33 - L'eredità
Premo le mani contro il pavimento e, a fatica, mi rialzo. Mi aggrappo ad una sedia per non cadere e inizio a guardarmi intorno. Sono a mensa e mi sento stordita.
Faccio mente locale e ricordo che Thomas mi ha iniettato qualcosa che mi ha fatto perdere i sensi. Uno dei sedativi a presa rapida di Judy, probabilmente.
Perché? Perché lo ha fatto?
Mi tocco istintivamente il collo e mi rendo conto di non avere più addosso il ciondolo con la chiave di Elaine. Presa dal panico, lascio la stanza e raggiungo il corridoio.
L'ha rubato Thomas. Mi ha sedata per sottrarmi la chiave che mai gli avrei dato.
Inizio a correre verso l'esterno del quartier generale. Qualcosa mi dice che, se Thomas mi ha derubata, ha sicuramente intenzione di scappare via, per non so quale motivo, con il mio ciondolo.
Raggiungo il cortile. Ho il fiato corto. Mi fermo quando scorgo il mio capo seduto a terra, accanto al garage, intento a rigirarsi qualcosa fra le dita. Si accorge di me e solleva lo sguardo. Lascia cadere a terra della polvere grigia e si pulisce i palmi di entrambe le mani sulle ginocchia prima di rialzarsi. Fa per avvicinarsi a me e io, istintivamente, indietreggio. Mi sento confusa, ferita, infuriata e spaventata allo stesso tempo.
Perché voleva la chiave? Perché si è scusato con me? Da che parte sta? Ci ha traditi?
«Complimenti» , dice. «Quella chiave sembrava davvero realistica. Hai chiesto a Chase di realizzarla?» Gli sfugge un sorrisetto che è un misto fra l'afflitto e il divertito.
Una lacrima mi riga una guancia. Delusa, avanzo verso di lui e sollevo una mano per schiaffeggiarlo, ma, prontamente, blocca il mio colpo e mi spinge contro la parete del garage alle sue spalle. Spaventata, inizio a tremare e chiudo gli occhi. Mi solleva il mento con un dito e io trovo la forza di spingerlo via. Non demorde e preme le mani contro il muro ai lati del mio corpo per bloccare ogni via di fuga.
«Lasciami, traditore!» Adesso, non sono più spaventata, ma soltanto ferita e arrabbiata.
«Non farei mai del male a te o agli altri» , tenta di tranquillizzarmi.
«Mi hai sedata e lasciata a terra a mensa priva di sensi» , gli ringhio contro.
«Dove hai nascosto la vera chiave?» , domanda, impassibile.
«Dovrai torturarmi per farmi parlare. Non ti permetterò di portarla a Dorian» , scandisco bene ogni parola.
Abbassa il capo e gli sfugge una risata amareggiata. «E' questo che ciò pensi? Credi che io sia in combutta con l'assassino di Rae?» Mi guarda e sembra sinceramente ferito.
«Non so più cosa pensare» , rispondo con voce tremante.
Si morde con forza il labbro inferiore e colpisce la parete metallica alle mie spalle con un pugno. Spaventata, sussulto e spalanco gli occhi. «Perché non capisci che sto facendo tutto questo per te?» , mi urla contro. «Per proteggere te e gli altri» , si corregge.
«Mi hai sedata» , sussurro.
Si allontana da me e, apparentemente disperato, inizia a passarsi le mani fra i capelli. «Se ti avessi chiesto la chiave, me l'avresti data?»
Prendo un respiro profondo. «No» , rispondo, sincera.
Ridacchia. «E' esattamente questo il motivo per cui sono stato costretto ad addormentarti per rubartela. Ti conosco, ormai.»
Confusa, mi avvicino a lui che si volta a guardarmi. «Perché la volevi?» Non mi risponde e, infastidita, gli do un colpetto su una spalla.
