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45 - Nessun posto è sicuro

Diversamente dai ragazzi ho, come Letha, una stanza tutta per me. Se ciò da una parte mi piace, dall'altra, invece, mi spaventa. Non voglio che la solitudine mi faccia annegare nei miei pensieri malinconici, come in questo preciso istante.
Fisso il soffitto senza battere ciglio. Qualcuno, all'improvviso, inizia a bussare alla mia porta. Mi volto a guardarla.

«Chi è?» , grido per farmi sentire.

«Esci fuori, ragazzina. E' ora di pranzo.» Léon. Mi alzo dal letto e mi avvicino alla scrivania per prendere dalla sedia posta accanto ad essa la mia felpa grigia che mi affretto ad indossare insieme alle scarpe prima di andare ad aprire.
Mi ritrovo davanti il fratello di Chris. Ha un sorrisetto sarcastico stampato in volto. «Dormito bene?»

«Abbastanza.»

Ci avviamo verso l'ascensore dell'albergo. Una volta dentro, lui preme il bottone del pianterreno.

«Prevedibile. Non hai dovuto condividere il letto con nessuno.»

«Non ho prenotato io delle camere matrimoniali per voi ragazzi» , gli ricordo.

Sbuffa e incrocia le braccia al petto. «Nico e Sabrina sono due incompetenti.»

«Grazie a loro non stai pagando il tuo soggiorno a Roma.»

Rotea gli occhi. «Avrei preferito starmene a casa.»

«Hai scelto tu di accompagnarmi in questa impresa suicida.»

Sospira. «Scusa, non ho preso sonno quando siamo arrivati e sono un po' nervoso.»

«Scusami tu, ho troppi pensieri per la testa e non riesco a stare tranquilla.»

Mi accarezza un braccio e sollevo il capo per incrociare il suo sguardo. «E' strano essere così gentili l'uno con l'altra. Hai una felpa orribile» , dice, accennando un sorriso.

«I tuoi capelli, stamattina, fanno veramente schifo. Li hai almeno pettinati prima di uscire dalla stanza?» Gli rivolgo a mia volta un sorrisetto strafottente.

L'ascensore si ferma. Un po' più allegri di prima, raggiungiamo la sala da pranzo. Vediamo i nostri amici seduti ad un tavolo in fondo ad essa e corriamo da loro. Léon si posiziona accanto a Mark e io a capotavola, di fronte a Letha, fra lui e Corey. Ordiniamo un primo a testa e iniziamo a chiacchierare per ingannare l'attesa.
Letha è spaventata dal pensiero che qualcuno possa cercare di ucciderci anche qui a Roma. Mark tenta di rassicurarla e suggerisce a tutti di restare in albergo per non farsi vedere in giro in modo da non correre rischi. Thomas sembra d'accordo con lui.

«E Brad? Credete che possa essere in pericolo? Foster conosce la sua identità» , espongo ad alta voce una delle mie tante preoccupazioni.

Corey scuote il capo. «Sarà al sicuro insieme a Chris e a Gabe, ne sono certo.»

Léon concorda con il coinquilino e, con fatica, pronuncia il nome italiano dell'albergo in cui sembra si siano sistemati da poco, per quel che gli ha detto Chris per messaggio, lui e gli altri due ragazzi. «Insomma, credo anche io che lì siano al sicuro. Condividono una camera in tre. Per quale strana ragione le stanze singole spettano unicamente a voi ragazze?»

Seccata, roteo gli occhi. Perché deve essere così monotematico?

«Le ha prenotate Nico. E' un gentleman» , gli risponde Letha.

«E' un gentleman» , la imita lui, infastidito, con voce più acuta del normale.

Iniziano a litigare e sia Thomas che Mark tentano di calmarli.

Corey si massaggia le tempie. «Non vi sopporto più» , commenta.

Una melodia inizia a risuonare per la sala. Un uomo si è messo a suonare il pianoforte posizionato accanto alla cucina del ristorante, da cui entrano ed escono in continuazione camerieri.
Riconosco la canzone. E' A Thousand Years.

Sospiro. «Certe volte, vorrei soltanto chiudere gli occhi e dimenticare ogni problema.» «Fallo» , afferma con serietà. Si toglie le cuffiette e me le mette alle orecchie. Prende il cellulare dalla tasca dei pantaloni per iniziare a cercare su YouTube una canzone che possa piacermi e io resto in silenzio ad osservarlo. Inizio a sentire le prime note di A Thousand Years e, rilassata, chiudo gli occhi. Corey mi parla. Mi dice di immaginarmi in un mondo diverso da questo in cui amo e non soffro. Un mondo in cui Chris non borbotta mai, Adam continua ad essere dolce, Thomas è un principe azzurro e lui e Léon, con le loro vite turbolente che mi hanno portata a rischiare la morte, non ci sono. Un po' per la melodia malinconica e un po' per il pensiero di vivere senza di loro, scoppio a piangere e riapro gli occhi. Mi tuffo fra le braccia di Corey che, sorpreso, inizia ad accarezzarmi i capelli. «Che cosa è successo, amore?»
«Non voglio vivere in un mondo in cui non conosco te e Léon, in un mondo in cui non ci sei tu ad abbracciarmi in momenti come questo.» Sorride e mi lascia un bacio fra i capelli. «Non ne combino mai una giusta» , afferma. «Volevo farti sorridere.»
«Sono stanca di litigare, Corey. Ho bisogno di te» , ammetto.
Mi stringe con più forza. Mi accuccio contro il suo petto. «Anche io» , dice.

