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11~Gilò


Tutto pronto per l'ennesima partenza. Drago controllò che ogni cosa fosse a posto, che tutti fossero presenti e preparati. Diede agli uomini e alle donne le ultime raccomandazioni e si diresse alla sua roulotte. Jessika non era ancora salita a bordo della "sua". Era seduta poco più in là, su un tronco tagliato che usava a mo' di sgabello. Drago guardò i piedi di lei sprofondare nell'erbetta secca.

-Tu non sali? -le chiese incuriosito dalla alquanto insolita scena. -Dove sono tue scarpe? -sorrise divertito.

-Questo posto mi piace... -rispose lei assorta senza nemmeno accorgersi del ghigno sul viso del "duca". -mi spiace molto andare via. Qui ho imparato alcune cose di me che non conoscevo affatto.

-A te piace mettere radici.

-Ed è un male?

-No, non è male. Ma se tu vuoi venire con rom... rom non ha radice. Perché non hai scarpe?

-Volevo vedere cosa si provava... I bambini di solito vanno in giro scalzi... e anche qualche adulto. A volte ho visto farlo anche a te. Ti sembro buffa?

-Cos'è buffa?

-Una persona ridicola, che fa ridere.

-Sì, allora tu buffa così. -rise ancora Drago. -Che cosa provi?

-Bhe... è una sensazione insolita... Un po' mi dà fastidio sentire quelle cose attaccarsi ai piedi ma d'altra parte... è bello, mi sento come se fossi un tutt'uno con...

-Con terra?

-Sì. E' piacevole.

-Hai saputo da Hego quello che ti domandavi?

-No. Non ha ancora voluto parlarmene... Non se la sentiva. Quando vorrà, io l'ascolterò, ma dev'essere una cosa spontanea, non forzata.

-Bene. E' giusto così. Ora dobbiamo partire...

-Dove si va?

-Città meravigliosa... Venezia.

-Wow! Ho sempre sognato di andare a visitarla ma non avevo mai il...

-Il tempo... sì, capisco.

-Era la mia prima meta se mi fossi sposata...

-Ah, sì? Tuo desiderio si realizza.

-Già... Avrei preferito che si realizzasse anche l'altro. -Jessika si morse un labbro ripensando a Virgilio. Qualche volta si fermava a pensare anche alla sua famiglia, ai suoi amici. Le mancavano molto ma aveva timore di quello che poteva essere successo, al punto da cancellare subito ogni minimo accenno di nostalgia.

-Andiamo ragazza. -la prese il duca sottobraccio accompagnandola alla sua roulotte. -Un giorno cose si sistemano...vedrai.

Quelle parole lasciarono aperta una piccola porta di speranza per Jessika.

Le roulotte dopo due giorni di viaggio, trovarono un posto in cui accamparsi. Questa volta lo spazio era davvero piccolo, ma questo disagio temporaneo non preoccupava nessuno. Infatti poi sarebbero partiti anche di lì.

Due ragazze che parevano più giovani di Jessika le si avvicinarono sorridendo. Lei le guardò di sottecchi mentre scrutando i loro visi si rendeva conto che tramavano qualcosa.

-Ciao -le dissero in coro. Jessika ricambiò il loro saluto con un mezzo sorriso diffidente. -Io mi chiamo Vesna e lei è Alarabìa.

-Sì, ci conosciamo già... -rispose lei fissandole. -Sono tre mesi che viaggio con voi...

-Ci fa piacere stare un po' con te... -continuò Vesna. -...possiamo insegnare te tante cose...

-Sì, e cosa ad esempio? -chiese lei notando come la bella rom scuoteva la lunga gonna colorata denotando d'impazienza.

-A danzare... Così quando usciamo a fare i nostri spettacoli potrai venire con noi.

-Mi piacerebbe imparare le vostre danze... Vi osservo quando le fate... e sono molto belle... Ma... -Jessika scorse nei loro volti una certa ambiguità. -...siete sicure che siete qui da me per questo?

-Vediamo che tu sei intelligente e per niente sprovveduta... -continuò Alarabìa alzando le sopracciglia sottili e gettandosi dietro i capelli neri, lucenti e che le sfioravano le cosce.

-Noi siamo qui da te anche per altro...

-Già... -proseguì Vesna. -Vogliamo che tu... Sì, che ti allontani da Hego!

-In che senso? Non penserete che...

-Noi crediamo che gente gagè... ha due facce.

-Perché dite questo? Non mi conoscete neppure! Posso assicurarvi che ne ho solo una.

-Tu guardi Hego in modo che a noi non piace. -l'accusò Alarabìa. -Lui è rom. E può stare solo con rombrì rom.

-Che significa questo termine?

-Rombrì sono donne.

-Ah... Ma certo... E chi sarebbe di voi due la donna che lui vorrebbe?

-A te non interessa. -si fece pungente la voce di Vesna. -Tu devi solo sapere che non può avere te. Non vogliamo che Hego ha pricosìe!

-Scusate, ma non capisco se usate parole in romanì!

