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38 - Gli eredi

Con la coda dell'occhio, guardo Corey. Se ne sta in piedi, con la schiena appoggiata alla parete, a braccia conserte a fissare mio padre in attesa di una spiegazione. Mamma ci raggiunge in soggiorno. Lascia sul tavolino adiacente al divano su cui siamo seduti un vassoio su cui ha adagiato delle tazzine piene di caffè e dei biscotti. Nessuno tocca nulla.

«Heron era il mio migliore amico» , esordisce papà. Heron. Dunque, è questo il nome del signor Collins. «Viveva, come me, qui a Stafford e passavamo insieme la maggior parte del tempo. Abbiamo frequentato licei diversi. Si è trovato in classe con Ares e Pierce e ha fatto amicizia con loro. Non mi piacevano affatto e non volevo frequentarli. Per questo motivo, io e lui ci siamo allontanati e ritrovati dopo un po' di anni. Abbiamo cresciuto insieme voi due, Letha e Alex.»

Papà sorride e io Corey, meravigliati, ci scambiamo un'occhiata. Ci conoscevamo già. Riesco, finalmente, a dare un senso ad alcuni ricordi.

«Evie?» Mi volto verso Laszlo che, stranamente, sorride e mi osserva.
«Sì, Evie, Evie Gray.»
Scorgo uno strano luccichio nei suoi occhi. «Come mai conosci il mio amico?»
Guardo Corey che si sta sistemando accanto a Thomas sul campo. Si volta verso di noi, dopo essersi guardato un po' intorno, e mi sorride. «Siamo vicini di casa» , mi affretto a rispondere, sorridendo al rosso di rimando.
Il piromane ridacchia. Confusa, aggrotto le sopracciglia. «Se il passato e il presente si sono intrecciati, probabilmente, ci rincontreremo anche in futuro.»
«Come, scusa?»
Inizia a dirigersi verso il resto della squadra e lo seguo, in attesa di una spiegazione. «Il fatto che tu, adesso, non mi capisca, non implica necessariamente che ciò che ho detto non abbia senso.»
Spiazzata, resto ferma sul posto. Adam mi invita a ricompormi perché la partita sta per incominciare.

Sapeva del mio passato. Perché?

Perdo un battito quando mi accorgo di Corey, steso in un lettino. Sta dormendo e, seduta accanto a lui, c'è una ragazza. Gli accarezza una mano e un moto di gelosia mi assale. Si accorge di me e si mette in piedi. Le do le spalle e faccio per andarmene. Noto con la coda dell'occhio che sta correndo per raggiungermi e affretto il passo.
«Fermati!» Mi irrigidisco sul posto. Il silenzio venutosi a creare viene rotto soltanto dal rumore dei tacchi dei suoi stivali neri di pelle che calpestano il pavimento. Lentamente, mi volto ad osservarla. E' incredibilmente bella. Sembra una bambola di porcellana. E' minuta, alta più o meno quanto me e ha la pelle candida, le labbra rosee, gli occhi verdi e i capelli lunghi, ondulati e rossicci. Mi raggiunge e mi accarezza una guancia con le sue dita affusolate. Sorride, quasi commossa. Confusa, indietreggio, ma lei non si scompone. «Mi chiamo Letha» , si presenta. «E sono felice che tu sia qui» , aggiunge. Si allontana prima che possa dirle qualcosa, lasciandomi spiazzata.

Anche Letha si ricordava di me? Come è possibile? Faccio per chiederlo a papà, ma, in modo pacato, mi invita a fare silenzio per fargli terminare, prima di rispondermi, il racconto.

«Ares aveva il vizio del gioco e la famiglia di sua moglie, per questo, lo disprezzava. Non voleva prestargli nemmeno una sterlina per permettergli di ripagare i suoi debiti e questo gli fece venire in mente un'idea folle. Propose a me, ad Heron e a Pierce di guadagnare denaro in modo illegale per mantenere i nostri figli. Io e tuo padre, Robert, lo allontanammo. La stessa Elaine lo lasciò e gli proibì di vedere Rae e Dorian. Cambiò, inoltre, cognome ai bambini. Pierce sembrava titubante, ma, diversamente da noi, gli rimase comunque accanto.»

