Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

30 - Loro

Già le odio le paludi del Cambridgeshire. Le odio tanto quanto questa pioggia incessante che ci ha accolti al nostro arrivo dopo uno sfiancante viaggio in cui ci siamo spostati da un mezzo pubblico all'altro e l'essere lontana da Corey nel momento in cui più dovrei stargli vicina. E detesto anche Dorian, ovviamente. Non serve nemmeno ribadirlo, credo sia abbastanza chiaro a tutti.
Qualcuno mi posa una mano sulla testa e, istintivamente, mi volto.

Thomas mi solleva il cappuccio per coprirmi e, sorpresa, lo ringrazio. «Vieni sotto la pensilina, ti stai bagnando tutta» , dice con fare apprensivo.

Un po' lontani da noi, intanto, Chris e Léon litigano perché il più piccolo non vuole correre a ripararsi, esattamente come me, per starsene fermo al centro della strada sterrata ad attendere l'arrivo del dipendente di suo padre che verrà a prenderci per scortarci al casale.
«Ti raggiungo fra un minuto» , tento di liquidarlo. Torno a guardare gli orari, esposti in una bacheca, dei mezzi che potrebbero riportarmi vicino al quartier generale. Non ho intenzione di abbandonare Corey nel momento del bisogno e non saranno gli ordini di Dave ad impedirmi di stargli accanto.

Thomas non si allontana. «Non ti permetterò di tornare dagli altri.»

Sorpresa dalla sua affermazione, serro i pugni e mi volto nuovamente a guardarlo. «Ti ho già detto che non smetterò mai di combattere per chi amo» , gli ricordo.

«Mettiti bene in testa, allora, che io, invece, non smetterò mai di cercare di proteggere chi amo.» Sussulto e mi viene spontaneo schiudere leggermente le labbra. Lui si gratta la nuca e guarda in basso. «Corey deve cercare Alex, non puoi dargli altre preoccupazioni. E' meglio che tu ti nasconda con noi, fidati di me.»

Faccio per rispondergli, ma le urla di Léon sovrastano la mia voce. Ci voltiamo entrambi a guardare lui e suo fratello e notiamo la macchina nera che si sta avvicinando a loro. Sono venuti a prenderci.
In silenzio, raggiungiamo i nostri due compagni. L'auto si ferma al centro della strada. Un ometto apre lo sportello per farsi vedere. E' corpulento, ha i capelli rossicci, il volto paffuto, un naso prorompente, delle folte sopracciglia e un'espressione arcigna. Per qualche strano motivo, un po' mi spaventa.

«Coraggio, è tardi, entrate!» , ci grida.

Sorpresi dal suo tono di voce duro, corriamo in macchina. Léon, visibilmente irritato dal modo di fare dell'uomo, si posiziona accanto a lui e lo squadra dalla testa ai piedi.
E' il ventisettesimo giorno di Gennaio e, secondo l'orario indicato sul display del mio cellulare, sono le otto di sera.
Schiaccio una guancia contro il finestrino e chiudo gli occhi. Mi vengono subito in mente gli ultimi momenti passati con Corey.

«Non voglio lasciarti» , dico.
Mi stringe fra le braccia e ci copre meglio con il piumone azzurro. «E a me piacerebbe tenerti qui con me, ma è giusto che tu vada con gli altri. Non voglio che ti accada qualcosa di brutto. Devi nasconderti.» Sospiro e gli sfioro il torace coperto da una sottile maglietta grigia a maniche lunghe. Mi accarezza una guancia. «Ti chiamerò spesso e verrò a trovarti, appena Dave mi darà il permesso di farlo» , tenta di rassicurarmi. Vedendo la mia espressione imbronciata, intenerito, sorride. «Anzi, correrò da te a prescindere, senza aspettare concessioni, semmai dovessi avere bisogno di me.»

Torno in me quando Chris inizia a scuotermi. «Svegliati, Evie, siamo arrivati» , mi informa.

Intravedo dal finestrino una villetta a due piani circondata da cipressi. Effettivamente, sembra isolata dal resto del mondo. Mi copro la testa con il cappuccio e scendo dall'auto. Thomas mi porge il mio borsone e lo ringrazio. In silenzio, ci dirigiamo tutti verso l'ingresso dell'abitazione. L'inquietante dipendente del padre di Chris e Léon ci apre la porta e ci fa passare per primi. Una volta dentro casa, inizio a guardarmi intorno.
Di fronte a me c'è una maestosa scalinata, su cui qualcuno ha steso un lungo tappeto viola, come quello che si trova al centro della stanza, sopra cui sono stati posizionati un divano, due poltrone e un tavolino di cristallo, che porta al piano superiore in cui, probabilmente, si trovano le camere da letto e il bagno. L'ambiente è illuminato unicamente da un antico candelabro appeso al soffitto e da qualche lanterna. Noto due stanze alla mia sinistra, un pianoforte, circondato da alcune piante, alla mia destra e un'altra scalinata, che affianca la principale, che conduce ad un corridoio leggermente interrato di cui si intravedono alcune porte. Un brivido mi attraversa la schiena. Questo posto non mi piace. E' eccessivamente cupo.
Nessuno osa fiatare. Probabilmente, stiamo condividendo tutti lo stesso pensiero.

