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5 - Cattive compagnie

«Dovevi per forza invitarlo?»

Rivolgo una rapida occhiata a Léon, seduto dalla parte opposta del tavolo, e lui, divertito, ghigna in risposta.

«Certo, Evie.» Adam si passa una mano fra i capelli corvini per sollevare ulteriormente verso l'alto il suo ciuffo. «Voglio festeggiare insieme a tutti i miei amici la mia prima settimana di lavoro. Non credevo che potessero assumermi come maestro d'informatica alle elementari.»

«Neanche noi» , si intromette Chris nella conversazione. «Pensavo che riuscissi soltanto a scaricare film osceni con il computer.»

Il cugino lo colpisce con una gomitata e io tossisco per non lasciarmi sfuggire che la penso esattamente come lui.

«Non siamo qui per consolarti perché Faith ha, probabilmente, un fidanzato?» , domanda Corey, particolarmente confuso.

Corruga la fronte e ignora la ciocca rossa che gli sta scivolando vicino all'occhio sinistro. Adam sbuffa. «Siamo qui anche per questo» , ammette.

«Mi consideri un tuo amico? Mi hai a stento rivolto la parola due volte» , fa notare Thomas.

Indossa una semplice maglietta di cotone, bianca all'altezza del torace e della schiena, con le maniche lunghe e azzurre. Senza la sua giacca di pelle o i suoi abiti eleganti, mi fa molta meno paura. Sembra quasi una persona normale. Una persona normale e diretta. Diretta e pungente.

«Frequento poche persone, va bene? Siete voi i miei amici» , afferma il moro, infastidito. «E adesso fate silenzio e mangiate.»

«Non abbiamo nemmeno ordinato» , gli faccio presente.

Mi pizzica un braccio e io gli rivolgo un'occhiataccia.

«E la cameriera è morta.»

Guardiamo tutti prima Corey che, impassibile e sorridente, continua a tenere un braccio sullo schienale della panca di legno su cui si trova seduto accanto a Léon e poi l'anziana donna con la testa accasciata contro il bancone su cui è posizionata la cassa di questo squallido e deserto fast food collocato nel bel mezzo del nulla. Preoccupata, faccio per alzarmi, ma la vecchina inizia a russare e tiro un sospiro di sollievo.

«Dalle recensioni, questo posto non sembrava così brutto» , si giustifica Adam.

«Ti hanno assunto come maestro di informatica e non sai nemmeno consultare un sito?»

Mi costa ammettere che la penso come Léon. Ovviamente, non lo dirò mai ad alta voce. Thomas fa per parlare, ma lo sbattere della porta d'ingresso ci fa voltare verso di essa e zittire tutti. Un uomo alto e muscoloso è appena entrato. Potrebbe sembrare una cosa normale, ma non lo è. Lo sarebbe, forse, se non fosse armato e non avesse il volto coperto da un passamontagna. Istintivamente, spaventata, stringo la mano di Adam, seduto alla mia destra, e deglutisco. La cameriera continua a dormire. L'individuo, a rapidi passi, si dirige verso di noi. Mi punta la sua pistola contro e mi sento mancare il respiro. Corey fa per alzarsi, ma Léon gli afferra entrambe le braccia e lo riporta seduto.

«Non muoverti, rosso» , gli intima il delinquente. «O le foro il cranio.»
Alcune lacrime iniziano a scivolarmi lungo le guance. Il viso di Corey ha assunto il colore dei suoi capelli. Vorrei voltarmi a guardare gli altri, ma ho paura di fare una mossa azzardata che possa infastidire l'uomo. «Tu, ragazzina, alzati e vieni con me.»

Adam stringe con più forza le mie dita.
Un rumore, istintivamente, mi fa ruotare il capo. Thomas ha appena colpito il tavolo con una ginocchiata.

«Lasciala in pace!» , gli urla contro Christopher, alzandosi.

L'incappucciato punta la pistola contro il poliziotto e, agitata, scatto in piedi. «Prendi me, ma lascia in pace loro!»

L'uomo allunga una mano verso il mio polso. Lo stringe con forza e mi attira a lui. Mi fa ruotare e poi mi punta la pistola alla tempia. Indietreggia con la mia schiena premuta contro il suo torace. Continua ad affondare le unghie nella mia pelle per non farmi scappare e mi viene voglia di urlare. Non smetto per un attimo di piangere. Trattengo i singhiozzi per non farlo arrabbiare ulteriormente. Mi solleva soltanto il fatto che l'anziana donna, unica presente oltre noi, stia ancora dormendo. Non voglio che il delinquente le spari. Non voglio che nessuno si faccia male. Stiamo per raggiungere la porta di vetro alle nostre spalle, ma, improvvisamente, Léon si alza e noi ci fermiamo.