«Quei due erano così uniti?» , domanda, disgustato, Christopher.

A Léon sfugge una risata. «La cosa ti sorprende? Non si sono fatti problemi nemmeno a frequentare entrambi mia madre.»
Papà, confuso, si volta a guardare Léon. «Oh, sì, giusto, io sono il figlio di Pierce e di Cordelia, la donna a cui quel bastardo non aveva detto di avere una moglie.»

«Mio fratello» , precisa Chris.

Mio padre, sbigottito, spalanca gli occhi e mia madre fa lo stesso. «Siete i nostri eredi e davvero vi siete incontrati tutti per caso?»

Corey gli risponde con una scrollata di spalla. E' visibilmente destabilizzato, ma sta cercando di non darlo a vedere. «Così pare. Che coincidenza, eh?»

«Sono coinvolto anche io in questa storia? Conoscevate anche mio padre?» , si intromette, perplesso, Thomas nel discorso. «Mi chiamo Thomas Wilson» , si presenta.

Papà scuote il capo. «Questo cognome non mi dice nulla» , confessa.

«E' l'ex fidanzato di Rae, Rae Evans» , spiega Léon.

«Che cosa è successo dopo, papà?» , interrompo tutti e invito mio padre a continuare il racconto.

Lui si ricompone e ricomincia a parlare. «Heron voleva che i suoi figli vivessero in un mondo migliore e si unì ad un gruppo di persone intenzionate a debellare la criminalità presente sul territorio insieme ad un suo vecchio amico, Ozzy. Credeva che Ares, alla fine, avesse fondato davvero un'associazione criminale. Non so per quale motivo. Non poteva parlarmi troppo della sua nuova attività. Perdemmo i rapporti quando si allontanò con la sua famiglia da Stafford per paura che qualcuno potesse fare del male ad Amie e ai bambini a causa del suo lavoro. Voleva nasconderli, proteggerli. Pensava che qui non fossero al sicuro, probabilmente per Ares.»

Prendo un respiro profondo. Tutto, adesso, nella mia mente, inizia a collegarsi, come i tasselli di un puzzle.
Letha, evidentemente, sapeva già dell'amicizia fra i nostri padri o grazie a dei racconti di Ozzy o per merito dei suoi stessi ricordi e, per questo, non ha dubitato nemmeno per un istante di papà.
E' arrivato il momento di chiudere il cerchio. Trovo la forza di raccontare ai miei genitori dei Servizi Segreti, di Ares, di Pierce, di F., di cui ancora non sappiamo l'identità, e di aver rischiato più volte la vita. Papà è sconvolto e mamma, per poco, non sviene. Le prendo un bicchiere d'acqua e lo butta giù in due sorsi.

«Quindi, io ed Evie ci conoscevamo già?» , cerca di alleggerire l'atmosfera Corey, notando il mio stato d'agitazione.

Mi volto a guardarlo e accenno un sorriso per ringraziarlo.

Papà tossisce per schiarirsi la voce. «Dovrei avere qualche vostra foto insieme.»

«Ti sembra il momento di parlare di altro? Tua figlia combatte contro il crimine!» , gli ricorda mia madre, esasperata. Faccio per intervenire, ma mi zittisce. «Non fiatare, Eveline, e non credere che io ti lasci tornare a Nottingham dopo quello che ci hai raccontato.»

Protesto, ma si rifiuta di ascoltarmi. Saluta in modo cordiale i miei amici e corre al piano superiore per andare a chiudersi, probabilmente, nella sua stanza. Mi volto a guardare mio padre in cerca di aiuto, ma lui scuote il capo.

«Non ripartirai con loro, Evie. Vuoi far star male tua madre?»

«C'è un assassino a piede libero! Non posso restare qui con voi a Stafford a far finta che tutto vada bene! Siamo degli agenti, ormai. E' nostro compito occuparci dei criminali» , gli ricordo.

«Ozzy e i suoi colleghi hanno lavorato senza di voi per anni, lo faranno anche adesso.»