«Questa casa è un po' tetra» , commenta Léon.

«Accogliente» , cerca di essere positivo Chris, ma riceve soltanto in cambio delle occhiatacce.

«Antica» , azzarda Thomas.

«Parlate troppo» , si lamenta l'ometto dal nome ignoto alle nostre spalle. «Sceglietevi una camera al piano superiore, sistematevi e scendete a cenare. La sala da pranzo la troverete dietro la seconda porta alla vostra sinistra» , ci informa, seccato.

•••

Léon si tuffa sul divano in soggiorno e Chris si accomoda accanto a lui su una poltrona.

«Corro a mettermi il pigiama e torno da voi» , li informo.

Thomas mi segue al piano superiore. Si copre le labbra con una mano e sbadiglia. «Non hai mangiato nulla a cena» , constata.

«Non ho fame.»

«Non puoi fare uno sforzo? Ho portato dei biscotti, vuoi che te li vada a prendere?»

Sospiro e gli porto una mano su una spalla. «Non devi preoccuparti per me, sul serio, sto bene, sono soltanto un po' triste. Mangerò qualcosa più tardi o direttamente domani mattina a colazione» , lo rassicuro.
Poco convinto, annuisce. La stanza che ho scelto è accanto alla sua. Apro la porta e lui fa lo stesso. «Non scendi?» , gli domando. Scuote il capo.

«Ho sonno» , mi informa.

Comprensiva, gli auguro di dormire bene e poi entro nella mia camera. Mi do una rinfrescata, indosso il pigiama e, come da programma, torno da Christopher e Léon al piano inferiore. Sembrano caduti entrambi in un sonno profondo. Intenerita, mi soffermo a guardarli. Non voglio svegliarli. Prendo le coperte abbandonate su una poltrona e li copro. Do un bacio a Chris sulla fronte e sorrido. Non sembra nemmeno notarlo. Mi avvicino a Léon e gli accarezzo i capelli. Non si sveglia neanche lui. Il viaggio è stato stancante e invidio il fatto che abbiano preso sonno facilmente perché, diversamente da loro, mi sento incredibilmente attiva e so già che non riuscirò a chiudere occhio stanotte.
Afflitta, torno nella mia camera e mi metto a letto. Chiudo le palpebre e le riapro dopo poco. Sbuffo e continuo a rigirarmi fra le lenzuola per un periodo di tempo che mi sembra interminabile. Inizio a guardare l'orologio appeso alla parete. Passa un'ora, poi due. Sono le tre di notte e ancora non riesco ad addormentarmi. Sbuffo rumorosamente e inizio a guardare il soffitto della camera.

«Sapevo che sarebbe andata a finire così» , commento, seccata, ad alta voce.

Improvvisamente, sento un grido straziante. Spaventata, mi tiro le coperte fin sopra la testa. Un altro urlo. Proviene dal piano inferiore, come il precedente. Mi alzo in piedi e corro verso la porta per chiuderla a chiave. Prendo il telefono dalla scrivania e lo accendo per chiamare Thomas. Non risponde e, come lui, nemmeno Chris e Léon.
Terrorizzata, torno a letto. Stringo il cuscino in un pugno e chiudo gli occhi. Tremo come una foglia.
Odio questo posto. Odio questo posto. Odio questo posto.
Inizio a prendere dei respiri profondi e tento di liberare la mente da ogni pensiero negativo per calmarmi. Se Thomas non si è svegliato, magari, mi sono sognata tutto io. Forse, sono soltanto stanca. Dovrei provare a dormire.

•••

Faccio colazione da sola. Pare che i ragazzi siano già usciti per farsi un bagno nella piscina al coperto che affianca la villa. La governante del padre di Chris e Léon mi sorveglia. E' la prima volta che la vedo. Probabilmente, è anche la cuoca che ci ha preparato la cena ieri sera. Il suo sguardo puntato addosso mi inquieta leggermente. E' anziana e ha i capelli bianchi legati in una crocchia. Il suo viso è smunto e ossuto e ha gli occhi infossati. Indossa un lungo e antico abito viola a maniche lunghe che tocca terra e ha un grembiule stretto in vita.

«Può andare, non si preoccupi per me, sto bene anche da sola» , cerco di congedarla.

Si allontana dalla finestra e si aggrappa con una mano alla lunga tenda rossa che l'adorna.

«No» , risponde, glaciale.

«Allora, vuole sedersi qui con me?» Mi preoccupa seriamente il fatto che, stando in piedi, potrebbe stancarsi. E poi, il tavolo è lunghissimo e c'è posto per un reggimento.

«No» , dice, ancora.

Sollevo le mani in segno di resa e torno a mangiare. A disagio, inizio a guardare i dipinti appesi alle pareti per non soffermarmi su di lei che sta continuando ad osservarmi. C'è un busto accanto ad una credenza di cristallo e una piccola libreria alle mie spalle.
Termino il mio spuntino, mi pulisco la bocca con un tovagliolo e mi alzo. «Ha bisogno di una mano per mettere in ordine?» , le chiedo, gentile.