«Siediti!» , gli urla l'incappucciato. Preme con più forza l'arma gelata contro la mia testa.

«Ascoltalo, ti prego!» , grido, con tono supplichevole, fra le lacrime.

«Lascia che io le dia un ultimo abbraccio.»
Adam, stranito, gli rivolge un'occhiata. Prendo anche io un respiro profondo. Non mi risulta di averlo mai stretto a me. L'uomo mi lascia libera e mi spinge in modo rude in avanti. Mi volto a guardarlo e noto che ha ancora la pistola puntata contro di me. Raggiungo a passi rapidi il castano e mi tuffo, terrorizzata, fra le sue braccia.
Mi cinge la vita e con un dito tocca la poca pelle che la mia aderente maglietta nera lascia scoperta sotto la giacca rossa a maniche lunghe che indosso. Dei brividi mi attraversano il corpo. Mi porta una ciocca di capelli dietro l'orecchio e mi si avvicina per sussurrarmi qualcosa. «Non farti strane idee, ragazzina.»

«Tempo scaduto!»

Léon mi lascia libera. Indietreggio e continuo a rivolgere allo sbruffone dagli occhi verdi delle occhiate confuse. Non riesco ancora a realizzare bene ciò che sta accadendo. Il delinquente mi schiaccia di nuovo contro il suo torace e mi conduce verso l'uscita del fast food. Mi trascina verso un furgone bianco. Apre il portellone posteriore e, prima che possa dire qualcosa, mi copre il naso e la bocca con un fazzoletto di stoffa. Tutto intorno a me inizia a girare e poi, all'improvviso, sul punto di perdere i sensi, chiudo istintivamente gli occhi.

•••

Schiudo lentamente le palpebre. Non capisco dove sono. Dalla finestra di questa sconosciuta stanza dalle pareti ricoperte da mattoncini rossi intravedo soltanto alberi e prati. Un fazzoletto di stoffa azzurro mi copre la bocca. Vorrei liberarmi, ma ho le mani bloccate e un lato della faccia premuto contro il materasso di uno scomodissimo letto.

«Perché devi sempre stare davanti tu?»

Sollevo la testa verso l'alto. Una voce proviene dal condotto di ventilazione.

«Siamo qui grazie a me, non lamentarti.»

Non può davvero essere lui.

«Sei alto quasi due metri. Mi stai prendendo a calci la faccia.»

No, non è possibile che siano loro.

«Fai silenzio o ci scopriranno.»

«Lo farò, se gattonerai più in fretta.»

La grata metallica si stacca dalla parete e cade a terra. Sbarro gli occhi, sorpresa. Léon ghigna, ma posso osservarlo soltanto per poco perché qualcuno alle sue spalle lo spinge e lo fa precipitare sul pavimento. Per un attimo temo possa essersi fatto male, ma, subito, si mette seduto e inizia a massaggiarsi la schiena.

«Idiota» , apostrofa il suo interlocutore. La testa di Corey sbuca dal condotto. Mi sorride, allegro, e poi si lascia cadere sul suo amico che, protestando, se lo scrolla di dosso. Il rosso corre verso di me e mi aiuta a mettermi seduta. Léon si toglie con una mano la polvere dalle ginocchia e ci raggiunge. Mi libera i polsi e io, sollevata, getto le braccia al collo di Corey. Lui mi accarezza una guancia e mi allontana dalle labbra il fazzoletto azzurro. Piango sulla sua spalla e non trovo nemmeno la forza per chiedergli come mi abbiano trovata. «E' me che devi ringraziare.»

Con la coda dell'occhio guardo Léon.
Corey mi porta una mano sotto la giacca rossa e mi accarezza la schiena. Ha le dita gelate e mi fa rabbrividire. Sorride e poi annulla il contatto con il mio corpo per mostrarmi un microscopico chip scuro.

«Lo abbiamo usato per localizzarti.»

Inizio a capire il senso dell'abbraccio. «L'ho fatto soltanto per Corey, ragazzina. Gli sei simpatica e, se ti avessi lasciata morire, probabilmente non mi avrebbe rivolto la parola per il resto dei miei giorni.»

Il rosso rotea gli occhi. «Non fare il duro, Lion. Lo so che sta simpatica anche a te.»

