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4 - Volantini

«Credi di farcela?» Il fatto che Thomas continui ad osservarmi con sguardo severo mi fa sentire a disagio. Ha una mano nella tasca dei jeans e l'altra premuta contro la sommità di un'enorme pila di volantini, tenuti legati da un nastro bianco, posata sulla scrivania del suo ufficio. Mi limito ad annuire. Il castano incrocia le braccia al petto. «Ne sei sicura, Evie? Devi distribuirli necessariamente tutti oggi o domani al nostro stand non verrà nessuno.»

Ha davvero così poca fiducia in me? Quanto potrà essere difficile consegnare dei semplici foglietti ai passanti?

«Conta su di me, capo. Ti ho mai deluso?» E' il ventinovesimo giorno di Ottobre e lavoro, ormai, per lui da due settimane. Fa per rispondere, ma allungo una mano verso il suo viso e annuisco. «Non fa niente, conosco già la risposta.» Qualcuno, alle nostre spalle, spalanca la porta d'ingresso del negozio e fa tintinnare la campanella appesa accanto ad essa. Entrambi ci voltiamo. Schiudo leggermente le labbra, sorpresa dalla vista di Adam. Mi alzo dalla poltroncina nera di pelle e mi dirigo verso di lui. «Che cosa ci fai qui?»

«Sono venuto a prenderti.»

«Credevo passasse Christopher.»

Il moro abbassa il capo e si gratta la nuca. «E' rimasto a casa. Sta cercando di disdire un paio di abbonamenti che si è ritrovato sul cellulare. Ne sai qualcosa?»

Deglutisco e, con fare pensieroso, mi gratto il mento. «Ho usato il suo telefono per guardare delle serie tv in streaming. Forse ho toccato qualcosa di sbagliato.»

Adam, sconsolato, si dà un colpetto sulla fronte. Thomas, confuso dal fatto che io lo abbia lasciato nel bel mezzo di una conversazione per raggiungere un ragazzo a lui, probabilmente, sconosciuto, ci raggiunge.

«Posso aiutarla?» , chiede in modo cordiale.

«Oh, no, non mi serve nulla, grazie. Sono il cugino di Christopher e sono venuto a prendere Evie.»

«Oh, grazie al cielo» , sussurra il capo. Gli rivolgo un'occhiataccia. «In ogni caso, io sono Thomas.»

Tende la mano al moro e lui gliela stringe.

«Adam» , si presenta.

Batto un piede contro il pavimento per richiamare la loro attenzione. Thomas rotea gli occhi. «Vieni a prenderti i volantini» , mi dice.

Lo seguo nel suo studio e lascio, temporaneamente, il mio amico da solo. Sento la porta della cantina scricchiolare e mi volto. Adam è fermo sul posto con la bocca leggermente spalancata.

«Salve, le serve aiuto?»

Riconosco la voce di Faith. Anche Thomas, come me, si gira a guardare il moro.

«Salve!»

Il cugino del poliziotto inizia ad ammiccare ripetutamente.

«Ha un tic all'occhio?»

Rivolgo un rapido sguardo al mio capo.

«Forse, sta cercando di usare la stessa tattica di seduzione di Pablo di "Cuore e batticuore"» , ipotizzo. «Ma mi sta spaventando.»

Restiamo in silenzio a guardare la scena per qualche istante, poi Thomas torna a parlare.
«Guardi anche tu "Cuore e batticuore"?» , domanda su di giri.

«Certo!» , squittisco, euforica. «Piace davvero anche a te?»

«No.»

Divertito, sorride. Lo fulmino con lo sguardo e, seccata, con i volantini fra le braccia, lo abbandono per raggiungere Adam.

«Andiamo?» , gli chiedo.

Il moro, senza proferire parola, scuote il capo.

«Voglio comprare una bottiglia di vino!» , urla, improvvisamente.

Intimorita, indietreggio. Faith, spaventata, spalanca le palpebre. Si ricompone e poi gli si avvicina.

