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48 - Lo scambio

Schiudo lentamente le palpebre. Faccio fatica a mettere a fuoco ciò che mi circonda. Mi fa incredibilmente male la testa.
Mi rendo conto, dopo un po', di essere in una macchina in movimento e mi sforzo di ricordare che cosa mi è accaduto.

Continuo a fissare il telefono. La sorella di Mark ha da poco postato una foto con sua madre. Si stanno divertendo entrambe alle Maldive. Mark, allora, da chi è andato a Stafford? Ma, soprattutto, ha davvero lasciato Nottingham?
Inizio a collegare in mente tanti avvenimenti. Mark conosce la posizione dell'appartamento di Rae. Mark ha mandato Chris a indagare sul campo il giorno in cui hanno sparato al suo collega. Mark era a scuola quando qualcuno ha tentato di uccidere Adam ed era anche a Verona quando i ladri si sono introdotti nel nostro appartamento, a Roma quando hanno tentato di eliminare mio cugino, Chris e mio fratello in albergo e alla festa, da cui è uscito illeso, quando c'è stata la strage in cui è morta mamma. Il cellulare mi scivola dalle mani e cade sul pavimento. Il cuore inizia a battermi all'impazzata nel petto. Non è possibile, anche se tutto fa pensare il contrario.
«C'è lui dietro ad ogni cosa» , sussurro. «Devo avvertire gli altri.»
Mi volto. Scorgo un'ombra nella stanza di Adam. Prima che possa muovermi, vedo uscire, correndo, un individuo dalla camera. E' totalmente vestito di nero e ha il volto coperto da un passamontagna. Urlo a pieni polmoni, terrorizzata. Mi raggiunge e mi copre la bocca con una mano. Gli mordo le dita. Mi blocca le braccia e mi spinge con aggressività contro la parete alle mie spalle. Percepisco un forte dolore alla nuca. Coprendomela con le mani, mi accascio a terra e perdo i sensi.

Cerco di mettermi seduta.

«Mark» , mormoro, allibita.

Poi, una risata. Sollevo lo sguardo e lo vedo grazie allo specchietto. Guida con un'espressione divertita dipinta in volto.

«Sapevo che ci saresti arrivata» , ammette. «Sei sempre stata un problema.» Mi aggrappo allo sportello. Provo ad aprirlo, ma non ottengo il risultato sperato. «Non puoi scappare» , mi avverte. «E non provare nemmeno a farlo. Per il bene dei tuoi amici e della tua famiglia, resta ferma e ubbidisci ai miei ordini.»

Mi metto seduta composta. Inizio a tastarmi le tasche. Mi rendo conto di non avere più con me il cellulare. E' rimasto a casa o lo ha preso lui?

«Perché stai facendo tutto questo?»

Ride e non risponde. Ferma la macchina in un parcheggio quasi deserto. Siamo arrivati in aeroporto. Sempre più confusa, scendo. Mi affianca. Indietreggio, terrorizzata, ma, con forza, mi stringe una mano intorno al polso e mi costringe a tornare accanto a lui.

«Non allontanarti mai più. Non provare a scappare. Comportati bene, non te lo ripeterò un'altra volta. Al prossimo passo falso, morirà una delle persone a te più care.»
Tremo. Mi porta una mano alla base della schiena e mi spinge un po' in avanti. Mi mordo il labbro inferiore. Faccio fatica a trattenere le lacrime. Ho terribilmente paura e sono sconvolta. «Sorridi, non dobbiamo dare nell'occhio. Prenderemo un volo e tu non proverai a chiedere aiuto a nessuno, è chiaro?» Rabbrividisco. Non posso mollare tutto così. Devo reagire. Devo fuggire. Adesso. «Provaci e il primo a morire sarà il piccolo vicino di casa di Corey, quel bambino che ti piace tanto, Tim. O Stewart, l'adorabile nipotino di Thomas.» Sbianco di colpo e lui, divertito dalla mia espressione, inclina il capo da un lato e sorride. «So tutto di te e dei tuoi amici, Evie, e non credere che mi faccia paura l'idea di uccidere dei bambini. In fin dei conti, ho assoldato io delle persone per compiere una strage. Sono senza scrupoli.»
Affondo le unghie nei palmi delle mani. Non riesco a trattenere le lacrime. Mi mordo con eccessiva forza il labbro inferiore fino a farlo sanguinare.
Mia madre è morta per colpa di Mark. Degli innocenti hanno perso la vita a causa sua.
Non riesco a contenere la rabbia. Gli do uno schiaffo. L'impronta della mia mano resta ben visibile sulla sua gota.
Furioso, mi prende dalle spalle e mi spinge contro il cofano di una macchina. Avverto un dolore lancinante alla schiena. «Chi ti ha dato il permesso di farlo?» , ringhia.