La porta di legno alle nostre spalle si spalanca di scatto e tutti, spaventati, ci voltiamo. Léon si alza subito in piedi. Estrae una pistola dalla tasca posteriore dei pantaloni scuri e la punta verso l'uomo che è appena entrato. E' alto e muscoloso. E' il delinquente che mi ha rapita, ne sono certa. Questa volta però, non indossa un passamontagna. Istintivamente, Corey mi porta un braccio sulla spalla e mi spinge dietro di lui per coprirmi con il suo corpo.

«Che cosa ci fate voi due qui?»

Léon abbassa l'arma. «Mitch?»

•••

«Vuoi dello zucchero nella tisana?»

Non riesco ancora a realizzare ciò che sta accadendo. Mitch, l'uomo che mi ha rapita, è un grande amico di Corey e Léon e, adesso, mi sta anche offrendo dello zucchero. Dello zucchero. Prima mi puntava contro una pistola e adesso mi sta offrendo dello zucchero. Sta per venirmi una crisi di nervi. Mi limito a scuotere il capo.

«Lo voglio io» , afferma Corey.

L'uomo, che potrebbe avere all'incirca trentasei anni, gli porge il contenitore di plastica trasparente. A pensarci bene, senza passamontagna, Mitch non mi fa nemmeno più tanta paura. Osservo con attenzione la sua barba appena accennata, da poco, probabilmente, tagliata, i capelli castani tirati verso l'alto e la fronte spaziosa. Non mi fa decisamente paura.

«Non volevo spaventarti, mi dispiace.»

Ha gli occhi chiari. Azzurri, per essere precisi.

«Tranquillo, non fa niente.»

E invece sì, fa, ma non voglio dirlo. Ha comunque una pistola. Non correrò il rischio di farlo arrabbiare. Potrebbe anche stendermi con un pugno. Mi sembra abbastanza muscoloso.

«Ancora non capisco perché l'hai rapita.»

Léon, indisturbato, continua a fumare in casa. Tossisco, di tanto in tanto, ma l'idea di gettare la sigaretta non gli sfiora affatto la mente.

«Non le avrei mai fatto del male. Volevo soltanto i soldi del riscatto per scappare via con mia figlia.»

Voglio andare via. Adesso. Mi sento a disagio. Profondamente a disagio. Léon sta conversando tranquillamente con il mio rapitore.

«Sicura di non volere lo zucchero, amore?» Porto lo sguardo su Corey, seduto alla mia sinistra. Nulla lo turba e lo invidio terribilmente. Scuoto di nuovo la testa senza proferire parola e lui sorride. «So che sei spaventata, ma devi stare tranquilla. Ti assicuro che, fino a quando saremo nella tua vita, nessuno ti farà del male.»

«Perché dovresti scappare con Alexa?»

Il ragazzo dagli occhi verdi continua ad indagare. Schiude leggermente le labbra per far uscire da esse piccoli cerchietti di fumo.

«Il nuovo compagno di Tessa che, fra l'altro, non mi ispira affatto fiducia, non vuole farmela vedere. E a lei sta bene, capisci? Tessa vuole impedirmi di vedere la mia piccolina.»

Probabilmente, Tessa è la mamma della bambina di cui parlano. «Come darle torto, padre degenere?»

Mitch si volta di scatto verso di me. «Come, scusa?»

Alza la voce e, spaventata, deglutisco. «Non mi sembra una buona idea rapirla.» Prendo un respiro profondo. «E non è stata una buona idea nemmeno rapire me, perché sai che cosa farò una volta fuori di qui? Ti denuncerò.»

«Non sono un criminale!» , continua a gridarmi contro.

«Certo, non lo sei e, magari, collabori anche con la giustizia» , affermo, ironicamente.

Corey serra, sotto al tavolo, una mano intorno al mio polso per cercare di calmarmi.
Mitch fa per dire qualcosa, ma poi si morde il labbro inferiore e resta in silenzio. Prende un respiro profondo e ricomincia a parlare. «Ho sbagliato, ma non sono io quello pericoloso.» Confusa, inarco un sopracciglio. «I miei contatti mi hanno riferito che il nuovo compagno di Tessa ha avuto già molti problemi con la polizia in passato.» Sospira e si passa una mano fra i capelli. «Volevo soltanto proteggere la mia bambina.»

Resto in silenzio per riflettere. «Ti aiuteremo a vederla, ma non puoi portarla via. Dovrai trovare un accordo con questa Tessa di cui parli per gestire i vostri futuri incontri» , affermo, preoccupata per l'incolumità della piccola che sembra conviva con un presunto criminale.

«Ti aiuteremo? Tu e chi?»

Léon, interessato, lancia la sigaretta nel posacenere e si mette seduto composto.

«Io, tu e gli altri.»

Il castano inizia a ridere di gusto sotto lo sguardo confuso dei presenti.

