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Fuoco e gelo

Un rivolo di sudore freddo le scese lungo il collo, mentre osservava la bottiglia di vodka ancora ferma sul tavolo di vetro. Nessuno osava toccarla, ma tutti la fissavano avidi. Gli sguardi di venti persone si riflettevano su freddo vetro,  Luce poteva vedere le loro auree protendersi ed allontanarsi come molle, come anime indecise su cosa fare, sulla fazione dalla quale schierarsi. Era più di un gioco da fare da ubriachi, era un vero e proprio cavallo di Troia.

La musica al di fuori di quella stanza era sempre più forte, più ripetitiva. Oramai il suo cervello non distingueva nemmeno più le parole, un mal di testa martellante tormentava le tempie di Luce, offuscandole la vista e fiaccandola. L’attesa la stava snervando, ma ciò che la consolava era che non era la sola ad avere quello stato d’animo.

Il diavolo dalla pelle color del caffè si agitava sulla poltrona nella quale era sprofondata vicino a Livio ed Elena. Tormentava lo specchietto, l’orlo della gonna corta. Si sedeva innaturalmente scomposta, giocherellava con il bracciolo. Tratteneva un sorrisetto soddisfatto, sperando che nella penombra niente di tutto questo si notasse. L’emozione era palpabile, anche se cercava di dissimularlo abilmente. La propria anima, però, non la si può camuffare. Luce vedeva chiaramente tentacoli neri strisciare sulla sua pelle, scavare attraverso i tessuti ed arrivare al cuore.  Era uno degli spettacoli più raccapriccianti che aveva mai visto. La corruzione dei sentimenti umani, la morte di un organismo. Quella trasformazione non sarebbe stata più reversibile.

<<Ok, la muovo io, visto che voi ubriaconi mi sembrate particolarmente mosci per esser stati invitati al diciottesimo dell’uomo più importante di questa merdosa città.>>

Quella frase, sgarbata, strafottente, sembro risvegliare il branco e Luce da una sorta di torpore, causando grida e insulti, assieme a risate sguaiate partite troppo in ritardo per sembrare vere.

Livio, sollevando di scatto la maschera di Saw l’enigmista che gli era scivolata malamente sugli occhi,  diede un colpo secco al retro della bottiglia, che iniziò a roteare in un vortice di vetro e gomma da masticare.

Luce ad un tratto capì. Era bastato un semplice gesto per scavalcare il muro di dolore psicologico dovuto a quella atmosfera tesa.

Mara non contava che un membro qualunque del branco umiliasse Elena.

Puntava sul membro che più di tutti provava un forte complesso di inferiorità verso colei che aveva soggiogato tutti i suoi amici.

L’aura della ragazza con la pelle color caffè fremette, facendo sobbalzare impercettibilmente Luce.

La ragazza si voltò spaventata ma nessuno l’aveva notata, presi com’erano dalla bottiglia. L’aura di Mara fremeva in quel modo solo in un'occasione particolare. Quando stava per umiliare qualcuno.
Luce aveva perso il conto di quante volte glielo aveva  visto fare.

Fingeva di specchiarsi, ma gli occhi continuavano a posarsi su quella maledetta bottiglia.

A Luce, i secondi sembrarono ore, anni, secoli.

Ogni volta che la bottiglia sorpassava o lei o Elena il suo cuore osava fare un balzo. Le due incognite di una previsione altrimenti scontata. Lei e la leonessa non erano mai state così simili.

Un giro, due giri, tre giri…

La bottiglia incominciò inesorabilmente a rallentare.

E si fermo.

Di fronte a Mara.

Poi, successe il delirio.

L’aura della ragazza esplose di gioia, i tentacoli neri che solo Luce poteva vedere incominciarono a stringersi lungo i polsi della ragazza che ancora teneva in mano lo specchietto che stava usando fino ad un attimo prima.

Un sorriso ferino le si allargò sulle labbra dipinte di nero, mentre si voltava serafica verso Livio.

Tanto bastò a Elena, per agire.
Un movimento fluido della mano, che attraversa lo spazio tra due corpi come un serpente, per strappare dal grembo di Mara un tesoro inestimabile.