«Sa già quale prendere o le do una mano io a sceglierla?»

«Quella!»

Adam continua a mantenere un tono di voce piuttosto elevato. Si improvvisa sommelier ed indica una bottiglia a caso fra quelle esposte in vetrina.

La mia collega sorride. «Ha gusto» , commenta. Il cugino del poliziotto, felice, ma, allo stesso tempo imbarazzato, abbassa il capo.
«Ha scelto la più costosa.»

Sbianco di colpo e Adam deglutisce.

•••

«Non è andata tanto male, vero?»

«Non lo so, giudica tu; sei astemio e hai speso circa duecento sterline in bottiglie di vino.»

Il moro si lascia cadere sul bordo della piscina del cortile condominiale. Piega le gambe e si circonda le ginocchia con entrambe le braccia.

«Non me la cavo molto bene con le ragazze.»

Davvero? Non si direbbe. «Cerca soltanto di essere te stesso. Sei un bravo ragazzo, le piacerai.»

«Sciocchezze.» Spaventata, mi porto entrambe le mani sul volto e faccio cadere, sbadatamente, la pila di volantini in piscina. Mi accascio a terra e tendo una mano verso l'acqua. Thomas mi ucciderà. Ruoto il capo con lentezza e poi li vedo. Corey e Léon, il primo con aria allegra e il secondo con un atteggiamento spavaldo, camminano verso di noi. «Alle ragazze piacciono i duri» , si intromette nella nostra conversazione Léon.

Gli rivolgo un'occhiataccia. Mi è sempre più antipatico. Getta la sua sigaretta a terra e la calpesta per spegnerla. Corey si siede accanto a me a gambe incrociate e mi circonda le spalle con un braccio.

«Va tutto bene, amore? Mi sembri piuttosto turbata.»

Faccio fatica a non rispondergli male e non smetto per un attimo di guardare i foglietti che avrei dovuto distribuire. Allungo una mano verso il nastro bianco e ritiro la pila in superficie.

«Non ci servono i tuoi consigli, teppista» , dico, seccata.

Léon, divertito, mi rivolge un'occhiata e sorride.

«No, Evie, fallo parlare, è un esperto. Le ragazze che incontro ogni giorno mettono piede in questo condominio soltanto per lui.»

Schifata, arriccio il naso. Il castano, soddisfatto, si passa una mano fra i capelli.

«Ha ragione, ragazzina, sono un esperto. Ti serve una mano, cugino del poliziotto?»

Corey osserva la scena senza proferire parola. Ha un'aria da bambino. Guarda tutto con meraviglia e nulla sembra turbarlo.

«Si chiama Adam e no, non ha bisogno di te per conquistare Faith.»

«Puoi aiutarmi davvero?»

Il moro sembra non ascoltarmi. La situazione diverte particolarmente Léon.

«Certo.»

«Non hai bisogno di lui» , insisto.

«Ti prego, Léon, dammi una mano.» Rivolgo un'occhiataccia ad Adam, ma sembra non notarlo. «Vorrei fare colpo su Faith. E' semplicemente bellissima.» Il suo sguardo sognante mi fa venire il voltastomaco. Mi ritengo una persona romantica, ma Adam è troppo sdolcinato, perfino per me. Avrei dovuto intuirlo dai suoi commenti nel bel mezzo di "Cuore e batticuore", ma, come sempre, realizzo tutto in ritardo. «Potrei avere un'occasione con lei domani alla fiera cittadina. Mi servono subito dei consigli.»

«Adam, toglitelo dalla testa. Non resteremo qui ad ascoltare le sciocchezze che ha da dire questo sbruffone. Non passeremo nemmeno un po' di tempo con loro, ho cose più importanti da fare.»

«Tipo?» , domanda Corey.

«Devo distribuire questi volanti.» Batto una mano sulla pila di fogli bagnata e poi mi asciugo il palmo sul marmo bianco del bordo della piscina. Il rosso mi guarda con aria divertita e sbuffo. «Va bene, ci rinuncio. Aiutalo.»