«Dimenticavo di avere a che fare con una squilibrata.»

Irritata, stringo i pugni e li batto sul tavolo di legno. Faccio per parlare, ma la porta d'ingresso si spalanca di scatto e le parole mi muoiono fra le labbra. Chris è in piedi con una pistola stretta fra le mani. Alle sue spalle ci sono Thomas e Adam.

«Metti le mani sopra la testa, delinquente!» , urla a Mitch.

L'uomo, sorpreso, in silenzio, esegue gli ordini. «Abbassa la pistola, poliziotto. Mitch è un amico» , afferma Corey con tono pacato.

Mi libero dalla presa del rosso e corro verso la porta. Chris allarga le braccia per stringermi forte a sé. Il fatto che lui, Adam e Thomas siano qui, mi infonde sicurezza.

«Stai bene?» Il mio amico mi accarezza una guancia con il dorso della mano e ripone la pistola nella tasca posteriore dei jeans. Adam pare sul punto di piangere. Thomas accenna, invece, un sorriso. «Perché ci avete messo tanto? Vi stavamo aspettando in macchina.»

Chris stringe nel palmo della mano la mia giacca all'altezza della schiena per tenermi vicina a lui e poi si rivolge al rosso e al suo strafottente coinquilino.
Léon incrocia le braccia dietro la testa.

«Rilassati, stavamo bevendo qualcosa insieme ad un vecchio amico.»

Porto lo sguardo su Thomas. Stringe i pugni e noto una vena a rilievo all'altezza della tempia. «Un vecchio amico che ha cercato di uccidere Evie» , dice. Si morde il labbro inferiore e solleva per un attimo la testa. «Sul serio, ragazzi, che problemi avete?» Mi allontano da Christopher per raggiungerlo.

«Io sto bene, Thomas» , lo informo per rassicurarlo. «Ma Mitch no.»

Chris si volta verso di me. «Mitch?» , domanda.

Annuisco. «Dobbiamo aiutarlo a parlare con sua figlia che potrebbe essere in pericolo.»

«Chi è Mitch?» , continua a chiedere lui con insistenza. Inclino il capo verso l'omone seduto accanto a Léon. Il poliziotto sbarra gli occhi. «Sei per caso impazzita?»

Credo sia una domanda retorica. Sembra particolarmente furioso.

«Che razza di problemi hai anche tu?» , sbotta Thomas.

«Nessuno» , affermo con sicurezza.

«Non sono un criminale, ho la fedina penale pulita. Ho sbagliato, ma non ho torto un solo capello alla ragazzina e mai lo avrei fatto. Ho agito così per amore della mia bambina.»

«Tu fai silenzio!» Thomas è su tutte le furie. Anche Mitch, spaventato, deglutisce. Il mio capo mi afferra una mano e non annulla per un solo istante il nostro contatto visivo. «Adesso andiamo in macchina!»

«Non puoi dirmi che cosa devo fare!» , gli grido contro a mia volta.

«Sì che posso!» La vena all'altezza della tempia potrebbe scoppiargli da un momento all'altro. Mi libero dalla sua presa e serro i pugni. Il mio torace si solleva e si riabbassa ritmicamente. Il mio viso, probabilmente, è diventato rosso. Sento le guance terribilmente accaldate. «Ti stai facendo influenzare da quei due squilibrati dei tuoi vicini di casa, ma io, invece, ho ancora un po' di senno e ti assicuro che ti trascinerò in macchina con me adesso. Quel delinquente ti ha portata via sotto i miei occhi e non ho potuto fare nulla per impedirlo. Credi forse che ti lascerò fare l'eroina per una seconda volta? No, non lo farò, Evie. Non permetterò ad un criminale di farti del male soltanto perché sei ingenua e disposta ad aiutarlo a recuperare una figlia che probabilmente nemmeno ha.»

«Alexa Hughes esiste davvero, Thomas.» Riconosco la voce di Corey. Il rosso si alza dal suo posto e, lentamente, viene verso di noi. Mi stanno travolgendo troppe emozioni. Ripenso al fatto che Thomas mi abbia chiamata ingenua e sollevo una mano per dargli uno schiaffo, ma Corey, quasi prevedendo il mio gesto, mi cinge le braccia e mi schiaccia contro il suo torace per tenermi ferma. «Va tutto bene, amore, stai tranquilla.»

Thomas rivolge ad entrambi un'occhiata sprezzante. Fissa prima Corey e poi me, deluso, frustrato. Una lacrima mi riga una guancia. Prendo un respiro profondo per calmarmi.