-Non vogliamo che ha preoccupazioni. -specificò Vesna. -Tu sei gagì, come suo padre e lui ha già sofferto abbastanza!

Jessika ebbe un sussulto nel sentire quelle parole. Vesna aveva detto chiaramente che il padre di Hego era un gagè. Ed era proprio per questo che il ragazzo soffriva.

-Il padre di Hego... -sussurrò a bassa voce.

-A te non interessa! -la interruppe Alarabìa guardando l'altra con un'occhiataccia. -Devi solo sapere che tra noi è così! Niente unioni con gagè. Punto. Portano solo guai e maramà! Sì, disonore, contaminazione! Se vuoi bene a Hego, lascia stare... -cambiò tono evidenziando vero interesse e preoccupazione per il ragazzo.
-Perché lui ha già cotta per te... -aggiunse Vesna.

-Ma che dici?

-Sì. Conosciamo Hego da piccolo... Metti mano su gilò... -Alarabìa prese la mano di Jessika e gliela pose sul suo cuore. -Se tuo gilò batte per lui... lascia perdere lui... Credi a noi. -terminando con queste parole, si allontanarono da Jessika che sprofondò nei suoi pensieri. Fissò le due ragazze che viste da dietro parevano essere gemelle. Notò come sia loro capelli che i gonnelloni, volteggiavano leggeri ad ogni passo. Era evidente che rispetto a loro, lei si sentiva bruttina e anche piuttosto pallida. Oltre ad un fisico tonico e asciutto, le due belle rom avevano una carnagione invidiabile, occhi delineati, scurissimi, profondi anche se senza un filo di trucco e possedevano tutta la freschezza della gioventù che creava in Jessika non poco disagio. Certo, lei non era vecchia, sicuramente erano pochi gli anni di differenza. Cinque, forse sei ma in quel momento, in paragone alle agili ballerine si sentiva poco più attraente di un barile.

