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44 - Rome

Gabe mi risponde dopo pochi squilli. «Cugina, sai che è notte anche qui da noi in Puglia, vero?»

«E' probabile che Foster si stia nascondendo a Roma» , lo informo senza troppi giri di parole.

«Potremmo prendere questo treno domani dopo lo spettacolo, che ne dici?» Thomas, seduto a terra a pochi passi da me, passa il suo cellulare a Mark, che inizia a guardare il display e ad annuire.

Letha, sbadigliando, continua ad infilare vestiti nella sua valigia.

«Stai scherzando, vero?» , continua a fare domande, con voce roca, mio cugino dall'altro capo del telefono.

«Ho sonno, andate tutti a dormire!» , cerca di zittirci Léon, infastidito dai nostri movimenti.

«Sistemati sul divano e lasciaci lavorare» , lo rimprovera Corey, intento ad infilare una maglietta nel suo borsone.

«No, Gabe, sono seria. Mamma ha scritto in un libro di aver comprato un appartamento lì con quel criminale» , dico, coprendomi un orecchio con il palmo della mano nel tentativo di riuscire a concentrarmi meglio sulla conversazione e di ignorare il vociare degli altri miei compagni di avventura.

«Non condividerò mai più una stanza con voi cinque» , si lamenta, ancora, il fratello di Chris, nascondendo la testa sotto al cuscino.

«Brad!» , grida, improvvisamente, Gabe. Lo maledico mentalmente e mi allontano il cellulare dal volto. «Brad! Vieni qui a parlare con Evie! Ci sono novità su Foster!»

A telefono cala il silenzio. In stanza, invece, tutti continuano a parlare fra loro.

«Evie?» Riconosco la voce di mio fratello e sorrido.
Gli parlo della scoperta di poco fa e di quanto, secondo me, sia urgente avvertire Dave per farci mandare dei rinforzi a Roma, arrivati a questo punto. Brad, inizialmente scettico, dopo un po' si convince e mi dà ragione. Abbiamo bisogno di tutto l'aiuto possibile per catturare Foster. «Ci penso io» , mi dice, prima di chiudere la telefonata.

Stanca, lascio cadere il cellulare sul mio letto e invito tutti ad andare a dormire perché non ha senso preparare i bagagli adesso, in piena notte, se prenderemo davvero un treno, per quel che ho capito dalle parole di Mark e Thomas, in tarda serata e avremo tutta la giornata libera per farlo. Corey fa per protestare, ma Léon, stanco, si solleva sui gomiti, afferra il cubo di Rubik lasciato da Letha sul pavimento e lo scaglia contro la parete. Colpisce l'interruttore della luce che si spegne lasciandoci tutti, sorpresi, al buio.

«Ascoltate la ragazzina e dormite» , ringhia.

Divertita, sorridendo, mi allungo sul mio materasso e chiudo gli occhi.

«Idiota» , lo apostrofa la gemella di Corey.

«Va bene, buonanotte a tutti» , cede anche Thomas.

•••

Apro gli occhi. La luce filtra dalla finestra della camera e illumina il volto di Mark, ma lui, profondamente addormentato, non sembra nemmeno accorgersene. Thomas, a pancia in giù, abbraccia il suo cuscino e Corey, invece, se ne sta disteso su un fianco a sonnecchiare, come Letha e Léon, che dà le spalle a tutti.
Provo a riprendere sonno, ma non ci riesco. Sbuffo e inizio a guardare il soffitto. Allungo una mano, dopo un po', per afferrare il mio cellulare, abbandonato sul comodino accanto a quello degli altri, e noto che sono le nove del mattino. Non ho ricevuto messaggi da mio fratello, da Chris e neppure da Gabe o dal resto dei miei amici rimasti al quartier generale.
Serro nuovamente le palpebre. Mi rigiro nel letto. Non trovo pace. Il mio cellulare, dopo non so quanto tempo, prende a squillare. Tutti iniziano a protestare. Lo afferro e corro fuori dalla stanza per rispondere. Sono ormai le dieci.

«Brad? Hai parlato con Dave?»

«Se sopravvivremo a Roma, non parteciperemo per un bel po' di tempo alle spedizioni con gli altri agenti perché è arrabbiato con noi, ma ci manderà ugualmente dei rinforzi nella Città Eterna. Foster ha le ore contate.» Mi viene spontaneo sorridere. Una buona notizia, finalmente. «Comunque, il capo sapeva già di Verona. Dopo la nostra scomparsa, ha spinto Adam e Chase a dirgli dove fossimo finiti tutti.»