«Alexa Hughes è nella mia classe.» A parlare, questa volta, è stato Adam. «E questa sera verrà con sua madre e il suo patrigno al ballo che la scuola ha organizzato per tutti i bambini dell'ultimo anno. Se dobbiamo agire, dobbiamo farlo oggi.»

Chris si volta verso di lui. «Sei impazzito anche tu?»

Adam si morde il labbro inferiore e porta i suoi occhi verdi sul cugino. «Conosco Alexa da circa una settimana e negli ultimi tre giorni non ha fatto altro che parlarmi di quanto le manchi suo padre. E qualcosa mi dice che quell'uomo alle tue spalle non avrebbe mai rapito Evie, se non per amore della sua bambina. Certo, è stato un gesto azzardato. Ovviamente dovrà spiegarci le ragioni che lo hanno spinto a compierlo, ma non possiamo non dargli una mano. Se non vuoi aiutare lui, pensa ad Alexa. Ama suo padre. Non negarle di vederlo. Non negarle, Christopher, l'affetto che anche tu avresti voluto da zio.»

Chris abbassa di scatto il capo e non proferisce parola. Che cosa sta succedendo? Anche Léon, per la prima volta da quando l'ho conosciuto, dopo le parole di Adam, non ha più un'aria strafottente, ma quasi compassionevole.

«Hai già in mente qualcosa, Adam?» Un velo di tristezza traspare dai suoi occhi verdi. Ha addirittura chiamato per la prima volta il mio amico con il suo nome.

«Forse.»

•••

«Scusa se ti ho urlato contro.»

Thomas mi cammina accanto mentre raggiungiamo, insieme agli altri, l'ingresso dell'edificio scolastico. Regge un cartone bianco con del cibo fra le mani. La sera è arrivata e il pomeriggio è passato in fretta. Spero soltanto che il nostro piano funzioni.

«Va tutto bene» , lo rassicuro. «Ma sappi che il fatto che tu sia il mio capo non ti autorizza a darmi ordini anche quando non siamo in negozio.»

Rotea gli occhi. «In quanto tuo datore di lavoro, posso assicurarti che non sfrutterei mai la mia posizione per importi qualcosa perché l'esperienza mi ha insegnato che non fai mai ciò che ti chiedo.» Gli rivolgo un'occhiataccia e lui, divertito, sorride. Indossa uno smoking come gli altri quattro ragazzi e Mitch. «Volevo soltanto evitare che quel tipo ti facesse di nuovo del male» , ammette. «E mi irritava il fatto che te la prendessi con me e non con i tuoi vicini di casa che, tranquillamente, stavano parlando con lui dopo il tuo rapimento.»

«Ti preoccupi per me?» , domando, sorpresa.

«Mi preoccupava l'idea di rimanere senza una commessa.»

«Non volevi nemmeno assumermi» , gli faccio notare.

«Thomas, vai a sistemare le tue cose.»

Sentendo le parole di Adam, il moro sorride.

«Resterei qui a parlare con te, ma il dovere mi chiama.»

Affretta il passo e mi lascia indietro da sola. Léon tiene aperta la porta d'ingresso e ci fa passare tutti.
Adam e Christopher resteranno in un'aula nascosti con Mitch, Léon dovrà sedurre le madri single degli alunni per fare in modo che convincano tutti gli altri genitori a raggiungere la stanza in cui Thomas allestirà un buffet con il cibo dell'enoteca e io e Corey, invece, ci imbucheremo alla festa e avvertiremo Mitch quando i bambini rimarranno soli e potrà raggiungere sua figlia. Mi sembra un piano perfetto.

«Buona fortuna a tutti» , ci augura Adam, una volta dentro.

Ci dividiamo per raggiungere le nostre postazioni. Attraverso con Corey e Léon il lungo corridoio in cui si trova una scala che conduce ai piani superiori e mi fermo quando, alla mia destra, di fronte alla porta che permette di accedere al cortile interno dell'istituto, noto uno dei tre ingressi per il salone spazioso in cui si terrà la serata. Salone che, secondo quanto detto da Adam, nei giorni normali è adibito a teatro della scuola. Le poltroncine rosse sono state accostate alle pareti della stanza rettangolare per improvvisare una pista da ballo al centro di essa. Tre donne di mezza età si voltano a guardarci. Qualcosa, però, mi dice che non stanno osservando me e Corey, ma Léon. Forse il fatto che, ad un occhiolino del moro, iniziano a sorridergli.

«Oh, che schifo! Andiamo via, amore. Lasciamolo lavorare.»

Il rosso mi prende una mano e mi trascina verso il buffet. Non dobbiamo dare troppo nell'occhio. Riempiamo due piatti di plastica con delle tartine e ci sediamo in un posto abbastanza appartato.