Si guardò poi la mano che aveva ancora appoggiata sul cuore. Possibile che Hego provasse qualcosa per lei?

~~~
Ancora una mattina svegliata dalle urla dei bambini che giocavano fuori, nel mezzo dell'accampamento. Adesso però Jessika iniziava ad abituarsi e non le dava più noia sentire quelle voci candide e acute che le facevano quasi fischiare le orecchie. Provò a girarsi sul materasso. A quello no, non era ancora riuscita ad abituarsi. Le mancava tanto il suo, compatto, privo di grossi affossamenti e senza molle "perforanti". Piena di dolori sentì sfuggirle un lamento. Arrossì quando si accorse che nella roulotte c'era ancora Mirsada. Di solito la mattina spariva prima che lei aprisse gli occhi e la sera era talmente tardi quando rientrava che Jessika non aveva avuto ancora la prova evidente che dormivano nello stesso posto. Pareva un fantasma. Faceva la sua apparizione nell'accampamento, poi spariva e ricompariva inaspettatamente.

-Buongiorno! -disse Jessika dapprima con il sorriso che si spezzò immediatamente alla vista dello sguardo della donna grassoccia che la faceva sentire nient'altro che una gagè.

-Buongiorno. -ricambiò comunque il saluto lei con la sua profonda voce.

Jessika non poté fare a meno di soffermarsi a notare come i tratti della madre di Hego fossero calcati e completamente diversi da quelli del figlio. Le pareva di ricordare che gli zingari, o meglio i rom, avessero origini indiane e convenne che il colore della pelle olivastra nonché gli altri tratti peculiari del viso fossero proprio prerogativa di quel paese. Pensò a quanto fosse diverso Hego da colei che lo aveva messo al mondo. Ora si spiegava il perché. Suo padre era italiano, o almeno così avevano detto quelle due ragazze che da principio parevano nientemeno che due smorfiosette.

Mirsada si sistemò alla meglio la sua lunga e folta chioma nera, sempre arruffata, senza nemmeno guardarsi allo specchio poi rimase a fissarla. La ragazza si sentì in imbarazzo e provò timore per ciò che le avrebbe detto perché quegli occhi grandi, neri e molto profondi davano l'impressione di un imminente rimprovero.

-Tu brava! -disse invece in modo deciso.

-...Perché? -rispose lei colta di sorpresa.

-Ho visto danza... Tu brava. -le spiegò tesa, tutta d'un pezzo, quasi si fosse sforzata di farle quel complimento.

-Ah, ti riferisci a ieri? ...E' tutto grazie a Vesna e ad Alarabìa... Loro mi hanno dato qualche lezione di danza. -la ragazza si tappò la bocca rendendosi conto di aver usato troppe parole. Di solito con Mirsada parlava a sillabe perché conosceva poco l'italiano. Questa volta però le diede l'impressione di aver afferrato tutto. Strano, si disse. Che fino a quel momento l'avesse presa in giro? Ovvio, se poi suo marito era italiano e loro erano anni che vagavano per l'Italia certamente doveva saperlo parlare anche lei... O almeno avrebbe dovuto capirlo.

Ancora titubante la seguì mentre usciva dalla roulotte. Non riuscì a realizzare cosa fosse appena accaduto, quando sentì bussare alla porta. Immaginò che fossero ancora Alarabìa e Vesna che anche quella mattina erano lì per darle dei consigli affinché restasse lontana il più possibile da Hego "per il bene della comunità" come dicevano loro.

-Entrate pure! -gridò seccata. Si ritrovò invece, con sua sorpresa Hego.

-Aspettavi qualcuno? Forse Vesna e Alarabìa? -disse lui colpendo il segno.

-Ehm... Hego! Ciao...

-Allora vuoi spiegarmi che succede? -esordì lui poggiando le mani sui fianchi.

Jessika ammutolì.

-Mi stai evitando? -continuò Hego avvicinandosi.

-Ma che dici?!

-E' evidente che sia così, non negarlo...

Jessika sospirò andando alla ricerca di una spiegazione plausibile. Lui le si sedette accanto.

-Senti... Sono contento che tu ti stia integrando. Ho visto che stai facendo amicizia con gli altri e noto con piacere che stai anche imparando bene le nostre danze ma... Temo che stando con quelle due viperette...

-Ti riferisci a Vesna...

-...E ad Alarabìa. Sì. Le conosco da quando sono nate e...

-Perché le hai chiamate viperette?

-Perché hanno un caratterino che non mi va proprio a genio. Anche il duca le tiene d'occhio. A volte creano non poco scompiglio nell'accampamento. Sono la causa di molti guai, ecco. Temo che...

-Non devi preoccuparti Hego... -lo interruppe. -...mi stanno solo aiutando ad integrarmi tra voi... Sto imparando la vostra danza, e anche alcune parole in rumenì...

-Sì, ma ti stai anche allontanando da me... -precisò lui. -Cosa ti hanno detto su di me?

-Ma niente! -schizzò in piedi lei innervosendosi. -Guarda che non è detto che io debba per forza passare tutto il mio tempo con te!

-Se non c'è niente che non va, allora perché ti scaldi tanto!? -disse andandole vicino.

-Ok! -disse lei sospirando rassegnata. -Me l'hanno detto loro... Mi hanno detto di stare lontana da te. Temono che io... temono che possa avere una cotta per te.

Hego esplose in una fragorosa risata.
-Ora perché ridi?! E' così buffo?!

-Certo che è buffo! Si vede che non ti conoscono affatto!

-Che vuoi dire?

-Se ti conoscessero, si renderebbero conto di come tu non abbia occhi che per quel tuo ex! Non è vero?

-E' così evidente? -disse lei intimidita.

-Evidentissimo.

-E tu?

-Io cosa?

-Niente...

-Sì ho capito cosa vuoi dire... Vuoi sapere se anch'io sono legato a qualcuno proprio come te e Virgilio.

Jessika abbassò la testa pentendosi della domanda piuttosto intima che gli aveva appena fatto. Lui continuò senza alcun accenno di vergogna.

-Le uniche ragazze del campo, come avrai notato, sono Vesna e Alarabìa... Quindi visto che tra noi si usa fare così... cioè escludiamo i matrimoni misti... dovrò accontentarmi di una di loro... anche se non provo niente, per me sono come sorelle. Ci sono cresciuto con loro, abbiamo passato molto tempo insieme a giocare, lavorare e anche litigare. Ma da noi è così -si fermò sospirando. -...è la tradizione. Niente matrimoni con i gagé. Niente maramà.

-Conosco questa parola... Sì, vuol dire disonore... se non sbaglio.

-Esatto. Disonore, contaminazione, maledizione...

-E tu credi che sia giusto?

-Cosa, la tradizione?

-Sì. Non pensi che poi alla fine, indipendentemente dalla nazionalità, dalla razza e dalle usanze, siamo tutti esseri umani? ...Siamo tutti uguali, figli dello stesso Dio?

-Immagino che quando parli di uguaglianza, ti riferisci al fatto che per noi rom non c'è nulla di sbagliato se sposiamo un gagè, giusto?

-Esatto.

-E se invece facessimo il discorso al contrario? ...E se tra voi gagè... uno sposasse un rom?

-Bhe... -balbettò lei confusa. Poi si chiarì le idee. -...dovrebbe essere la stessa cosa, no?

-Già dovrebbe. -precisò lui.

-Drago un giorno mi ha fatto questo discorso... Mi ha detto che il mondo è bello perché c'è diversità.

-Certo che è così. Ma stavate parlando di matrimoni tra rom e gagè? Credimi: è meglio dar retta alle usanze o ci si ritrova nei guai. -terminò il suo discorso con un sorriso spensierato, poi aggrottò la fronte. -E sentiamo quali altre parole in rumenì hai imparato?

-Non ricordo molto... ma una in particolare mi è rimasta in mente: gilò!

-Ah gilò?! ...Cuore!

-Sì, facile da ricordare!

-Facile anche da scordare... Il tuo lo hai lasciato a Roma, a quanto pare.

-Già... -sillabò lei rendendosi conto invece di quanto in quel momento il suo gilò fosse più vicino a lui -a Hego-di quanto non pensasse.

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