«Hanno lavorato senza di noi per anni e per anni non si sono nemmeno lontanamente avvicinati ad Ares» , ribatto.

«Basta! Non ripartirai!» , continua ad urlarmi contro papà.

Adam, a disagio, si guarda le scarpe e lo stesso fa Chris.

«Ci prenderemo una pausa anche noi» , si intromette nel discorso Léon per farmi calmare.

Dà un colpetto sulla spalla al fratello che, di scatto, solleva la testa. Il poliziotto inizia ad annuire. «Staremo un po' qui a Stafford. Mia madre ha bisogno di me e voglio che conosca Cordelia.»

Thomas tossisce per catturare la nostra attenzione. «Resterò qui anche io per qualche giorno. Non litigare con tuo padre, ti prego» , dice, visibilmente dispiaciuto.

Prendo un respiro profondo e cerco di calmarmi.
Non rimarrò qui a Stafford per sempre. Non mollerò. Convincerò, prima o poi, i miei genitori a farmi ripartire.
Devo soltanto far calmare un po' le acque.

«E anche io tornerò a casa con Alex e Letha. Faranno tutti a meno di noi per un po'» , afferma Corey. «Quindi, adesso, non agitiamoci inutilmente.» Si morde il labbro inferiore. «Mi piacerebbe vedere le foto che ha di noi da bambini, signor Gray.»

Papà, sollevato, sorride. «Vado a cercarle.» Si alza dal divano e si allontana dal soggiorno.

«Ritorneremo a Nottingham tutti insieme. Lascia soltanto che, adesso, si calmino le acque» , mi rassicura Léon.

Sorpresa dal fatto che mi abbia praticamente letto nel pensiero e tranquillizzata, lo ringrazio.

Dopo qualche minuto, mio padre torna in soggiorno con una scatola blu di latta. Me la porge e Corey si avvicina a noi. Prende posto sul bracciolo del divano per starmi accanto e mi guarda estrarre alcune foto dal contenitore. Osservo il primo scatto, che ritrae proprio me e il rosso e, per poco, per lo stupore, non mi cade dalle mani.

«Qui avevi due anni, Evie» , mi informa papà.

Avevo due anni e Corey, più grande di me, già mi teneva fra le braccia, proprio su questo divano.

«Che carini» , commenta Adam alle mie spalle.

Chris allunga il collo per guardare la foto e lo stesso fa Léon. Thomas si alza dal suo posto e raggiunge Adam.

«Ma quanto eri brutto, Corey? Ti mancava un incisivo» , commenta Léon, ridendo.

Corey lo fulmina con lo sguardo e, mentre si prendono in giro a vicenda, passo lo scatto ad Adam e ne prendo un altro. La foto che ho in mano ritrae me e Letha intente a guardare un neonato, che presumo sia Alex, addormentato in una culla. Mi viene spontaneo sorridere. Ero legata ai Collins fin dalla nascita e non riesco ancora a crederci.

«Questo è il mappamondo che hai in camera.» Papà mi allunga una fotografia in cui ci siamo io e Corey intenti a girare un globo luminoso. «Non facevate altro che pianificare i vostri viaggi in giro per il mondo.»

Chiudo gli occhi e lascio che i ricordi riaffiorino.

Il mappamondo gira e il mio dito si ferma sull'Italia. «Roma» , leggo con un po' di fatica. «Ci andremo insieme.» Mi volto verso il mio amico che mi sorride. Un ciuffetto di capelli color biondo fragola gli cade al centro della fronte.
«Dove, Robert?»
«A Roma, papà.»
Il signor Collins scoppia a ridere e io, confusa, gli rivolgo un'occhiata. «Perché ridi?» , gli domando.
Si avvicina a noi, si inginocchia per raggiungere la nostra altezza e mi scompiglia i capelli con una mano. «Siete un po' piccoli per viaggiare, Evie.»
«Ci andremo quando saremo grandi» , insiste suo figlio. «Staremo insieme come te e la mamma e andremo a Roma.»

Mi viene spontaneo toccare la mano di Corey. Il cuore mi batte forte. Lui, senza dire nulla, mi rivolge un'occhiata.