«Non avevi nemmeno preso in considerazione l'idea di non aiutare Mitch. Se tutti fossero gentili e altruisti come te, il mondo, probabilmente, sarebbe un posto migliore» , mi viene spontaneo dire.

Corey, sorpreso, si volta verso di me. Abbassa lo guardo e ridacchia. «Non sei poi tanto diversa dalla definizione che hai dato di me. Hai convinto tu tutti gli altri ad attuare questo piano» , mi ricorda. «E poi, non sono gentile e altruista. Sono soltanto abituato a risolvere i problemi degli altri.» So che è buono. Non credo a ciò che sta dicendo. Faccio per ribattere, ma un bambino, correndo, ci passa davanti e mi viene spontaneo sorridere e voltare la testa per seguirlo con lo sguardo. «Scommetto che ti piacerebbe averne uno.»

Meravigliata, mi volto nuovamente verso il rosso. «Come, scusa?»

Ridacchia. «Un bambino.»

Abbasso di scatto il capo. «Non dire sciocchezze, ho soltanto ventidue anni.» Sospiro. «E comunque sì, mi piacerebbe, ma non prendermi in giro. Pensano tutti che io sia troppo emotiva e sdolcinata. Tu non vorresti un figlio?»

Torno ad osservarlo. Si gratta il mento con una mano con fare pensieroso. Alcune ciocche rosse sono sollevate, come sempre, verso l'alto. «Sì, ma non ora. Dopo la morte di mio padre, ho passato tutta la mia vita ad occuparmi di mia madre e dei miei fratelli. Ho bisogno, adesso, di pensare un po' a me stesso.»

Stringo la stoffa del mio lungo abito nero in un pugno. Non volevo dire nulla di sbagliato. Non volevo rattristarlo. «Corey, mi dispiace, non sapevo di tuo padre.»

Mi sorride. «Non devi scusarti, amore, non te ne avevo mai parlato.»

Copro il dorso della sua mano con le mie dita. Le osserva e poi me le stringe. Restiamo in silenzio perché, ora, non ci occorrono parole. Ha intuito dal mio gesto che gli sono accanto. Mi sfiora la mente il pensiero che la sua perdita lo stia incentivando ulteriormente ad agire per far ricongiungere Alexa e Mitch. Un brusio ci fa voltare entrambi. I genitori stanno uscendo dalla sala da ballo.

«Come ci riesce?» Il rosso aggrotta le sopracciglia, confuso. «Léon. Come riesce a sedurre le donne senza fare il minimo sforzo?»

Corey scrolla le spalle. «Credo sia un talento naturale.» Subito dopo, estrae il cellulare dalla tasca dei pantaloni per mandare un messaggio a Mitch e io mi mordo il labbro inferiore. Guarda lo schermo del telefono per un po'. Improvvisamente, inizia a vibrargli in mano.
«Saranno qui a breve.»
E, in effetti, non aspettiamo molto. Passano alcuni minuti e vediamo Mitch entrare nel salone con Adam e Christopher al seguito. Tutti i piccoli, curiosi, si voltano a guardarli. Una bambina bionda con i capelli legati in due treccine ai lati della testa, felice, sorride. E' bassina e molto magra. Indossa un adorabile abitino rosa che le arriva poco sotto le ginocchia. Alla vista dell'omone, lascia la mano della sua amica dai capelli scuri e inizia a correre verso di lui. Mitch l'accoglie fra le sue braccia e la solleva verso l'alto.
«E' davvero cresciuta.»

Corey, allegro come sempre, sorride.

«La conosci?»

«Mitch mi lasciava sempre giocare con lei. L'ultima volta che l'ho vista, anni fa, mi ha morso un braccio. Ci stavamo litigando una tavoletta di cioccolato. E' una dura, proprio come suo padre.»

L'uomo, intanto, continua a stringere la piccola che, non toccando il pavimento, fa oscillare le gambine in aria.

«Alexa!»

Una donna dai lunghi e setosi capelli biondi è in piedi accanto ad una delle tre porte d'ingresso del salone e sembra terrorizzata. Mitch e la bambina si voltano verso di lei.

«Mamma, c'è papà!»

Un uomo minuto, vestito in modo elegante, cinge la vita della donna che, andando ad intuito, si chiama Tessa. I suoi capelli corvini sono tirati indietro con del gel. Con molto gel, per la precisione. Quasi vedo la sua cute scintillare da qui e mi trovo praticamente dalla parte opposta della sala. Le dice qualcosa in un orecchio per rassicurarla e poi inizia a camminare verso Mitch e la bambina sotto lo sguardo confuso dei presenti.
Thomas e Léon entrano in sala facendosi spazio fra i genitori curiosi.
Mitch mette a terra Alexa.