Carica d'odio, gli sputo in faccia. «Schifoso» , lo insulto a denti stretti.

Si pulisce e mi colpisce allo stomaco con un pugno. Mi accascio a terra, agonizzante, e lui si inginocchia per raggiungere la mia altezza. Mi prende dalla maglietta e mi solleva di poco il busto dall'asfalto. «Sto perdendo la pazienza, ma non ho intenzione di ucciderti. Non adesso, almeno. Mi servi ancora. Alzati e andiamo, prima che cambi idea.»
Mi sento impotente. Penso a Tim e a Stewart e mi metto in piedi.
Raggiungo con Mark, in silenzio, l'interno dell'aeroporto. Non mi ribello soltanto perché mi spaventa l'idea che possa davvero fare del male ai bambini.
Scopro che la nostra destinazione è la Spagna soltanto qualche minuto prima di prendere posto in aereo. Non faccio in tempo a dire nulla perché, a qualche minuto dal decollo, Mark si avvicina a me e mi inietta qualcosa nel collo. Mi addormento.
Riprendo conoscenza alla fine del volo.
Sono ormai lontana dai miei amici. Mentre cammino all'interno dell'aeroporto, penso che troveranno un modo per salvarmi. Mi fido di loro, ciecamente. «Vieni con me.» Mark mi risveglia dai miei pensieri. Mi prende per mano e mi trascina con lui in bagno. Mi spinge contro la parete alle mie spalle e si avvicina alla porta per chiuderla a chiave. Tremo, impaurita, ma si accende in me la speranza e l'adrenalina inizia a scorrermi nelle vene quando scorgo il mio cellulare che sporge dalla tasca posteriore dei suoi pantaloni. Devo prenderlo, chiedere aiuto e rimetterlo a posto senza fargli capire nulla. Mark si volta di scatto. Sollevo lo sguardo di colpo. Non devo dare nell'occhio. Si avvicina a me, ridacchiando. Mi irrita. Vorrei prenderlo a pugni. «Finalmente, sei in trappola.»

«I miei amici mi salveranno» , ribatto.

«I tuoi amici si fidano di me, come facevi tu fino a qualche ora fa, e credono che io sia a Stafford a prendermi cura della mia povera mamma malata. Non ti troveranno mai più. O almeno, non lo faranno fino a quando non lo deciderò io. Un po' alla volta, li eliminerò e, alla fine, mi occuperò anche di te.»

«Perché stai facendo tutto questo, Mark?» , gli domando nuovamente, confusa.

Scuote la testa. «Non qui. Non adesso. Parleremo quando lo riterrò opportuno.» Bussano alla porta. «Chi è?» , ringhia il mio carnefice.
Approfitto del momento di distrazione per sottrargli il cellulare. Lo nascondo, con un movimento rapido e impercettibile, nella tasca della giacca.

«Paul.»

Mark sorride. Si gira nuovamente a guardarmi. «Andiamo.»

Una volta fuori dal bagno, mi ritrovo davanti un uomo, che potrebbe avere una decina d'anni in più di Mark, totalmente vestito di nero. Mi squadra con i suoi occhi color ghiaccio e sorride. «E' la ragazzina che ha portato la polizia da Foster?»

Arriccio il naso. «Soltanto Léon può chiamarmi così.»

Mark mi pizzica un braccio. «Non farmi arrabbiare» , ringhia.
Abbasso il capo e mi costringo a fare silenzio. Li seguo fuori dall'edificio. Lo sconosciuto si passa una mano fra i capelli color cioccolato prima di aprire la portiera di un'auto per farmi entrare. Mark mi spinge dentro con poca grazia. Prima che possa sedermi in modo composto, mi inietta di nuovo qualcosa endovena e perdo i sensi. Quando riapro gli occhi, mi ritrovo distesa su un letto con un polso bloccato da una catena attaccata alla parete di un'angusta, cupa e polverosa stanza. Mark, seduto poco distante da me su uno sgabello, mi osserva e sorride. «Ti sei svegliata, finalmente. Sei pronta a capire che cosa sta succedendo?» Prima ancora che possa rispondergli, mi pone un'altra domanda. «Sai per cosa sta la sigla "A.P.F."? Sì, immagino, visto che la combatti da un po' di tempo, ormai.»