Sollevo le mani in segno di resa e i due coinquilini sorridono con aria beffarda.

•••

«Perché siamo al centro commerciale?»

«Corey vuole delle ali di pollo» , mi risponde Léon.

«A stomaco pieno ragioneremo e agiremo meglio» , afferma con sicurezza il rosso.

Adam, in silenzio, osserva i due che ci camminano davanti. Sono entrambi magri e molto alti. Mi piacerebbe avere le loro gambe e raggiungere il metro e settanta, ma non le ho, non le avrò mai e devo accontentarmi del mio metro e sessantasei. Entrano in un ristorante e chiedono un tavolo. Ci accomodiamo e una cameriera ci porta quattro menù. Léon le sorride e lei arrossisce vistosamente. Roteo gli occhi, schifata. Non può avere davvero tutto questo potere sulle donne.

«Come hai fatto? L'hai appena vista e già sembri piacerle.»

Adam è meravigliato e pende dalle labbra del castano.

«Ti basta ammiccare e mostrarti sicuro di te.»

«Anche io ammicco, ma non funziona mica» , commenta il moro.

Ripenso alla scena di questa mattina e al suo inquietante tic e mi mordo le labbra per trattenermi e non fare spiacevoli commenti.

«Tu che prendi, amore?»

Mi volto verso Corey, seduto alla mia destra. Sorride dolcemente e non sembra dar peso a ciò che sta accadendo intorno a lui. E' superficiale o particolarmente intelligente? Non si accorge dei problemi o li ignora per vivere tranquillamente? Prima o poi, lo capirò. Faccio per rispondergli, ma poi mi fermo. Guardo alle sue spalle e noto Thomas seduto ad un tavolo con un gruppo di ragazzi. Mi vengono subito in mente i volantini che mi aveva chiesto di distribuire e sbianco. Faccio aderire meglio la mia schiena alla panca di legno e, lentamente, sotto lo sguardo confuso di tutti, scivolo sotto il tavolo.

«Che cosa stai cercando?» , mi domanda Adam, abbassando la testa per guardarmi.

«Probabilmente la sua dignità.» Afferro la caviglia di Léon, infastidita dal suo commento pungente, e la strattono. Il castano cade dal suo sgabello e si ritrova disteso sul pavimento. Forse tutti, adesso, ci stanno guardando. Non posso dirlo con certezza perché la nostra lunga tovaglia rossa riduce il mio campo visivo. Léon gattona verso di me e io, spaventata, mi metto seduta e indietreggio fino a ritrovarmi con le spalle contro la base della panca su cui, pochi minuti fa, ero seduta. Mi punta un dito contro e sembra particolarmente accigliato. «Non farmi fare mai più una figuraccia del genere.»

Gli afferro il colletto della camicia bianca con entrambe le mani e lo avvicino a me. «Non chiamarmi mai più ragazzina e smettila di trattarmi male.»

«Faccio ciò che mi pare, ragazzina.»

Sorride con aria strafottente e trattengo a fatica un grido.

«Thomas!» Riconosco la voce di Adam.

Un lembo della tovaglia si solleva e io e Léon ci voltiamo.

«Evie, stai giocando a nascondino?» Deglutisco. Léon porta gli occhi sul mio capo e poi di nuovo su di me, confuso. Mollo la presa su di lui e mi ricompongo. Torno seduta sulla panca e sorrido in modo innocente a Thomas. «Hai distribuito i volantini?»

«Certo!» , mento.

Sorride. «Bene, allora buon pranzo. Ti aspetto domani mattina in piazza. Non fare tardi come al tuo solito.»

Intimorita, annuisco. Il castano saluta tutti in modo gentile e poi torna dai suoi amici.

«Chi è quello?» Ruoto appena la testa verso Corey.

«Il mio capo.»

Il rosso mi fissa senza dire nulla. Guardo anche io i suoi occhi scuri per un po' di tempo e penso, intanto, ai volantini e al fatto che, probabilmente, verrò licenziata.