«Ed Heron vi diceva che eravate troppo piccoli per viaggiare, ma Robert gli rispondeva sempre che» , continua a dire papà.

«Che, da grandi, io ed Evie saremmo stati insieme come lui e mamma e che avremmo visitato tanti posti» , termina la frase il rosso, senza mai spostare lo sguardo da me agli altri.

«Stai ricordando anche tu» , constato.

Si morde il labbro inferiore e annuisce. Gli altri, intorno a noi, non dicono nulla. Corey mi lascia all'improvviso la mano e si alza in piedi.

«Si è fatto tardi, dovrei rimettermi in viaggio. Grazie per queste delucidazioni sul passato, signor Gray.»

Prima che possa dire qualcosa, Léon mi precede. «Torniamo a casa anche noi, ragazzi?»

Tutti concordano sull'idea. Iniziano a salutare mio padre dopo Corey e li lascio in soggiorno per raggiungere il rosso all'ingresso.

«Corey» , mormoro il suo nome.

Si avvolge in fretta la sciarpa intorno al collo. «Non può funzionare fra noi, Evie.»

Mi fermo di scatto sul posto, ferita e spiacevolmente sorpresa allo stesso tempo. «Perché? Per la storia di Thomas? Ho sbagliato a partire senza avverti e a rifarlo in questi giorni, ma» , inizio a dire.

Mi dà le spalle. «Non è per quello. Non so per quanto tempo starò a casa mia. Potrei non essere capace di far funzionare una storia a distanza.»

«Stai scherzando, vero?»

La rabbia si sostituisce alla tristezza. Non riesco a credere al fatto che mi stia davvero parlando così.

«No. Meriti qualcuno che sia presente per te.»

«Non stai facendo sul serio» , mormoro, sconvolta. «Parli così per quello che è successo, vero? Credi ancora che io sia innamorata di Thomas?»

Guarda alle mie spalle, agitato dal pensiero che gli altri possano sentirci. «Non è per lui» , insiste. «E' per me. Dovrò occuparmi della mia famiglia, da domani in poi, e non voglio che tu sia legata a qualcuno che potrebbe trascurarti.»

«Corey, andiamo?» , gli chiede Léon dopo averci raggiunto insieme agli altri.

«No» , rispondo io.

«No?» , domanda, confuso, Adam.

Spingo Corey lontano dal gruppo con una mano e mi sollevo sulle punte per sussurrargli in un orecchio. «Se vuoi allontanarmi per i tuoi dubbi su Thomas e per le mie recenti fughe, resta qui e parliamone, ma, se hai davvero intenzione di rinunciare a noi due per i motivi banali che mi hai detto, allora, lascia subito questa casa e non cercarmi mai più perché è evidente che le tue sono soltanto scuse. Se per te non valiamo la pena di provarci, ammettilo. Ammettilo e non mentire. Abbi coraggio. Per quel che c'è stato, e c'è ancora da parte mia, fra noi due, merito almeno una spiegazione.»

Abbassa lo sguardo e deglutisce. Fa per dire qualcosa, ma poi ci ripensa. «Sarà meglio così per entrambi.»

In silenzio, sorpassa gli altri ed apre la porta per uscire. Resto pietrificata sul posto. Non riesco a dire una sola parola. Ho un groppo in gola e sento che potrei scoppiare a piangere da un momento all'altro. E' andato via davvero. Ha rinunciato a noi due. I ragazzi, confusi, mi salutano e raggiungono Corey in giardino. Thomas resta per ultimo.

«Thomas» , mormoro.

Senza dire nulla, mi abbraccia. Una lacrima mi cade sulla sua spalla. Si allontana da me e mi asciuga gli occhi. Abbassa per un attimo la testa, sospira e poi la rialza.

«Allora, ci vediamo» , mi saluta.

Annuisco e lo guardo andare via. Chiudo la porta di ingresso e, senza dare spiegazioni a papà, corro a chiudermi in camera. Guardo il mappamondo poggiato sul mio comodino e scoppio a piangere. Mi sembra di essere in un incubo.

•••

E' il ventesimo giorno di Febbraio ed è passata quasi una settimana dal mio ritorno a casa. Corey non si è più fatto sentire e Thomas nemmeno. Ho lottato contro il mio orgoglio, che mi diceva di non fare nulla e di andare avanti, e ho perso. Ho provato a contattarli entrambi un paio di volte e, mentre il primo non mi ha risposto, il secondo ha cercato di liquidarmi subito dopo pochi messaggi. Dalle foto che mette sui social sembra molto impegnato. Passa da una discoteca all'altra e deduco che si stia godendo decisamente la sua pausa dai drammi dell'agenzia.
Io, diversamente da lui, sono a pezzi. Piango, non tocco cibo da giorni e non riesco nemmeno ad alzarmi dal letto o, più che altro, non ne ho voglia. Dormo e faccio passare il tempo. Dormo perché spero che, al mio risveglio, tutto migliori. Spero che Corey si faccia sentire o che mi scriva Thomas e non Adam per mandarmi frasi motivazionali. Ha appreso da Faith che mi trovo in un pessimo stato e sta cercando di risollevarmi il morale. E lo apprezzo, davvero, ma non è ciò di cui ho bisogno al momento.
Ogni tanto, quando pranzo e lascio la mia camera anche soltanto per andare in cucina, mi sembra di fare dei progressi, ma poi ricordo i bei momenti passati insieme a Corey e a Thomas e il fatto che, adesso, non esistano più, mi fa tornare a soffrire.
Un passo avanti e tre indietro. E' così che sta procedendo la mia vita. In tutto questo, credo che i miei genitori, vista la conversazione sentita casualmente ieri sera, mi stiano nascondendo qualcosa, ma, adesso, non ho voglia di indagare.

Scendo le scale e mi fermo in corridoio quando sento la voce di mia madre provenire dalla cucina. «Dovremmo parlargliene, Frederick.» «Non adesso, Victoria. Vuoi che riparta? Non vedi che sta già soffrendo?» Qualcuno apre il lavandino. Papà, probabilmente, che, come al solito, sta lavando i piatti.
Mamma sospira. «Sì, forse hai ragione tu.»

La porta della mia camera si apre e abbandono per un attimo i miei pensieri. Allontano il piumone dal mio volto e riduco gli occhi a due piccole fessure per identificare la sagoma che è appena entrata e che sta andando ad accendere il mappamondo per fare luce nella stanza.

«Evie, posso parlarti?»

Mamma. «No» , taglio corto io. Non ho voglia di ascoltare nessuno.

Lei mi ignora e si stende al mio fianco. Roteo gli occhi e mi volto a guardarla.

«Ho riflettuto molto e ho tratto alcune conclusioni.»

«Mamma, scusa, ma ho sonno. Possiamo parlare domani?»

Sbuffa e mi scopre. «Dormi da giorni. Vuoi passare così il resto della tua esistenza?»

«In realtà, sì, è proprio ciò che ho intenzione di fare. Riposerò fino a quando tutto non andrà meglio.»

«Smettila di fare la sciocca! I problemi della vita non sono questi.» Le sue parole mi fanno inevitabilmente pensare a Corey e sentire stupida. Cerco di scacciarlo via dalla mente e poi capisco che sì, ciò che sta dicendo mia madre è vero. Sto sprecando la mia vita a piangere per dei ragazzi. Non dovrei, ma non riesco a non farlo. «Non soffrirai sempre per amore, te lo dico per esperienza. Prima o poi, ciò che è destinato a te troverà il modo di raggiungerti e sarai felice. Non pensare a nessuno, adesso, e goditi la vita. Ti sembra giusto stare qui a dormire mentre le persone per cui ti stai disperando, probabilmente, in questo momento nemmeno ti stanno pensando?»

«No» , sussurro.

«E allora rialzati, tesoro. Fatti una doccia e poi esci un po'. Spegni il telefono o lascialo acceso in borsa, ma non guardarlo e goditi la serata.» Provo a ribattere, ma mi porta un dito sulle labbra per zittirmi. Sorride in modo malizioso. «Quei due ragazzi, Thomas e Corey, sì, sono carini, ma hai superato Mark, che era davvero bello, te lo ricordi? Perché credi di non poter andare avanti se già una volta, in vita tua, lo hai fatto?»