«Per andare a Mablethorpe. Stanno soffrendo tutti a causa mia ed è giusto che, da ora in poi, segua da solo gli indizi di Rae senza coinvolgere nessuno in imprese pericolose.»
Quasi non riesco a credere al fatto che abbia avuto la mia stessa idea. Forse, siamo più simili di quanto immaginassi.
«Ho io la chiave e non ti permetterò di partire senza di me.»
Seccato, sbuffa. «Perché vuoi morire?»
Lo fulmino con lo sguardo e serro i pugni. «Non voglio morire. Ho soltanto intenzione di proteggere te e tutti gli agenti del quartier generale. Non coinvolgeremo gli altri nella spedizione, ma l'affronteremo noi due da soli, insieme. Prendere o lasciare.»
Inizia ad osservarmi, serio. «E a Corey non pensi? Credi che gli piaccia l'idea di lasciarti compiere un'impresa suicida?»
Deglutisco. So che, quando scoprirà il mio piano, soffrirà, ma voglio soltanto proteggerlo perché lo amo. «Certo che ci penso» , rispondo, continuando a sostenere il suo sguardo. «Le probabilità che lo scelgano per la missione sono alte e non posso permettergli di partire. Potrebbero ferirlo o ucciderlo e io voglio soltanto che viva a lungo e felice perché lo merita più di chiunque altro al mondo.»
Thomas sorride, divertito. Confusa, aggrotto le sopracciglia. «Sai che cosa ho capito?» Non rispondo e aspetto che parli. «Io e Corey siamo soltanto due poveri idioti. Abbiamo passato gli ultimi mesi a tentare di proteggerti, ma la verità è che tu non sei fragile e non vuoi essere salvata da nessuno perché preferisci combattere e non ti stanchi mai di farlo, per quanto questa cosa non ci vada a genio.» Tende una mano verso di me e inizia a giocare con i miei capelli. Spiazzata, resto ferma sul posto. «E ho capito anche che sei più simile a me di quel che credi. Siamo testardi, entrambi, ma, fino ad ora, con te sono stato troppo accondiscendente. Le cose stanno per cambiare, sappilo. Partirò da solo, che tu lo voglia o meno. Troverò quella chiave, te lo posso garantire, dovessi smuovere mari e monti per appropriarmene.» Sorride e mi lascia ricadere la ciocca sulla spalla.
«Non andrà così» , dico, decisa.
«E invece sì» , ribatte, sicuro. «Io affronterò una missione suicida e tu resterai qui con il tuo dolce e caro ragazzo. A proposito, sai che non è bello nascondere le cose? Specialmente a chi ti tiene costantemente al corrente dei propri piani e ti dà sempre la possibilità di scegliere, anche se questo comporta lo stare a guardare mentre metti a rischio la tua vita.»
Sento la rabbia crescere in me. «La mia relazione con Corey non ti riguarda» , affermo, acida.
«E invece sì, dal momento in cui hai deciso di partire con me senza avvertirlo perché vuoi proteggermi.»
«Io non ho deciso di partire con te. Volevo partire da sola e saperti qui al sicuro insieme a lui e agli altri» , mi lascio sfuggire.
Strabuzza gli occhi, sorpreso. «Non stai migliorando la tua posizione» , mi fa notare. Avanza e io indietreggio. «Perché ti importa così tanto di me?»
«Mi importa anche degli altri.»
«Mi ami.»
Gli porto entrambe le mani sulle spalle e lo spingo via. «Smettila! Io ho scelto Corey. Sono innamorata di lui.»
«Non neghi però di provare qualcosa di forte anche per me.»
«Perché ti stai comportando così?» , chiedo, irritata.
«Perché non voglio morire senza sapere ciò che provi realmente per me.»
«Non morirai! Verrò con te, ci copriremo le spalle a vicenda e usciremo entrambi illesi da casa dei nonni di Rae.»
«No, resterai qui!»
«Non andrete da nessuna parte da soli.» Mi irrigidisco sul posto e mi volto, come anche Thomas, verso l'ingresso del quartier generale. Dave, a braccia conserte, ci osserva. «Fortunatamente, ero sveglio e vi ho visti dalla mia stanza. Volevate andar via senza avvertire nessuno? Rubando un mezzo dal garage, magari? Mi dispiace, ma non permetterò mai a due miei agenti di affrontare da soli una missione così rischiosa.»
•••
Resto ferma a guardare il sacco da boxe che oscilla. Mi sento profondamente turbata e ho troppi pensieri per la testa.
Dave ha trovato un accordo con me e Thomas. Partiremo domani mattina all'alba per la missione insieme ad una scorta, di cui, ovviamente, non faranno parte i nostri amici, che interverrà soltanto in caso di necessità. Entreremo a casa dei nonni di Rae unicamente io e il mio capo.
Sospiro. Dovrò nascondere tutto a Corey e questo potrebbe essere il nostro ultimo giorno insieme, se la spedizione andasse male. Il pensiero mi distrugge. Non sono preoccupata per me, ma per lui. Non voglio che soffra. Dovrò cercare di sopravvivere soltanto per tornare qui da lui e non lasciarlo con il peso di dover affrontare la mia perdita. Sto facendo una sciocchezza?
Mi sento male. Mi sento confusa. Non so davvero come comportarmi. Vorrei poter trovare la soluzione migliore, ma è tutto dannatamente complicato e qualsiasi mia scelta potrebbe mettere a rischio la vita di qualcuno.
No, non posso cambiare idea adesso. Partirò senza dire nulla a Corey e farò tutto il possibile per riabbracciarlo.
«Dovresti colpirlo.» Torno in me e mi volto. La palestra si è svuotata. Corey mi sorride e mi indica il sacco con un cenno del capo. Ha la fronte imperlata di sudore e la maglietta bianca incollata al torace. Mi guardo intorno. Oltre noi, qui non c'è più nessuno. «Ma, se ti sei stancata di farlo, magari, puoi lottare un po' contro di me.»
Sposta una gamba in avanti e posiziona le mani chiuse a pugno davanti al volto. Riesco soltanto a guardarlo e a pensare a quanto sia bello. Sorrido e avanzo. Sferro un pugno che lui, prontamente, schiva. Chiude le dita intorno al mio polso e, con un movimento rapido, mi fa ruotare sul posto e mi schiaccia contro il suo torace. Mi blocca portandomi un braccio sulla vita e chiudo gli occhi, estasiata, quando mi sfiora il collo con le labbra. «O puoi accompagnarmi a fare la doccia» , propone. Non riesco a trattenere l'impulso di saltargli addosso. Mi volto di scatto e lo bacio. Mi spinge contro la colonna alle mie spalle e mi solleva da terra. Gli circondo il bacino con le gambe e lascio che si avventi sulle mie labbra. Gli accarezzo i capelli e torno con i piedi sul pavimento. Lo trascino con me su un materasso e gli tolgo la maglietta chiara che mi faccio cadere accanto. «Dormi con me stanotte?»
Non posso. Se mi vedesse andare via all'alba, scoprirebbe il piano che ho architettato con Dave e Thomas.
Non voglio mentirgli, ma devo inventarmi qualcosa. «Selene sta male per Christopher» , inizio a dire.
Ho l'affanno. Il suo naso mi sfiora una guancia. «E vuoi farle compagnia, vero? Lo capisco, non preoccuparti. Recupereremo.»
Penso al fatto che potrei non rivederlo mai più dopo oggi e una lacrima mi riga una gota. Mi affretto ad asciugarmela e cerco di scacciare via l'orribile pensiero dalla mente.
«Ragazzi!» Riapro di scatto gli occhi e, imbarazzata, mi volto verso la porta. Letha, inizialmente, sembra sconvolta, ma poi le sue labbra si increspano in un sorriso.
Corey, imbarazzato, si tuffa accanto a me. Mi metto seduta e, rossa in volto, tento di ricompormi e inizio a passarmi con insistenza le mani fra i capelli per cercare di sistemarmeli.
Léon, divertito, ghigna. «E' bello sapere che non vi limitate a tenervi per mano nei vostri momenti di intimità. Sono fiero di voi, ragazzi» , dice.
Letha lo colpisce con una gomitata e lui la fulmina con lo sguardo. Dietro di loro, in silenzio, Thomas ci osserva. Mi viene spontaneo, per la vergogna, abbassare il capo.
«Non volevamo disturbarvi» , ci informa la rossa. «Vi stavamo soltanto cercando per dirvi che dovreste venire a mensa. E' tardi e non è rimasto quasi più nulla per cena.»
•••
Credo siano le cinque del mattino. Adrian guida sereno con Brad accanto. Dietro i due ci sono altri tre agenti di cui nemmeno ricordo il nome. Non conosco poi tutti i membri del quartier generale.
«Mi dispiace per come mi sono comportato due sere fa.» Mi volto verso Thomas. «Sei innamorata di Corey, è chiaro. Hai scelto lui e devo rispettare la tua decisione. Pensavo soltanto che fra noi ci fosse ancora qualcosa» , sussurra.
«Basta, Thomas» , lo interrompo. «Non parliamone più e concentriamoci sulla missione. Accetto le tue scuse.»
Fa per dire qualcosa, ma poi ci ripensa e si morde un po' il labbro inferiore. «No, non fa niente, hai ragione tu. Pensiamo alla missione, adesso.»
Mi volto verso il finestrino. Scorgo il mare e sento l'ansia crescere in me. La nostra destinazione, a quanto pare, si trova poco distante dalla spiaggia.
E' quasi arrivata l'ora della verità.
Serro le dita intorno alla chiave originale che mi sono appesa al collo durante il viaggio. Scopriremo, finalmente, che cosa ha lasciato Rae a Thomas. Sta per concludersi tutto? Vivremo, finalmente, tutti felici? Riusciremo a far finire Dorian in carcere? Christopher tornerà da noi?
Basta, Evie.
Devo cercare di non pensare più a nulla.
Quando Adrian ferma il furgone blindato davanti ad una villetta bianca con il tetto rosso, immersa in un giardino decisamente poco curato, mi viene spontaneo deglutire e stringere la mano di Thomas. Mi guarda, ma non dice nulla. So che, come me, ha paura. Non sappiamo che cosa ci aspetta. Potrebbe andare tutto bene, ma non è da escludere l'eventualità che qualcuno ci stia aspettando in casa per farci del male.
«Entriamo con voi» , dice Brad.
«No, dobbiamo rispettare le indicazioni che ci ha dato Dave» , gli ricorda Adrian. Il ragazzo sbuffa. «Evie ha un microfono nella giacca. Le basterà dire la parola stabilità, in caso di difficoltà, e torneremo qui ad aiutarli.»
«L'autista ha ragione» , fa sentire la sua voce uno degli altri tre agenti. «Non sarebbe saggio disubbidire a Dave. Facciamo quello che ci ha chiesto e basta.»
Ringrazio mentalmente il ragazzo dal nome a me attualmente sconosciuto e, dopo aver salutato tutti, Adrian in modo più affettuoso con un abbraccio, mi avvio verso la porta dell'abitazione dei nonni di Rae con Thomas accanto. Guardo il furgone nero allontanarsi e sospiro. Sono pronta.
Thomas si china per prendere un mazzo di chiavi, con cui apre la porta, dal vaso azzurro di ceramica posto accanto allo zerbino. Se lo nasconde poi in tasca ed entra per primo. Mi chiudo la porta alle spalle e inizio a guardarmi intorno, allarmata. Tutto sembra al proprio posto. Fisso prima il corridoio alla mia sinistra, che pare conduca alla cucina, e poi quello davanti a noi, che dovrebbe collegare l'ingresso alle altre stanze della casa, spaventata dal pensiero che qualcuno, da un momento all'altro, possa saltare fuori dal nulla e iniziare a spararci contro. L'ambiente è cupo, viste le serrande abbassate un po' ovunque e il turchese con cui sono state dipinte le pareti, decorate con qualche quadro appeso qua e là.
«Esci fuori, Dorian!» , grida Thomas. Porta una mano sulla tasca posteriore dei pantaloni scuri in cui si trova la pistola che Dave gli ha affidato. «Abbiamo noi la chiave che cerchi. Vieni a prendertela, adesso. Non ha senso perdere altro tempo, non credi?»
Non riceve alcuna risposta. Magari, davvero non c'è nessuno. Forse, non corriamo alcun pericolo. «Thomas» , mormoro.
Non devo essere spaventata. Devo calmarmi. Prendo un respiro profondo.
«Tieni gli occhi ben aperti, Evie, e stai sempre dietro di me.»
Sarebbe inutile stargli dietro se qualcuno sbucasse dalla cucina. A pensarci bene, Ares, Pierce e Dorian potrebbero essersi nascosti in parti diverse della casa. Magari, hanno intenzione di accerchiarci.
Ma che avevamo in mente? Volevamo fare i supereroi e invece siamo soltanto due deficienti. Le possibilità che abbiamo di salvarci sono quasi pari al nulla. Il panico mi sta assalendo.
«Ho paura» , sussurro.
Thomas si volta verso di me. Mi prende il viso fra le mani e mi ripete più volte di stare tranquilla perché c'è lui con me. Mi terrorizza il pensiero che i nostri nemici possano sorprenderci alle spalle. «Non è detto che ci sia qualcuno qui, Evie. Magari, è ciò che desiderano farci credere Dorian e i suoi alleati. Vogliono che la paura ci divori, ma non permetteremo che ciò accada. Recupereremo ciò che mi ha lasciato Rae e non ce lo faremo sottrarre. Quei delinquenti finiranno tutti in galera, prima o poi, e vivremo sereni e felici.»
Rassicurata un po' dalle sue parole, mi costringo a calmarmi. «Portiamo a termine il nostro incarico e andiamo via subito» , dico. «A cosa pensi che serva questa chiave?»
«Ad aprire una cassaforte» , risponde, convinto.
«Allora cerchiamola» , propongo. «Allontaniamo tutti i mobili dalle pareti.»
«Togliamo anche i quadri dai muri. Incominciamo dal piano superiore?»
Annuisco e inizio a salire con lui le scale. Guardo dietro di me per assicurarmi che nessuno ci segua. Esaminiamo il bagno e altre due stanze, ma non troviamo ciò che ci interessa. Entriamo in quello che sembra una studio dalla scrivania, su cui si trova un antico calamaio, in mogano posta su un tappeto rosso davanti ad una maestosa libreria e Thomas allontana un quadro da una parete. «L'ho trovata!»
Osservo la cassaforte e mi sfugge un sorriso. Mi tolgo la collana e la passo a Thomas. E' l'ora della verità.
Inserisce la chiave nella serratura e riesce ad aprirla. Mi scappa un gridolino di gioia. Incuriosita, mi avvicino al capo. Dentro alla cassaforte c'è soltanto un foglio. Abbiamo rischiato la vita per un pezzo di carta? Irritata, lo passo a Thomas che inizia a leggere.
Schiude le labbra, sorpreso, e lo stesso faccio io dopo aver visto qualche rigo del documento. «Rae mi ha ceduto la sua eredità» , dice ad alta voce, sconvolto.
Generoso da parte sua, non c'è che dire, ma questo metterà ulteriormente a rischio la vita di Thomas e non riesco a non agitarmi al solo pensiero.
«Lo racconteremo a tutti una volta arrivati al quartier generale. Dobbiamo andarcene. Ora» , gli ricordo.
Il mio cuore batte ad una velocità eccessiva. L'ansia mi sta divorando internamente. Il capo, ancora scosso, annuisce. Mi restituisce la chiave dopo aver chiuso la cassaforte e me la rimetto al collo. Usciamo in corridoio e urlo quando mi ritrovo davanti Ares, Pierce e Christopher. Il fatto che ci sia Chris con loro un po' mi rassicura. Non eccessivamente, comunque. Mi sta puntando, in fin dei conti, una pistola contro. Thomas si affretta a prendere la sua arma, ma Chris gli intima di fermarsi.
«Non muoverti o sparo.»
Pierce, divertito, ride. Ares fa lo stesso.
«Capperi!» , grido in preda al panico.
«Capperi?» , domanda, confuso, il padre di Dorian.
«Capperi!» , insisto. E' la parola stabilita con gli altri agenti per chiedere aiuto. Inizio a pregare che ci raggiungano il prima possibile.
Pierce mi rivolge un'occhiataccia e poi sposta la sua attenzione su Thomas. «L'eredità, quindi, adesso è tua» , dice, per nulla turbato.
Ares ghigna. «Come ci si sente ad essere ricchi, Tom?» Scoppia a ridere. Rabbrividisco al pensiero che Rae abbia avuto un padre del genere e che Thomas, se l'avesse sposata, se lo sarebbe ritrovato come suocero. Per non parlare di Dorian come cognato. «Bene? Peccato che non vivrai abbastanza a lungo per raccontarlo ai tuoi figli.»
Pierce gli porta una mano su una spalla. «Non possiamo fargli del male, Ares. Non ancora, almeno» , dice.
Thomas, furioso, ha una vena che gli pulsa all'altezza della tempia e gli arti che gli tremano.
«Nemmeno alla ragazza?» , chiede, seccato, il folle padre di Dorian.
Un brivido mi attraversa la schiena. Pierce sorride. «Lei non serve più a nulla. Chris, eliminala.»
Strabuzzo gli occhi e mi volto a guardare il mio amico poliziotto. Avanza con la pistola ben stretta fra le dita. «Chris, non puoi farlo, mi vuoi bene come io ne voglio a te» , sussurro. Delle lacrime iniziano a rigarmi le guance. Cerco di trattenerle, ma con scarsi risultati. «Ti prego, non sparare» , lo supplico.
«Chris» , mormora il suo nome Thomas.
Fisso gli occhi verdi del mio amico. Non riesco a credere che tutto questo stia accadendo realmente. «Dovevamo proteggerci sempre a vicenda» , gli ricordo fra i singhiozzi. Gli tremano le mani. «Non può finire così. Fermati, ti prego.»
Smette di avanzare. Forzo un sorriso. I suoi occhi sono sempre fissi su di me. Ares e Pierce, increduli, gli dicono di procedere, ma lui non si muove. Prima che io possa dire qualcosa, però, preme il grilletto. Thomas, disperato, grida e corre verso di me. Sento un dolore al petto. Mi porto una mano all'altezza del cuore e, quando l'allontano dalla giacca di pelle, su cui noto un foro, la scopro sporca di un liquido rosso. Christopher non batte ciglio. Con gli occhi spalancati, mi accascio a terra fra le braccia di Thomas che, piangendo, continua ad urlare il mio nome e ad accarezzarmi i capelli. Chiudo le palpebre mentre sento le voci farsi sempre più ovattate.
«Te lo avevo detto che potevamo fidarci di lui, Ares.»
«Perché? Perché lo hai fatto, Christopher? Evie, torna da me!»
«Ottimo lavoro, ragazzino. Adesso, fai sparire il corpo. Io e tuo padre, intanto, ci occuperemo del suo amichetto.»
-
Salve! Scusate se ho aggiornato soltanto adesso, ma ho avuto una giornata piena. Spero che il capitolo vi piaccia. Ringrazio tutti coloro che stanno continuando a leggere/votare/commentare la storia.
A presto!
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro