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49 - Giochiamo!

Riapro gli occhi e mi rendo conto di essere sdraiata sui sedili posteriori di una macchina ferma in un parcheggio deserto. Mi sforzo di ricordare perché mi trovo qui. Mi viene in mente Mark che entra nella mia stanza tenendo ferma Faith per un polso.

Paul, serio, guarda prima me e poi lei. «Faith!» , grido, sorpresa e agitata allo stesso tempo.
Thomas è venuto qui in Spagna con gli altri? Chi lo ha accompagnato in questa missione suicida?
«L'ho trovata nei paraggi del nostro nascondiglio. A quanto pare, al tuo amichetto piace giocare sporco. Beh, si è messo contro la persona sbagliata. Paul, lega Evie, ora. La porteremo via con noi.»

Ricordo lo scambio. Deve avvenire oggi.
Perché sono in auto? Mark ha deciso di portare Faith e non me all'incontro con Thomas?
Presa dal panico, inizio a guardarmi intorno.
Gli sportelli sono chiusi. Devo sfondarli. Prima che possa colpirne uno con una gomitata, mi rendo conto che il mio cellulare si trova sul sedile del guidatore. Mi sposto con destrezza nella parte anteriore della vettura e lo afferro. Disperata, tento di accenderlo. Esulto quando il display si illumina.

«Cucù!» Ruoto il capo e urlo quando mi accorgo che Mark ha il volto premuto contro il mio finestrino e mi sta osservando. Mi scivola il telefono dalle dita e finisce sotto il sedile. Non ho abbastanza tempo per recuperarlo. Devo agire in fretta.
Paul entra in auto, pronto ad accomodarsi dietro di me. Gattono fino allo sportello del guidatore e lo apro. Tento di scappare, ma Mark mi blocca il passaggio. Mi stringe una mano intorno al collo e mi sbatte con forza contro la fiancata della vettura. «Vai da qualche parte?»

«Lasciami andare» , mi sforzo di dire, sul punto di soffocare.

Tento di allontanare le sue dita dal mio corpo e lui, divertito, ghigna. Mi getta nuovamente in macchina e si siede accanto a me. Preme un pulsante posto accanto al volante per chiudere gli sportelli e mette in moto.

«Non possiamo ucciderla? Abbiamo il documento e i suoi amici stanno per morire, non ci serve più a nulla.»

Un brivido mi attraversa la schiena. Con orrore constato che Paul è spietato tanto quanto Mark. Credevo che un briciolo di umanità, diversamente dal suo capo, lui lo avesse, ma, a quanto pare, mi sbagliavo.

«Non ancora, potrebbe tornarci utile in futuro per tendere altre trappole. In fin dei conti, non tutto il suo gruppo era nel palazzo, o almeno credo, e non dobbiamo risparmiarne nemmeno uno.»

Che cosa è successo agli altri? Ho bisogno di sapere. Mark fa retromarcia e lascia il parcheggio.

«Che cosa hai fatto ai miei amici?» , gli domando, quasi sul punto di piangere.

Ride e non risponde.

«TNT. Trinitrotoluene.» Guardo Paul attraverso lo specchietto. Sorride mentre si gira i pollici. Solleva un attimo gli occhi per mostrarmi le sue iridi color ghiaccio. «Tritolo» , sibila, visibilmente divertito.

Sbianco di colpo.

«Abbiamo programmato per loro una giornata esplosiva» , si inserisce il guidatore nel discorso.

Tremo. Sono furiosa e terrorizzata allo stesso tempo. Devo tornare indietro. Provo a premere in modo fulmineo il bottone accanto allo sterzo per aprire gli sportelli, ma Mark, furioso, mi spinge indietro e mi fa sbattere la testa contro il finestrino. Torna a concentrarsi sulla strada e schiva a stento una macchina. Mi urla contro. Mi maledice.
Ordina a Paul di tenermi ferma, ma non ho intenzione di mollare. Il moro, dal sedile posteriore, allunga una mano per premermela contro la bocca. Stringe forte. Sento dolore alla mandibola.
Mark ci guarda, di tanto in tanto, con la coda dell'occhio.
Furiosa, mordo le dita di Paul come se volessi staccargliele. Grida e le ritrae.
E' la mia occasione. Ora o mai più. Mi allungo in avanti. Premo il pulsante accanto al volante e apro il mio sportello. Mark fa per afferrarmi un braccio, ma, quando si avvicina, lo colpisco con una testata e poi salto giù dalla macchina in corsa. Rotolo sull'asfalto e mi trascino sul marciapiede prima che qualcuno possa investirmi.
Mi fa male tutto. Mi sanguinano i gomiti, le ginocchia e mi sono graffiata anche il mento. Per un attimo, immagino un Brad bambino tuffarsi fuori dall'automobile di Foster. Adesso, sono la sua famiglia. Non posso mollare. Devo reagire per lui.
Mi sollevo a fatica da terra.
La gente mi guarda, ma nessuno si avvicina per aiutarmi.
Mark sta rallentando. Verrà a riprendermi. Inizio a correre, disperata, fra le bancarelle di un mercato. Non mi volto mai per controllare la situazione alle mie spalle. Colpisco, durante la fuga, di tanto in tanto, qualcuno. Mi scuso con i malcapitati. Sento delle persone imprecare, ma non capisco bene cosa dicono. Probabilmente, mi stanno insultando in spagnolo.
Raggiungo la fine della strada. Sono in un vicolo cieco. Mi fermo accanto ad un uomo che vende la frutta e inizio a riprendere fiato. Qualcuno mi copre la bocca con una mano e mi trascina indietro, in una stradina parallela a quella in cui si trova il mercato, lontana dagli occhi di tutti. Mi agito e provo a gridare per chiedere aiuto.

«Sai che distruggere stand non è il modo migliore per non dare nell'occhio, vero?»

Sgrano le palpebre e mi volto. «Léon» , mormoro, incredula. Chris, appoggiato accanto a lui ad una parete a braccia conserte, sorride.

«Che ci fai qui, ragazzina?»

Scoppio a piangere, sollevata, sentendomi finalmente al sicuro, e mi tuffo fra le sue braccia. Prendo dei respiri profondi per calmarmi e inizio a parlare in modo incalzante a lui e a suo fratello di Mark, di Paul e del fatto che, adesso, probabilmente mi stanno cercando.

«Thomas? Corey? Faith? Dove sono tutti in questo momento? Non con voi, ma al sicuro lo stesso, vero?» , chiedo subito dopo, presa dall'agitazione. Il cuore mi batte forte nel petto. Chris fa per rispondermi, ma un forte boato lo fa zittire all'istante. «Tritolo» , mormoro, sbiancando, ricordando le parole di Paul.

«Che cosa è stato?» , chiede, confuso, Léon.

Mi volto a guardare il fumo che si è sollevato in aria a qualche isolato da noi. «Il nascondiglio di Mark. Dimmi che gli altri sono usciti di lì. Dimmi che vi hanno già avvertiti del fatto che sono al sicuro.» Christopher rivolge un'occhiata al fratello e deglutisce. «No, non è possibile» , sussurro, iniziando a scuotere il capo.

Scappo via.

«Evie!» , mi urla Léon, intenzionato a fermarmi.

Devo raggiungere il punto dell'esplosione.
Ho un groppo in gola.
Thomas non è morto. Faith non è morta. Non posso crederci. Non voglio crederci. Non sento più il dolore delle ferite. Non mi preoccupa il fatto che Mark e Paul possano trovarsi alle mie spalle. Devo assicurarmi che i miei amici stiano bene.
Una lacrima mi riga una guancia, ma mi affretto ad asciugarmela.
A metà strada, scorgo un ragazzo minuto con i capelli rossicci correre nella direzione opposta alla mia. Mi fermo di colpo e lui fa lo stesso. Riduco gli occhi a due piccole fessure e tento di metterlo a fuoco.

«Corey» , mormoro, con il cuore pronto a esplodermi in petto. Ricomincio a correre. Lui mi viene incontro. Lo raggiungo e lo stringo forte a me. «Sei vivo» , constato, scoppiando a piangere.

Affondo le dita nei suoi capelli e lui mi avvicina ulteriormente al suo corpo portandomi una mano alla base della schiena e una sulla nuca.

«Sei davvero tu.» Inizia a singhiozzare. «Sei qui» , ripete più volte. Si abbassa per nascondere la testa nell'incavo del mio collo.

«Oh, grazie al cielo, sei salvo!» Ruoto il capo. Léon, stremato, si accascia a terra per riprendere fiato e suo fratello fa lo stesso.

«Evie!» Scorgo Thomas e Faith alle spalle di Corey. Con loro c'è l'ex recluta di Mark, Cassie, se non ricordo male il suo nome.

Sollevata, li raggiungo. Abbraccio Thomas e accarezzo la guancia di Faith. «State tutti bene» , constato, commossa e sollevata, sorridendo.

Thomas ha gli occhi lucidi. Si morde il labbro inferiore con forza. Non riesce a dirmi nulla. Emozionata, a mia volta, temporaneamente incapace di formulare frasi di senso compiuto, mi limito a guardarlo in silenzio.

«Dobbiamo chiamare la polizia, subito. Servono dei posti di blocco ai confini della città. Mark non deve scappare» , dice, improvvisamente, Chris.

•••

Ci apre la porta un ragazzo identico a Wade, il dottore del quartier generale. Diversamente da lui, però, ha i capelli biondi e sorride in modo smagliante, cosa che allo scontroso medico non ho mai visto fare. «Bentornati, ragazzi, e benvenuta nel mio modesto appartamento, famosissima Evie.» I miei amici mi sorpassano per entrare in casa. Io, invece, confusa, resto ferma sul posto ad osservare lo sconosciuto. Si dà un colpetto sulla fronte e poi mi tende la mano. «Che sbadato, scusami, non mi sono ancora presentato. Mi chiamo Oliver, sono un agente come te e Wade, credo che tu lo conosca, è mio fratello gemello. Lavoro anche io per Dave, ma qui in Spagna. Vivo con la mia fidanzata che fa la modella. Non c'è in questi giorni e ne ho approfittato per ospitare i tuoi amici qui da me.»

«Evie» , gli dico il mio nome.

«Sì, lo so, ho sentito tanto parlare di te nelle ultime ore.»

Varco la soglia dell'appartamento e sorrido quando mi ritrovo davanti Adam intento a fissare lo schermo di un computer. Mi nota e viene ad abbracciarmi. «Come stai? Che cosa ti è successo?»

«Vi racconterò tutto fra poco. Intanto, chiamate la polizia. Mark non deve lasciare la città per nessun motivo al mondo.» Chris annuisce e si avvia con Thomas verso il balcone alle mie spalle. Ruoto il capo per rivolgere un'occhiata ad Oliver. «Hai del disinfettante e una maglietta pulita? Dove posso trovare il bagno?»

Mi indica con un cenno della testa la porta in fondo al corridoio che si trova esattamente di fronte a me. «Ti porto qualcosa per cambiarti.»

Lo ringrazio e mi incammino verso la stanza. «Corey, vieni» , lo chiamo.

Confuso, mi segue. Una volta raggiunto il bagno, accosto la porta dietro di noi. «Hai bisogno di una mano per disinfettarti?»

Aggrotto le sopracciglia. «Disinfettarmi? Io? Devo medicare te. Ti sanguina l'avambraccio. Hai sporcato la camicia.»

Sorpreso, se lo guarda. «Non lo avevo nemmeno notato» , ammette.

Gli porto le mani sulle spalle e lo costringo a sedersi sul bordo della vasca da bagno blu. «Quindi, dove sono ovatta e acqua ossigenata?» , mi domando ad alta voce, iniziando a guardarmi intorno.

Corey sogghigna. «Perché mi tratti come se fossi un bambino? Credi che non sia capace di prendermi cura di me stesso?»

Mortificata, mi volto ad osservarlo. «Non è così.»

«Mi prendi in giro? Sanguini dalla testa ai piedi e ti preoccupi di medicare un graffio insignificante che probabilmente mi sono fatto scappando dal nascondiglio di Mark.»

Scorgo i batuffoli di cotone e il disinfettante su una mensola alle spalle di Corey e mi allungo per prenderli. Li lascio sul lavandino e abbasso gli occhi per far incrociare il mio sguardo e quello del rosso. «Ti ritengo la persona più responsabile che io conosca e mi dispiace se ti ho fatto pensare il contrario. Il punto è che, fino ad ora, ti sei sempre preso cura di tutti e, adesso, voglio occuparmi io di te. Mi viene spontaneo farlo, quindi non offenderti, perché so per certo che, fino a quando avrò vita, cercherò sempre di proteggerti e non voglio che tu ci rimanga male ogni volta.»

Abbassa il capo e si copre il volto con le mani. Dopo un po', con gli occhi lucidi, si alza e mi abbraccia. Mi accarezza i capelli e io sorrido e poso la testa sulla sua spalla. «Scusami. Rovino sempre tutto con le mie paranoie.»

Non riesco a trattenere una risata. «Evito di commentare.»

Mi porta le mani sulle spalle e, divertito, mi allontana un po' dal suo torace e sorride. «Questo è esattamente il momento in cui dovresti contraddirmi e ripetermi che sono perfetto così come sono.»

«Ma io non dico le bugie. E' vero che le tue paranoie rovinano sempre tutto» , lo provoco.

Ghigna. «L'acido destinato ad Adam non ti avrebbe scalfita minimamente perché ne hai già tanto in corpo, signorina "mi piace rinfacciare a vita agli altri i propri errori"» , ribatte. Mi fingo offesa e gli do un colpetto sul torace. Si porta una mano sul petto e fa una smorfia di dolore. «Mi sto sciogliendo» , mormora con tono melodrammatico.

«La smetti?»

Ridiamo tutti e due.

«Vanno bene queste magliette? Sono da uomo. Scusa, ma ho paura di toccare quelle della mia ragazza. Potrebbe uccidermi, sai?» Oliver compare alle nostre spalle.

«Sì, grazie, tanto sono per lui» , gli rispondo dopo essermi voltata.

Il biondo ci lascia.
Medico Corey e ruoto la testa mentre si cambia. Disinfetto anche i miei graffi e mi decido ad indossare una t-shirt nera pulita di Oliver sotto la giacca di jeans e la felpa rossa con cappuccio.
Torno con Corey dagli altri e inizio a raccontare a tutti di Mark, del suo ruolo all'interno dell'A.P.F., dei suoi sotterfugi e dei suoi progetti, che comprendono l'eliminarci ad uno ad uno.

«Non ci credo» , mormora Chris, sconvolto, appena smetto di parlare.

Inizia, come gli altri, a tempestarmi di domande. Cerco di rispondere a tutti in modo esaustivo. Iniziano a commentare la vicenda fra loro dandomi modo di starmene un attimo in silenzio in un angolo a riflettere.

Un momento. «Il mio cellulare!» Mi alzo in piedi. Tutti, confusi, mi guardano. «Voi non capite. L'ho perso in macchina di Mark.»

«Perché ti preoccupi? Avevi foto imbarazzanti in galleria?» , mi chiede Léon, sorridendo in modo malizioso.

«Puoi sempre comprarne un altro» , mi suggerisce Adam.

«E' nella sua macchina» , ripeto. «Acceso» , preciso. Adam sembra aver intuito la mia idea. «Sì, sfrutta la cosa a tuo vantaggio per individuare la posizione di quel criminale.»

Si alza dal divano e si dirige verso il computer. «Datemi un po' di tempo.»

Iniziamo a disperderci per la casa per non disturbarlo.

«Mi accendo una sigaretta» , ci avverte Léon.

«Fuori al balcone del soggiorno o nel terrazzo dalla parte della cucina che dà sul cortile interno del condominio» , gli raccomanda il padrone di casa.

Il fratello di Chris annuisce e io lo seguo. Ho bisogno di prendere una boccata d'aria. Una volta fuori, mi appoggio con i gomiti alla ringhiera e mi metto a guardare il cielo. Léon inizia a fumare accanto a me. Infastidita, lo fulmino con lo sguardo. Lui, divertito, ride.
Un colpo di tosse ci fa voltare entrambi verso la cucina. In piedi accanto allo stipite della porta, Thomas ci osserva a braccia conserte. Léon lo ignora, ma il mio capo tossisce nuovamente per attirare la sua attenzione.

«Ho capito, vado sull'altro balcone.» Seccato, il coinquilino di Corey si allontana. Rivolge un'occhiataccia a Thomas e lo sorpassa per entrare in casa.

Il capo non dà peso alla cosa e a testa alta mi raggiunge.

«Che c'è?»

«Potresti anche essere un po' più gentile con me, in fin dei conti, sono venuto qui in Spagna a salvarti la vita.»

«Ti avevo detto di non scendere a patti con Mark.»

Strabuzza gli occhi, sbigottito. «Stai scherzando, vero? Ho rischiato di morire per te e sei anche arrabbiata con me?»

«Se mi avessi ascoltata, non sarebbe successo. Hai trascinato tutti in una missione suicida.»

Colpisce la ringhiera del terrazzo con entrambe le mani. «Basta! Smettila di preoccuparti soltanto per Corey! Gli hai anche medicato un taglietto. Ma chi sei? Sua madre?»

Furiosa, mi volto a guardarlo. «Io mi preoccupo anche per Corey.»

«Ce l'hai con me soltanto perché è venuto qui in Spagna. E' abbastanza grande per prendere le sue decisioni in autonomia, lo sai, vero? Per tua informazione, avevo intenzione di presentarmi da solo allo scambio. Corey ha scoperto tutto e mi ha seguito insieme agli altri.»

«Non stai migliorando la tua posizione. Perché sei venuto qui? Perché sei così sciocco da credere che Mark non ti avrebbe ucciso? Ha cercato di far saltare in aria sia te che gli altri! Avevo ragione io! Credi che le cose sarebbero andate diversamente, se non ci fossero stati i nostri amici?»

«Perché sei così stupida da non capire che l'ho fatto soltanto per te? Riesci unicamente ad odiarmi perché anche Corey ha rischiato la vita.»

«Perché sei così imbecille da non accorgerti che sono arrabbiata soltanto perché tu hai deciso di venire qui in Spagna? Il fatto che gli altri ti abbiano seguito è stato soltanto un effetto collaterale.» Confuso, aggrotta le sopracciglia. «Non volevo che Mark ti facesse del male! Stavo per piantarmi una pallottola in testa per evitare che potessi raggiungerci per rischiare la vita in quello scambio!»

Alza gli occhi al cielo, serra le dita intorno alla ringhiera e ride nervosamente. «E' esattamente ciò di cui volevo parlarti. Come ti è saltato in mente di fare una cosa del genere, cretina?»

«L'ho fatto per te» , ringhio.

«Non dovevi.»

Sbuffo e ruoto il capo per incominciare a guardare i palazzi dalla parte opposta del cortile e non lui. «E tu non dovevi venire in Spagna.»

Sbuffa a sua volta e resta in silenzio per un po'. «Possiamo smetterla di comportarci da idioti litigando? Abbiamo fatto praticamente la stessa cosa» , mi fa notare.

Mi volto verso di lui. «Sì, ma non rischiare mai più la tua vita per me» , gli dico prima di abbracciarlo.

Sospira e appoggia il mento sulla mia spalla. «Promettimi che farai lo stesso anche tu.»

«Prima tu.»

Gli sfugge una risata. «Sai già che non rispetterò la promessa come so che non la manterrai tu.»

Mi sforzo di nascondere un sorriso. «Dovremmo smetterla di essere così masochisti» , dico prima di sospirare. «E scusa per prima, sono un po' nervosa.»

Sciolgo la stretta e mi siedo sul bordo di un grande vaso rettangolare di ceramica vuoto.

«Lo siamo tutti, è comprensibile.»

«Sì, ma io un po' più di voi. Sto per entrare nel mio "periodo particolare del mese".»

Inclina da una lato la testa e mi rivolge un'occhiata confusa.
Sperando che capisca, mi tocco la pancia con una mano. Si dà un colpetto sulla fronte e scoppia a ridere. «E' una tragedia nella tragedia» , mi prende in giro.

«Smettila. I primi giorni per me sono atroci. Vorrei uccidere chiunque.» Abbasso il capo. «In ogni caso, grazie per essere venuto qui in Spagna con gli altri. Se non fosse stato per te, adesso, probabilmente, non sarei qui al sicuro a lamentarmi.»

Quando torno a guardarlo, noto che ha le palpebre sgranate. «I tuoi sbalzi d'umore mi spaventano» , ammette.

«Io dovrei spaventarti.»

«Mi spaventi, infatti. Guarda, mi hai fatto venire la pelle d'oca.» Si solleva una manica per mostrarmi il braccio e scoppiamo entrambi a ridere.

«Ragazzi!» Ci voltiamo verso la cucina. Adam ci grida di raggiungerlo. «Ho trovato il tuo cellulare, Evie. E' nella periferia della città.»

Io e Thomas corriamo dentro. Adam ci mostra su una piantina il punto in cui ha localizzato il mio telefono. Discutiamo tutti un po' e alla fine organizziamo una squadra da mandare sul campo.

«Ci fai partire tutti, sul serio? Come mai non hai ancora proposto al resto del gruppo di raggiungere le campagne da sola coperta di bombe per sacrificarti e salvarci la vita?» Fulmino Léon con lo sguardo e lui, divertito, mi scompiglia i capelli.

«Non lo faccio con cattiveria. Mi viene naturale cercare di proteggere le persone a cui tengo.»

«Lion, lasciala in pace.» Corey si tuffa accanto a me sul divano e rivolge al coinquilino un sorrisetto di sfida.

«Non chiamarmi mai più così» , ringhia il moro infastidito.

Oliver inizia a trascinare una pesante cassa di legno in soggiorno. «Prendete ciò che vi serve.»

La apre e noto che al suo interno ci sono davvero tante armi. A Chris brillano gli occhi.

«Non credo di saperle usare» , confessa Faith.

Adam le circonda le spalle con un braccio. «Perché non resti qui con noi?»

«Ci tengo a catturare Mark.»

Il suo ragazzo sospira. «Va bene, ma tieni sempre acceso il cellulare e chiamami, semmai dovesse servirvi aiuto.»

•••

Raggiungo la periferia della città con Chris, Thomas, Faith, Corey e Léon. La macchina di Mark si trova accanto ad una maestosa e fatiscente villa.

«Andiamo?» , propone Léon.

Fa per avvicinarsi alla porta di ingresso in legno un po' staccata dai cardini, ma il fratello lo ferma. «Aspetta. Mi sembra tanto una trappola.»

«Dai, Chris, sbrighiamoci. Quei due non possono nemmeno immaginarselo il nostro arrivo.»

«Tuo fratello ha ragione, Léon. Mark non è un idiota. Potrebbe essersi accorto del cellulare di Evie acceso in macchina» , dice la sua Faith.

Corey si gratta il mento con fare pensieroso. «Se fossi un criminale in fuga e trovassi un cellulare nella mia auto, probabilmente lo distruggerei.»

«La penso anche io così» , concorda Thomas con il rosso.

«Credi che il suo intento sia proprio quello di attirarci qui, Faith?» , le domando.

Fa per rispondermi, ma Léon la precede. «E anche se fosse, a chi importa? Siamo in sei, armati fino ai denti, abbiamo la polizia dalla nostra parte e loro sono soltanto in due. Andiamo a catturarli e mettiamo fine a questa storia.»

Le sue parole sembrano convincere tutti. Si avvia all'interno della villa con gli altri ragazzi al seguito e io Faith, titubanti, camminiamo dietro di loro. Una volta dentro, una serranda di metallo cala alle nostre spalle per bloccarci il passaggio. Altre iniziano, subito dopo, a chiudere tutte le porte e finestre dell'edificio. Dandoci le spalle, allarmati, formiamo un cerchio e iniziamo a guardarci intorno.

«Siete arrivati, finalmente.» Riconosciamo la voce di Mark e solleviamo la testa.

Il biondo ci guarda da un soppalco. Paul è accanto a lui. Faccio per prendere la mia pistola, ma mi fermo quando noto che Mark ha una bomba legata in vita.

«Non fate nulla!» , urlo ai miei amici, prima che possano sparargli.

Mark inizia a ridere. «In fin dei conti, non sei poi così stupida, Evie. Ascoltatela, ragazzi. Non potete scappare. Soltanto io e Paul abbiamo la combinazione per far sollevare di nuovo le serrande che bloccano tutte le vie d'uscita. Provate a fare una mossa azzardata e vi assicuro che esploderemo tutti insieme.» Si indica il petto. Léon, furioso, stringe i denti. «La vedete questa, no? E' speciale, non come quella che ho lasciato nel mio nascondiglio. Si attiva subito, non necessita di alcun conto alla rovescia. A proposito, vedo che siete sopravvissuti tutti al crollo del palazzo. State iniziando ad infastidirmi più del dovuto. Siete immortali per caso?» Ride. «Lo scopriremo presto. Giocherete tutti insieme a me.»

«Mancano più rotelle a quello che a te, Thomas» , sussurra Léon per farsi sentire.

«E' bello sapere che, proprio adesso che rischiamo di morire, inizio a starti simpatico» , bisbiglia il capo.

«Paul, prendili e portali giù» , dà intanto ordini Mark.

Il suo compare annuisce e sparisce attraversando una porta alla sua destra. Ci raggiunge dopo un po' e ci punta contro una pistola. «Mettete le mani sopra la testa e non fate scherzi.»

Anche il suo superiore, intanto, lascia il soppalco per scendere e venire da noi.
Ci scortano in uno scantinato e ci fanno sedere a delle sedie già disposte in cerchio per l'occasione.
Faith aveva ragione. Mark non è un idiota. Aveva programmato il nostro arrivo.
Si sfila una pistola lucida e argentata dalla tasca posteriore dei pantaloni e inizia a girarci intorno. Fa strisciare la canna contro le nostre teste e al suo passaggio vedo tutti rabbrividire e chiudere gli occhi. Paul resta fermo accanto al muro, pronto ad intervenire in caso di necessità, con la sua arma stretta fra le dita.

«Vi odio tutti indistintamente» , mormora il biondo. «Te, Thomas, perché ti sei intromesso negli affari di Dorian. Odio te, rosso, perché sei in parte responsabile dell'arresto di Ares da cui è partito tutto e te, Faith, perché hai permesso a loro di entrare in casa di uno dei miei più fidati uomini a rubare i filmati delle telecamere che dovevano restare nascosti. Detesto anche voi due, Chris e Léon, perché avete mandato in prigione Pierce, Dorian, Ares, che era appena tornato in libertà, e buona parte degli uomini della mia organizzazione. Nemmeno mi esprimo su di te, Evie. Hai sempre ficcato il naso dove non avresti dovuto.» Fa una pausa e si ferma alle mie spalle. «Non so davvero chi eliminare per primo. Meritate tutti la morte.» Mi passa la canna della pistola su una guancia. Rabbrividisco e mi aggrappo con le mani alla sedia. «E' per questo che lascerò scegliere alla sorte. Il nome "roulette russa" vi dice qualcosa?» Si posiziona al centro del cerchio, inserisce un proiettile nella rivoltella e fa ruotare il tamburo. «Paul sceglierà da chi partire. Se questo qualcuno dovesse sopravvivere, potrà indicare a sua volta il prossimo giocatore a cui indirizzare uno sparo e così via fino a quando non ci sarà un morto. Una stessa persona non può essere scelta due volte. E' abbastanza chiaro, no? Mi piace come gioco.» Scoppia a ridere in modo sadico. Furiosi, ci limitiamo tutti a rivolgergli delle occhiatacce.
Siamo impotenti. Ha una bomba legata al corpo. Se provassimo a sparargli, rischieremmo comunque di morire tutti. Senza contare il fatto che, al primo movimento azzardato, Paul ci forerebbe il cranio con la sua pistola. «Paul, a chi vuoi che spari? A Corey?» Tremo. Il biondo si inginocchia per guardarlo negli occhi. «Sei proprio come tuo padre, un vero rompiscatole. Foster ha dovuto eliminarlo su ordine di papà. Stava dando troppi problemi.»
Corey diventa rosso in volto. Stringe i denti e trattiene a stento la voglia di colpire Mark con un pugno. Thomas gli prende una mano e gli rivolge un'occhiata eloquente.
I nostri genitori sono morti a causa di Mark e suo padre.
Inizio a graffiare con le unghie il legno della sedia, furiosa, e a mordermi con forza il labbro inferiore per trattenere le lacrime. «Paul, scegli» , ringhia nuovamente Mark.

«Lui.» Indica Léon con un dito.

«Non piaci nemmeno a me» , afferma il fratello di Chris, cercando di non scomporsi. Vuole fare il duro anche adesso per non far agitare tutti ulteriormente.

«No!» , urla Corey.

Mark ride e spara. Non parte nessun colpo. Il castano tira un sospiro di sollievo. Deve scegliere un'altra persona.

«Léon, indirizza il colpo a me» , quasi lo supplica il fratello.

«Volete sempre fare tutti gli eroi. Perché non lasciate che altri muoiano al vostro posto?»

Chris ignora il folle. «Léon, fai il mio nome.»

«Stai scherzando, vero? Sei mio fratello.»

«Sceglimi.»

«No. Ho un'altra persona in mente.»

Thomas rotea gli occhi. «Grazie, Léon.»

«Fai il mio nome. Sento che non morirò.»

«Ti chiami Christopher, non Nostradamus» , gli ricorda il fratello.

«Decidete!» , urla Mark, inferocito.

«Sparami!»

«No! Devo scegliere io qualcuno!»

Il biondo lo ignora e preme il grilletto. Chris chiude gli occhi. Non parte nessun colpo, di nuovo. Tiriamo tutti un sospiro di sollievo.

«Adesso, Christopher, tocca a te. Scegli.»

«Scelgo te, Mark. Avevi detto che avremmo giocato tutti insieme, no?»

Al biondo sfugge un sorrisetto divertito. «Sì, è vero. Sei astuto, Chris.» Si punta alla testa la pistola.

Restiamo tutti con il fiato sospeso. E' la nostra unica occasione di salvarci, ma non credo che Mark proverà davvero ad uccidersi.

«Fermati!» , gli urla Paul.

Il biondo preme il grilletto, ma, per l'ennesima volta, non parte alcun colpo.

«Lo hai fatto davvero? Sei completamente svitato!» , commenta Léon, incredulo.

«Adesso, scelgo Faith. Se non avessi fatto entrare a casa di Ares tutti loro, probabilmente, in questo momento non saremmo qui. Meriti di morire.»

Le punta contro la pistola e spara senza darci modo di dire nulla. Faith chiude gli occhi, ma non viene colpita. Facendo due calcoli, il proiettile potrebbe partire o al prossimo sparo o fra due colpi.

«Faith» , mormoro, terrorizzata. Con gli occhi lucidi, si volta a guardarmi. «Risparmiali, ti prego.»

Mi mordo il labbro inferiore. Lei scuote la testa. «Non voglio scegliere te, Evie.»

«Non influenzarla, amore. Lascia che dica un nome» , si intromette Corey nel discorso, consapevole del fatto che sarà lui il prescelto, non avendo con la mia amica chissà quale rapporto rispetto a me o a Thomas.

Io e le altre due possibili vittime, in silenzio, restiamo a guardarla. «Faith» , insisto.

Mark, spazientito, inizia a battere un piede a terra. «Quindi? Scegli tu o scelgo io?»

Léon incomincia a mugolare. Ci voltiamo tutti, confusi, verso di lui. Si porta una mano sul petto e si accascia a terra. Faccio per alzarmi, agitata, ma Mark mi punta la pistola contro e mi intima di stare ferma. Con la coda dell'occhio, vedo Paul avvicinarsi al mio amico e abbassare la sua arma. Chris, con uno scatto fulmineo, si mette in piedi, prende la sua sedia e la usa per colpire la schiena dello scagnozzo di Mark che, gridando, cade sul pavimento.

«Scappiamo!» , grida Léon, dopo essersi rialzato.

Mark spara in direzione di Chris, ma non parte il colpo. Si gira a guardarmi, infuriato. Gli è rimasto un solo proiettile. Prima che possa uccidermi, Corey gli afferra la giacca, lo fa ruotare sul posto e lo colpisce in pieno volto con un pugno. Faith corre via. Il coinquilino di Léon mi prende per mano e mi trascina verso la porta. Thomas è dietro di noi.
Uno sparo riecheggia nell'aria. Vedo il mio capo tenersi una gamba e, terrorizzata, urlo il suo nome.

«Corri!» , si sforza di gridarmi, stringendo i denti per il dolore.

Risaliamo le scale. Mi trovo accanto a Faith. «Evie, dammi la tua giacca e la tua felpa» , mi dice. Confusa, aggrotto le sopracciglia. «Sono quella che elabora strategie, no? Fidati delle mie parole. Mark verrà a cercarci. Vuole più te che me. Non sono brava a combattere, quindi farò da esca. Voi, intanto, trovate un modo per salvarci tutti. Non possiamo eliminare né lui né Paul, ricordatevelo. Hanno la combinazione che serve a sbloccare le porte e le finestre.»

Annuisco e mi sfilo di dosso gli indumenti che poi le porgo. Raggiungiamo l'ingresso della villa e iniziamo a disperderci nelle varie stanze. Dall'uscio socchiuso della porta della mia vedo Faith imboccare un corridoio. Mark passa davanti alla mia camera dopo poco e prende la stessa direzione della mia amica. Aspetto un po', ma non vedo arrivare Paul. In punta di piedi, mi avvicino all'uscita. Nel corridoio che collega tutte le camere all'ingresso non c'è nessuno. Con la pistola fra le dita, mi preparo a raggiungere Faith. Attraverso lo stretto passaggio già percorso da lei e dal criminale e mi ritrovo in una stanza immensa, priva di mobili, grande più o meno quanto un capannone.

«Voltati, Evie!» Le urla Mark.

Cercando di non farmi sentire, arrivo alle sue spalle. Faith si abbassa il cappuccio rosso e si gira a guardarlo.

«Mani sopra la testa, Mark!»

Lui, sorpreso, fissa prima lei e poi me e scoppia a ridere. «Che carine, mi avete rigirato contro il trucco della somiglianza.»

«Evie, attenta! Voltati!» Ruoto il capo di scatto.

Paul mi sta puntando contro la sua pistola. E' comparso da un corridoio secondario. A quanto pare, ce ne sono due che permettono di entrare nel capanno poco staccato dal resto dell'abitazione. «Mark, che faccio? L'ammazzo io o lascio a te l'onore?»

«Butta la pistola, Paul!» , gli urla Léon.

Lo raggiunge insieme a Corey, Chris e Thomas. Hanno tutti le loro armi fra le dita.

«Se non vuoi che una pioggia di proiettili ti fori, ascoltalo!» , insiste il mio capo. Ha stretto con forza una felpa intorno alla gamba per fermare la fuoriuscita di sangue provocata dal colpo subito nello scantinato. Zoppica un po' e mi si stringe il cuore a vederlo in questo stato.

Mark scoppia a ridere e invita Faith a raggiungermi. Lei, spaventata, senza mai staccare lo sguardo dal biondo, corre verso di me. «Mi credete stupido? Non userei mai il mio ultimo colpo per eliminare un'insignificante pedone dalla scacchiera.» Rivolge un'occhiata alla mia amica e ghigna. «La mia organizzazione è fallita a causa vostra. Siete tutti responsabili della mia rovina!» , urla. Faith si stringe a me. Spaventate, indietreggiamo e raggiungiamo gli altri. Paul, confuso, resta fermo a guardare Mark. «Axel, il mio più fidato complice a Nottingham, è finito in carcere per colpa vostra e, adesso, anche qui in Spagna tutti qui mi stanno cercando! Che cosa volete che me ne faccia dei soldi di Rae?» Prende con una mano dalla tasca dei pantaloni il documento lasciatogli da Thomas e lo strappa con i denti. Ne mastica un pezzo e poi lo sputa a terra. Increduli, io e gli altri ci rivolgiamo delle occhiate prima di tornare a guardare lui. «E' la fine. La mia organizzazione è andata in frantumi a causa vostra, ma non passerò il resto dei miei giorni in una cella!» Punta la canna della pistola contro la bomba che ha legato in petto. «Affonderò e vi trascinerò nell'abisso con me perché io non perdo mai» , ringhia.

«Non era nei piani!» , gli urla Paul, terrorizzato.

«Perché li state ancora ascoltando? Scappiamo!» , ci grida Léon.

Corriamo tutti verso il corridoio posto sul fondo della stanza. Paul spara a Mark. Colpisce la sua mano e gli fa cadere la pistola dalle dita. Il biondo, sanguinando, si accinge a raccoglierla.
Non volto più il capo. Raggiungo con gli altri l'ingresso della villa e cado a terra per l'onda d'urto provocata da un'esplosione.
Mark è morto. Si è davvero fatto saltare in aria e ha trascinato con sé il suo complice.
Lingue di fuoco avvolgono i corridoi alle nostre spalle e iniziano a diffondersi in tutto l'edificio.

«E' la fine» , mormora Faith.

Ci stringiamo in cerchio e camminiamo verso il centro della camera. «Non è detta l'ultima parola» , tenta di rassicurarla Chris, nonostante la sua espressione tradisca lo sconforto che sta provando in questo momento.

«Soltanto quei due conoscevano il codice per sbloccare le uscite di questo edificio che sta cadendo a pezzi» , gli ricorda lei.

Il poliziotto balbetta qualcosa, ma non riesco a sentirlo bene. La sua voce viene sovrastata dal rumore di un elicottero.

«Ragazzi! Sono qui!» Adam cerca di farsi sentire usando un megafono.

Si riaccende in me un barlume di speranza. Chris inizia a chiamarlo a telefono.

«Perché è venuto qui?» , domando, confusa.

«Lo abbiamo chiamato prima» , mi informa Léon. «Già stava cercando di raggiungerci insieme alla polizia. Non gli rispondevamo da troppo tempo e si era preoccupato» , aggiunge.

«Grazie, Adam» , mormoro, commossa, coprendomi il volto con le mani.

«Adam, Mark si è fatto esplodere. Tutte le uscite dell'edificio sono bloccate» , lo informa il cugino al cellulare.

«Chris, davanti alla finestra della mansarda non c'è nessuna serranda. Raggiungetela, presto! Salite all'ultimo piano della villa, vi prenderemo con l'elicottero!» , continua a gridare il nostro amico dall'aeromobile.

«Arriviamo. Aspettaci.» Chris chiude la chiamata.

Inizia a correre, invitandoci a seguirlo, per raggiungere le scale, poste in un atrio poco distante dal salone principale, che collegano il piano in cui ci troviamo a quelli superiori.
Le fiamme, intanto, hanno raggiunto il soppalco da cui ci minacciava, al nostro arrivo, Mark con Paul accanto.
Léon corre dietro al fratello e lo stesso fa Faith. Corey mi precede, io lo seguo e Thomas chiude la fila. Arrivata alle scale, mi rendo conto di non avere più dietro il mio capo. Lo vedo steso a terra vicino alla porta di ingresso.
Agitata, lo raggiungo insieme Corey. Il fuoco, nel frattempo, avanza e lambisce le travi in legno del tetto.

«Thomas!» , grido.

«Non riesco più a correre. Mi fa male la gamba. Andate avanti senza di me, vi sto rallentando.»

Inizio a scuotere il capo con gli occhi lucidi. «Sul tetto non ci vado, se non vieni con me.»

«Ha ragione lei, amico. Aggrappati a noi» , gli dice Corey, facendo per avvicinarsi.

Thomas si sfila la pistola dalla tasca dei pantaloni e se la punta contro una tempia. «Andate. Prenditi cura di lei, Corey, sempre.»

Chiude gli occhi. Gli tremano le dita.

«No!» , urlo, disperata.

Afferro la mia rivoltella e, senza esitare, in preda al panico, colpisco il capo di striscio ad un braccio. Grida e gli cade dalla mano l'arma. Corro verso di lui e la spingo via con un calcio. Si morde il labbro inferiore e si conficca le unghie nella pelle.

«Volevi uccidermi tu? Bastava dirlo» , scherza, stringendo i denti e forzando un sorriso.

Corey ci raggiunge. «Aiutami a sollevarlo, Evie.»

Annuisco e mi inginocchio. Quando alzo la testa, noto che una trave sta per staccarsi dal tetto. Mi rialzo in fretta e furia. «Attento!» Spingo via Corey, mi tuffo a terra e rotolo lontana dal punto di collisione.

Il pesante pezzo di legno, circondato dalle fiamme, cade sul pavimento e ne distrugge una buona parte.

«Evie!»

Gattono per avvicinarmi a Thomas. Lui, con il terrore negli occhi, mi accarezza il viso. «Stai bene?»

Mi limito ad annuire e mi volto poi verso Corey. «Sono viva!»

Vedo da un varco fra le fiamme il suo volto. «Posso aggirare la trave» , inizia a dire, agitato. Si passa le dita fra i capelli, preso dal panico. «Ce la farò, verrò a prendervi.»

Una parte del pezzo di legno è rimasta bloccata dal soppalco. L'inclinatura dell'asse avvolta dalle fiamme lascia aperto un piccolo passaggio sotto di essa, ma attraversarlo sarebbe rischioso perché la trave potrebbe crollare da un momento all'altro e schiacciarci. L'edificio, inoltre, sta per sgretolarsi completamente.