«Mark non è loro.»

«Mark era davvero carino» , insiste.

«Preferisco Corey e Thomas.»

Mamma sbuffa. «Se Angelina Jolie ha superato Brad Pitt, tu puoi superare quei due. Perché non ci provi con Léon? E' un bel ragazzo ed è molto alto. Non ti piacciono i ragazzi alti con gli occhi verdi? Sembra un po' Christopher e avevi una cotta per lui anni fa, devo ricordartelo?»

«Mamma!» , la richiamo. Imbarazzata, mi copro il volto con un cuscino.

«Che ho detto di male? E' anche single, l'ho visto su Facebook.»

«Mamma! Non devi analizzare i profili dei miei amici!»

«Già fatto. Adam e Faith sono davvero teneri insieme e la fidanzata di Chris mi piace parecchio, è proprio una bella ragazza. Siete amiche, vero? Ho notato che condivide delle cose sulla tua bacheca.»
La fulmino con lo sguardo e lei solleva le mani in segno di resa. Resta un po' in silenzio e poi si dà un colpetto sulla fronte, come se si fosse ricordata qualcosa di importante. Il motivo per cui si è introdotta in camera mia, forse. «Non sono venuta qui per parlarti dei tuoi amici, ma per farti alzare dal letto. Corri a farti una doccia da sola o ti trascino io in bagno con la forza?»

Ecco, appunto. Sbuffo sonoramente e mi tolgo il piumone dal corpo. «Faccio da sola.»

Soddisfatta, mi sorride in modo smagliante.

•••

Un giro. Farò soltanto un giro, dell'isolato, magari, così non mi allontanerò troppo, per accontentare mia madre e poi tornerò a casa. Mi avvolgo la sciarpa intorno al collo ed esco. Stafford mi era mancata. Cammino per i vialetti e mi allontano dalla mia zona di comfort. Raggiungo un bar e ci entro dentro. Scorgo, con mia grande sorpresa, Mark seduto ad un tavolo, intento a sorseggiare un caffè, e sorrido. Lui, a sua volta, mi nota e, allegro, mi fa cenno di avvicinarmi e così faccio. Lo saluto e mi siedo al suo fianco.

«Che cosa ci fai tu qui?» , ci chiediamo, quasi all'unisono.

«Prima tu» , dice, divertito.

«Sono tornata, circa una settimana fa, a trovare la mia famiglia e non so per quanto ancora mi tratterò qui prima di ripartire per Nottingham.» L'arrivo di una cameriera ci interrompe. Prima che possa dire qualcosa, Mark ordina un muffin alle mele per me. «Ricordi ancora ciò che mi piace?» , domando, visibilmente sorpresa.

Si porta una mano sul petto e si finge offeso. «Per chi mi hai preso? Ci siamo lasciati, è vero, ma non per questo ho rimosso tutti i ricordi legati a te o a noi due.» Sorrido, imbarazzata, e abbasso il capo. «Io, invece, sono tornato qui per la festa che ha organizzato il sindaco. Christopher non te ne ha parlato? Sono stati invitati anche lui e la sua famiglia come forma di risarcimento per le ore ingiustamente trascorse in carcere a causa delle accuse di Dorian Evans. Ah, giusto. Verrò premiato, insieme ai miei colleghi, alla festa proprio per il suo arresto.» Sorpresa, schiudo le labbra. Non ne sapevo nulla. «Tutti gli invitati possono portare un ospite» , continua a dire. Non lo ascolto attentamente, però, perché la mia mente è presa da altri pensieri. Anche Thomas parteciperà? Christopher porterà Corey? No, perché dovrebbe? Magari, si farà accompagnare da Léon o da Adam. «Vuoi venirci insieme a me?»

«Come, scusa?» , gli chiedo, tornando in me.

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Salve! Vi ringrazio, la storia ha raggiunto le 10000 visualizzazioni!
Spero che i nuovi capitoli vi stiano piacendo. Cercherò di aggiornare fra una settimana esatta. A presto!

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