Mi volto verso Corey e lo scopro già intento a guardarmi.
Sembriamo avvolti da una bolla. Gli altri, intorno a noi, continuano a discutere. Muovendomi, gli sfioro per sbaglio una mano con la mia. La ritraggo subito, ma lui mi prende le dita sotto il tavolo.
Prima che possa dire qualcosa, il pianista smette di suonare. Torniamo in noi e ci voltiamo a guardarlo. Una bambina gli sta chiedendo qualcosa. Lui annuisce e ricomincia a premere i tasti dello strumento. La piccola sorride e corre di nuovo al suo tavolo. Non conosco questa nuova canzone.

«Fratellone!» Letha si volta verso il suo gemello. Sorride. Sembra essersi dimenticata di Léon e del fatto che, fino a qualche secondo fa, si stessero insultando. «Te la ricordi? La ballavamo con papà.»

Il rosso annuisce. Lei si alza dal suo posto e lo raggiunge. Gli prende le mani e, a forza, lo trascina in pista.

Thomas si solleva di scatto. «Scusate, torno in camera, non mi sento molto bene» , dice.

«Ma non hai mangiato nulla» , gli fa notare, preoccupato, Mark.

«Non importa.»

«Ti faccio mettere il pranzo da parte e te lo porto in stanza, va bene?» , insiste il poliziotto.

Thomas, sorpreso dalla sua gentilezza, gli sorride e lo ringrazia prima di salutarci e di andare via. Agitata, lo inseguo. Salgo le scale con lui invocando il suo nome. Si ferma al primo piano e si volta a guardarmi.

«Che hai?» , gli chiedo.

«Perché stai venendo con me?»

Ricomincia a calpestare i gradini.

«Perché sono preoccupata per te.»

Raggiungiamo il terzo piano, quello in cui si trovano le nostre camere.

«E per Corey no? Strano. Potrebbe infastidirlo il fatto che tu mi abbia seguito, non credi? E se la gelosia lo facesse star male? Tu non vuoi che accada. Non fai altro che proteggerlo. Cerchi di non ferire lui, ma a me ci pensi mai? Sai, nel caso non te ne fossi già accorta da sola, soffro anche io notando i vostri sguardi o il fatto che vi teniate la mano tentando di non farlo capire a nessuno.» Si avvicina a me e io indietreggio, ritrovandomi con le spalle al muro. «Non state più insieme. Smettila di salvaguardarlo. Sei libera di fare ciò che vuoi, di amare chi più desideri. Ricordatelo.» Mi prende una mano e me la porta sul suo torace, all'altezza del cuore. Sussulto. «Lo senti? Batte per te. E, nel silenzio di questo corridoio, io riesco a percepire il tuo pulsare con la stessa intensità del mio. Prima o poi, dovrai scegliere fra me e Corey una volta per tutte e, quando quel momento arriverà, non potrai ignorare questo, ciò che ci accade quando ci stiamo accanto, come hai fatto mentre ero in carcere.»

Lascia le mie dita e si allontana senza più degnarmi di uno sguardo. Mi porto entrambe le mani sul petto e prendo un respiro profondo. Il mio cuore batte velocemente perché mi ha presa alla sprovvista. Sì, è così.

•••

Mi butto un po' d'acqua in faccia prima di guardare il mio riflesso allo specchio.
Ho una missione. Non posso essere debole. Non posso lasciarmi travolgere dai sentimenti. Devo vendicare mia madre e tutte le altre innocenti vittime dell'attentato di cui potrebbe essere responsabile Foster.
Nella mia vita, adesso, non c'è posto per l'amore perché ho il cuore pieno di odio.
Sento il mio cellulare squillare in camera. Corro a prenderlo. E' Gabe. Rispondo e mi tuffo sul letto. Iniziamo a parlare. Mi dice che lui sta bene e Chris anche, ma Brad non tanto. Ha sempre incubi. Pensa a nostra madre e soffre. Mi sento male per lui e un unico pensiero mi sfiora la mente. Devo raggiungerlo. Voglio abbracciarlo. Voglio fargli sapere che non è solo.

•••

Indosso degli occhiali da sole molto spessi e mi copro la testa con il cappuccio nero della felpa. Andrò da mio fratello senza farlo sapere agli altri. Me lo impedirebbero.
Esco dalla stanza e mi chiudo la porta alle spalle.