«No, Corey, non c'è più nulla da fare» , mormoro a malincuore. Trattengo a fatica le lacrime. «Corri sul tetto dagli altri e salvati.»

Thomas, in silenzio, ci osserva.

«Non me ne vado senza di voi!»

Mi mordo una mano. Prendo la pistola e la punto contro il pavimento. «Vivi e sii felice.»

Sparo a terra. Corey non può vedermi. Fingo di accasciarmi al suolo e lo sento gridare.

«Evie! No!»

Thomas abbassa lo sguardo. «Corri sul tetto!»

«Thomas» , mormora il rosso.

«Non rendere vano il suo sacrificio e raggiungi gli altri. Salvati e non dimenticarti di noi.»

«Posso trascinare fuori di qui almeno te!»

«Sto morendo dissanguato. Le forze mi stanno abbandonando. Ti prego, Corey, corri sul tetto.» Scoppia a piangere. «Scappa!» , gli grida fra le lacrime. Thomas appoggia le spalle alla parete e chiude gli occhi. Il mio cuore perde un battito.

«Thomas!» Corey continua a chiamarlo, ma il mio capo ha smesso di rispondergli. Il coinquilino di Léon, disperato, grida e continua a singhiozzare. «Ce la farò per voi, ve lo prometto.»

Sento i suoi passi. E' corso via.
Mi mordo con forza il labbro per non farmi sentire mentre piango. Non riesco proprio a smettere di farlo.

«Evie.» Thomas mormora il mio nome e schiude nuovamente le palpebre. Mi metto seduta e lui, gattonando, mi raggiunge. Si accascia fra le mie braccia e io gli bagno il volto con le mie lacrime che, prontamente, asciuga. «Proprio non ce la fai a non essere te stessa per cinque minuti. Se mi avessi lasciato morire, adesso saresti al sicuro» , mi ammonisce scherzosamente forzando un sorriso.

Gli accarezzo i capelli e ci trascino fino al centro della stanza per tenerci lontani dalle pareti prossime al crollo, come se potesse servire a qualcosa. Le fiamme ci stanno circondando sempre più velocemente.

«Stai davvero tentando di darmi colpe, Thomas? Se non avessi cercato di fare l'eroe provando a piantarti una pallotta nel cranio, adesso, magari, saremmo entrambi sul tetto. Che cosa ti è saltato in mente, cretino?»

Sorrido e lui fa lo stesso. «Ti prego, perdonami» , mormora con la voce rotta dal pianto.

Scuoto il capo con gli occhi lucidi. «Non sono arrabbiata con te. Scusami tu se ti ho ferito e grazie per aver mandato via Corey» , sussurro, accarezzandogli il viso.

Le lacrime gli rigano le guance. «Avresti tutto il diritto di odiarmi, ma non farlo, ti supplico. Io non ho mai agito con cattiveria. Ho sempre desiderato il meglio per te. Volevo che avessi un futuro pieno di quei momenti stupidi e sdolcinati che ti fanno tanto sorridere soltanto immaginandoli, tipo preparare l'albero di Natale insieme a tuo marito e ai tuoi figli, e che fossi felice, non che andasse a finire così.»

«Non è colpa tua» , mormoro, piangendo.

«Ho fallito, scusami. Non sono stato capace di proteggerti.»

«Thomas» , sussurro, chinandomi su di lui e prendendogli le guance con entrambe le mani.

«Per te avrei fatto qualsiasi cosa, anche comprare l'abete più costoso del negozio da decorare insieme una volta arrivati a casa, guardare quel "Cuore e Batticuore" che ti piace tanto o preparare osceni, perché non sono molto bravo a fare i dolci, biscotti glassati da offrire a tutti i parenti ospiti a cena da noi, perché ti amo, Evie, e perdonami anche perché te lo sto dicendo soltanto adesso.»

Disperata, scoppio a piangere. Faccio combaciare le nostre labbra per un'ultima volta e poi mi distendo al suo fianco. Sempre più fumo invade la stanza.

«Non devi scusarti di nulla, sul serio. E' stato tutto perfetto, ogni momento passato insieme. Conoscerti è stato un onore. Morirò felice perché con la consapevolezza di averti vissuto intensamente.» Gli stringo una mano. Non ci provo nemmeno più ad asciugarmi le lacrime. Tossisce un attimo, poi mi sorride e serra le palpebre. «Thomas» , mormoro.

Sta inalando troppo fumo. Lo scuoto, ma non mi risponde. Ha perso i sensi. Mi tolgo la maglietta e la uso per coprirgli il naso e la bocca. Il calore delle fiamme mi brucia la pelle. Tossisco, mi stringo al suo torace e chiudo a mia volta gli occhi.
Scusami, Brad. Scusami se non sono stata abbastanza forte da tirarmi fuori da tutto questo. Volevo davvero che avessi una famiglia.
Scusa, papà. Mi sarebbe piaciuto tanto starti accanto ancora per un po'. Perdonami se ti sto abbandonando.
Scusami, Gabe, se non ti ho mai detto che sei davvero astuto e anche il cugino migliore che potessi mai avere.
Scusatemi, amici miei, se non ce l'ho fatta.
Scusa, Corey, se ho mentito, ancora, per salvarti la vita.
Perdonami, Thomas, se non sono stata capace io di proteggerti da questo disastro.
Vi amerò per sempre.

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Salve! Scusate se ci ho messo un pomeriggio a pubblicare questo capitolo. È un po' lungo e ho fatto molte pause durante la correzione, lo ammetto.
Non vedevo l'ora di pubblicarlo. È fra i miei preferiti.
Fatemi sapere che ne pensate, mi raccomando!
Aggiornerò domenica o lunedì. Il capitolo 50 sarà l'ultimo, ma ci saranno delle sorprese per voi la settimana prossima che vi anticiperò nel prossimo aggiornamento (previsto per domenica/lunedì).
Detto questo, vi saluto. Grazie a tutti coloro che stanno seguendo la storia.
A presto!

Oliver è interpretato da Dylan Sprouse.

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