«Sono qui per parlare con Tessa e per vedere mia figlia.»

«Non credo sia possibile.»

La voce del nuovo compagno di Tessa è roca e spaventosa. Inserisce una mano nella tasca laterale e capiente dei pantaloni scuri e con quella libera afferra il polso di Alexa per portarla dietro di lui.

«Mi fai male!» , si lamenta la piccola.

Mitch fa per reagire, ma l'uomo, inaspettatamente, estrae un coltello dalle braghe e con un gesto repentino lo affonda nello stomaco del padre della bimba per ben due volte. Tessa, alle loro spalle, grida. Si diffonde il panico nella sala. I bambini corrono verso i loro genitori che, terrorizzati, li stringono forte e indietreggiano per allontanarsi ulteriormente dal folle che sta stritolando il braccio di Alexa.

«Ti preoccupi ancora per lui, Tessa? Non cambierai mai. Adesso ti faccio vedere io chi comanda.» Mi viene spontaneo correre verso Mitch per aiutarlo, ma Corey mi spinge dietro di lui. Gli porto le dita sul torace e lui mi copre la schiena con il dorso della mano. Il nuovo compagno di Tessa, intanto, afferra Alexa e la schiaccia contro il suo corpo, proprio come Mitch aveva fatto con me questa mattina. Porta la lama insanguinata all'altezza della gola della bambina e mi viene naturale urlare. Non voglio che le faccia del male. Vedo Chris tremare. Porta una mano sulla pistola che ha nascosto nella tasca posteriore dei pantaloni, ma non la prende. Probabilmente, teme di colpire la piccola. «Fatemi passare!» , urla l'uomo dai capelli corvini al poliziotto e a suo cugino. I due non si muovono e continuano a bloccare una delle entrate. «Fatemi passare o l'ammazzo!»

Preme con più forza il coltello contro la gola della bambina che, terrorizzata, inizia a piangere. Vedendo Mitch a terra e sua figlia in pericolo, non riesco a trattenere le lacrime a mia volta, ma mi mordo con forza il labbro inferiore e mi impongo di essere forte perché, in questo momento, c'è bisogno di combattere e non posso essere debole. Chris serra i pugni e, furioso, gli fa spazio. L'uomo esce dal salone con la piccola. Sento i suoi passi nel corridoio e da uno dei tre ingressi lo scorgo salire le scale che conducono ai piani superiori.

Tessa corre verso Mitch. «Salvate la mia bambina!» , supplica Adam e Chris.

Mi asciugo gli occhi con il dorso della mano.

«Usa la scalinata del cortile esterno. Anticipalo!»

Il tono di voce di Adam è molto alto. Suo cugino annuisce e corre via. Léon lo segue a ruota.

«Corey, chiama un'ambulanza.»

Mi libero dalla presa del rosso e corro via ignorando i suoi richiami.
Raggiungo il cortile esterno. Non c'è traccia di Léon, ma noto Chris salire le scale di metallo che costeggiano l'edificio. Faccio per raggiungerlo, ma due braccia mi cingono la vita.

«Dove pensi di andare?»

Sollevo appena il capo per guardare Thomas negli occhi.

«Ti prego, fammi correre da Chris. Devo aiutarlo» , lo supplico.

«Credi davvero di poter fare qualcosa? Quell'uomo è armato.»

«Sarei più utile se, invece di starmene con le mani in mano, agissi, non pensi?»

Sbuffa. «Vengo con te.»

Annuisco ed iniziamo a correre verso le scale. Le saliamo a due a due e raggiungiamo subito la porta che permette di accedere all'ultimo piano. Quando entriamo, notiamo Chris percorrere i gradini di un'ennesima scalinata interna che, sicuramente, conduce al tetto. Lo seguiamo e ci troviamo davanti un portellone grigio di metallo. Lo apro e il vento inizia ad avvolgere me e Thomas.
E' il sesto giorno di Novembre, ma fa decisamente freddo, quasi come se fossimo in pieno inverno.
Chris regge la pistola fra le mani e la tiene puntata contro l'uomo che è distante pochi passi da una caduta dal terzo piano. Alexa, spaventata, continua a piangere. Io e il mio capo affianchiamo il poliziotto. E' troppo preso dalla situazione per rivolgerci un'occhiata.

«Tessa deve sposarmi. Non può lasciarmi per tornare con Mitch.»

«Tessa non tornerà con lui» , prova a farlo ragionare Christopher.