«Che stai facendo?» Sussulto quando riconosco la voce di Thomas.

Mi volto a guardarlo e impreco mentalmente. Indossa una tuta e ha una lampadina in mano. Si avvicina a me e mi scruta con fare circospetto. Tossisco per schiarirmi la voce. «Nulla» , mento.

«Sai che non hai bisogno di quegli occhiali per girare per i corridoi, vero?»

«E tu ti ricordi che di cognome fai Wilson e non Edison?»

Guarda la sua lampadina e gli sfugge una risata. «Si è fulminata. Volevo chiedere a qualcuno della reception se fosse possibile cambiarla.»

Gli porto un dito sulle labbra. «Non ti ho chiesto spiegazioni. Fa' ciò che devi. Buona serata, Thomas.»

Provo ad andare via, convinta di averlo messo a tacere, ma mi porta una mano su una spalla per bloccarmi. «Che hai in mente, Evie?»

«Non ti riguarda.»

Mi rivolge un'occhiata di sfida. «No? E chi riguarda, allora? Mark? Corey? Léon? Letha? Vuoi che li chiami tutti?»

«Non oseresti.» Si avvia verso la sua stanza. Fa per gridare il nome di Corey, ma lo inseguo e gli porto una mano sulla bocca. «Smettila» , ringhio.

«Che hai in mente?» , ripete.

«Hai sentito anche tu delle voci in corridoio?» Léon.

Impreco e spingo Thomas contro la porta della sua camera. «Apri!»

«Parla.»

Mi mordo con forza il labbro inferiore. Lo detesto. Sento dei passi. Léon sta per uscire in corridoio. «Voglio raggiungere Brad» , cedo.

Thomas armeggia con la serratura. La porta alle nostre spalle si spalanca e cadiamo entrambi a terra. Mi rialzo e la richiudo in fretta e furia.

«Allora?» Riconosco la voce di Corey. Sta urlando a Léon.

«Scherzavo, amico, non c'è nessuno!»

Thomas, alle mie spalle, si alza in piedi. «Mi prendi in giro, vero? Non puoi lasciare l'albergo, è troppo pericoloso. Hai dimenticato ciò che ci è accaduto a Verona?»

«Mio fratello sta male, non posso abbandonarlo.»

«Evie» , mormora.

Con gli occhi lucidi, inizio a fissarlo. «Lasceresti tua sorella nei guai?»

Resta in silenzio. Guarda un attimo il soffitto e poi di nuovo me. «Ti accompagno da lui.»

«No» , ribatto, decisa. «Resta qui. E poi, sai che ti dico? Avverti gli altri, se proprio ci tieni tanto. Non potete legarmi e segregarmi in camera. Sono libera di fare ciò che voglio, che ti piaccia o meno.» Gli sfugge un sorriso. Mi dà ragione e, sorpresa, aggrotto le sopracciglia. «Scherzi?»

Scuote il capo. «Sei libera, è vero, ma lo sono anche io. Non puoi impedirmi di seguirti. Non ti lascerò camminare da sola per la città sapendo che in giro potrebbe esserci un assassino intenzionato ad ucciderti.» Serro i pugni, irritata. «Quindi, che vuoi fare? Raggiungere l'albergo con me al tuo fianco o con me qualche passo dietro di te?»

Sbuffo. «Ti detesto» , sibilo.

Ridacchia e si avvia verso l'armadio. «Sapevo che l'avresti detto e so anche che non è così.» Si sfila la tuta e resta in boxer. Imbarazzata, arrossisco e gli do le spalle mentre inizia ad infilarsi un paio di pantaloni neri. «Puoi girarti. Non c'è nulla che tu non abbia già visto.»

«Thomas!»

Scoppia a ridere. «Sul serio, voltati. Sono pronto.»

Lo ascolto. Carica una pistola e se la nasconde nei pantaloni. «Chi te l'ha data?» , chiedo, sorpresa.

Indossa la sua giacca di pelle. «Nico.» Si avvicina a me e mi tocca schiena per spingermi con delicatezza verso la porta. «Andiamo» , dice.

Lasciamo l'albergo senza incontrare, fortunatamente, nessuno dei nostri amici. Thomas cammina davanti a me. Ha la testa coperta dal cappuccio della sua felpa blu notte. Scende le scale della metro e lo seguo. Saliamo su un treno. Ci sediamo uno di fronte all'altra. Abbassa il capo e lo guardo per un attimo.
Perché ci ritroviamo sempre insieme? Per le circostanze o perché vogliamo sostenerci entrambi a vicenda in ogni occasione? Perché è lui il mio complice perfetto e non Corey? Perché è così e basta o perché ho tenuto il fratello di Letha lontano dai pericoli ogni volta per proteggerlo a tutti i costi? E poi, questo che cosa implica? Che tenga più a Corey e che sia disposta a mettere a rischio la vita di Thomas lasciando che mi aiuti? No, non è così. Corey ha messo fine alla nostra storia proprio perché ho rischiato più volte la pelle per cercare di salvare il mio capo. Mi sento terribilmente confusa.
Thomas solleva lo sguardo e io inizio a fissare una signora a caso seduta un po' distante da me. Chiacchiera con una bambina, che potrebbe tranquillamente essere sua figlia, e sorride.
Il treno si ferma e poi riparte.
Non ho il coraggio di spostare lo sguardo dalla donna al mio accompagnatore.

