5~Discorso di commiato
-Ragazzi scusatemi! Non trovavo posto! E' sempre la stessa storia...!
-Un attimo! -la bloccò Dante. -Prima che ricominci con le tue critiche sull'industria della motorizzazione e sulla crisi economica... Siediti!
-Che è successo? E dov'è Akemi? ...Non l'avrai lasciata a casa sola? Lo sai che piange... Romina, dov'è Akemi?
-Tesoro, dobbiamo dirti una cosa... ma tu, non spaventarti ok?
-Oh accidenti... Volete dirmi che succede?! -esclamò lei spazientendosi.
-La tua cagnetta è sparita! -disse Dante tutto d'un fiato.
-Sparita?!... Ma com'è possibile?!
-Lo ammetto, è stata colpa mia. -disse Dante mortificato. -Non sono riuscito a dormire stanotte e così quando l'ho portata al parco l'ho persa di vista... Ho chiuso gli occhi per un po' e quando li ho riaperti... non c'era più!
-Forse ha solamente fatto una fuga amorosa. -aggiunse subito Romina per rassicurarla.
-Impossibile! L'ho fatta castrare! ...Dove può essere finita?! E' assurdo!
-Mi dispiace... -continuò Dante senza energie.
-Uffa Dante...! Non ne fai una giusta!
-Dai Jè, non dire così... -si intromise Romina. -Non l'ha fatto apposta. Cerca di capire...!
-Per il momento so solo che la mia cagnetta è sparita... se solo fossi stato un po' più attento!
-Ti ho detto che mi dispiace...! Che posso fare?! -sbottò Dante frustrato.
-Forse tornerà stasera... -tentò di calmarli Romina. -Ricordi, l'ha già fatto una volta.
-E' colpa mia! -si sedette Jessika rassegnata e sfinita. -L'ho trascurata al punto che sarà offesa con me... E vuole darmi una bella lezione!
-Ma che dici? -chiese Romina. -E' un cane, non pensa tutte queste cose.
-Akemi sì! ...Ora come faccio?! Ho solo un quarto d'ora e devo tornare al lavoro... Devo recuperare ancora quei due giorni che sono stata dai miei!
-Tu vai, ci pensiamo noi a cercarla... -le dissero benevolmente.
-Io, sono costretta... O non avrò mai quella promozione, capite?
-Ma certo che capiamo! -disse l'amica. -Va pure... Noi torniamo al parco e poi andiamo a casa di Dante, casomai fosse lì.
-Grazie, ma... mi raccomando fatemi sapere... Però tramite sms... lo sapete che il capo non vuole chiamate durante l'orario di lavoro.
-Sì, lo sappiamo! Vai!
La sera Jessika si ritrovò a fare i calcoli con quella terrificante giornata. Era ancora in ufficio e di fronte a un doppio caffè rigorosamente amaro, decise di fare una pausa di cinque minuti. Dalla finestra sbirciò la sua auto, una Mercedes nera, ultimo modello. Le venne un colpo al cuore vedendo come fosse combinata. Tutta la parte davanti era rientrata accartocciandosi. In realtà, agitata com'era quel pomeriggio, dopo aver saputo della scomparsa di Akemi, non aveva nient'altro per la testa, e senza nemmeno capire come, era finita contro un semaforo. Sì, le era apparso all'improvviso, come sbucato da sottoterra. Come un fungo. E lo aveva preso in pieno. Era riuscita lo stesso ad arrivare al lavoro, anche se in ritardo, con il suo mezzo che pareva più un rottame e il capo l'aveva fissata in un modo alquanto strano, nonostante le sue spiegazioni.
Guardò meglio la sua auto ormai distrutta per metà e le parve che una grossa macchia d'olio fuoriuscisse a causa della forte botta. Evidentemente aveva rotto anche il serbatoio. Con una mano alla fronte si chiese cos'altro potesse succederle visto che la vita le riservava solo sciagure.
Si risiedette e rilesse il messaggio che circa tre ore prima le aveva mandato Romina: "Tranquilla, Akemi era a casa di Dante. Un po' sporca, chissà dove si è andata ad infilare... Ma sta bene, anzi benissimo! Ora sta mangiando, è molto affamata. Quindi tu sta calma, e io e Dante ci raccomandiamo: NON LAVORARE TROPPO! Non vorremmo ripetere mai più l'esperienza di vederti crollare a terra mentre eseguiamo il nostro rito del caffè... ok? Ti vogliamo bene... E anche Akemi ti manda i saluti. Eccoli qui di seguito: "BAU BAU" Ciao tesoro"
Jessika rise. Cosa avrebbe fatto senza quei matti dei suoi amici? Si sentiva in colpa per le parole cattive che aveva detto a Dante. Pensò che prima o poi avrebbe dovuto chiedergli scusa, anche se sapeva che -come sempre- il suo orgoglio glielo avrebbe impedito come già era accaduto diverse volte in passato. Ma tanto loro la conoscevano e sapevano che non era cattiva, solo un po' impulsiva... e avrebbero sorvolato un'altra volta sul suo carattere irascibile e critico -si rassicurò con questo in mente. Quindi le avrebbero perdonato anche questa ennesima sfuriata.
Ora però doveva riprendere il lavoro... Alla sua Mercedes a cui aveva cambiato i connotati e alla sua dispettosa Akemi, ci avrebbe pensato l'indomani.
-Ah bene... -furono le sue prime parole, la mattina seguente. -...Mi sono addormentata ancora una volta qui in ufficio.
Alzò gli occhi come strappata da un bellissimo sogno e di fronte a sé, proprio lì sopra di lei, vide la faccia accigliata del signor Venuti. Sì, era proprio lui, nonostante si fosse strabuzzata gli occhi sbavati da un nero mascara sfumato sulle ormai evidenti borse, aveva visto bene. Era Giampiero Venuti... il suo capo!
-Oh mamma! -esclamò alzandosi di colpo senza dar troppo peso ai dolori muscolari e articolari che le attraversavano tutto il corpo. Si girò e intorno a lei... tutto il team di lavoro. La fissavano muti, chi con gli occhi sbarrati, chi si copriva la bocca per nascondere un ghigno di disprezzo e chi scuoteva la testa in segno di rimprovero.
-Volevo che ti vedessero tutti. Che tutti fossero testimoni. -disse lui in tono sentenziale.
-Mi dispiace... Ho lavorato fino a tardi e...
-Nel mio ufficio! -quando Giampiero Venuti pronunciava quelle tre parole l'intera agenzia tremava. Tremavano le pareti, sobbalzava addirittura il pavimento. Persino quelle stupide civette che poco prima ridevano si erano tappate la bocca.
Jessika, che lo conosceva ormai da anni, rimase sotto shock. Incapace di muoversi, incapace di parlare. Così. Goffa nella camicia stropicciata, segno di una posizione scomoda tenuta per tutta la notte e nella gonna con le cuciture che dai fianchi si erano spostate una davanti ed una dietro.
-Non puoi mandarmi via! -esclamò battendo le mani sulla scrivania del suo capo ancora con gli occhi circondati dal trucco scurissimo sfumato verso gli zigomi.
-Sei ridicola! -la beffeggiò lui senza scomporsi. -Ti tengo d'occhio da un po' e...
-Ma io sto facendo il doppio del lavoro! Mi sto spezzando la schiena per dare il mio meglio a te e all'agenzia!
-Ok. Allora... ho qui con me un grafico del tuo lavoro. Dagli un'occhiata! E' in calo!
-Cosa?
-Certo, guarda qua! Il tempo che passi in ufficio è raddoppiato, ma la rendita...
-Ma io credevo che...
-Non basta credere! Ci vogliono fatti non parole! -Giampiero Venuti si alzò in piedi, il ché preludeva a un discorso di commiato.
Jessika convenne che ormai era spacciata.
-Allora hai deciso?! ...Bene, grazie. Mi aspettavo una promozione... o quanto meno delle lodi, ...per l'impegno... la dedizione... e invece niente! Niente di niente!
-Calmati Jess... Sai cosa ha dovuto subire l'agenzia da quando Virgilio si è staccato da noi...
-Virgilio?!... E io che colpa ne ho?!
-Hai la tua parte! ...Non è andato via dopo che tu e lui vi siete lasciati?
-No caro! E' stato lui a lasciare me! E con i miei soldi, ti ricordo! Ed io ho fatto il possibile per rimettere in sesto quello che a causa sua è andato perduto! Non è servito a niente a quanto pare...
-Ascolta... In questi tempi di crisi economica...
-Lascia perdere il discorso di circostanza! -si infuriò lei lanciandogli dietro i fogli che poco prima le aveva dato. -Sai che ti dico?! Sono io che mi licenzio! E tu... tu sei un mediocre! -la porta si schiantò facendo riecheggiare il suo rumore per tutto il corridoio. La ragazza corse alla sua macchina incurante degli occhi che aveva addosso e che la seguivano. Guardò tra le lacrime quella grossa chiazza d'olio che pareva un piccolo stagno nero e immaginò che così non potesse partire. Finì di ginocchia a terra stremata, esausta, anche per colpa del mancato riposo che si trascinava ormai da molti giorni.
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