Il folle dai capelli scuri scoppia a ridere. «Certo che non lo farà. L'unica cosa che li unisce è questa bambina. Quando non ci sarà più, nulla li legherà.»

Allunga un braccio verso il vuoto per avvicinare ulteriormente Alexa al bordo del tetto. Improvvisamente, un proiettile fende l'aria e colpisce di striscio la spalla del criminale che urla e molla la presa sulla piccola. Allargo le braccia e lascio che la biondina ci si tuffi dentro. La stringo a me e le accarezzo i capelli mentre le sue lacrime mi bagnano la clavicola coperta da un sottile strato di seta scura. Chris guarda la sua pistola. Non è stato lui a sparare ed è abbastanza confuso. Il delinquente, oscillando pericolosamente, indietreggia. Thomas, senza pensarci troppo, si getta in avanti e gli afferra il colletto della camicia bianca per non farlo precipitare. Iniziano a barcollare entrambi e urlo, temendo possano cadere. Prontamente, Chris cinge la vita dell'amico con entrambe le braccia e si getta a terra. Il moro e il folle cadono su di lui. Tiro un sospiro di sollievo. E' tutto finito. Chris estrae un paio di manette dalla tasca della giacca e le usa per bloccare il delinquente. Lascio andare per un attimo Alexa e gattono verso il bordo del tetto. Léon regge una pistola fra le mani. Solleva il capo per guardarmi e poi ammicca e accenna un sorriso. Ha salvato la bambina.

•••

«Mitch si riprenderà.»

Corey si siede accanto a me sulla panchina. Tremo come una foglia. Rivolgo un'occhiata all'ambulanza che si allontana con un'auto della polizia, con dentro Christopher, un suo collega e l'ormai ex compagno di Tessa con la spalla medicata, al seguito. Una giacca mi cade sulle spalle e sollevo il capo per capire di chi è. Léon guarda il cielo e, con la schiena poggiata contro la panchina, a braccia conserte e gambe distese in avanti, ci dà le spalle.

«Grazie» , mormoro, sorpresa.

«Indossala e non ringraziarmi. Non sono gentile. Lo sto facendo soltanto perché stasera abbiamo rischiato già troppi decessi.»

Sorrido, cercando di non farmi notare. Da lontano, Adam si sbraccia per farsi vedere.

«Ci riaccompagna a casa Thomas!» , mi urla, indicando con un cenno del capo il moro.

Annuisco e mi alzo in piedi.
Il rosso e il ragazzo dagli occhi verdi hanno lo sguardo puntato su di me.

«Allora, ci vediamo in questi giorni» , affermo con convinzione.

«Certo, amore» , mi asseconda Corey, accennando un sorriso.

Léon rotea gli occhi. Faccio per togliermi la giacca, ma lui mi ferma. «Tienila.»

«Ma sto tornando a casa» , ribatto.

«Tienila lo stesso. Sei sempre fra i piedi, troverai un modo per restituirmela.»

Sorrido. «Grazie, Lion.»

Spalanca gli occhi e Corey inizia a ridere di gusto. «Non chiamarmi così, ragazzina» , si lamenta.

Saluto entrambi di nuovo e do loro le spalle per raggiungere Thomas e Adam. Quasi saltello, felice e soddisfatta. Ho capito come dare fastidio a Léon. Corro verso il mio coinquilino e il mio capo. I due salutano con un cenno della mano i ragazzi alle mie spalle mentre io entro in macchina.

•••

Adam lascia la vettura e si avvia verso il cancelletto del cortile. Cerca la chiave per aprirlo fra le sette che compongono il suo mazzo e io lo osservo dal finestrino.

«Scendi. Non ti porterò a casa mia.»

Roteo gli occhi. «Non era mia intenzione venire con te. Volevo soltanto ringraziarti.»

Thomas aggrotta le sopracciglia. «Per cosa?» , chiede, confuso.

«Per aver cercato di proteggere tutti dall'inizio della giornata. Sei coraggioso, in fin dei conti. Ti facevo soltanto un po' burbero e seccante» , ammetto.

Il moro corruga la fronte. «Ricordati che posso sempre licenziarti.»

Sorrido. Non temo più le sue minacce. Se minacce possono chiamarsi. «Dormi bene» , lo saluto prima di scendere dall'auto.

-
Come al solito, non ho molto da dire.
Il compagno di Tessa potete immaginarvelo più o meno come Tom Hiddleston nei panni di Loki.

Mitch, invece, lo trovate nella pagina del cast.
Pubblicherò lunedì la prossima parte. Grazie a tutti voi che state seguendo la storia.
A presto!

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