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36 - Una notte al citofono

Letha, affannata, entra nella sua stanza e ci lascia, confusi, ad attenderla in corridoio. Torna da noi, dopo un po' di tempo, con una scatola blu di cartone fra le mani da cui estrae un foglio a quadretti, su cui è scritta con dell'inchiostro nero una lettera 'f' in carattere gotico, che porge a Corey.

«Era disegnata sul polso di papà quando hanno ritrovato il suo corpo nella macchina distrutta dall'incidente. Credevo che questa lettera indicasse una parola come 'famiglia' e che se la fosse tatuata di sua spontanea volontà, ma, a questo punto, è molto probabile che il socio di Ares e Pierce, di cui nemmeno conosciamo l'identità, lo abbia ucciso e che abbia anche lasciato su di lui la sua firma.»

La rossa trema e al solo pensiero anche a me vengono i brividi. Corey, furioso, appallottola il pezzo di carta.

«E' soltanto una supposizione» , ricorda Léon, intenzionato a calmarli.

E dal suo sguardo triste capisco che, forse, nemmeno lui crede più di tanto a ciò che ha detto, ma ci spera, ci spera per il bene dei Collins, per il bene del suo migliore amico che ha già sofferto abbastanza e che non merita di stare ancora male.
Sospiro e lo sguardo mi cade sugli altri oggetti contenuti all'interno dello scatolone di Letha; una palla da baseball, un berretto rosso, alcune antiche monete da collezione e una fotografia. Riduco gli occhi a due piccole fessure e per poco non svengo quando mi accorgo che mio padre è nello scatto insieme ad un uomo dai capelli rossi, che, sicuramente, è il padre di Corey, a Pierce, ad Ares ed ad altre persone. Ares.
Pierce.
Frederick Gray.
Indietreggio e mi ritrovo con le spalle al muro. Mi porto una mano sul petto e prendo un respiro profondo, ma nessuno lo nota. Stanno tutti parlando della lettera tatuata sul polso del signor Collins.
A come Ares.
P come Pierce.
F come Frederick.
Sudo freddo. No, non è possibile. Mio padre non è un assassino.

«Dovremmo calmarci, ragazzi.» La voce di Chris mi distoglie dai miei pensieri. Brad, Léon, Letha e Corey, così come me, si voltano a guardarlo. «Non è detto che vostro padre sia stato ucciso, anche se, al momento, ci sembra molto probabile. Ne parleremo con Dave dopo la festa. Godiamoci un po' di tranquillità, adesso. Una buona parte dei criminali di quell'organizzazione è stata arrestata e, anche se uno di loro fosse ancora a piede libero, cosa potrebbe mai fare da solo contro tutti noi?»

Gli altri restano in silenzio. Letha, dopo un po', sospira e Corey abbassa il capo. Le parole del poliziotto sembrano aver calmato il gruppo. Non me, ovviamente. Mi sento esplodere e il pensiero che Dave abbia deciso di concederci una serata di svago per il parziale successo ottenuto mi sembra assurdo.
Non possiamo riposare, nemmeno per un istante.

«E va bene, niente drammi per una sola serata. Proviamoci, ce lo meritiamo» , afferma Brad.

Non me la sento di dire nulla. Non voglio rovinare la serenità dei miei compagni.
Chiudo gli occhi per un istante e mi viene in mente mio padre. Dei brividi mi attraversano la schiena e inizio ad avvertire un senso di nausea.
Che cosa devo fare? Devo parlare a qualcuno della fotografia o devo tornare a casa e affrontare da sola papà?
Corey, Chris, Léon, Adam e Thomas sono le persone di cui mi fido di più fra tutti.
Un momento.
Thomas.
Thomas potrebbe ritrovarsi faccia a faccia con Rae da un momento all'altro.