«Non ci credo» , mormoro. «Non hanno mantenuto il segreto?»

«Conosco Dave, sorellina. Potrebbe averli indotti a dire la verità con qualche stratagemma. E' molto furbo. In ogni caso, non importa. Non è intervenuto fino ad ora perché, in fondo, si fida di noi e il fatto che ci sia un poliziotto ad aiutarci lo rassicura.»

«Sa anche di Mark?» , chiedo, sempre più sorpresa.

«Sa tutto.»

Sospiro. Non importa, Brad ha ragione.  Conta soltanto il fatto che Dave abbia deciso di aiutarci.
Saluto mio fratello, un po' rasserenata, e chiudo la telefonata. Torno in camera e mi tuffo sul letto. Ho ancora un po' di tempo per dormire prima che suoni la sveglia.

•••

Ormai, è pomeriggio inoltrato.
Letha si sta preparando per lo spettacolo e ha preso possesso del bagno da tempo indeterminato.
Léon, adirato, bussa per l'ennesima volta alla porta per convincerla ad uscire. «Sbrigati, Letha! Devo fare pipì!»

Mi sfugge una risata. Corey e Thomas, divertiti, controllano la situazione dalla camera da letto.

«Scavati una fossa in giardino» , sento rispondere alla rossa.

Sfugge un sorrisetto anche a Mark, intento a sfogliare una rivista sul divano.
Scuoto il capo, sconsolata, e torno a fissare il messaggio di mia madre indirizzato al professore. Ho deciso di restituire il libro ad Ippolito allo spettacolo di stasera e di scrivere per lui, sotto alle parole di mamma, una dedica per ringraziarlo della sua gentilezza e disponibilità di questi giorni.

«Giardino? Fai sul serio? E' già tanto se abbiamo una camera» , ricorda Léon alla sorella di Corey.

«In tal caso, falla in uno dei vasi che il proprietario dell'appartamento ha lasciato sul balcone della cucina.»

Corey e Thomas scoppiano a ridere e Léon, infuriato, li fulmina con lo sguardo. Mark li ignora e io faccio lo stesso. Provo a scrivere qualcosa sul foglio, ma la mia penna sembra essere scarica. Sbuffo.

«Mark hai una biro?»

Lui sembra pensarci un po'. «Dovrei averne lasciata una sulla scrivania in camera.»

Mi sistemo la coperta rossa di pile sulle spalle e mi alzo per andare a controllare. Sorpasso Corey e Thomas, intenti a prendere in giro Léon, e raggiungo la scrivania su cui si trova la penna accanto alla mia borsa. Per prenderla, urto con un gomito la tracolla e la faccio cadere a terra. Mi inginocchio per raccoglierla e mi accorgo del fatto che un microscopico chip scuro è stato incollato alla rientranza che si trova sul lato destro della borsetta. Sussulto e, spaventata, lo stacco per portarmelo su un dito. Lo analizzo e grido i nomi dei miei amici quando mi rendo conto di avere in mano un localizzatore. Chi lo ha messo lì? E' grazie a questo che i due delinquenti hanno raggiunto il nostro vecchio appartamento?

«Evie, che succede?» Thomas, sbigottito, mi fissa.

Lo stesso fanno Mark e Corey accanto a lui. Letha, allarmata, ci raggiunge con i capelli bagnati e soltanto un accappatoio azzurro addosso.
Sento la porta del bagno sbattere. Léon, probabilmente, ha approfittato della situazione.
La rossa torna in soggiorno per avventarsi contro la superficie in legno chiusa prontamente a chiave dal fratello di Chris.

«Apri!»

Ignoro la loro litigata per mostrare agli altri tre il chip piccolo, scuro e tondo. Corey riduce gli occhi a due piccole fessure.

«E' un localizzatore» , dico, prima di distruggerlo schiacciandolo fra il pollice e l'indice.

«Dove lo hai trovato?» , mi chiede, sconvolto, Mark.

Tremando, vado a sedermi sul letto. «Attaccato alla mia borsa.»

«Chi può avercelo messo?» , si domanda Thomas ad alta voce.

«Non lo so» , mormoro, portandomi la testa fra le mani.