Immagino già ciò che mi dirà. «No.» Ecco, appunto.

La saluto e lascio in fretta e furia la sala da pranzo. Raggiungo il soggiorno e mi scontro con l'uomo dall'espressione arcigna che ieri è venuto a prenderci per portarci qui. «Dove crede di andare?»

Sembra quasi che mi stia rimproverando. «Dai miei amici in piscina» , rispondo, allarmata.

Sbuffa. «L'accompagno io» , dice.

«Posso andarci da sola, non si preoccupi» , tento di liberarmi di lui.

«La mia non era una proposta. Andiamo.» Inizia a camminare e lo seguo. Trattengo a stento la voglia di rispondergli male e, frustrata dalla situazione, serro i pugni. Usciamo in giardino e seguiamo un sentiero di ciottoli per raggiungere una struttura rettangolare, che affianca l'abitazione, composta da vetrate trasparenti in cui si trova la piscina. Al nostro ingresso nella costruzione, tutti si voltano. Thomas smette di nuotare e mi sorride, Chris si stropiccia gli occhi, si mette seduto sul suo lettino bianco e mi saluta con un cenno della mano e Léon, che si trova a bordo piscina, circondato da due affascinanti ragazze in costume, ghigna alla mia vista, ma non dice nulla. «La lascio in buone mani, signorina, si diverta.» L'ometto scontroso, finalmente, si allontana per tornarsene nella villa.

Corro da Chris e noto che Thomas, intanto, si sta preparando ad uscire dall'acqua. «Devo parlarti. Questo posto non mi piace» , sussurro, dopo averlo raggiunto, quasi per timore che le due sconosciute possano sentirmi.

Christopher si volta appena a guardarmi. Una delle due ragazze si avvinghia a Léon e lo trascina in piscina mentre l'altra, invece, inizia a dirigersi verso di noi. «Di cosa?» , domanda lui, confuso.

«Evie, hai dormito bene?» I capelli di Thomas gocciolano sulla mia spalla e sollevo la testa per guardarlo negli occhi.

Quando la bionda in costume ci raggiunge, faccio silenzio. Mi tende una mano per presentarsi.

«Evie, ci sei?» , mi richiama Chris.

Allarmata, inizio a tossire.

«Io sono Dalya e lavoro per la famiglia Anderson.»

Quattro dipendenti. Il padre di Chris e Léon ha quattro persone che lavorano per lui in una casa in cui probabilmente nemmeno va la maggior parte dell'anno. Non credevo che fosse così tanto ricco. Chris la ignora e fa per aprire bocca, sicuramente per chiedermi che cosa debba dirgli, ma, agitata, mi alzo di scatto in piedi e gli do una manata sullo stomaco per farlo stare zitto. Lui impreca e inizia a contorcersi per il dolore.

«Piacere di conoscerti» , dico, stringendole le dita e forzando un sorriso.

Non mi fido di lei come non mi fido delle altre persone che lavorano qui. Mi sembra che vogliano controllarci, per qualche strano motivo, e la cosa mi irrita terribilmente. La congedo con la scusa di voler fare un bagno. Spingo Thomas in acqua e mi tuffo, vestita, accanto a lui. Non ho il costume. Non era previsto che entrassi in piscina, ma devo raccontare a qualcuno ciò che ho sentito, lontana da sguardi indiscreti. Thomas riemerge e inizia a tossire.

«Sei impazzita?» , domanda, sconvolto e irritato allo stesso tempo.

Spiazzandolo, gli butto le braccia al collo e mi avvinghio con le gambe al suo bacino. Avvampa e strabuzza gli occhi. «Stai al gioco, ti prego. Devo parlarti, ma ho l'impressione che qui, tutti, vogliano tenerci d'occhio» , gli sussurro in un orecchio.

Forza una risata e mi schiaccia contro il bordo della piscina. «Evie, che cosa sta succedendo?» , soffia contro il mio collo.

Guardo prima Chris e poi Léon. Sembrano entrambi sconvolti. Dalya, confusa, ci guarda e rido per non destare sospetti. Léon mi fissa in cerca di una spiegazione, ma la rossa avvinghiata a lui gli porta una mano sotto il mento per girargli il volto, intenzionata a catturare nuovamente la sua attenzione. Accarezzo la nuca di Thomas e faccio in modo che il mio braccio mi copra le labbra per non far intercettare a Dalya le mie parole. «Ho sentito delle urla nel cuore della notte provenire dal piano inferiore della villa.»

Thomas, spaventato, si allontana un po' da me per permettermi di guardarlo negli occhi. «Stai scherzando, vero?»

Scuoto il capo. Gli porto una mano su una guancia e avvicino le mie labbra all'angolo della sua bocca. «Questo posto è strano. Le persone che ci lavorano sono strane. Dobbiamo indagare. Dobbiamo esaminare il casale da cima a fondo.»
Ribalto la situazione e spingo Thomas contro il bordo della piscina. Sento ancora gli sguardi di tutti puntati addosso. «Liberati delle ragazze. Devo correre dentro.»