«Devo» , sussurro con voce flebile. Tutti si girano a guardarmi. «Devo andare» , dico, prima di scappare via.
Correndo raggiungo la camera del mio capo e busso alla porta, ma non viene ad aprirmi nessuno. Mi precipito allora verso l'ascensore e, una volta dentro, premo il bottone del piano interrato. Passo in rassegna ogni stanza fino a quando delle urla, provenienti dalla sala riunioni, non mi fanno fermare sul posto. Thomas.
Più allarmata di prima, mi affretto a raggiungere la fonte delle grida. Mi ritrovo davanti il mio capo con le mani sul volto. Il suo torace si solleva e si riabbassa ritmicamente. Indietreggia mentre Rae, con le lacrime agli occhi, trattenuta da Rex, cerca di avanzare per andargli incontro.
Thomas si volta di scatto e si accorge di me. Trema e leggo il terrore nelle sue iridi scure. Mi sorpassa e abbandona la sala riunioni. Corre verso la mensa e lo seguo. Apre la porta di scatto, entra nella stanza e gli corro dietro. Si accascia contro una parete e mi lascio cadere sulle ginocchia davanti a lui. «Guardami» , gli dico, portandogli le mani sulle guance.
Gli asciugo le lacrime con i pollici.

«Lei è qui. E' viva» , mormora, sconvolto. Trema e mi mordo con forza il labbro inferiore per costringermi a non scoppiare a piangere a mia volta. Non riesco a vederlo in questo stato. «Non è possibile» , sussurra.

«E' davvero lei, Thomas» , lo informo. «Dorian ha assassinato la gemella da cui Rae era stata separata alla nascita, Fran.» Corruga la fronte, sempre più confuso. «Temeva che suo fratello potesse farti del male e ti ha allontanato dalla sua vita. E' stata costretta a nascondersi per non farsi trovare e uccidere da lui o da suo padre. Ha assunto una nuova identità, si è trasferita accanto a casa mia e con degli astuti trucchi ci ha condotti fino al testamento e a casa dei suoi nonni.»

Thomas, frastornato, si porta le mani sulle tempie. «Non ci sto capendo più nulla» , ammette.

«E' normale» , lo rassicuro.

«Ma so che mi ha mentito. Ho sofferto per mesi e ho avuto problemi a gestire la rabbia. Mi sono dato colpe che non avevo e ho fatto del male anche a te, allontanandoti senza darti spiegazioni, per proteggerti da me stesso. Non posso perdonarla. Non voglio più vederla.»

Prima che possa dirgli qualcosa, mi getta fra le sue braccia. Scoppia a piangere e viene spontaneo anche a me fare lo stesso. Non ce la faccio più. Thomas sta male e mio padre potrebbe essere l'assassino del signor Collins, potrebbe essere l'uomo che ha sottratto al ragazzo che amo la sua figura di riferimento maschile.

•••

E' ormai sera.
Selene, allegra, si sta arricciando i capelli.
Non ho alcuna voglia di andare alla festa.
Fisso il mio riflesso nello specchio e penso soltanto allo stato d'animo di Thomas e al fatto che mio padre potrebbe aver rovinato la famiglia di Corey e la sua infanzia.

«Dopo la morte di mio padre, iniziai a rubare per aiutare la mia famiglia ad andare avanti. Piccoli furti, nulla di clamoroso, ma non ne vado comunque fiero. Mia madre non lo sa. Non avrebbe, ovviamente, mai approvato. Tornavo semplicemente a casa con soldi o oggetti che spacciavo per regali di persone benevole.» Una lacrima mi riga una guancia. Non riesco a trattenerla. Mormoro il suo nome e lui me l'asciuga. «Mi convinsi di assomigliare a Robin Hood. Rubavo ai ricchi per dare ai poveri. Era più facile sottrarre qualcosa a qualcuno con un credo del genere. In cuor mio, sapevo di sbagliare. Segnavo ogni furto sul mio diario con l'intenzione, un giorno, di restituire indietro tutto. E questo resta, ancora oggi, il mio obiettivo. Cercherò di guadagnare abbastanza per risarcire le persone che ho danneggiato.»

Ho un groppo in gola e gli occhi lucidi, ma mi sforzo di non piangere. Non voglio che Selene lo noti.
Devo proteggere i Collins, ma, allo stesso tempo, non posso lasciare che degli agenti si presentino a casa mia per arrestare mio padre senza prove sufficienti della sua colpevolezza. Lo affronterò da sola. Partirò quando tutti andranno a dormire. Gli chiederò della fotografia e farò luce sulla questione.
Che cosa ci faceva, poi, con Ares e Pierce?