Da quanto era lì? Da giorni? Se lo avessi notato prima, io e Thomas non avremmo rischiato di morire? Ho messo in pericolo la mia vita e quella degli altri perché non mi sono accorta del fatto che fosse attaccato alla mia borsa? Sono stata davvero così poco attenta?
I tre ragazzi, preoccupati, si avvicinano a me.

Corey mi accarezza una spalla. «Ormai, ciò che è stato è stato, non serve piangersi addosso. L'importante è aver distrutto quel chip. Lasceremo l'appartamento fra poco e la città fra qualche ora. Nessuno ci troverà, da adesso in poi. Andremo a Roma, cattureremo Foster e tutto finirà per il meglio» , dice, spostando le dita sulla mia schiena, forse più per convincere se stesso che me.

•••

Il teatro è quasi deserto. All'inizio dell'Aida manca ancora un po'.
Mi guardo intorno e fra le persone, vestite eleganti per l'occasione come me e i miei amici, non vedo ancora il professore.
Un brivido mi attraversa la schiena. Mi torna in mente il localizzatore. Per quanto tempo è stato attaccato alla mia borsa? E' possibile che qualcuno ci abbia seguiti fino a casa di Ippolito ieri? E se Foster avesse mandato alcuni suoi complici a fargli del male per non farci rivelare informazioni sul suo conto? Il solo pensiero mi terrorizza.

«Sembro un pinguino. Non mi piace lo smoking» , si lamenta Léon, a pochi passi da me, osservando il suo riflesso in una vetrata.

Mi volto verso di lui e incrocio lo sguardo di Thomas che mi sorride in modo incoraggiante.

«Quanto manca ancora? Voglio andare a sedermi» , piagnucola Corey.

«Non molto» , gli risponde Mark.

Torno a fissare l'ingresso. Del professore non c'è nemmeno l'ombra. Mi allontano, senza dire nulla, dal mio gruppo per raggiungere la biglietteria. Chiedo alla ragazza dietro al bancone del professore e sorride. Lo conosce, ma ancora non l'ha visto arrivare, anche se, di solito, si presenta sempre con largo anticipo ad ogni rappresentazione. La ringrazio per l'informazione e, sempre più agitata, torno dai miei amici. Prima che possa dire qualcosa, le porte del teatro si spalancano. La gente inizia a spostarsi verso l'interno della struttura.

«Finalmente!» , sento dire a Corey, visibilmente esasperato.

Fa per allontanarsi, ma si ferma quando Thomas mi fa una domanda. «Perché hai quell'espressione turbata, Evie?»

Deglutisco. Parlo a tutti del fatto che credo che il professore possa essere in pericolo. Restano in silenzio.

«Corriamo a casa sua» , ci invita a sbrigarci, dopo un po', Léon.

Raggiungiamo l'esterno dell'edificio e chiamiamo dei taxi. Arriviamo a casa di Ippolito in poco tempo. Mi reggo con una mano il lungo abito rosso mentre corro dietro ai ragazzi con Letha per salire le scale che separano la strada dal portone di casa del professore. Quando lo raggiungiamo, lo troviamo socchiuso. Il cuore inizia a battermi forte nel petto. Entriamo e corriamo per raggiungere l'appartamento del professore. Suono il campanello più volte, ma nessuno viene ad aprirci. Dopo un po', la testa di una donna fa capolino dalla porta socchiusa dell'abitazione accanto a quella dell'uomo.

«Chi siete? Chi state cercando?»

«Il professor Ippolito» , rispondo, presa dal panico.

Avvolge con più cura il suo corpo in una spessa vestaglia grigia. «Non c'è» , afferma, dura.

«Dove possiamo trovarlo? Lo aspettavamo a teatro. Non si è presentato all'appuntamento. Sa per caso se ha deciso all'ultimo minuto di lasciare la città? So che viaggia molto.»

Lei, forse impietosita dal mio stato, sospira. «L'ha portato via un'ambulanza poco fa, signorina. Non so che cosa gli sia accaduto.»

Indietreggio, terrorizzata, premendomi una mano sul petto e Corey mi afferra per le spalle prima che possa cadere giù dalle scale. «Grazie» , mormoro, atterrita.

Lei annuisce e chiude la porta.

«Lo hanno aggredito davvero?» , domanda Letha, intuendo, sicuramente, già la risposta.