Annuisce e ci allontaniamo. Nuotiamo per un po' e poi esco dalla piscina per raggiungere Chris. Rivolgo un'occhiata a Thomas e lui inizia ad urlare. «Un crampo! Aiutatemi!»

Dalya, allarmata, si tuffa in acqua.

Chris mi afferra un polso. «Che sta succedendo, Evie?»

Mi libero dalla sua presa. «Non adesso» , sussurro.

Approfitto della distrazione delle ragazze per lasciare la struttura. Con i vestiti incollati al corpo, corro verso la villa. Entro e mi fermo sulla soglia per guardarmi intorno. Non c'è nessuno. Raggiungo la scalinata che conduce al piano interrato e faccio per aprire la prima porta che mi capita a tiro, ma la maniglia si abbassa da sola e la superficie in legno si spalanca di colpo. Spiazzata, indietreggio. Mi ritrovo davanti un affascinante uomo vestito in modo elegante. Barba incolta, capelli castani, voluminosi e un po' spettinati, mandibola ben definita, occhi verdi e sorriso smagliante. E' il padre di Chris e Léon, ne sono certa. Ci ha raggiunti qui al casale. Si sistema meglio gli occhiali da vista e mi squadra da capo a piedi.

«La piscina è al coperto, è vero, ma non si trova qui in casa, signorina.»

In difficoltà, inizio a biascicare parole incomprensibili.

«Evie!» La porta di ingresso alle mie spalle si spalanca di scatto. Léon, Chris, Thomas, Dalya e l'altra impiegata del signor Anderson sono a pochi passi da me. Attirati dal trambusto, ci raggiungono in soggiorno, uscendo dalla sala da pranzo, anche l'anziana di questa mattina e l'autista di ieri sera. L'ometto, irritato, fa per avvicinarmisi. Spaventata, indietreggio.

«Bastian, fermati, va tutto bene.» Il probabile padre dei miei amici mi si para davanti. Si volta di nuovo a guardarmi e sorride. Mi accarezza un braccio e mi irrigidisco. «La ragazza si è sicuramente persa perché non conosce ancora bene la villa, vero?»

«Papà» , mormora Christopher, incredulo. E' ancora in costume e sta tremando, ma non credo per il freddo. E' pallido in volto e ho paura che possa svenire da un momento all'altro.

«Non toccarla, bastardo!» , ringhia Léon. Ha i pugni serrati e una vena gli pulsa all'altezza della tempia.

Suo padre scoppia a ridere e io mi allontano di scatto da lui per raggiungere i miei amici. Mi avvicino a Chris e gli accarezzo una spalla. Ha lo sguardo perso nel vuoto e, sicuramente, vorrebbe dire tante cose, ma non ci riesce. E' troppo scosso e lo capisco. E' la prima volta che rivede suo padre dopo aver scoperto dell'esistenza di Léon. Si morde il labbro inferiore e noto che ha gli occhi lucidi. Mi fa male vederlo così.

«E' buffo, Léon, sai? E' lo stesso appellativo con cui mi è solito definirti.»

Non riesco a credere che l'abbia detto davvero. Il mio amico, per niente scosso, per quel che sembra, invece, scoppia a ridere. «Credi che le tue parole mi tocchino? Per me, equivali al nulla. Devi soltanto lasciarci vivere qui per un po', se non vuoi che tua moglie scopra della mia esistenza. Per quanto mi riguarda, puoi tornartene da dove sei venuto. Non avevamo richiesto la tua presenza in questa casa.»

L'uomo avanza. Si passa una mano fra i capelli e si ferma esattamente di fronte a noi. Thomas lo sta incenerendo con lo sguardo e mi viene difficile non fare lo stesso. Si porta una mano in tasca e con l'altra si accarezza il mento. «Da dove viene fuori tutta questa aggressività? Dal fatto che tu sia il frutto di un errore o hai deciso di comportarti come gli uomini che di solito frequenta Cordelia per piacere almeno a lei?»

«La smetta!» , urlo, furiosa.

Léon scatta in avanti, furioso, pronto a colpire il padre, ma Thomas, intuendo le sue intenzioni, si affretta a circondargli le spalle con le braccia per trattenerlo. «Non ne vale la pena, lascialo stare» , tenta di calmarlo, rivolgendo un'occhiata di disprezzo all'abominevole individuo.

«Non parlare mai più così a mio fratello, Pierce Anderson» , ringhia Chris.

Mi volto a guardarlo. Affonda le unghie nei palmi delle mani e so che sta trattenendo a fatica la voglia di spaccargli la faccia.

Suo padre ridacchia. «Mi chiami per nome, adesso, Christopher? Mi deludi, ma non è una novità, non sai fare altro.» Il poliziotto abbassa lo sguardo. «Ti sei schierato dalla parte sbagliata, ma mi auguro che tu possa cambiare idea. Che cosa pensavi di fare alleandoti con Léon? Volevi riunire gli Anderson? Volevi che andassimo a caccia tutti insieme come se fossimo una famiglia felice?»

«Ti consiglio di non mettermi un'arma in mano perché potrei non rispondere delle mie azioni» , si intromette Léon nella conversazione.

«In ogni caso, il fatto che io abbia un problema con i miei figli non mi impedisce di essere cordiale con i loro amici. Come vi chiamate, ragazzi?» Thomas non risponde e anche io resto in silenzio. Sorride, divertito. «Coraggio, non mordo mica» , ci incita a parlare.

«E' vero, sputa soltanto veleno» , lo asseconda Léon, sarcastico.

«Evie e Thomas» , risponde Christopher per noi.

Suo padre ridacchia. «Noto con piacere che la pecorella smarrita sta già tornando all'ovile» , commenta. «Dunque, Evie e Thomas, tornate pure a godervi la piscina o fate una passeggiata qui intorno, l'ambiente è suggestivo, ve la consiglio vivamente. Colleen vi servirà il pranzo fra qualche ora.»

•••

La giornata è passata in fretta e non ho avuto modo di parlare a Christopher e a Léon delle urla sentite ieri notte e nemmeno di girare la villa con Thomas perché il signor Anderson e i suoi dipendenti ci sono stati sempre addosso.
Mi infilo sotto le coperte e chiudo gli occhi. Mi sento terribilmente stanca e la cosa è strana, visto che, fino a qualche ora fa, ero pimpante. Questa volta, ho lo stomaco pieno. Ho deciso di cenare, nonostante la malinconia. Non ci sono novità su Alex, a quanto pare, e detesto stare qui. Corey mi manca terribilmente. Sentirlo a telefono non mi basta.
Assalita dalla tristezza, decido di dormire per non pensare più a tutte le cose brutte che stanno capitando a me e ai miei amici.

•••

Un cigolio mi fa aprire gli occhi di scatto. La porta della camera è socchiusa. Che cosa sta succedendo? Ero sicura di aver girato almeno due volte la chiave nella serratura prima di andare a dormire. Mi alzo dal letto, indosso le pantofole e la raggiungo. Non vedo il corridoio dietro di essa, ma unicamente oscurità. La richiudo e mi preparo a tornare indietro. Mi fermo quando un grido straziante giunge alle mie orecchie. Cado a terra e, terrorizzata, mi porto le mani alla testa. La superficie in legno alle mie spalle si spalanca nuovamente. Afferro il telefono, compongo il numero di Thomas e faccio partire la chiamata. «Evie? Sono le tre del mattino, che è successo?»
Ha la voce impastata dal sonno. «Sta accadendo qualcosa» , mormoro, quasi sul punto di piangere. «Qualcosa di brutto» , specifico.
Un altro urlo riecheggia nel corridoio. «Evie, lo hai sentito anche tu? Resta nella tua stanza e non muoverti, corro da te.» Chiude la telefonata. Fa irruzione nella mia camera dopo pochi istanti. Corro verso di lui e lascio che mi abbracci. Mi accarezza i capelli e io, spaventata, mi aggrappo alla sua maglietta rossa a maniche corte e scoppio a piangere. «Ci sono io qui con te, andrà tutto bene. Prendiamo Chris e Léon e lasciamo questa casa» , dice.
Annuisco e, facendomi coraggio, esco con lui dalla stanza. Raggiungiamo la camera che i miei amici condividono e Thomas inizia a colpire la porta per farsi aprire. Illumino il corridoio con la torcia del telefono per assicurarmi che nessuno ci raggiunga. «Allontanati, la sfondo» , mi avverte.
Mi sposto di poco e lui, con un'energica spallata, spalanca la superficie in legno davanti a noi. Chris e Léon non sono nella loro stanza. Il cuore inizia a battermi all'impazzata nel petto. Mi gira la testa e mi aggrappo ad una parete per non cadere. Thomas mi porta le mani sulle spalle per sorreggermi. «Cerchiamoli al piano inferiore» , suggerisce. «E respira, sono sicuro che non sia accaduto loro nulla di brutto.» Mi conduce verso la scalinata principale ed iniziamo a scenderla. Ci fermiamo a metà di essa perché notiamo Colleen in piedi davanti alla porta di ingresso. Si volta di scatto verso di noi. Ghigna in modo inquietante e inclina la testa da un lato. «Thomas» , mormoro. La vecchia si inginocchia. «Thomas, dobbiamo andarcene!» E' paralizzato sul posto e ha lo sguardo perso nel vuoto. Colleen inizia a gattonare verso di noi. Indietreggio trascinandomi dietro il mio capo. L'anziana, ancora a carponi, accorcia la distanza fra noi. Quasi corre e non capisco come riesca a farlo. Chiudo gli occhi e, terrorizzata, grido.

Mi sveglio nel mio letto. Mi volto verso la finestra e noto che fuori è ancora buio. Mi porto una mano sul petto e tento di riprendere fiato. Era un sogno. Era soltanto un sogno. Anzi, un incubo. La porta della mia stanza è chiusa. Mi stendo di nuovo sul materasso e inizio a guardare il soffitto. Passo in rassegna tutti gli oggetti che si trovano sulla camera e poi torno a fissare la porta. La maniglia, all'improvviso, si abbassa. Si alza e si abbassa ritmicamente. Qualcuno sta cercando di entrare. «Thomas!» , urlo, sperando che riesca a sentirmi dall'altra stanza. «Thomas! Aiutami, Thomas!» Spaventata, grido.

«Evie!»

Continuo ad urlare e ad agitarmi nel letto. Colpisco l'aria con le gambe e apro di scatto gli occhi. Mi ritrovo davanti Thomas. Mi stringe fra le braccia e mi dice di calmarmi. Dietro di lui, all'ingresso della mia camera, ci sono Léon e Chris che, con sguardo apprensivo, mi osservano. Dalla finestra filtra la luce. Sembra sia mattina, ma non riesco a capire ancora se mi trovo in un sogno o se questa è la realtà. Disperata, piango.

«Sei vero? Dimmi che sei vero, ti prego!»

Confuso, mi accarezza i capelli e mi avvicina ulteriormente al suo torace. «Sono reale, te lo giuro, sono reale. Hai avuto soltanto un incubo, ma, adesso, sono qui con te, stai tranquilla.»
Cerco di riprendere fiato. La canotta rossa è incollata al mio corpo. Grondo di sudore. Chris e Léon, vedendomi un po' più tranquilla, si fanno coraggio e si avvicinano a noi. Chris mi accarezza i capelli e Léon mi prende una mano. «Non siamo al sicuro qui, c'è qualcosa che non va. Loro ci osservano. Ci stanno guardando anche adesso, probabilmente.»

«Chi, Evie?» , domanda, confuso, Chris.

«I dipendenti di tuo padre. Loro» , inizio a dire. «hanno qualcosa di strano.» Afferro un lembo della maglietta del poliziotto e lo attiro a me. «Ho sentito delle urla la notte scorsa. Non sono pazza, Chris. Ci stanno nascondendo qualcosa. Non ci lasciano mai soli, non ti sembra strano?» , sussurro nel suo orecchio.
Mi asciugo gli occhi con un braccio e indietreggio per fare spazio ai tre che si posizionano accanto a me sul materasso. Porto le mani sulle spalle di Chris e Thomas per formare un cerchio che chiude Léon ed espongo a tutti la mia teoria. «Credo che Colleen metta qualcosa nel cibo che ci serve per cena. Ve lo ricordate il giorno del nostro arrivo, sì? Nessuno di noi era stanco, ma, dopo aver mangiato, siete crollati in un sonno profondo. Voi, appunto, non io. E sapete perché? Vi siete divisi la mia porzione di arrosto. L'arrosto che non ho nemmeno assaggiato. Ieri, invece, come voi, ho mangiato e mi sono addormentata subito, ma non ero stanca prima di cenare.»

«Perché dovrebbero nasconderci qualcosa? Non ha senso» , afferma, scettico, Léon.

Chris, invece, annuisce. «Ti credo.» Léon fa per protestare, ma il fratello lo zittisce. «La supposizione, però, va verificata. Ceneremo soltanto io e Léon e voi due, invece, no. Ci darete le vostre porzioni di cibo e ripuliremo i piatti per non dare nell'occhio.»

Thomas annuisce e incomincia a parlare. «E, semmai dovessi restare sveglio, ispezionerò la villa da cima a fondo per assicurarmi che non ci stiano nascondendo nulla.»

Léon non sembra convinto. «Perché dobbiamo fare da cavie? Non possiamo digiunare tutti e basta?»

«Non dobbiamo destare sospetti, fratellino.»

«Perché devi ispezionare la villa da solo? Verrò con te» , mi rivolgo a Thomas, ignorando gli altri due.

«No, non esiste. Ti terrò al sicuro.»

«Non puoi rischiare la tua vita per me! Affronteremo questa cosa insieme e basta, non si discute.»

«Non costringermi a chiuderti a chiave in camera per precauzione.»

«Vuoi che ti metta a tappeto per dimostrarti che sono in grado di difendermi da sola e che potrei essere più utile in giro per la villa che chiusa in una stanza?»

«Basta!» , urla Chris, prima che Thomas possa ribattere nuovamente. «Faremo ciò che ho detto e, in base a come andrà, si vedrà chi resterà in camera e chi, invece, ispezionerà la casa.»

•••

Sono le due di notte del trentesimo giorno di Gennaio.
Scrivo un messaggio a Chris per fargli gli auguri per il suo compleanno, ma non risponde. Tutto va come previsto. Lui e Léon, sicuramente, si sono addormentati. Io e Thomas non abbiamo cenato e, a quanto pare, sono ancora sveglia. Prendo il telefono e digito un messaggio per assicurarmi che il mio complice non abbia ancora preso sonno.

Tommy, ci sei?

Invio. Il cellulare inizia a vibrarmi fra le dita.

Tommy? Che razza di soprannome mi hai dato?