Alla terza fermata, Thomas si alza in piedi. Lo noto con la coda dell'occhio. Mi accarezza una spalla e mi decido ad osservarlo. «Dobbiamo scendere» , mi avverte.

Annuisco. Lo seguo fuori dalla metro in silenzio. Raggiungiamo l'albergo di cui aveva parlato Léon a pranzo e, sapendo l'italiano, mi avvicino alla receptionist per chiederle di Brad, Chris e Gabe.
Telefona alla loro stanza. Spiega a non so chi dei tre che hanno visite. Chiude la chiamata e mi sorride. Mi comunica il numero della camera e mi affretto a raggiungerla con Thomas.
Ci apre Gabe. Allegra, mi tuffo fra le sue braccia e poi, mentre saluta il mio accompagnatore, corro a stringere anche Chris e mio fratello. Mi sorridono entrambi. La loro stanza è totalmente in disordine. Ci sono scarpe sparse qua e là sul pavimento e valige aperte sui letti singoli.

«E' bello vedervi, ma non si era deciso di restare ognuno nella propria stanza?»

«Chris, goditi il momento» , mi limito a dire.

«E' vero, ormai sono qui. Sediamoci. Abbiamo molto da raccontarci» , afferma Gabe.

Si chiude la porta alle spalle e ci accomodiamo sui tre letti, Thomas accanto a mio cugino e io fra Chris e mio fratello. In silenzio, li ascolto mentre parlano della Puglia.

«Dobbiamo tornarci insieme» , mi dice Brad.

«Voglio venire con voi. Abbiamo mangiato così bene lì, cuginetta.»

«E tanto» , precisa Chris. «Antipasti, primi, secondi, contorni su contorni» , inizia a fare un elenco.

Qualcuno bussa alla porta. Confusi, ci voltiamo tutti a guardarla. «Chi è?» , domando.

«Servizio in camera.»

Mi alzo per andare ad aprire, ma Brad mi raggiunge e mi spinge dietro di lui. «Che c'è?» , chiedo, confusa.

Si volta a guardare gli altri ragazzi. Chris si avvicina a noi e anche Gabe si alza. «Non abbiamo ordinato nulla» , mi risponde.
La maniglia inizia ad alzarsi e ad abbassarsi ripetutamente. Thomas corre verso di me e Brad mi spinge fra le sue braccia. Gabe ci affianca. «Chiudetevi in bagno» , ci ordina mio fratello.

Protesto, ma i due ragazzi, più forti di me, riescono a trascinarmi nella stanza. Poi, un tonfo e uno sparo. Rabbrividisco. Mi avvento contro la maniglia.

«Ragazzi!» , grido. Gabe mi circonda la vita con le braccia e mi tira indietro. Mi divincolo dalla sua presa e torno in camera.
Due uomini stanno lottando contro Chris e Brad. Il poliziotto colpisce il suo avversario alla testa con una lampada e lo fa cadere a terra tramortito. Il suo complice sta cercando di strangolare Brad con il filo del telefono. Salto sulla sua schiena e inizio a schiaffeggiarlo.
«Lascia andare mio fratello!»

Chris viene ad aiutarmi. L'uomo mi scaccia via come se fossi un fastidioso moscerino e cado a terra.

«Evie! Attenta!» , mi urla mio cugino.

Mi volto di scatto. L'avversario di Chris si rialza da terra. Prende una pistola dalla tasca dei pantaloni e me la punta contro. Un proiettile fende l'aria.
L'arma cade ai miei piedi. Il criminale, con il braccio sanguinante, si volta a guardare Thomas. Grugnisce e corre verso di me. Mi colpisce con una spallata e raggiunge la finestra. Si tuffa fuori.

Gabe, sorpreso, corre ad affacciarsi. «E' salvo!» , ci avverte, incredulo, dopo un po'. «E' sceso aggrappandosi ad uno degli stendardi dell'albergo!»

Il suo complice colpisce Brad al volto con un pugno e lo fa cadere sul letto. Dà una ginocchiata a Chris sul bassoventre e il poliziotto si piega in due per il dolore. Gabe fa per correre ad aiutarli, ma Thomas lo precede. Lui e l'omone iniziano a lottare. Prendo la pistola. Mi tremano le dita. Il delinquente spacca il labbro inferiore al mio datore di lavoro con un pugno, ma lui gli tira una testata e lo fa accasciare al suolo con il capo fra le mani.

«Aiuto!»

Mi volto a guardare la porta. Una cameriera sta gridando. Mi nascondo la pistola nella giacca. E' tutto finito?

•••

Mark è venuto qui in albergo. Lui e Chris, adesso, stanno parlando con la polizia. Gabe e Brad attendono novità in camera mentre io, in bagno, cerco di medicare Thomas.

«Se non fossi intervenuto, saresti morta. Perché non riesci mai a startene un po' tranquilla?»
Premo con forza l'ovatta imbevuta di disinfettante sul suo labbro ferito e lui strizza gli occhi e mugugna per il dolore. «Smettila» , ringhia.

«Ti sto medicando.»

«Ti stai vendicando perché non sopporti il fatto che io ti faccia notare quanto ti venga facile comportarti in modo incosciente.»
Riduco gli occhi a due piccole fessure e gli strofino di nuovo il batuffolo sulla bocca. Irritato, me lo strappa via dalle mani e lo getta sul bordo del lavandino. Mi schiaccia contro la parete e fa intrecciare le nostre dita. «Credi che mi piaccia rimproverarti?»

Non smetto nemmeno per un attimo di guardarlo negli occhi. Sto trattenendo il fiato. «Sì» , gli rispondo. «Ami tenere tutto sotto controllo e provi un piacere perverso nel mettermi in riga perché quasi nessuno riesce a farlo. A dirla tutta, adori anche il fatto di essere il mio datore di lavoro e di avere, per questo motivo, un certo potere su di me.»

«Non è vero» , sussurra, abbassando per un attimo lo sguardo.

«Vuoi sentirmi tua e sfrutti la tua posizione per farlo. Ti ricordi la volta in cui hai tentato di tenermi in negozio dopo la fine del mio turno per farmi leggere alcune carte? Volevi soltanto che stessi insieme a te.»

Abbassa per un attimo il capo e noto che gli sfugge un sorriso. «Tu, invece, ti diverti a far perdere il senno alla gente, ma a me in modo particolare perché riesco a tenerti testa e ti piace da morire il fatto che io sia il tuo capo e che con te abbia polso perché sei una mina vagante, ti crei le tue regole, non segui quelle degli altri e ti eccita il fatto che esista qualcuno in grado di placarti e di scombinare le tue carte.»

Mi tremano le gambe. «Odioso megalomane» , ringhio, infastidita dalle sue affermazioni che, però, non riesco a negare.

«Stronzetta eversiva» , sussurra.

Si spinge verso di me. Percepisco il rigonfiamento nei suoi pantaloni e arrossisco.

«Ragazzi! Chris e Mark sono tornati!» , ci urla mio cugino.

Mi libero dalla presa di Thomas e, sistemandomi i capelli, corro fuori dalla stanza. Riprendo fiato. Sento le guance andare a fuoco.

«La polizia cercherà di capire come mai quei criminali si siano finti camerieri della struttura per arrivare proprio qui dai ragazzi» , mi informa Mark.
Chris mi rivolge un'occhiata confusa. Squadra anche Thomas appena tornato dal bagno. In imbarazzo, abbasso la testa.
«Raggiungiamo gli altri. Il proprietario di questo albergo, fortunatamente, gestisce anche quello in cui ci sono le nostre stanze. Ne troverà una anche per Chris, Brad e Gabriel. Dormiremo tutti lì stanotte. E' meglio restare uniti» , aggiunge subito dopo.

•••

Il treno è quasi deserto. Thomas, seduto distante da me, Brad e Gabe, chiacchiera con Chris e Mark. Mi rivolge un'occhiata fugace e io distolgo in fretta lo sguardo.

«Smettetela.» Confusa, mi volto verso mio fratello. «Di osservarvi in quel modo. Percepisco la tensione sessuale fra voi due ed è imbarazzante» , si spiega meglio.

Gli do un colpetto sul braccio. «Basta. Non dirlo mai più. Io ho scelto Corey.»

«Non state più insieme» , si intromette nella conversazione mio cugino.

«Ho scelto Corey» , ripeto.

«Tutto cambia; le persone, i sentimenti, le esigenze. Non sentirti in colpa per ciò che stai provando adesso.»

«Brad ha ragione» , lo asseconda Gabe. Mi porta entrambe le mani sulle spalle e mi bacia una guancia. «E, comunque vada, noi ti sosterremo sempre. Giusto?»

«Giusto, Gabriel.»

Mi mordo il labbro inferiore. Ho un groppo in gola. Non dico nulla, ma rivolgo ad entrambi un sorriso di gratitudine.

•••

Si è fatto tardi. Indosso il pigiama e mi avvio verso il letto. Faccio per infilarmi sotto le coperte, ma mi fermo quando sento qualcuno bussare alla porta. Vado ad aprire e sussulto quando mi ritrovo davanti Corey.

«Ti serve qualcosa?» , domando, agitata.

Si gratta la nuca. «Una compressa. Ho mal di testa. Posso entrare?»

«Sì, certo» , balbetto, spiazzata.

Gli faccio spazio per farlo passare e poi chiudo la porta. Mi avvicino alla scrivania per iniziare a cercare in borsa l'astuccio in cui metto di solito le medicine.

«Perché hai lasciato l'albergo con Thomas?» Mi blocco sul posto. Il cuore inizia a battermi forte. Ruoto il capo per guardarlo. Si tortura le mani a testa bassa. «Avete scoperto di Roma insieme. Fate sempre tutto insieme e io ho paura perché sento che ti sto perdendo. Fra noi si è rotto qualcosa, ma il vostro legame, invece, sembra inscindibile. E fa male. Mi ero allontanato da te perché mi terrorizzava l'idea di poter provare il dolore che sto sentendo in questo preciso istante.»

«Corey» , mormoro. Si avvicina al materasso e ci si siede sopra. Si copre gli occhi con i palmi delle mani e si porta le dita fra i capelli. A pezzi, lo raggiungo. Non voglio che soffra. «Io» , sussurro. «Non ci sto capendo più nulla. Mi sento smarrita. Ho perso mia madre e te. Si è rotto qualcosa fra noi due, è vero, e questo mi destabilizza, come mi ha destabilizzata il tuo improvviso allontanamento, perché, fino ad ora, sei stato il mio punto di riferimento, l'unica persona in grado di farmi stare bene sempre. Non so cosa provo per Thomas, lo ammetto, ma non so più nemmeno che cosa provo per te perché ti sento distante, mentre con lui, invece, nulla, rispetto a prima, mi sembra cambiato. C'era, c'è sempre stato. Sto male. Sono confusa, ma so che non voglio perderti.»

Mi prende una mano. Mi trema la voce. Ci guardiamo e noto che ha gli occhi lucidi. «Neanche io voglio perderti.»

Mi abbraccia e io serro le dita intorno al tessuto grigio della sua maglietta. Ci stringiamo come se ciò potesse servirci a colmare la distanza venutasi a creare negli ultimi tempi. Ci lasciamo cadere sul letto. Gattono per nascondermi sotto le coperte e gli rivolgo un'occhiata. Si toglie le scarpe e mi raggiunge. Posa la testa sul cuscino e io sul suo petto. Gli bagno la maglia con le lacrime.

«Resta con me» , mormoro.

«Sì e tu non andartene.»

Ci addormentiamo abbracciati.

•••

Letha è venuta a svegliarci. E' stata felice di trovare suo fratello in camera mia. Corey non ha detto nulla riguardo a ieri sera. Mi ha dato un bacio sulla fronte e ha lasciato la stanza. Mi sono preparata, ho fatto colazione con tutti e, adesso, stiamo girando la città.
Raggiungiamo l'indirizzo scritto da mia madre al professore. Foster potrebbe essere nel palazzo a pochi passi da me. Tremo per l'agitazione.

«La polizia non può entrare in un appartamento senza un mandato» , afferma Mark, visibilmente preoccupato.

«Mark» , mormora Chris, intenzionato, sicuramente, a tranquillizzarlo.

«Resteremo qui fuori a sorvegliare la zona, Christopher.»

«Ma ci lascerete ugualmente fare irruzione in casa di Foster, vero?» , domanda Léon, confuso.

«Sì» , gli risponde il biondo. «Vista la situazione, chiuderemo un occhio.»

«Trovatelo e portatecelo. Lo fermeremo, lo interrogheremo e scopriremo la verità sulla festa» , aggiunge Chris.

Annuiamo e, cercando di non dare troppo nell'occhio, ci avviciniamo al palazzo. Tossisco per schiarirmi la voce e poi citofono a più persone per farmi aprire. «Chi è?» , gracchia un uomo.

«Posta» , mi limito a rispondergli. Apre.

Tratteniamo a stento l'euforia. Entriamo e ci fermiamo nell'androne. «Non possiamo salire tutti» , fa notare Corey.

«Gabe, resta qui a controllare la situazione con Thomas e Léon» , ordina Letha. I tre fanno per protestare, ma lei, prontamente, li zittisce. «Sul serio? Volete mettervi a litigare adesso?»

«A qualche piano da noi, potrebbe esserci un pericoloso assassino» , le ricorda Thomas.

«E qui con me ci sono tre dei nostri migliori agenti. Ce la caveremo.»

Sorrido per il complimento. Gabe sbuffa e cede. Léon e il mio capo, dopo un po', fanno lo stesso.
In silenzio, io e gli altri iniziamo a salire le scale. Guardiamo i nomi incisi su targhe d'ottone appese ad ogni porta. Raggiungiamo l'ultimo piano del palazzo. Individuo una semplice 'F.' su un'etichetta.
Corey si avvicina alla porta. Ci appoggia contro l'orecchio. Dopo un po', si gira a guardarci.