«Andiamo in ospedale» , propone Thomas.

Torniamo in strada, quindi, e chiamiamo nuovamente dei taxi. Raggiungiamo la struttura ospedaliera e, una volta dentro, allarmati, domandiamo ad un'infermiera del professore. Ci congeda dicendo di non sapere nulla sul suo conto.

«Evie! Ragazzi!»

Mi volto verso il corridoio. Scorgo Agata. Affannata, corre verso di me e io le vado incontro.

«Agata, che cosa è successo al professore?»

«Qualcuno ha tentato di ucciderlo. Stavo scendendo di casa e ho sentito, mentre ero nel pianerottolo, dei rumori provenire dal suo appartamento. Ho suonato più volte il campanello e, non vedendolo arrivare ad aprirmi, ho iniziato ad urlare il suo nome. Ho chiesto aiuto al marito della nostra vicina di casa per sfondare la porta dell'abitazione. Sono corsa dentro e ho trovato il professore disteso a terra. La finestra del soggiorno era spalancata. Il vento faceva volare le tende. Qualcuno lo ha colpito alla testa usando il suo bastone. Qualcuno che è scappato, probabilmente, sentendo la mia voce. Ho chiamato subito i soccorsi. Ippolito è salvo per miracolo. Adesso, sta riposando nella sua stanza.» Abbraccio la donna. Trattengo a stento le lacrime. «Troveranno il colpevole di tutto ciò e lo arresteranno. Si è graffiato con una scheggia di legno della libreria. La polizia analizzerà il suo sangue.»

I miei amici si avvicinano a noi. Spiego loro la situazione e poi lascio ad Agata il libro per il professore. «Dallo a Ippolito e salutamelo. Ho scritto qui dentro il mio numero di telefono. Fatevi sentire al più presto, anche domani. Stagli accanto, Agata, e grazie per tutto l'aiuto che ci avete dato negli ultimi giorni. Abbiamo scoperto, grazie a questo romanzo, che Foster potrebbe trovarsi a Roma. Un treno ci porterà lì fra qualche ora» , la informo.

Commossa, mi accarezza una spalla. «Abbiate cura di voi. Appena il professore starà meglio, ci metteremo in contatto con te» , mi rassicura.

•••

Scorgo le prime luci dell'alba dal finestrino del treno. Ho passato il viaggio un po' a dormire e un po' a raccontare a Dave e a mio fratello, che fra qualche ora raggiungerà Roma, come noi, insieme a Gabe e a Christopher, gli ultimi avvenimenti e a comunicare al primo la nostra posizione per dargli modo di avvisare due agenti italiani di venirci a prendere in stazione per accompagnarci nelle stanze dell'albergo da loro prenotate per il nostro soggiorno in città.
Una voce metallica ci dice che abbiamo raggiunto la stazione di Roma Termini. I miei amici si svegliano e, sbadigliando, prendono i loro bagagli e si dirigono verso l'uscita. Li seguo a ruota. Una volta fuori dal treno, intravediamo un ragazzo e una ragazza seduti a una panchina. Ci notano e poi sollevano due cartelloni con sopra scritti i nostri nomi.

«Quindi, quei due sono i rinforzi che ci ha mandato Dave» , constata Letha.

Ci avviciniamo a loro che, al nostro arrivo, allegri, sorridono e si presentano.

«Mi chiamo Sabina» , dice la ragazzina con il caschetto biondo. Ha dei lineamenti molto aggraziati e dei grandi occhi color nocciola.

«E io sono Nico» , si presenta il ragazzo dai capelli corvini e spettinati.

«Nico?» , chiedo.

«Nicodemo» , precisa la bionda.

«Non dirlo, non mi piace» , l'ammonisce lui, infastidito. Si ricompone e torna a sorriderci. «Seguiteci, vi accompagneremo al vostro albergo.» Sabina si avvia avanti e tutti la seguono. Resto un po' indietro e Nico mi affianca. «La città è piena di agenti. Lo prenderemo» , sussurra per non farsi sentire dai passanti.

-
Salve! Non ho molto da dire questa volta, soltanto che il problema di Wattpad con le visualizzazioni ai capitoli mi sta irritando. Spero che riescano a risolverlo, prima o poi.
Grazie a tutti voi che state continuando a leggere la storia!

Sabina è interpretata da Kiernan Shipka e

Nico da Gavin Leatherwood.

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