Sorrido. Avevo ragione. Lascio il telefono sul materasso e mi alzo in piedi. Raggiungo la porta, la apro e, una volta in corridoio, inizio a guardarmi intorno. Non c'è nessuno. Mi avvicino alla camera di Thomas, ma mi fermo poco prima di bussare. Se lo chiamassi, mi direbbe di chiudermi nella mia stanza e io non voglio che giri da solo per la villa. Non voglio che gli accada qualcosa di brutto. Deglutisco, mi faccio coraggio e inizio a scendere le scale. La porta accanto alla sala da pranzo è socchiusa. Intravedo una cucina e una figura nella penombra vicino al lavandino. Spaventata, corro verso il pianoforte e mi ci nascondo sotto. Il cuore inizia a battermi forte nel petto. Mi sono cacciata in un bel guaio, probabilmente, come al solito. Sento un rumore di passi. Le piante mi nascondono a sufficienza e spero che nessuno si avvicini al mio nascondiglio. Scorgo degli scarponcini da montagna neri. Calpestano il tappeto viola del soggiorno e si fermano esattamente davanti al pianoforte. Mi porto entrambe le mani sulle labbra e cerco di trattenere il fiato. Spaventata chiudo gli occhi.

«Sorpresa!» Apro di scatto le palpebre e mi ritrovo faccia a faccia con Bastian.

Sorride in modo sadico e serra una mano intorno alla mia spalla. Urlo a pieni polmoni, terrorizzata, e lo imploro di lasciarmi in pace.

«Che sta succedendo?»

«Evie!» Riconosco la voce di Thomas e quella del signor Anderson. Bastian molla la presa e ne approfitto per uscire dal mio nascondiglio. Thomas, con Pierce accanto, raggiunge l'ultimo gradino della scalinata e io, terrorizzata, corro ad abbracciarlo. «Che ti ha fatto? Ti ha toccata?» Mi accarezza entrambe le guance con le mani e mi sposta i capelli dietro le orecchie. «Che le hai fatto?» , urla poi, rivolto al corpulento e inquietante ometto.

«Nulla» , si difende lui.

Pierce si para davanti a noi. «Torna nella dépendance, Bastian» , gli dice. Lui annuisce e, in silenzio, lascia l'abitazione. Il padre di Chris e Léon fa per portarmi una mano su una spalla, ma mi stringo ulteriormente a Thomas e cerco di evitare il contatto. «Non sono un mostro, ragazzi.»

«No? Strano, è proprio ciò che mi è sembrato dal modo in cui si è rivolto a suo figlio» , afferma Thomas, infuriato.

Lui non si scompone. «Non vi farei mai del male. Andiamo in cucina. Dovresti bere un bicchiere d'acqua, Evie, ti sei presa un bello spavento. Bastian non è cattivo. Ha soltanto il compito di controllare la situazione.»

«Controllare la situazione? Ci spieghi che cosa sta succedendo, signor Anderson! Perché ci tenete d'occhio? Perché la notte del nostro arrivo ho sentito delle urla? Cosa ci nascondete?» , sbotto.

Sbianca di colpo e indietreggia. «Urla? Avete sentito delle urla?»

«Sì, le ho sentite, non sono pazza!»

Si porta una mano sul petto e prende un respiro profondo. «No, non lo sei.»

«Che cosa sa? Parli!» , gli grida contro Thomas, snervato.

«Hanno deciso di comunicare con te.»

Confusa, inarco un sopracciglio. «Chi? Che sta dicendo?»

Deglutisce. «Questa casa è infestata.»

Sgrano le palpebre. Thomas mi stringe di più fra le sue braccia. «La smetta! Non le dica queste cose!»

«Non sono sciocchezze, ragazzo. Ho dei libri in biblioteca che parlano di leggende legate a questo casale e alle paludi del Cambridgeshire» , ci informa.

Un brivido mi attraversa il corpo. «Thomas» , mormoro.

Mi accarezza i capelli e mi schiaccia delicatamente la testa contro il suo petto. «Non vogliamo leggere nulla. Andremo a letto e basta.» Terrorizzata, inizio a singhiozzare. Lui mi trascina al piano superiore senza degnare il signor Anderson di uno sguardo. Mi accompagna nella mia camera e si chiude la porta alle spalle. Mi rimbocca le coperte e mi bacia la fronte. «Ti prego, piccola, non credergli. E' un bugiardo, lo sento. Come te li spieghi Chris e Léon addormentati? Qui ci stanno nascondendo tutti qualcosa, ma risolveremo il mistero, te lo prometto.»

«E se si fossero addormentati e basta? Ho paura, Thomas» , piagnucolo.

«Non devi averne. Pierce è falso. Pensiamo ad altro. Al fatto che tu non mi abbia chiamato prima di scendere, magari.»

«Volevo tenerti al sicuro.»

Scoppia a ridere. «Perché tu puoi proteggermi e io, invece, non posso farlo?»

«Perché non voglio che ti accada nulla di brutto» , affermo, convinta.

«E' così che mi sento tutte le volte che vuoi fare qualcosa di sconsiderato» , ammette.

«Allora, siamo simili» , constato.

Sorride. «Sì, a quanto pare» , dice.

Chiudo gli occhi e lo sento accarezzarmi i capelli. «Thomas, puoi restare qui con me fino a quando non mi addormento?»

«Sì, va bene, combinaguai.» Mi viene spontaneo sorridere.

•••

Dopo pranzo, Thomas e Léon si avviano verso le loro stanze. Prima che Chris possa andarsene come gli altri, gli bacio una guancia e gli scompiglio i capelli.

