La maschera
Luce aveva sempre amato il silenzio pacifico di camera sua.
Poteva starsene ore a fissare il soffitto ed a osservare i suoi libri senza annoiarsi mai.
Lei stava bene nel suo mondo, stava bene e non si sentiva giudicata.
Il suo letto era un rifugio sicuro per lei, quando era piccola sua madre di mattina sollevava le coperte e la abbracciava, cingendola con tenerezza e sussurrandole nelle orecchie che la colazione era pronta e che avrebbe dovuto scendere in cucina a breve.
Il pomeriggio stesso del suo primo giorno di scuola Luce se ne stava lì sul suo letto in silenzio, facendo ciò che aveva sempre fatto per anni, ovvero fissare qualcosa e pensare.
Il suo sguardo, però, per una volta non era puntato sulla bella libreria, che curava come un figlio, ma su un volantino oramai estremamente spiegazzato, per quanto era stato tenuto in mano e maltrattato con nervosismo.
Il suo piano era tutto basato sulla probabilità, come il resto della sua vita, d'altronde.
Luce però, conosceva bene le pedine sulla sua scacchiera.
La gente come Mara e Livio non riesce a resistere per molto tempo al tradimento, a loro piace apparire e di sicuro nascondersi tremanti dietro l'ombra inquietante della iena non era di certo nei piani a lungo termine di Mara.
Probabilmente, ipotizzava Luce, pensava di poter rendere pubblico il suo tradimento al momento opportuno, per minare alle basi il potere di terrore e di invulnerabilità che Elena si era costruita attorno a se negli anni delle superiori.
"La regina caduta"
Luce si rivoltò sulla pancia, mentre il suo cuore saltava un battito e gli occhi marroni del suo peggior incubo esplodevano vividi nella mente.
Quel viso privo di espressione era in lacrime, lacrime amare che scendevano copiose sulla pelle ambrata.
Luce provò un moto di gioia, una gioia animalesca che solo la preda che è sfuggita al proprio cacciatore può provare, la gioia ferina della vendetta.
Lei sarebbe diventata come Luce, lei sarebbe crollata.
Lei, pensò Luce sussultando nel buio della stanza, mentre una fitta di rimorso tentava di attanagliarle le viscere, avrebbe finalmente sofferto.
Aveva due settima di tempo per convincere sua madre a lasciarla uscire di sera, da sola e senza fornirle l'apparente motivo.
Luce decise di fare i conti senza l'oste.
Qualche giorno più tardi l'inizio della scuola si decise finalmente a iniziare ad attuare il suo piano.
Mosse pochi passi che le sembrarono moltissimi verso l'armadio, mentre la luce artificiale della stanza illuminava fastidiosamente tutto ciò che vi era all'interno, tra cui Luce.
Era abituata ad aprire l'armadio solo di mattina, nella semi oscurità della stanza.
Era da anni che non lo faceva di sua spontanea volontà e sotto della luce.
La mano si tese verso la maniglia, tremante.
La ragazza fece un sospiro profondo, mentre osservava il legno chiaro dell'armadio e vi poggiava la fronte come sconsolata.
Tirò verso di se l'anta, mentre il respiro le si mozzava.
Gli psicologi sostengono che ciò che si vede nello specchio sia distorto dalla nostra mente e che la nostra bellezza non sia mai ciò che effettivamente vediamo allo specchio.
Luce in quello specchio avrebbe voluto non vedersi proprio.
Le gambe troppo lunghe, i fianchi tondi che si restringevano in un busto che a lei sembrava sempre troppo sottile.
Il seno, praticamente inesistente, le braccia troppo magre e le mani da bambina.
Vedeva quello nello specchio, un mostro deforme.
Lo vedeva lei e lo vedevano anche gli altri, si ripeteva ogni giorno.
"tanto lo sa anche lei che è brutta"
L'unica volta che un professore aveva tentato di difenderla si era sentito rispondere quelle parole.
Luce fece un respiro profondo, mentre l'aria riprendeva a scorrerle nei polmoni improvvisamente, non si era accorta di aver smesso d'un tratto di respirare.
Distolse a fatica lo sguardo dal corpo che tanto odiava, che la fissava a sua volta dal grande specchio appeso nell'anta interna dell'armadio.
Una scatola bianca, nel ripiano più alto dell'armadio, venne tolta con mani tremanti dal suo posto, per poi esser lanciata sul letto per poter chiudere il più velocemente possibile le ante che erano stata aperte fin troppo, per i suoi gusti.
Luce la aprì lentamente, mentre un piccolo sorriso le spuntava sulle labbra.
Vi era una maschera al suo interno, appoggiata su quello che sembrava un mare nero ma che in realtà erano dei vestiti accuratamente piegati.
Sollevò l'oggetto con delicatezza, mentre lo osservava sotto la luce del lampadario.
Quella maschera non le copriva il volto del tutto, lasciava scoperta solo la parte bassa del viso, a partire dalle labbra. Era a forma di teschio, di un bianco sporco e con i buchi per gli occhi cerchiati di nero.
La lasciò sulla coperta del letto, per poi passare alla berretta nera che sarebbe servita a nascondere i suoi capelli.
Sorrise, per poi poggiare il suo sguardo sulla maglia schizzata di tempera e colori bianchi.
Qualcuno avrebbe potuto dire che era una maglia creata apposta per esser così sporca, ma Luce sapeva che quel colore era stato aggiunto dopo, che quella era una delle tracce del passato che nessuno conosceva, nemmeno sua madre.
I suoi tempi da writer erano morti molto tempo prima, ma la ragazza non lo aveva mai dimenticato, le dita non dimenticano cosa significa tenere una bomboletta ed esprimere la tua arte nella completa illegalità.
Luce sorrideva mentre si cambiava, sorrideva mentre apriva nuovamente l'anta dell'armadio.
Continuò a sorridere mentre faceva una leggera piroetta davanti allo specchio, era irriconoscibile.
Tese la gamba, fasciata dai jeans neri e strappati.
Solo in quel modo Luce si piaceva, pensò mentre si portava le mani al volto e sfiorava la maschera.
Quando era irriconoscibile.
Una sera, mentre Luce stava mangiando in silenzio la propria cena, la madre tossì attirando la sua attenzione.
La ragazza la fissò incuriosita, con ancora il cucchiaio di minestra sospeso a mezz'aria.
La donna le sorrise quasi imbarazzata, mentre il compagno si ostinava, come ogni sera, a trincerarsi dietro ad un giornale, evitando qualsiasi contatto visivo con Luce.
<<Questo fine settimana io e Mattia usciamo.>>
Non era una costatazione, nemmeno un permesso. Forse un avviso o un'accusa. Luce e Mattia non avevano mai avuto grandi rapporti, quell'uomo custodiva uno dei segreti più dolorosi che la ragazza avesse mai scoperto e Luce se ne era tenuta sempre alla larga da quell'aura violetta.
<<Oh, fantastico!>> Si finse entusiasta la ragazza, mentre riprendeva a mangiare. <<Per il vostro anniversario, vero?>> Domandò fissando il giornale ancora aperto, mentre l'aura sbiadiva in un leggero lilla.
<<Già, staremo via per qualche giorno...>> Aggiunse la donna non ancora completamente rassicurata, mentre scrutava la figlia <<Sicura che non vi siano problemi?>>
Luce spostò lo sguardo dall'uomo nascosto alla madre, mentre sapeva che uno sguardo colmo di pena e rammarico le stava riempiendo gli occhi.
Aveva visto per la prima volta il vero amore di Mattia tanti anni prima, ma non le era capitato più molto spesso di riuscire ad esser toccata, anche per sbaglio, dall'uomo.
Sembrava quasi che lui sapesse.
Aveva visto lui ed un uomo. Erano giovani, giovani e tristi.
Erano altri tempi, tempi in cui ci si nascondeva, tempi in cui l'ignoranza ancora dilagava senza freni.
Luce si era intristita per loro, ma non avrebbe mai potuto perdonare il vedere sua madre usata come mera copertura.
~Spazio me~
日本
姫~
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