«Ti faccio i boccoli?» Selene si avvicina a me e mi accarezza con dolcezza i capelli. Mi volto appena a guardarla, le sorrido e rifiuto la sua offerta. Mi rallegra almeno il pensiero che lei sia diventata mia amica. L'avevo giudicata male. «Come vuoi, ma promettimi che non avrai quell'espressione imbronciata per tutto il resto della serata. So che sei preoccupata, è normale, lo siamo tutti, ma abbiamo vinto comunque una battaglia importante, anche se non la guerra, ci meritiamo un po' di svago.»

Evito di dirle che non ho alcuna intenzione di andare alla festa. Non mi capirebbe e mi trascinerebbe con la forza fuori dalla camera.

«Ci proverò» , mi limito a risponderle. Mi pizzica una guancia e poi corre in bagno a rifarsi il trucco. Quando ne esce fuori, mi trova stesa sul letto e mi invita ad alzarmi e a darmi una sistemata. «Non preoccuparti per me, vai dagli altri. Ci vediamo a mensa fra poco» , cerco di mandarla via.

Sbuffa, ma poi si avvicina lo stesso alla porta della nostra camera e la apre. «Torno a riprenderti fra mezz'ora con i rinforzi» , dice, prima di sparire dal mio campo visivo.

Era una minaccia? Non importa.
Mi copro gli occhi con le braccia e sospiro. Non voglio proprio andarci a quella festa.
Mi metto seduta sul materasso ed esco dalla stanza. Selene potrebbe davvero tornare a prendermi e, per questo, è meglio nascondersi. Decido di andare sul tetto, ma, sorpassata la camera di Thomas, mi fermo e torno indietro a bussare alla sua porta.
Sarà andato alla festa? Starà meglio?
Viene ad aprirmi dopo un po'. Ha gli occhi cerchiati e un'espressione decisamente avvilita. Indossa una maglietta blu a maniche corte e dei pantaloni grigi della tuta. Come me, a quanto pare, ha deciso di non partecipare alla serata.

«Evie» , mormora, sorpreso.

«Volevo accertarmi che stessi bene» , confesso.

Forza un sorriso. «In realtà, sto uno schifo» , ammette. «In ogni caso, vieni, entra.»
Si sposta per farmi passare e lo sorpasso per andarmi a sedere sul suo materasso. Si accomoda accanto a me. Mi tolgo le scarpe, circondo con le braccia le gambe e appoggio la schiena al muro. «Va bene, fa come se fossi a casa tua, come al solito.»
Sorride, divertito, e sfugge una risata anche a me.

«Non hai ancora cambiato idea su Rae? Non vuoi proprio darle un'altra possibilità? Potrebbe spiegarti, se le parlassi, il perché del suo comportamento.»

Si fa improvvisamente serio e scuote il capo con vigore. «Non se ne parla» , taglia corto.

«Scusa, non volevo intromettermi» , mormoro, mortificata.

Vorrei che stesse bene, non che si arrabbiasse. Non ne combino mai una giusta. Mi accarezza un ginocchio e forza un sorriso.

«Non devi scusarti, non hai detto nulla di sbagliato» , mi rassicura. «E' solo che il pensiero di tutto ciò che sta accadendo mi fa infuriare. Non riesco ancora a credere che Rae sia viva e che me l'abbia tenuto nascosto per tutto questo tempo.»

Inizio a fissare la parete di fronte a noi. «Lo ha fatto per proteggerti.»

Un po', adesso, mi sembra di capirla. Non ha detto a Thomas la verità per tenerlo al sicuro come io non posso dire a Corey di mio padre per non spezzargli il cuore o agli altri agenti dei miei sospetti.
Se si presentassero a casa mia per arrestare papà, mia madre, probabilmente, non reggerebbe il colpo. E come darle torto? Mio padre assassino e io e Gabe agenti dei Servizi Segreti, in lotta da un bel pezzo contro il crimine. Sì, crollerebbe.
E se mio padre non fosse colpevole? Beh, in quel caso non reggerebbero il colpo né lui né mamma.
Non è roba da poco scoprire che tua figlia rischia la vita ogni giorno per combattere contro una pericolosa organizzazione di criminali.

«Evie, che hai?» La voce di Thomas mi fa tornare in me e mi volto a guardarlo. Mi accarezza la nuca e mi osserva in modo apprensivo.

«Niente, sto bene» , mento, forzando un sorriso.

Scuote la testa. «So che non è così, ho imparato a conoscerti. Che hai?» , chiede, ancora.
Sospiro e abbasso lo sguardo. Posso dirglielo? Mi mordo il labbro inferiore. So che posso fidarmi di lui. Sollevo il capo e faccio incrociare i nostri sguardi. Gli parlo della fotografia, dei sospetti che ho su mio padre e del mio piano di tornare a casa, all'insaputa di tutti, per affrontarlo, prima che gli agenti si accorgano di ciò che ho notato e si precipitino ad arrestarlo anche senza prove sufficienti della sua colpevolezza. «Verrò con te.»

«No, Thomas» , tento di dissuaderlo.

Mi porta entrambe le mani sulle spalle e mi costringe a fissarlo. «Non puoi affrontare tutto questo da sola. Prenderemo un mezzo del quartier generale e torneremo a casa. Staremo da mia sorella fino a quando non ti sentirai pronta a confrontarti con tuo padre.» Scuoto la testa, sempre poco convinta. Non voglio coinvolgere nessuno in questa follia. «Voglio andare a trovare mio nipote. Ti sembra comodo rubare due mezzi per raggiungere la stessa città? No, quindi faremo il viaggio insieme. Se vorrai, verrò anche con te da tuo padre.»

Sospiro, ma mi sfugge un sorriso. Senza dire nulla, lo abbraccio. Mi stringe con forza a sé e mi accarezza i capelli. «Grazie» , sussurro.

Mi bacia la fronte. «E adesso, vai nella tua stanza a prepararti, dobbiamo andare alla festa e comportarci in modo normale per non destare sospetti. Partiremo nel cuore della notte.» Prima che possa dire qualcosa per protestare, mi porta un dito sulle labbra. «Per una volta, fidati di me.»

Roteo gli occhi e sbuffo, ma cedo e decido di ascoltarlo. «Va bene, ci vediamo giù.»

•••

Entro a mensa e in molti si voltano a guardarmi. Ho raccolto i capelli in una crocchia e ho indossato un abito lungo color pesca. Il mio sguardo e quello di Léon si incrociano. Ghigna e solleva verso l'alto il suo bicchiere colmo di champagne e Chris, accanto a lui, mi sorride.

«Sei bellissima, Evie.» Riconosco la voce di Selene e mi volto. Ha in mano un piatto pieno di stuzzichini.

«Sei arrivata, per fortuna. Voleva costringerci a venirti a prendere in camera» , mi informa Adam, che sbuca alle mie spalle, affiancato da Faith.

Ringrazio la rossa e faccio per dire altro, ma mi ammutolisco quando vedo entrare anche Thomas nella stanza. Indossa una semplice camicia azzurra che gli dona molto. Si avvicina con passo spedito al nostro gruppo.

«Buonasera, compagnia» , saluta.

Mi accarezza la schiena scoperta e sussulto. Sollevo il capo per guardarlo negli occhi e mi sorride.

«Dovete dirci qualcosa?» , domanda Selene.

«Cosa?» , chiedo, allarmata, con voce più acuta del normale. Non può aver intuito il nostro piano. E' praticamente impossibile.

«Non lo so, fai un po' tu» , risponde. Ci squadra entrambi con fare inquisitorio. «Siete arrivati insieme. Mi hai mandata via per farlo entrare in camera nostra?»

«Selene!» , l'ammonisce Faith.

Imbarazzata, avvampo. «No, assolutamente. E' soltanto una coincidenza» , mi difendo.

Scettica, Selene annuisce per non mettersi a discutere nel bel mezzo della festa. Quando si allontana con Adam e Faith tiro un sospiro di sollievo. «Meglio che pensi che abbiamo una storia e non che scopra il nostro piano» , commenta Thomas.

«Meglio che non pensi a noi e basta» , lo correggo.

«Non ti piace proprio l'idea di noi due insieme?» , chiede, divertito.

Con la coda dell'occhio, noto Corey in fondo alla sala. «Vado, ci vediamo più tardi» , lo liquido senza neanche rispondergli.

Dovrei evitare i Collins, visti i miei sospetti, ma non riesco a stare lontana da Corey. Lo raggiungo quando è di spalle. Picchietto un dito fra le sue scapole e si volta a guardarmi.

Sussulta, sorpreso. «Evie» , mormora.

«Come stai?» , gli chiedo.

Si guarda intorno, come se stesse cercando una via di fuga, e la cosa mi fa rimanere male. «Meglio, grazie per avermelo chiesto.» Mi mostra il suo piatto vuoto. «Vado a prendere qualcosa da mangiare, ho fame.»

Si allontana prima che possa dirgli altro e, delusa, mi limito ad osservarlo andare via.
Ha visto la foto? Ha riconosciuto mio padre e mi sta evitando perché crede che sia un assassino? Mi sta evitando perché crede che mio padre sia la causa delle sofferenze patite in questi anni da lui e dalla sua famiglia?
Mi sento mancare l'aria.
Corro in corridoio e mi lascio cadere a terra. Singhiozzo e mi mordo con forza il labbro inferiore per costringermi a non farlo.

«Evie, che è successo?» Faith e Selene corrono verso di me con Rae e Letha al seguito.

«No, vi prego, ragazze, tornate dentro, va tutto bene, sul serio» , cerco di mandarle via.

Letha si inginocchia e mi abbraccia. Il suo gesto mi fa pensare che Corey, allora, non mi sta evitando per via di mio padre.
Che cosa è successo, quindi? Ha cambiato idea su di noi? Non vuole più saperne nulla di me? Che cosa ho sbagliato con lui, ancora?
Il pensiero mi fa scoppiare a piangere. La rossa mi stringe con più forza e mi dice di calmarmi.

«Corey» , mormoro.

Rae sbuffa. «Lo sapevo, è colpa di un ragazzo, come al solito. Riescono mai a farne una giusta?»

«Il mio fidanzato è partito per Amsterdam senza avvertirmi durante le vacanze di Natale mentre lo aspettavo a casa» , le racconta Selene. «Quindi no, la maggior parte della volte non ne sono capaci.»

«Tesoro, che cosa è successo?» , mi domanda Faith, preoccupata.

«Corey sta cercando di evitarmi. Credevo che le cose fra noi potessero sistemarsi, ma, a quanto pare, non è così. Che cosa gli ho fatto? Che cosa ho sbagliato?»

Mi porto le mani sul volto e continuo a singhiozzare. Letha mi accarezza i capelli. «Evie, non hai sbagliato nulla. Mio fratello è un idiota. Chissà che cosa si è messo in testa questa volta. Lo conosci, ormai. Sai che si fa mille paranoie e si rovina da solo tutto ciò che gli capita di bello nella vita. Si risolverà ogni cosa.»

«E, semmai non dovesse risolversi, troverai di meglio. Alzati, Evie. Vieni a ballare con noi» , cerca di convincermi Rae.

«Ha ragione, il mare è pieno di pesci» , le dà corda Selene, sorridendo. «Se ti vede vestita così e, invece di saltarti addosso, scappa, è soltanto un imbecille. Asciugati le lacrime e andiamo a divertirci. E' lui che ci perde, non tu.»

Le loro parole mi danno coraggio. Prendo dei respiri profondi per calmarmi e mi asciugo le lacrime.

Letha, in difficoltà, si gratta la nuca. «Non ti incoraggerò a lasciar perdere Corey, sia chiaro, ma hanno ragione sul fatto che tu debba alzarti e venire a ballare.» Si mette in piedi e mi tende una mano.

Mi sollevo da terra e mi stiro il vestito con entrambe le mani. «Andiamo» , dico.

Rae mi sorride.

«Dove? Sei impazzita? Hai il trucco sbavato» , mi fa notare Selene. Mi blocca un polso con una mano per tenermi ferma. «Liberate la pista, ragazze. La sistemo e vi raggiungiamo.»

E, per un attimo, dimentico tutti i miei problemi e mi sento addirittura felice perché ho delle amiche e sono davvero fortunata.

•••

E' notte fonda. Thomas mette in moto l'auto appena sottratta al garage del quartier generale e si avvia verso Stafford. Mi passa il suo cellulare e lo spengo dopo averlo privato della SIM. Faccio lo stesso con il mio e tiro un sospiro di sollievo.
Nessuno ci rintraccerà. O almeno lo spero.

«Riposa un po'» , mi dice. Mi accarezza un ginocchio. «Ti sveglio appena arriviamo.»
Lo ringrazio e chiudo gli occhi. Sono stremata. E' stata una giornata intensa.
Schiudo le palpebre, dopo non so quanto tempo, e me le stropiccio quando Thomas, dolcemente, mi scuote un braccio. Guardo la palazzina rossa che si scorge dal finestrino del capo. «E' il condominio in cui abita mia sorella» , mi informa.

Scendiamo dall'auto e cerco di sistemarmi al meglio i capelli. Sono impresentabile. Mi rendo conto che il nostro piano è veramente stupido quando Thomas preme il dito contro il citofono. E' notte fonda. Sto davvero disturbando una sconosciuta per autoinvitarmi a dormire a casa sua? Oh mamma, che imbarazzo.

«Torno in macchina» , dico.

«Chi è?» , gracchia una voce maschile, assonnata e infastidita, dall'altro capo del citofono.

«Gavin, sono Thomas, apri.»

«Thomas? E' uno scherzo, vero?»

«Chi è?» , si aggiunge una voce femminile a quella del misterioso uomo.

«Dice di essere tuo fratello.»

«Becky, sono io, apri!» , grida il mio capo per farsi sentire.

Gli dico di fare silenzio. Non voglio che svegli tutto il condominio e che qualcuno chiami la polizia.

«Tommy, che cosa ci fai qui a quest'ora? Stai dando i numeri più del solito, lo sai, vero?»

«Apri» , piagnucola lui.

Sento la ragazza sbuffare. Ci apre il cancello e Thomas, soddisfatto, mi invita a passare per prima. Mi sorpassa subito dopo e mi prende per mano per trascinarmi con lui all'interno del portone che raggiungiamo dopo aver attraversato il cortile. Saliamo in ascensore fino al terzo piano e mi blocco sul posto quando mi ritrovo davanti la sorella di Thomas e quello che probabilmente è suo marito. Tengono la porta del loro appartamento spalancata e trattengono a fatica degli sbadigli. Il mio capo si tuffa fra le braccia della sbigottita ragazza minuta dai lunghi capelli corvini e il presunto Gavin, divertito, si lascia sfuggire un sorriso prima di puntare lo sguardo su di me. Mi tende una mano per presentarsi e, intimidita, mi avvicino in fretta per stringergliela.

«Sono Gavin, il cognato di Thomas» , si presenta. Ha i capelli biondi e ricci e gli occhi color ghiaccio. Tossisco per schiarirmi la voce.

«Evie» , dico.

«Sei la sua ragazza?» , mi chiede il biondo.

«Gavin, che bella domanda!» , interviene Thomas, allarmato. «Ne riparliamo domani, che ne dici? E' un po' tardi, adesso, siamo stanchi.»

«Sono Rebeccah, ma puoi chiamarmi Becky» , si presenta, intanto, la proprietaria di casa, sorridente. Ha dei meravigliosi occhi color nocciola.

«Sono Evie, è un piacere conoscerti» , affermo, sincera. «Ho sentito parlare di te da Stewart» , la informo.

Non vedo il nipotino di Thomas da un po', a pensarci bene.

Sentendo il nome del figlio, sorride. «Ci sono! Sei Evie, la ragazza con cui Stewart ha passato gli ultimi giorni dell'anno! Mi ha raccontato della vostra avventura e del suo nuovo amichetto Tim.»

Tim. Mi manca davvero tanto quel bambino.

«E' tutto molto bello, ma possiamo chiacchierare domani? Devi ospitarci qui stanotte, Becky» , frena il nostro entusiasmo Thomas.

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Salve! Scusate il ritardo, ma non ho potuto pubblicare prima questa parte perché ho avuto molto da fare negli ultimi giorni.
Con questo capitolo inizia ufficialmente l'ultima parte della storia.
A proposito, andate a guardare il teaser che ho appena postato, mi raccomando!
Vi lascio con due nuovi personaggi. A presto!
Rebeccah è interpretata da Adelaide Kane

e Gavin, suo marito, da Toby Regbo

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