«Stai crescendo» , constato.

Scoppia a ridere. «Ti ricordo che sono più grande di te, Evie.» Il signor Anderson ci osserva con la coda dell'occhio. Noto che, stranamente, sorride. «Comunque, ci vediamo più tardi. Vado a chiamare Selene. Vuole farmi gli auguri per il mio compleanno» , mi informa.

Annuisco e lo guardo andare via. Gioco un po' con la torta che Colleen ha preparato, ma non la mangio. Mi sento piena, ma non ho sonno. Mettono qualcosa nel cibo soltanto a cena o ci stiamo tutti sbagliando e in realtà Pierce non ha detto sciocchezze a me e Thomas ieri sera? Porto lo sguardo su di lui e, quando lo scopro già intento a fissarmi, imbarazzata, torno ad osservare il mio piatto. L'uomo si alza dal suo posto e mi si avvicina.

«Non ti fidi proprio di me, vero, Evie?» Mi tocca una spalla, ma mi scrollo subito via di dosso la sua mano.

«In realtà, no.»

«Avrei sempre voluto una figlia ed è un po' così che ti vedo. Non ti farei mai del male, credimi.»

«E' un po' pretenzioso, non trova? Sognare una bambina quando non è capace nemmeno di essere un buon padre per due ragazzi.»

Ride. «Touché.» Si bagna il labbro inferiore con la lingua. «Voglio aiutarti, che tu ci creda o meno. La biblioteca di questa casa è a tua disposizione. Se non ti fidi di me, consulta qualche libro lì e togliti ogni dubbio.»

Potrei portare avanti le indagini esaminando una nuova stanza della casa. «Allora, mi ci accompagni.»

Sorride e mi invita ad alzarmi da tavola. Lasciamo la sala da pranzo e scendiamo la scalinata che conduce al piano interrato. Mi guardo intorno. C'è una porta di fronte a me, che Pierce apre, e una in fondo al corridoio, alla mia destra. Il signor Anderson mi lascia passare per prima e mi viene spontaneo schiudere le labbra per lo stupore quando mi ritrovo all'interno della biblioteca. E' semplicemente immensa e meravigliosa, decisamente il luogo in cui ogni lettore che si rispetti vorrebbe passare giornate intere. Ci sono scaffali ovunque e addirittura libri sparsi qua e là in pile sul parquet. Scendiamo una piccola scala a chiocciola e raggiungiamo un tavolo su cui sono posizionati dei fogli che accarezzo con le dita.

«Prendi ciò che vuoi. Dovrebbe esserci qualcosa sulle leggende di cui ti ho parlato ieri sera nello scaffale lì in fondo.»

Mi indica una piccola libreria rettangolare, isolata dalle altre adagiate contro la parete, di soli quattro ripiani. Annuisco e, dopo un po', mi lascia sola. Il cellulare inizia a squillarmi in tasca. E' Corey. Allegra, sorrido e rispondo.

«Come stai, amore?»

«Un po' meglio, adesso che mi hai chiamata» , ammetto. «Qui è tutto strano. Ricordi le grida, di cui ti ho già parlato, che ho sentito la notte del nostro arrivo? Il padre di Chris e Léon mi ha detto che il casale in cui ci troviamo è infestato e che degli spiriti stanno cercando di comunicare con me. Ho paura. Pierce mi ha lasciato da sola nella sua biblioteca. Mi ha dato il permesso di consultare tutti i libri che voglio. Ha detto che ce ne sono alcuni che parlano di leggende legate a questa casa e alla zona in cui ci troviamo.»

«Non fidarti di lui, Evie. Verrò a prenderti al più presto. Non mi piace che tu stia in quella casa. I dipendenti di quell'uomo continuano a tenervi d'occhio?»

Accarezzo con le dita un anello d'argento abbandonato sul tavolo. Lo prendo in mano e noto che al suo interno ci sono incise delle lettere. «A, P, F» , leggo ad alta voce.

«Che stai dicendo, amore?»

«E' scritto dentro ad un anello.»

«Che significa?»

La linea inizia ad essere disturbata. Non c'è campo qui. «Corey? Ci sei?» La telefonata si chiude da sola. Impreco e mi porto il telefono in tasca. Devo uscire a richiamarlo.

«Hai trovato qualcosa?» Pierce è tornato in biblioteca. Non mi ero accorta di lui.

«Non ancora» , ammetto.

Afferro uno dei tanti fogli sparsi sul tavolo. Il signor Anderson, intanto, mi raggiunge. All'improvviso, mi circonda la vita con un braccio e mi schiaccia contro il suo torace. Prima che possa gridare, mi copre la bocca con un fazzoletto. La testa inizia a girarmi. «Sei una piccola ficcanaso, ma, fra un po', non sarai più un problema, così come non lo saranno più neanche i tuoi amici» , lo sento dire, prima di perdere i sensi.

-
Salve, gente! Questo è uno dei miei capitoli preferiti, spero che vi piaccia.
Potete trovare Pierce nella pagina dedicata al cast.
Scusate se ho aggiornato in ritardo e buon anno!

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro