando di non essere negativo. Confidava pienamente in Zahira, sapeva che la sua protetta avrebbe fatto di tutto per tornare in tempo e, infondo, erano passati solo tre giorni e una notte.
- Cosa possiamo fare?
L'uomo non riuscì a reggere quello sguardo preoccupato per più di pochi secondi. Era il più saggio e anche il più vecchio degli interi Sette Clan, aveva dedicato anima e corpo allo studio e alla cura degli ammalati, ma appena era giunto nella tenda dei guaritori della tribù di Ubel aveva subito intuito che poco avrebbe potuto fare per aiutare quella creatura.

Alasier era un vecchio a cui gli Spiriti del Deserto avevano concesso una vita molto più lunga rispetto a qualsiasi altro essere umano e il suo corpo portava i segni di questa vecchiaia innoltrata: dai capelli canuti e la pelle scura raggrinzita come vecchia pergamena scurita dal tempo alle braccia e le gambe ossute e la schiena leggermente ricurva sul suo bastone di alabastro, come un vecchio ramo.
Ma la forza che traspariva dal suo sguardo dorato era intensa e rinvigoriva ogni centimetro di quel corpo mortale, la cui esistenza si era protratta troppo a lungo, con l'energia di un'anima grande.

Se qualcuno avesse potuto aiutare Ismin, quello sarebbe stato lui. Ma il veleno dei demoni difficilmente poteva essere curato se non detenevano le erbe e gli ingredienti giusti per elaborare il farmaco.
E questo persino Ubel lo sapeva fin troppo bene, ma aveva sperato che in qualche modo il Grande Guaritore avrebbe potuto aiutarli.

- Se volete fare qualcosa per la vostra amica, mio signore, vi consiglio di meditare e pregare gli Spiriti. Solo essi potrebbero aver pietà di ella e risparmiarle qualche sofferenza...- sospirò in fine Alasier, tornando a guardare il capo clan negli occhi - Io stesso farò così, e vi prometto che le starò accanto finché ci sarà speranza e avrà momenti di lucidità.

Ubel annuì, il volto stanco scavato dalla preoccupazione e dal rimpianto. Era stato lui a mandare Zahira a prendere l'acqua, se non l'avesse fatto, entrambe le sue protette sarebbero ancora state con lui e la giovane ragazza non avrebbe ancora saputo niente delle sue origini.
Avrebbe ancora potuto tenerla al sicuro.
Congedò il Grande Guaritore per rimanere solo con i propri pensieri e cercare una soluzione alla situazione in cui si trovava non solo lui ma anche tutta la sua tribù.

Stanziarsi ancora per tre giorni in quello stesso luogo avrebbe voluto dire esporsi a un nuovo attacco dei demoni ed essere facilmente localizzabili anche da parte dei mercenari e dei ladroni del deserto. Ma se avesse dato l'ordine di mettersi in marcia avrebbe significato anche che Ismin avrebbe sofferto il doppio, non potendosi muovere e avendo scarse cavalcature a loro disposizione per poterla trasportare agevolmente

- I vostri turbinanti pensieri interferiscono con la nostra meditazione, padrone... - La voce delle due ragazze adagiate a gambe incrociate sui morbidi tappeti, spalla contro spalla, dall'altra parte della tenda, gli ricordò di non essere rimasto mai completamente solo come aveva pensato.

Per Ubel abituarsi alla loro presenza, anche dopo anni, non era affatto facile. Erano due creature silenzione ed enigmatiche, non emettevano suoni se non quando era strettamente necessario e vivevano per il resto del tempo in meditazione. Non sembravano avere alcun interesse per niente al di fuori di questo.

- Venite a meditare con noi, la soluzione di grandi dilemmi spesso si trova in altri mondi...

L'uomo acconsentì a quel suggerimento, sedendosi vicino a loro, mentre le Veelyn allungavano le loro affusolate dita a toccare ciascuna una mano e costituire un cerchio di congiungimento spirituale. L'animo di Ubel venne attraversato lentamente da onde di pace, finché attraverso la regolazione del respiro non si libbrò oltre al corpo.

Il suo spirito seguì la via che il Deserto Vorace gli stava indicando, mosso insieme a molte altre anime che come lui stavano visitando il mondo oltre il velo illusorio del corpo attraverso la meditazione.

Gli Spiriti sussurravano in una lingua arcana udita solo durante la prima notte del mondo, ma la sua anima la comprendeva e si elevava ancora di più nella coscienza di ciò che lo circondava.

Una soluzione c'era davvero.

Sotto di sé, il deserto vorticava sempre più lontano, ma il suo occhio interiore riuscì a scorgere un'ombra languida e terribile avvicinarsi alla sua comunità.

Dovevano muoversi, in fretta, prima che tutto fosse perduto.

La prima cosa che aveva notato una volta imboccato il tunnel a sinistra era che doveva essere stato davvero abbandonato da molto tempo: si trattava di un buco nel terreno che cadeva in discesa verso il buio più fitto, le pareti erano argillose e ricoperte da una struttura di legno rigida che permetteva di lasciare aperto il percorso, eppure si sentiva distintamente un'odore dolciastro di umidità e marciume tipico della mancanza di manutenzione.

Inoltre non c'era alcun tipo di illuminazione, Adhara estrasse dall'imbracatura del suo dronavio qualcosa di luminoso: un'ampolla legata a un bastone gettava una luce intensa, al suo interno vi era un piccolo fuoco dalla luce azzurra, brillante, che illuminava interamente una grotta rossastra, le pareti ricoperte di legni scuri si alternavano con massi che si enstendevano quasi a voler sfiorare chiunque attraversasse il passaggio.
Per terra vi erano i segni di ruote e carrucole.

Si innoltrarono in silenzio, ma una strana sensazione stringeva lo stomaco di Zahira.
Sotto al suo sguardo attento il tunnel si aprì in uno spiazzo più ampio da cui partivano quattro gallerie, ognuno con tracce di vecchi e rotti binari, un carretto davanti a ognuna delle entrate, come ad aspettare che i minatori tornassero lì a lavorare.

Il soffitto era stranamente alto e arcuato, tre colonne di pura roccia bruna si trovavano in centro a reggere il soffitto insieme a delle travi dello stesso materiale lavorate con attenzione e decorate con simboli geometrici regolari. Da un lato vi era una lunga tavolata cigolante con panche di roccia irregolare da ambo i lati.

- Queste furono un dono dei nani, un tempo assidui frequentatori di Knaabor. - Adhara aveva uno sguardo perso nel passato, mentre accarezzava una delle colonne con le dita sottili.
- Abili costruttori e artigiani, i nani... - Annuì Leolyn, andando più avanti e studiando la tavolata con occhi meravigliati. La superficie era tutta intarsiata con simboli semplici e intrecciati tra loro con abilità.
- Non si direbbe dalle loro dita tozze...

Zahira a quel commento di Caleb normalmente avrebbe alzato gli occhi al cielo, ma in quel momento sentiva una tensione tale da portare la mano sotto al mantello e stringere la propria arma. Lei e Caleb erano rimasti più indietro, quasi ancora all'ingresso di quella specie di anticamera che precedeva i cuniculi più stretti, e qualcosa di freddo le pizzicava la nuca. Si voltò e notò che anche il cavaliere alle sue spalle stava guardando dietro di sé, cercando di scorgere qualcosa nella penombra.

- Caleb!

Una freccia dalla piuma azzurra passò sopra le loro teste e si conficcò in qualcosa che lanciò un urlo, cadendo dal soffitto della prima galleria alle loro spalle. Axan scalciò, allontanandosi e scoprendo i denti, mentre un demone dalla pelle rossa e grossa corna di onice scura cercava di mettersi in piedi per attaccarli.

Un ruggito che sia Caleb sia Zahira avevano già sentito riempì la sala, mentre una ventina di demoni spuntavano dal soffitto dove la loro pelle si era confusa perfettamente col colore rossastro delle pietre e del terreno. Due occhi enormi di fuoco si accesero nell'oscurità davanti a loro e Axan si impennò, improvvisamente spaventato. Caleb strinse le briglie, facendolo indietreggiare, mentre con una mano estraeva il suo spadone dal fodero che portava sulla schiena.

- Vattene da qui, Adhara! - Gridò Leolyn, incoccando un'altra freccia che colpì in fronte il primo demone comparso davanti ai suoi acuti occhi da elfo. Quella creatura stava ancora tentando di togliersi l'altro dardo dalla spalla, non fece in tempo ad alzare lo sguardo che stramazzò a terra e venne calpestato dai suoi stessi compagni.

La ragazza spalancò gli occhi neri, spaventata, e scosse la testa: - Non posso! C'è solo un'uscita per la città e loro l'hanno bloccata! Sono in trappola!
- Nasconditi in uno dei tunnel!
Adhara indugiò un istante, prima di annuire ed eseguire il suggerimento appena ricevuto, mentre Leolyn le copriva la fuga con una pioggia di dardi.
Caleb digrignò i denti, cercando di difendere i fianchi di Axan dai colpi dei Maledetti:- Come diavolo hanno fatto a trovarci?!

Quella domanda cadde nel caos della mischia, mentre il giovane guerriero con uno slancio scendeva dal proprio shuren e aggrediva i nemici con una fiammata rovente. Leolyn cercò altre frecce nella propria faretra, ma la trovò vuota, strinse i denti ed estrasse dall'imbracatura del suo palafreno la propria lancia a doppia lama: - Minuae, ti affido Gideon.
Scese agilmente, incrociando subito la propria arma con una scure, flettè le gambe e lasciò che la forza del proprio avversario gli scivolasse addosso, facendolo cadere per terra. Gli fu sopra e con un fendente preciso mise fine alla sua vita.