Tutti si voltarono verso Elena, come in attesa della prossima mossa, ma non fu necessario che lei muovesse un muscolo.

La bottiglia, come per imitarli, spostò il collo di vetro verso la leonessa.

Il mondo, allora, si fermò.

<<Oh, sembra che la bottiglia abbia cambiato idea.>> Con voce flautata, riuscendo comunque a sovrastare la musica martellante, Elena scoppiò in una risata leggera, talmente innaturale da spingere i due ragazzi affianco a lei a spostarsi di rilesso, come scottati dal calore nel suo sguardo, da sempre freddo come il ghiaccio.

<<Scelgo lei>> Disse la leonessa prima di alzarsi. <<E non seguiteci, se non volete fare a loro fine.>>

La ragazza sorrise ai presenti, facendo un leggero cenno del capo ai due amanti ancora seduti sul divanetto.

<<E ancora auguri>> Cinguettò prima di spezzare in due lo specchietto che ancora teneva tra le mani per poi lanciarlo in grembo a Luce, inorridita quasi quanto Mara.

La bottiglia, ancora una volta, si mosse. Questa volta, come Luce già sospettava, verso di lei.

 Un fischio sordo aveva iniziato a tormentarla durante la scena finale, come se fosse spettatrice della sua stessa vita e qualcuno stesse fastidiosamente mangiando dei pop corn vicino al suo orecchio. Luce osservò sbalordita le due metà, ora sventrate, che custodivano al loro interno una piccola calamita.

<<Hey, guarda che parlava con te.>>

Luce si voltò incuriosita verso la voce che l’aveva disturbata dai suoi pensieri. Era stato un suo compagno di classe a rivolgerle la parola, uno del branco che in cinque anni probabilmente le aveva solo rivolto insulti.

<<Come?>> Domandò incerta la ragazza, mentre si voltava stranita a guardarlo, attirando l’attenzione dei presenti.

<<Sei ubriaca? Elena ha scelto te e io non la farei aspettare…>> 

Se ne stava tranquilla ad attendere, appoggiata ad una colonna poco distante dalla porta che Luce aveva varcato di soppiatto quelli che le sembravano mesi fa.

Se non fosse stata uno dei suoi peggiori incubi Luce l’avrebbe tranquillamente definita bella. La maschera che riprendeva fattezze leonine si sposava perfettamente con il suo volto. I capelli, anzi, la criniera, le incorniciavano il viso delicato che avrebbe potuto esser quello di una bambola, se non fosse appartenuto ad una cinica senza cuore.

Si stavano squadrando, ma a Luce a quel punto oramai poco importava.

Il massimo che avrebbe potuto farle era obbligarla a togliersi la maschera e lì per lei sarebbe finita, ma non sarebbe stato tanto diverso da ciò che le succedeva ogni giorno a scuola.

La leonessa le fece cenno di avvicinarsi, un cenno che non ammetteva repliche. Luce ci mise più tempo che poté. Spesso non sempre il raziocinio riesce a fare pace con l’istinto di sopravvivenza dettato dall’esperienza.

<<Che cosa ne vuole fare di me, mia signora?>> Le  parole sfuggirono dalle sue labbra, ma se ne curò poco. Era certa che sarebbe tutto finito in fretta e decisamente a suo sfavore.

Elena le afferrò la felpa nera, rischiando di farle perdere l’equilibrio <<Qui le domande le faccio io>> Soffiò al suo orecchio, per poi fissare Luce nella penombra delle lampade rosse del locale. <<Detto io le regole, tu limitati a giocare.>>

Uno scatto, un sospiro di troppo.

I due corpi si avvicinarono, inesorabilmente. Le labbra del leone sfiorarono il mare in tempesta, per poi iniziare a trangugiare acqua salata come farebbe solo un naufrago.

Elena la tirò a se, per poi sbatterle a schiena contro la colonna. Luce perse il respiro, mentre dischiudeva leggermente le labbra.

Sapeva che stava sbagliando.

Elena non meritava di essere felice, lei però sì.

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