«Ares. Pierce. Foster.»

Scoppia a ridere. «Angus Percival Firth.»

Sgrano le palpebre. «Tuo padre?»

Compiaciuto, annuisce. «Ares ha avuto l'idea di fondare un'organizzazione criminale, ma chi credi che l'abbia finanziato inizialmente? Papà ha assoldato uomini che potessero aiutarlo con i suoi traffici. Prima di incontrarlo, Ares era soltanto un omuncolo con delle buone intuizioni che non avrebbe mai potuto concretizzare. Deve tutto, come i suoi amici, Pierce e Foster, a mio padre. Fortunatamente, sia lui che gli altri due ne sono consapevoli ed è per questo che, negli anni, gli hanno mostrato sempre gratitudine e si sono fidati ciecamente di lui. Gli hanno ubbidito come dei cani fedeli e, adesso che non c'è più, seguono me.»

«Sei...» , mormoro.

«Sono l'erede dell'A.P.F., sì.»

«Hai ucciso mia madre» , sussurro. «Come hai potuto farlo? Ti ha sempre trattato come se fossi un figlio per lei!» , gli urlo contro, infuriata.

«Dovevi morirci tu in quell'attentato, non lei.» Perdo un battito. Per un momento, mi coglie il pensiero che mia madre sia morta a causa mia, ma mi costringo a riprendermi e a scacciarlo via dalla mia mente. Mamma è morta perché Mark è un assassino, un folle. «Anzi, dovevate morirci tu e i tuoi amici. Chi credi che abbia convinto il sindaco ad organizzare quella festa? Io, ovviamente. Ho più potere di quanto tu possa immaginare. Avevi ragione, ci sono sempre stato io dietro ad ogni cosa. Ares e Dorian dovevano soltanto sottrarre a Rae l'eredità dei suoi nonni. Non sembrava un compito difficile, ma tu e i tuoi amici avete complicato tutto e cambiato le carte in tavola. Avete sbattuto dentro quell'incapace di Ares e mi sono trovato costretto ad intervenire direttamente. Ho preso il posto del commissario di Nottingham e mi sono finto vostro amico. Ho cercato in tutti i modi di scagionare Dorian, di far ricadere la colpa dell'omicidio di Rae su Thomas e di insabbiare il caso, ma quell'idiota di Evans ha ucciso un testimone, senza nemmeno passare inosservato, e ho dovuto fingere di schierarmi anche contro di lui. Ho fatto evadere Ares, ma avete trovato un modo per farlo finire nuovamente, insieme a Pierce, a Dorian e a gran parte dei miei complici, in galera. Dovevate morire. Stavate dando troppo fastidio. Siete sopravvissuti a quella stupida festa per pura fortuna, ma non ho mollato. Sono venuto con voi a Verona e ho cercato di eliminarvi e di proteggere Foster, l'ultimo rimasto fra i miei uomini più fedeli, allo stesso tempo. Chi credi che abbia mandato due persone ad uccidere te e Thomas? Io, ovviamente. Insieme a voi, dovevano perdere la vita anche Corey, Letha e Léon, ma, inaspettatamente, hanno lasciato l'appartamento prima che i miei complici potessero arrivare. Tu e il tuo amichetto siete scappati e avete addirittura trovato l'indirizzo di casa di Foster. Ho provato anche a far eliminare il professore prima che potesse ricordarsi altre informazioni utili a mandare in frantumi la mia organizzazione, ma, per mia sfortuna, lo hanno soccorso prima che potesse esalare l'ultimo respiro. E Roma? Oh, parliamone. I miei uomini non sono stati nemmeno capaci di eliminare te, tuo cugino, tuo fratello e i tuoi amici. Tutto stava andando male. Ho sacrificato Foster per far credere a te e agli altri che fosse giunta la fine dell'A.P.F. e ha funzionato. Mentre voi vi godevate il ritorno alla normalità, ho tramato nell'ombra per arrivare a questo momento. Ho cercato di eliminarvi, facendo leva sulla vostra temporanea vulnerabilità, tutti, un po' alla volta, e ho preso te perché sei il punto debole di Thomas.» Che cosa vuole da lui? Intuisce la mia domanda dall'espressione perplessa che ho dipinta in volto e sorride. «Lo costringerò a cedermi il denaro che gli ha lasciato Rae e poi lo eliminerò. Tu e gli altri, una volta ottenuti i soldi, farete la stessa fine. Anzi, loro anche un po' prima. Non mi servono a nulla. Creano soltanto problemi. Terrò in vita te e Thomas, prenderò i soldi, grazie a cui farò risorgere l'organizzazione come una fenice dalle sue ceneri, e poi vi farò fuori.»