«Non sento nulla. Non c'è nessuno qui dentro» , ci avverte. «Secondo voi, è qui che abita? Non possiamo introdurci in un appartamento a caso. Quella lettera potrebbe stare ad indicare tutto e niente» , ci fa notare subito dopo.

Letha lo scosta con un braccio per avvicinarsi alla serratura. «Non abbiamo altre piste. Continuiamo a seguire questa.» Si sfila dai capelli una forcina e inizia a piegarla.

Brad si avvicina alle scale. Guarda in basso per assicurarsi che nessuno ci raggiunga. Fortunatamente, nel palazzo non c'è l'ascensore. Fortunatamente per noi, un po' meno per i suoi inquilini.
Dopo un po' di lavoro, Letha riesce a forzare la serratura. Entriamo in casa e ci chiudiamo la porta alle spalle. Corey e Brad camminano con le loro pistole in mano. Esaminiamo ogni stanza. Non c'è davvero nessuno in questo appartamento. Letha entra in soggiorno e io la seguo. Corey e Brad ci raggiungono dopo un po'. Su un tavolino di legno c'è un posacenere, su cui è inciso il nome 'Foster', con dentro un mozzicone di sigaretta. Noto anche un bicchiere pieno di un liquido trasparente abbandonato sul televisore.

«Ci abitano ancora qui» , dà voce ai miei pensieri il rosso. «Anzi, Foster ci abita» , precisa.

«Dobbiamo andarcene prima che torni. Ci nasconderemo e lo aspetteremo giù» , espone la sua idea mio fratello.

«Chi ti assicura che ritornerà a casa?» , gli chiede Letha. «Te lo ricordi l'uomo che ti ha attaccato ieri sera? Quello che è riuscito a scappare dall'albergo e che la polizia sta ancora cercando. E se fosse un suo complice? Se lo avesse avvertito del nostro arrivo a Roma per dargli modo di scappare?»

«Non ci resta che chiedere di lui in giro. Lo troveremo.» Ci voltiamo, confusi, tutti a guardare Corey. Ci mostra una pila di scontrini con il dito. «Sembra sia cliente affezionato di un bar. Piper» , legge.

•••

Il bar Piper è un po' piccolo. Al suo interno non ci sono clienti. Entro con Chris e Mark. Il primo ordina un caffè e un ragazzo, che potrebbe avere un paio d'anni in meno di me, intento a lasciare delle bustine di zucchero su un tavolo, si pulisce le mani con uno strofinaccio e si avvicina alla macchinetta per prepararglielo.
Mark mi rivolge un'occhiata. Annuisco. Chris gli mormora un 'vai'.

«Sai dove possiamo trovare Foster?»

Al cameriere cade la moka dalle mani. Si affretta a raccoglierla. A Mark sfugge un sorrisetto soddisfatto.

«No, non lo conosco.»

«Sicuro? Non mi hai nemmeno dato modo di comunicarti il suo cognome.»

«Non conosco nessun Foster» , ribatte lui, infastidito. «Chi siete?» , ci domanda poi, voltandosi.

Chris gli mostra il distintivo e Mark fa lo stesso. «Polizia» , gli rispondono, quasi all'unisono.

Il giovane sbianca. Si sistema meglio gli occhiali dalla montatura spessa sul volto e si passa una mano fra i capelli castani.

«Come ti chiami?» , gli chiede Mark.

«Lorenzo» , balbetta lui.

«Bene, Lorenzo, cerca di fare uno sforzo. Foster è un tuo cliente abituale. Sai dove possiamo trovarlo? Non sembra essere a casa sua al momento. E' un tuo amico? Stai cercando di coprirlo?»

«No» , si affretta a spiegare lui. «Non abbiamo alcun rapporto.»

«E' una persona pericolosa, aiutaci a trovarlo» , mi inserisco nella conversazione.

Chris, non riuscendo a parlare bene l'italiano, invece, fa silenzio.

«Io» , mormora il cameriere. «Se collaborassi con voi, non accadrebbe nulla di brutto alla mia famiglia, vero? Minaccia mio padre. Gli ha prestato dei soldi in passato per permettergli di aprire questo bar e adesso li rivuole indietro con gli interessi.»

«No, starete bene, ve lo prometto» , gli rispondo.

Deglutisce e poi ci dà le spalle. Scrive qualcosa su un pezzo di carta che mi porge. «Si nasconde in una fabbrica abbandonata. E' lì che papà gli porta il denaro ogni mese. Vi ho segnato l'indirizzo per trovarla su quel foglio.»

•••

A pochi passi dalla fabbrica, Mark ci chiede di fermarci. «Ci sta raggiungendo la polizia. Il criminale scappato ieri è stato arrestato e ha confessato di essere stato mandato a uccidere Chris, Brad e Gabe proprio da Foster. Ho detto agli agenti che lo stiamo cercando anche noi perché potrebbe aver compiuto una strage. Ci aiuteranno a catturarlo.»