Zahira osservò la scena con gli occhi sgranati, aveva appena tirato fuori il proprio pugnale, ma era rimasta paralizzata. Sapeva di dover reagire, ma quelli erano Maledetti, poteva trattarsi di persone come lei e non ce la faceva.
- Vattene anche tu, ragazzina! - la redarguì Caleb, lasciando una scia di fuoco tra i demoni che aveva appena superato con un balzo e bruciandone tre in un solo istante - Muoviti!

La ragazza sbattè le palpebre, cercando di ritornare in sé e di riprendere il possesso del proprio corpo, ma qualcosa l'afferrò da dietro facendola cadere in mezzo alla polvero rossa che gli zoccoli di Axan avevano creato nel tentativo di scalciare via qualche nemico. Tossì e strinse più forte l'impugnatura del proprio pugnale, mirando alla cieca dietro di sé.
Un mugolio, la creatura allentò la presa su di lei e Zahira riuscì a sgusciare via, ritrovandosi coinvolta nel mezzo della battaglia.

Un demone tentò di aggredirla ma venne infilzato da una lama sottile e Leolyn, comparso dal nulla, la portò dietro di sé, proteggendola da un nuovo attacco e arretrando contemporaneamente fino a Minuae. Zahira deglutì faticosamente prima di stringere di nuovo l'impugnatura della propria arma e affondarla con tutta la forza che aveva in corpo nel petto di un demone che aveva cercato di attaccare il fianco scoperto dell'elfo.
- Sali su e scappa, sai cosa fare, che la Dea ti assista! - Leolyn non la stava neppure guardando, mentre le faceva scudo.

Improvvisamente il terreno tremò scosso dai passi della mole di un mostro più grosso degli altri: - Pidocchio, sono venuto a prenderti! E poi mangerò anche i tuoi amichetti!
Caleb strinse i denti, osservando Ftuman avanzare con un ghigno dipinto sull'orrendo muso e capì che non ci sarebbero state altre soluzioni. Leolyn non era stato l'unico a crearsi un piano di riserva.
Strinse l'elsa del proprio spadone e tracciò un arco perfetto conficcando la lama nel terreno con un urlo.

Una lunga crepa di fuoco si creò su un lato della grotta, intaccando la tavolata che s'incendiò. I maledetti si ridussero in cenere, mentre gocce di sudore imperlavano la fronte del cavaliere, ma Ftuman continuò ad avanzare facendo mulinare in aria l'enorme ascia d'osso.
- Preparati a morire, umano!
Caleb strinse i denti e lanciò un lungo fischio, Axan si dimenò sottraendosi agli artigli di un demone e arrivò da lui con un balzo.

Leolyn strinse la presa sulla propria lancia e cercò di avvicinarsi al compagno per aiutarlo, ma un nuovo muro di fuoco si frappose, dividendo in due la grossa sala e facendolo cadere all'indietro, finendo a terra. Si rialzò per osservare le fiamme alte che fuoriuscivano dalla fenditura nel terreno, basito: - Caleb! Che diavolo pensi di fare?!
La tensione nella sua voce causò un brivido freddo a Zahira, ormai in groppa a Minuae, che scalciava nervosa.

- Non ce la possono fare da soli, tu devi andare! - Caleb continuò a dar loro le spalle, colpì con una pacca il proprio shuren che emise un lamento prima di eseguire l'ordine. Saltò sopra il confine di fuoco, un'istante prima che il suo padrone conficcasse per l'ennesima volta la propria lama nel terreno.
Le pareti avevano iniziato a bruciare, il legno, corroso dal potere delle rune rosse sulla lama della sua arma, si sgretolava.
Caleb gli lanciò un'occhiata determinata: - Io li terrò a bada a costo di far crollare questo posto! Ora prendi Axan e gli altri e portali al sicuro!
- No! Se rimani tu, rimango anch'io!- ruggì Leolyn, cercando un modo per attraversare il fuoco, ma il varco di poco prima si era chiuso - Non fare il solito stupido!

Fu in quel momento che l'impatto tra Ftuman e Caleb avvenne, al ragazzo si piegarono le ginocchia, ma riuscì a scivolare di lato e scartando tentò di colpire la gamba del demone, ma senza riuscirci. Lanciò un nuovo fendente di fiamme che imprignò le vesti dell'avversario.

- Vi prego, andatevene! Ora!

Le fiamme si fecero ancora più alte, una muraglia invalicabile come la forza di volontà del suo compagno, una volontà che voleva metterli al sicuro a ogni costo. Leolyn strinse la presa sulla propria lancia e liberò un urlo di impotenza, terribile. La voce incrinata di un elfo che stava per perdere una parte di sé lì dentro, in quella grotta.

Infine, dovette voltare le spalle con un dolore crescente al petto:

- Addio, fratello.

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