Con gli occhi iniettati di sangue, alla fine del racconto, mi alzo in piedi e provo ad avventarmi su di lui. Prima che possa mettergli una mano intorno al collo, la catena mi ritira indietro e mi fa cadere rovinosamente sul letto. «Sei soltanto un folle» , ringhio. «Perché stai facendo tutto questo?»

«Soldi e potere» , risponde con una scrollata di spalle.

Non riesco ancora a credere che sia proprio lui l'artefice di tutto. «Eri diverso. Ci amavamo» , gli ricordo, scioccata.

Scoppia a ridere. «Oh, ti prego, Evie, sei cresciuta e credi ancora che l'amore conti e che serva davvero a qualcosa? Passano gli anni, ma resti sempre un'adolescente romantica, ingenua e fantasiosa. E' per questo che fra noi non ha funzionato. Sei troppo debole, troppo stupida. Ami, lasci che le persone ti deludano, ti feriscano, ti tradiscano, perdoni e torni a credere in quell'insulso sentimento per cui io non ho tempo, visto che, diversamente da te, sono destinato a grandi cose.»

«L'amore non è insulso. Sei insulso tu che non lo conosci, tu che hai ucciso dei poveri innocenti e mia madre che ti aveva dato tanto, tu che stai facendo questo a me, nonostante tutti i momenti passati insieme negli anni.»

Sghignazza. «Lo vedi che sei debole? Lo vedi che amare fa male ed è una perdita di tempo? Stai per morire e ti sembra ancora assurdo che io possa farti questo e, mentre tu ti struggi, io mi preparo a trionfare. Ma va bene, è giusto. Questa è la selezione naturale. Hai passato la tua vita a dare tutto agli altri credendo che un giorno qualcuno fosse pronto a fare lo stesso per te e adesso ti trovi in questa situazione. Te lo meriti. Hai fatto le scelte sbagliate. Il vero amore non esiste. L'uomo è fondamentalmente egoista. Tutti, prima o poi, ti tradiranno. Nessuno si sacrificherà mai per te.» Si alza dallo sgabello e mi rivolge un'occhiata sprezzante. Non riesco a dire nulla. «Paul ti porterà un po' d'acqua e un tozzo di pane più tardi.»
Lascia la stanza sbattendosi la porta alle spalle.
Non sento più i passi nel corridoio.
Ora o mai più. Prendo il cellulare e apro il registro chiamate. Thomas è l'ultimo numero in lista. Ha provato a telefonarmi, come gli altri, almeno una decina di volte. Tocco il suo nome e faccio partire la chiamata. Dopo due squilli, la porta della stanza si riapre di scatto. Il cellulare mi scivola dalle mani. Sgrano gli occhi. Il panico mi assale. Mi sento il cuore in gola.
Mark, infuriato, corre verso di me. Prende il telefono, lo getta e terra e mi colpisce con un violento schiaffo. Mi accascio sul materasso e mi tocco il punto dolente con i polpastrelli. Mi copro il volto con un braccio e trovo il coraggio di girarmi. Mark sta per avventarsi su di me, ma si ferma quando il suo complice, urlando, gli grida di non toccarmi. «Ha provato a chiedere aiuto. Perché non dovrei picchiarla, Paul?» , ringhia, furioso, rivolgendomi un'occhiataccia. Si china per raccogliere il cellulare. Furioso, urla il nome di Thomas guardando il display. «Lui? Perché proprio lui?»

Paul cerca di prendere in mano la situazione. «Ci serve viva, Mark. Ti ho già visto torturare altre persone in passato e questo mi porta a dire per certo che, se iniziassi a colpirla, non ti fermeresti e ci lascerebbe le penne.»
Si schiarisce la voce con un colpo di tosse. «Sfruttiamo la situazione a nostro vantaggio. Dovevamo proporre a Thomas uno scambio, no? E' per questo che abbiamo preso la ragazzina o sbaglio?»
Avverto un moto di fastidio. Non voglio che mi chiami così.
Allo stesso tempo, provo paura e prego che Paul riesca a calmare quel folle assassino di Mark. «Facciamolo adesso. Richiama il ragazzo e fallo parlare con lei. Lascia che lo convinca a venire qui in Spagna da solo e a cederci l'eredità.»
Mark sembra pensarci un po'. Si decide, dopo qualche minuto, ad annuire. Mi libera dalla catena. Paul lascia su un tavolino accanto alla porta la sua pistola e si prepara ad uscire. «Se dovesse servirti, usala. Ti aspetto giù» , dice al biondo prima di andarsene.

Il cellulare inizia a squillare in mano di Mark. Chiude la telefonata e inizia a digitare qualcosa. Dopo un po', sorride. «E' solo e pronto per la vostra videochiamata.»

Armeggia con il telefono e, dopo un po', sento la voce di Thomas. «Mark? Sei con Evie?»

Il biondo si lascia sfuggire un sorriso. Posa il telefono sul letto e gli dà modo di guardarmi.

«Thomas! Chiudi la chiamata! Non ascoltarlo, ti prego!»

Mark stringe i miei capelli con forza in un pugno. Grido per il dolore.

«Lasciala andare! Che cosa stai facendo, Mark? Evie!»

Mark mi spinge a terra. «E' nelle mie mani. Se non vuoi che la uccida, non dirlo a nessuno. Morirà? Supererà questa giornata? Dipende tutto da te. Devi cedermi il denaro dell'eredità di Rae. In cambio, riavrai Evie. Ti dirò dove trovarci a tempo debito. Chiedi aiuto a qualcuno e non la rivedrai mai più. Sono stato chiaro?»

«Ci ucciderà comunque, Thomas! Non ascoltarlo! Non raggiungerci!» , grido, disperata.

Mi rivolge un'occhiata. Sta cercando in ogni modo di mantenere la calma. «Avrai i soldi. Come potrò contattarti per accordarmi con te per lo scambio?»

«No!»

Mark, seccato, mi urla di fare silenzio. Thomas non deve morire. Devo salvarlo. Sì, ma come? Mi guardo intorno. Adocchio la pistola. Con un movimento rapido, mi sollevo dal pavimento e corro a prenderla. La punto contro Mark. Lui ne estrae a sua volta una dalla tasca della giacca.

«Evie! Fermati! Mark, lasciala in pace! Ti porterò il denaro!»

«Stai sfidando la mia pazienza. Che cosa ti fa pensare che continuerò a non ucciderti?»
Io gli servo. Non mi ha ancora eliminata perché ha bisogno di me.
E, all'improvviso, capisco che c'è un unico modo per salvare Thomas. Per impedirgli di venire qui in Spagna, devo rendere impossibile lo scambio. Come? Eliminando la merce della trattiva. Mi punto la pistola alla tempia.
Per quanto Mark voglia farmi sentire debole e inutile, in realtà, il potere è nelle mie mani. Posso cambiare tutto. Devo solo trovare il coraggio di premere il grilletto.
Thomas grida il mio nome. Mark, spiazzato, abbassa la sua arma. Mi tremano le dita.
All'improvviso, avverto un dolore alla nuca e mi accascio a terra. La pistola mi cade dalle mani e scivola accanto ai piedi di Mark che si affretta a raccoglierla. «Ottimo lavoro, topo di biblioteca.»
Mi volto verso la porta. Ho la vista un po' appannata. Paul, con un libro fra le mani, avanza e si inginocchia per aiutarmi a risollevarmi. Mi spinge sul letto e mi incatena nuovamente.
Mark, sorridendo, torna a rivolgersi a Thomas. «Hai visto quello che ha fatto? Mi sta creando tanti problemi e sto iniziando a tollerarla sempre meno. Compra in fretta un biglietto per la Spagna e richiamami. Ti do due ore di tempo per farlo, non di più.» Gli mostra la sua pistola. Accarezza la canna con le dita. «Tarda di un solo minuto e ti assicuro che le farò schizzare il cervello sulla parete.»

-
Salve! Manca davvero poco alla fine. Ci saranno altri colpi di scena? Lo scoprirete continuando a seguire la storia!

Paul è interpretato da Ian Somerhalder.

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