Decidiamo, quindi, di aspettare la polizia per intervenire e di sorvegliare però, in attesa, con dei turni di guardia, la struttura.
Resto sola con Léon.
Guardo l'interno della fabbrica deserta. L'assassino di mia madre potrebbe essere a pochi passi da me. La rabbia mi assale. Mi rendo conto di avere ancora dentro la giacca la pistola caduta ad uno dei due criminali in albergo ieri. Non posso lasciare Foster alla polizia. Spetta a me fermarlo. Prendo in mano l'arma e la punto contro Léon.

Lui, sorpreso, sussulta. «Che stai facendo?» , mi domanda, sbigottito. E' diventato pallido.

«Butta a terra la tua pistola e metti le mani sopra la testa.»

«Evie, che stai facendo?»

Mi tremano le dita. Mia madre è morta. E' morta e il probabile responsabile del suo decesso potrebbe essere molto vicino a me.

«Butta la pistola!» , gli grido con le lacrime agli occhi. «Mamma non c'è più. Non c'è più perché, forse, Foster ha assoldato qualcuno per eliminare noi, i responsabili dell'arresto dei suoi complici, ma ha colpito lei e altri innocenti. E' colpa mia? E' colpa tua? E' colpa dei nostri amici? Perché è successo tutto questo? E' partito tutto dall'arresto di Ares. Dovrei puntarmi questa pistola contro? Sono responsabile della morte di mia madre?» Mi premo la canna dell'arma contro il torace. Léon mi grida di fermarmi. Tremo senza mai smettere di singhiozzare. «Non volevo che accadesse tutto questo.» Il fratello di Chris prova a fare un passo verso di me, ma gli punto la pistola contro. «Non sono cattiva. Non farei mai del male a nessuno, ma Foster sì. Forse non è il mandante della strage, ma è stato causa delle sofferenze di mio fratello. Devo trovarlo. Devo trovarlo io. Non voglio aspettare la polizia e tu non mi impedirai di entrare nella fabbrica. Butta la tua pistola!» , gli urlo di nuovo.

Trema. «Evie» , mormora. «Sei una delle persone migliori che io conosca. Non faresti del male nemmeno ad una mosca. Getta la pistola. Non entrare in quell'edificio. Non vuoi realmente uccidere Foster. Non andare a cercarlo. Non sparargli. Non riusciresti a perdonartelo e io non voglio vederti soffrire, diamine!»

Mi tremano le gambe. Non riesco a trattenere i singhiozzi. «Non voglio uccidere nessuno. Voglio soltanto indietro mia madre e giustizia per tutti coloro che hanno sofferto ingiustamente a causa di persone orribili.»

Scoppio a piangere. Léon corre verso di me. Mi stringe fra le braccia e lascio cadere a terra la pistola. Affonda le dita nei miei capelli e mi avvicina ulteriormente al suo torace. Grido, singhiozzo e gli stringo con forza la maglietta. Indietreggio. Mi cedono le gambe. Cado a terra e lui in ginocchio insieme a me. Non mi lascia nemmeno per un istante.

«Evie!» Con la vista offuscata dalle lacrime, scorgo Thomas e Corey correre verso di noi con i nostri amici e dei poliziotti al seguito.

Mentre i due si fermano accanto a me e a Léon, gli agenti entrano nell'edificio abbandonato. Mark, Chris, Letha e gli altri si bloccano poco distanti da noi.
Corey mi appoggia una mano sulla testa.

«Evie? Che cosa è successo?» , domanda Thomas a Léon, non ricevendo risposte da me, con fare apprensivo.

«Nulla. Ha soltanto bisogno di sfogarsi un po'.»

Cerco di prendere dei respiri profondi. Appoggio il mento sulla spalla di Léon e mi soffermo a guardare la fabbrica.

•••

Mark viene verso di noi. Percorre il corridoio del commissariato romano a testa alta. Mi allontano dalla parete e anche i miei amici, in attesa di notizie, alla sua vista sembrano risvegliarsi. Ci raggiunge. Stiamo trattenendo tutti il fiato. Si schiarisce la voce con un colpo di tosse. Non sa bene come iniziare.

«Foster ha confessato di essere il mandante della strage, oltre che complice di Ares e Pierce. E' finita. Finalmente, è finita.»

Chris e Léon si abbracciano. Diversamente da loro, non riesco ad esultare perché ho un vuoto dentro, ma sono felice perché sono stati presi tutti.
Guardo Corey e Letha. Hanno gli occhi lucidi. Foster verrà sbattuto in galera, ma nessuno ci restituirà i nostri genitori e so che è a questo che, come me, stanno pensando in questo momento.

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Salve!
Dopo 45 capitoli, 'F.' è stato catturato, ma non è finita qui. Mancano 5 parti alla conclusione. Fatemi sapere se la storia vi piace, mi raccomando!
Grazie a tutti coloro che stanno continuando a seguirla.
Alla prossima!

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