«Finisco le ali di pollo e risolviamo il tuo problema con quei foglietti.»

Sorpresa dal fatto che mi abbia capita senza bisogno di alcuna spiegazione, sorrido.

•••

Léon entra in un negozio di vestiti con Adam e io resto da sola con Corey. Il rosso guarda in alto. Guarda, per essere più precisi, una scalinata metallica che conduce ad una porta bianca.

«Ti fidi di me?»

Aggrotto le sopracciglia. «Non molto, perché?»

L'ultima volta che gli ho dato retta mi ha trascinata in un quartiere malfamato.

«So come risolvere il tuo problema, ma devi reggermi il gioco.» Sempre più confusa, inclino la testa da un lato. Il rosso infila entrambe le mani nelle tasche della giacca nera di pelle e solleva, nuovamente, il capo verso l'alto. «I volantini ti servivano per sponsorizzare lo stand che la tua enoteca allestirà domani alla fiera, giusto?» Annuisco. «Visto che non li hai più, farai pubblicità al tuo negozio ai microfoni del centro commerciale.»

Sbarro le palpebre e spalanco la bocca. «Sei per caso impazzito?»

Mi rivolge un'occhiata e sorride. «No, sono soltanto geniale.» Si avvia verso la scalinata, ma io resto ferma. Si volta a guardarmi e torna indietro. «Che problema hai?»

Indietreggio e inizio a sudare freddo. «Mi vergogno, non farmelo fare.»

Continuo a fare passi indietro e lui, invece, avanza verso di me. «Non aver paura, amore. Nessuno vedrà il tuo volto. Nessuno ti riconoscerà.»

Poco convinta, scuoto la testa ripetutamente. «Non voglio, Corey.»

Sbuffa e poi mi afferra una mano. Sorpresa, deglutisco e resto in silenzio. «Fidati di me. Se dirai qualcosa di stupido, spaccerò per mie le parole dell'annuncio.» Non credo di avere altra scelta. E, a dirla tutta, Corey mi sta leggermente tranquillizzando. Mi faccio coraggio e, comunque un po' esitante, annuisco. Inizia a correre e a trascinarmi con sé. Raggiungiamo le scale e, sempre con rapidità, le saliamo. Non guardo in basso per paura di cadere. Prego di non inciampare. Raggiungiamo la porta bianca e io resto ferma sull'ultimo scalino. Corey bussa e, dopo poco, un uomo abbastanza alto, robusto e barbuto, apre. Il rosso si passa una mano sul volto e io, intanto, recupero il fiato. «Possiamo fare un annuncio? Abbiamo perso nostro figlio.»

Deglutisco e guardo in basso. E' decisamente impazzito.

«Figlio? Siete due ragazzini.»

«Ho ventitré anni» , afferma lui con sicurezza. «E già molti hanno criticato la nostra decisione di tenere il bambino. Non ci si metta anche lei, la prego.» L'omone, imbarazzato, si gratta il capo privo di capelli e si scusa. «Può lasciarci da soli? Quando parlo con il cuore in mano a Tim mi viene da piangere e mi imbarazza il pensiero che uno sconosciuto possa vedermi in uno stato del genere.»

La guardia del centro commerciale annuisce.
«Vado a prendermi un panino, fate con calma. Premete il bottone rosso per attivare il microfono.»

Corey annuisce ed entra nella stanza. Mi trascina dentro con sé e poi l'uomo va via chiudendosi la porta alle spalle. Il rosso mi fa sedere ad una sedia bordeaux e mi porta entrambe le mani sulle braccia per darmi coraggio. Affonda le dita nella mia felpa viola e io, per tranquillizzarmi, sospiro. «Fai l'annuncio e poi corriamo via.»

Annuisco. Premo il bottone rosso e accendo il microfono. Devo improvvisare. Come sempre.

«Desiderate prodotti di qualità? Wilson ve li darà!»

«Oh, cavoli» , sussurra Corey, sconfortato.

«Passate al nostro stand domani in piazza, vi aspettiamo!» Spengo il microfono e mi alzo in piedi.

«Tutto qui?»

«E' più che sufficiente» , affermo. «Andiamo via, prima che torni la guardia» , aggiungo.

•••

La giornata, ieri, è passata in fretta. La guardia del centro commerciale ha fermato me e Corey poco prima che raggiungessimo l'uscita, ma ci ha lasciati andare quando, sul punto di piangere, mi sono scusata, come anche il rosso, e ho iniziato a parlargli di Thomas, dell'essere stata sfrattata e della possibilità di perdere nuovamente il lavoro per colpa dei volantini caduti in piscina che avrei dovuto distribuire per sponsorizzare lo stand dell'enoteca alla fiera cittadina.

«Hai davvero fatto un annuncio ai microfoni del centro commerciale?»

Porto lo sguardo su Chris. Sorride, divertito. Oggi non lavora. Come tutti, in fin dei conti. E' festa a Nottingham. «Chi te lo ha detto?»

Indica Adam con il capo e io, seccata, colpisco lo stinco del moro con un calcio. Lui protesta e il poliziotto alla mia destra, invece, ridacchia. Camminiamo fra le bancarelle e, di tanto in tanto, ci fermiamo per guardarne alcune. Raggiungo lo stand dell'enoteca e Adam, alla vista di Faith, si nasconde dietro il cugino.

«Mi sono perso qualcosa?»

«Ad Adam piace la mia collega.»

Chris si volta e gli pizzica una guancia.

«Ragazzone, ti piace qualcuno e non me lo dici?»

Il moro si libera dalla sua presa e sbuffa. «Non farti sentire, Chris» , lo ammonisce.

Thomas ci nota e viene verso di noi. Urla il nome del suo amico poliziotto e Faith si gira a guardarci. Adam, spaventato, corre via. Sospiro, afflitta. Léon, a quanto pare, non gli ha insegnato come essere impavido.

«Evie, sei in ritardo.» Roteo gli occhi. «Ma ho sentito il tuo annuncio al centro commerciale e, per questo, non darò peso alla cosa. In ogni caso, ottimo lavoro.»

Chris sbuffa. «Soltanto io non l'ho sentito? Qualcuno lo ha registrato?»

«Vai a farti un giro, Christopher» , sibilo, infastidita.

Lui ride e mi scompiglia i capelli con una mano. Thomas ci osserva in silenzio e poi dà una pacca sulla spalla al poliziotto. Il cellulare di Chris inizia a squillare e lui si scusa e risponde.

«Comunque, Evie, abbiamo lasciato i nostri prodotti nello scantinato del negozio della signora Smith. Se devi andare a prendere qualcosa, ricordati di fare attenzione alla porta. E' difettosa e potresti restare bloccata in cantina.» Mi coglie un lampo di genio. «E, adesso, vai ad aiutare Faith.»

Thomas mi porge un grembiule. Lo indosso e corro verso la castana. Gli assaggini gratuiti di affettati sono quasi finiti. Qualcuno dovrà prenderne altri nello scantinato, giusto? Potrebbe andarci Faith. Ci andrà Faith. Ce la manderò io. E, con lei, andrà Adam. Si farà trovare nello scantinato. Resteranno bloccati e saranno costretti a parlare. Sono più brava di te a far formare le coppie, Léon. Adam lo ammetterà entro la fine di questa giornata.
Un'anziana donna e suo marito si avvicinano alla nostra bancarella. Allungo ad entrambi il piatto di affettati. Mi ringraziano e lo ripuliscono. Thomas ci si avvicina per mostrare ai due alcune bottiglie di vino e Christopher, che pare aver terminato la sua telefonata, resta fermo ad aspettarlo, intenzionato più che mai a scambiare con lui due chiacchiere.

Faith mi fulmina con lo sguardo. «E adesso cosa diamo agli altri clienti?»

Sorrido in modo innocente. «Bisogna andare a prendere altri assaggini dalla signora Smith. Ci vai tu? Devo fare una chiamata.»
Prima che possa rispondermi, mi allontano dalla bancarella.
Estraggo il cellulare dalla tasca dei jeans e chiamo Adam. Gli chiedo di andarmi a prendere gli affettati dalla signora Smith e non menziono, appositamente, la porta difettosa dello scantinato. Con la coda dell'occhio continuo a guardare, di tanto in tanto, Thomas che parla con i due anziani e non si accorge della mia assenza. O fa finta di non notarla. Guido, a telefono, Adam fino al negozio. Perdo circa cinque minuti a farlo. Ha un pessimo senso dell'orientamento. Poi, attacco e torno alla bancarella. Faith non si è mossa, ma manca Chris. «Christopher?» , chiedo.

Thomas, intanto, congeda la coppia che lascia la nostra bancarella per andare a guardare i dolcetti che vende quella di fronte. «Gli ho chiesto di andare a prendere altri assaggini.»

Deglutisco. «E' un imbecille!»

Faith si rattrista. «Non chiamarlo così, è stato gentile.»

Mi tolgo il grembiule e corro via. Devo salvare lui ed Adam prima che restino bloccati nello scantinato.

«Evie!»

Thomas urla il mio nome, ma non do peso alla cosa. Noto con la coda dell'occhio che ha iniziato ad inseguirmi. Deglutisco e procedo con più rapidità. Guardo, di tanto in tanto, indietro e noto il castano imprecare. Ruoto nuovamente il capo e vado a sbattere contro qualcuno. Cado a terra e, stordita, scuoto la testa. Sollevo lo sguardo e poi lo vedo. Léon mi sta tendendo una mano. Corey è dietro di lui.

«Continui ad avere un pessimo senso dell'equilibrio.»

Lo detesto. Gli rivolgo un'occhiataccia e mi alzo senza accettare il suo aiuto. Mi pulisco il fondoschiena e mi preparo a correre di nuovo. Thomas mi sta raggiungendo.

«Dove stai andando?» , mi urla Corey, quando sono già un po' lontana.

«Nello scantinato della signora Smith!» , grido in risposta.

Corro. Affianco la parete alla mia destra che si trova dietro le bancarelle e prego che il capo non mi raggiunga. Corro e mi fermo soltanto quando qualcuno mi afferra un polso e mi scaraventa contro il muro. Ne approfitto per riprendere fiato. Schiudo le palpebre e mi ritrovo faccia a faccia con un Thomas alquanto furioso.

«Sei fuori di testa?»

Preme entrambi i palmi delle mani contro la parete. Li preme ai lati del mio volto per impedirmi di scappare via di nuovo.

«Adam e Christopher resteranno bloccati nello scantinato per colpa mia, devo salvarli!» Thomas adagia la fronte contro il muro e riprende fiato. «Ad Adam piace Faith. Volevo farli rimanere in cantina da soli, ma poi lei ha mandato Christopher a prendere gli assaggini e Christopher non sa della porta difettosa e nemmeno Adam perché, volutamente, non l'ho avvertito e» , inizio a straparlare.

Thomas mi porta un dito sulle labbra. «Ma quanto parli?»

«Devo risponderti davvero?»

Scuote il capo. «Mi farai impazzire, Evie. Non potevi spiegarmi la situazione? Sei corsa via senza dire nulla.»

Mortificata, abbasso lo sguardo. «Mi dispiace.»

Sospira e mi lascia libera. «Andiamo a recuperarli.» Felice, sorrido. Inizio a correre di nuovo, ma il castano mi porta una mano sulla spalla e mi ferma. «Andiamo con calma. Ho perso un polmone per strada.»

•••

Entriamo nel negozio deserto. La signora Smith è troppo presa dal suo stand e non nota nemmeno chi entra e chi esce dal suo esercizio. Thomas apre la porta dello scantinato e passa per primo. Manco un gradino e gli finisco addosso. Precipitiamo a terra e la porta alle nostre spalle si chiude.

«Scusami» , affermo, ritrovandomi a cavalcioni sulla schiena del castano che ha il viso premuto contro il pavimento di marmo.

Di fronte a noi ci sono Adam e Christopher seduti a terra con la schiena schiacciata contro la parete. Si passano le mani sul volto con aria sconsolata e rassegnata.

«Sei sui miei reni, spostati» , mormora Thomas. Allarmata, mi alzo e mi allontano da lui. La stanza è rettangolare e piena di scaffali di legno. Scorgo dei cartoni bianchi con il simbolo dell'enoteca alla mia sinistra e mi consola il pensiero che in questa cantina, in cui probabilmente moriremo prima che qualcuno ci trovi, almeno ci sono degli affettati. Mi sento già mancare l'aria. Thomas si mette seduto sul pavimento e si pulisce con una mano la camicia azzurra. «Questa è la volta buona che ti licenzio.»

•••

I cellulari non prendono. Canticchio "Raise your glass" di P!nk per ingannare l'attesa e Chris mi dà una gomitata sul braccio. Sono passati circa dieci minuti dall'inizio del nostro periodo di reclusione e sto cercando in ogni modo di non pensare al mio problema con gli spazi chiusi. Mi massaggio il punto dolente e lo fulmino con lo sguardo. «Che problema hai?» , gli chiedo.

«Non mi piace stare qui e non mi piace quella canzone. Scegline un'altra.»

«Poker face?»

«No.»

«Bad romance?»

«Nemmeno.»

«Come può non piacerti "Bad romance"?»

Mi fissa con le sue iridi verdi. «Non mi piace e basta.»

«Ma dai! Rah rah ah-ah-ah! Ro mah ro-mah-mah» , inizio a cantare.

«Basta! Siete snervanti!» Ci voltiamo entrambi verso Thomas, seduto di fronte a noi e, mortificati, abbassiamo il capo.

Antipatici. La porta, improvvisamente, si spalanca. Un fascio di luce ci raggiunge. Chris, essendosi abituato al buio, si copre gli occhi con un braccio. L'idea che possa trovarmi al cospetto di una benevola divinità che ha deciso di salvarci mi fa scattare in piedi, ma poi noto che la figura avvolta dalla luce è soltanto Corey e torno seduta.

«Organizzate una festa e non mi invitate?»

Scende i primi due gradini per raggiungerci.

«La porta!» , urliamo, quasi all'unisono, io e gli altri.

Il rosso, confuso, ruota di poco la testa. La superficie metallica sbatte alle sue spalle. Sconsolati, sospiriamo. Non abbiamo più alcuna speranza.

•••

Sono passati venti minuti da quando ci ha raggiunti anche Corey. Sto morendo, lo sento. Mi alzo e vado a nascondermi fra due scaffali. Non voglio che gli altri se la prendano con la mia carcassa dopo il mio decesso. So che lo faranno. E' colpa mia se siamo qui. Adagio la fronte contro le ginocchia e chiudo gli occhi. Dopo un po', una mano si posa sulla mia nuca. Sollevo il capo e mi ritrovo faccia a faccia con Corey. Mi stringe una mano e si siede accanto a me. Mi mancano le forze per lamentarmi del contatto.

«Stai tremando» , constata. Non rispondo nulla. «Sei claustrofobica, vero?»

Mi limito ad osservarlo e ad annuire. Mi circonda un fianco con il braccio e io, inizialmente sorpresa, poso poi la testa sulla sua spalla, rasserenata dal fatto che si sia accorto del mio problema e che sia, probabilmente, intenzionato ad aiutarmi.

«Ho paura» , mormoro, quasi sul punto di piangere.

«Non devi, amore. Andrà tutto bene.»

Voglio fidarmi di lui adesso e sento di poterlo fare. Sono vulnerabile e, probabilmente, Corey è l'unico che, in questo momento, non ha sentimenti ostili nei miei confronti.

«Che sta succedendo?» Thomas e Chris ci raggiungono. Adam, un po' distante, ci guarda. Il poliziotto si inginocchia e posa entrambe le mani sulle mie rotule. Una lacrima mi riga una guancia e lui me l'asciuga. «Che sta succedendo, Evie?»

«E' claustrofobica» , risponde per me il rosso.

Abbasso il capo. Inizia a mancarmi il respiro. Mi alzo in piedi e corro da Adam. Mi stendo a terra e il moro mi si avvicina. E' spaventato. Mi porta una mano sulla fronte. Mi stringo la maglietta bianca fra le dita e prendo dei profondi respiri. Gli altri tre corrono da noi.

«Adam, tu resta accanto alla porta» , gli dice Corey. Il moro annuisce e va a posizionarsi vicino ai tre gradini che permettono di accedere allo scantinato. Il rosso si stende accanto a me e mi stringe la mano. «Noi, intanto, ci distraiamo.» Thomas annuisce e si distende alla mia sinistra. Chris, invece, si posiziona in modo perpendicolare rispetto alle nostre teste. Tutto ciò mi sta tranquillizzando. Non eccessivamente, ma mi sta tranquillizzando. Mi aiuteranno a non morire. «Che cosa fa un solo capello sulla testa di un uomo calvo?»

Thomas, intuendo le intenzioni del rosso, sbuffa. «Uccidetemi.»

Corey lo ignora. «Il monumento ai caduti.»

Mi sfugge una risata. «Uccidetemi, adesso.»

•••

«Voglio morire» , si lamenta Thomas dopo l'ennesima battuta.

La porta alle nostre spalle si spalanca. Prontamente, Adam si getta in avanti ed atterra il malcapitato. Ci alziamo e corriamo verso l'uscita che qualcuno sta tenendo aperta.

«Faith!» , urlo per poi abbracciarla.

Lei mi stringe e io adagio la testa contro la sua spalla. Una lacrima mi scivola lungo il viso e atterra sulla sua maglietta blu.

«Hai lasciato la bancarella incustodita?» , le domanda il mio capo, spaventato.

«L'ha affidata ad una mia conquista per venirvi a cercare.»

Portiamo tutti lo sguardo su Léon, schiacciato dal corpo di Adam. Il moro, imbarazzato, si alza da terra e lascia libero lo sbruffone.

«Andiamo tutti via» , afferma Christopher.

Mi allontano da Faith per lasciarla libera. Esce dal negozio con Thomas e Léon al seguito.

«Fantastico, dopo questa, Faith penserà che io sia attratto da Léon.»

Corey, divertito, dà una pacca sulla spalla ad Adam. «Si risolverà tutto, non preoccuparti.» Sorrido al rosso e mormoro un 'grazie'. «Conta sempre su di me, amore» , sentenzia, ammiccando.

•••

E' passato un giorno dall'incidente della fiera. Ho convinto Adam a farsi coraggio e a parlare con Faith.

«Secondo te, è già arrivata?» , mi domanda.

«Credo di sì, è sempre puntuale.» Una 500 bianca accosta davanti all'enoteca. E' la risposta alle nostre domande. Alla guida c'è un ragazzo biondo che non riesco a scorgere bene. Al suo fianco, invece, è seduta Faith. Gli bacia una guancia e poi scendere dalla vettura. Il ragazzo mette in moto e va via. Lei, invece, entra nel negozio.
Mi volto verso Adam. «Magari non stanno insieme» , mi affretto a dire.

Mi rendo conto che, in fin dei conti, non so nulla di lei.

«Magari no» , mi appoggia il moro, abbattuto.

Gli porto una mano sulla spalla. «Ti prometto che indagherò.»

-
Salve! Come vi avevo già accennato nel capitolo precedente, aggiornerò soltanto ogni lunedì, da adesso in poi. Spero che le GIF che sto creando ed inserendo all'inizio di ogni parte vi piacciano e ringrazio tutti coloro che stanno seguendo la storia. Mi raccomando, fatemi sapere se i capitoli vi piacciono.
A presto!

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