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22 - Prove

Qualcuno mi sta scuotendo il braccio. Irritata, apro gli occhi.

«Svegliatevi, è mattina!» Un ragazzo dai capelli corvini con indosso un camice bianco mi sta fissando.

Corey mugugna qualcosa e schiude a sua volta le palpebre. Lo sconosciuto, soddisfatto, ghigna. Scorgo un luccichio nei suoi occhi verdi.

«Wade, lasciali in pace!» Mi accorgo della presenza di un'altra apparente dottoressa soltanto ora.
E' molto giovane. Darei ad entrambi la mia età o qualche anno in più di me.
Inclina il capo verso sinistra e i suoi capelli color miele, legati in una coda alta, ondeggiano. Fulmina il collega con lo sguardo e poi posa nuovamente i suoi occhi azzurri su me e Corey. Sorride in modo smagliante e congiunge le mani al petto. «Sono così carini» , commenta facendomi arrossire.

Il ragazzo dai capelli corvini, visibilmente schifato, arriccia il naso.

«Chi sono questi due squilibrati?» Mi volto verso il rosso. Si sta passando le mani sul viso.

«Bada a come parli, ragazzetto febbricitante» , lo ammonisce il dottore. «Potrei iniettarti endovena uno dei tanti sieri creati da Judy.»

«Wade, smettila!» , gli urla contro, di nuovo, la ragazza sconosciuta.

Stordita, guardo prima uno e poi l'altra. Associo il nome Judy alla fidanzata della nipote di Ozzy e poi, ancora un po' assonnata, mi copro la bocca con una mano e sbadiglio.

«Chi siete?» , domanda, ancora, Corey, confuso.

La ragazza gli sorride. «Sono Ivy e lui è il mio collega, Wade. E' un po' cinico, ma non dar peso alla cosa. Siamo i dottori della S.R.D. e ci siamo presi cura di te.» Il rosso, visibilmente spaesato, si limita ad annuire. «E non preoccuparti, non ti faremo del male. Letha ci ha chiesto di rimetterti in sesto» , lo informa.

Mi volto a guardarlo. E' diventato improvvisamente serio. «Letha?» , domanda.

Stringo fra le dita le lenzuola bianche e mi mordo il labbro inferiore. Stanno parlando della ragazza che ieri sera vegliava su di lui qui in infermeria. La conosce? Se sì, che rapporto hanno? Vorrei saperlo.

«Ragazzi!»

Ruoto il capo verso la porta da cui entrano Adam, Gabe, Léon e Alex. Il cugino di Chris corre verso di me e io mi metto seduta sul materasso. Mi abbraccia e anche Gabe mi si avvicina per scompigliarmi i capelli. Alex sembra agitato. Raggiunge il fratello senza degnare nessuno di uno sguardo e si ferma poco distante da lui. In piedi, inizia a fissarlo.

«Perché non mi hai mai parlato di quello che hai fatto per mantenere la nostra famiglia, Robert? O dovrei chiamarti Corey

Il rosso deglutisce. Mi alzo dal letto e invito tutti a lasciare la stanza per assicurare un po' di privacy ai due Collins. Stanno per affrontare una conversazione difficile.

«Faith è salva» , mi informa Adam. Non riesce a trattenere un sorriso.

«E' fantastico! Dobbiamo subito correre da lei in ospedale!»

Mi aggrappo al suo braccio, euforica. «Un agente accompagnerà subito te e Léon a Sheffield.»

Confusa, inarco un sopracciglio. «Non hai intenzione di venire con noi?» , gli domando.

«Non può, dobbiamo allenarci.» Mi volto verso Gabe.

«Allenarvi per fare cosa?»

Gonfia il petto e, fiero, se lo accarezza con una mano. «Dorian potrebbe cercare di uccidere Faith. E' una testimone preziosa. A quanto pare, al momento non ricorda nulla dell'incidente, ma, se le tornasse la memoria, sicuramente avrebbe il potere di farlo finire in carcere.» Spaventata, deglutisco. «Ma non preoccuparti, cuginetta, perché la S.R.D. ha già escogitato un piano per salvarla. Domani le faranno firmare le dimissioni dall'ospedale e andremo a recuperarla in piena notte per portarla qui in infermeria.» Si gratta la nuca. «Ma, a quanto pare, c'è sempre la possibilità che qualcuno cerchi di ostacolarci perché, sai, qui sono tutti fissati con l'idea che il pericolo sia sempre dietro l'angolo, quindi Ozzy ci ha detto di andare un po' in palestra a combattere. Ci spiegheranno anche come tenere in mano una pistola, non è fantastico?»
Prima che possa ribattere, Gabe afferra il braccio di Adam e inizia a trascinarselo dietro per il corridoio. «Salutateci Faith!» , mi urla, ormai distante.

Sconsolata, mi passo una mano sul volto.

•••

«Léon, toglimi subito la mano dalla coscia.»

Sento ridere Adrian, l'hacker con la passione per le bandane, nostro attuale autista.

«Scusa, ragazzina, ma sono bendato e non ho una chiara percezione dello spazio che mi circonda» , si difende.

Ho gli occhi coperti, perché la S.R.D. non vuole, per sicurezza, che il mio gruppo scopra la posizione del loro quartier generale e ci ha costretti a bendarci durante il viaggio, e non posso guardarlo, ma, conoscendolo, sono sicura che adesso, divertito, sta sorridendo in modo strafottente.

«Adrian ci toglierà le bende quando saremo a Sheffield e, se l'idea di essere preso a calci nei genitali non ti alletta, allontana subito le dita dalla mia gamba.»

Lo sbruffone sospira e ritrae l'arto. Compiaciuta, sorrido.
L'auto si ferma dopo una ventina di minuti. Adrian ci invita a scoprirci gli occhi. Si preme meglio gli occhiali contro il viso e ci apre gli sportelli.

«Vi aspetto qui nel parcheggio» , ci informa.

Io e Léon usciamo dall'auto ed entriamo nell'ospedale. Chiediamo di Faith ad una dottoressa che ci dice subito il numero della sua stanza, situata al terzo piano. Prendiamo l'ascensore per salire e, senza difficoltà, seguendo una scia di poliziotti, troviamo la camera della mia amica. La porta è chiusa e Mark è in piedi davanti ad essa. Alla mia vista, sorride e io faccio lo stesso. Lo raggiungo e lo abbraccio mentre Léon si tiene in disparte. Lui mi accarezza la schiena.

«Come stai?»

«Meglio rispetto a ieri» , rispondo. «Faith, invece?»

Si incupisce. «Non ricorda nulla dell'incidente.» Si massaggia una tempia. «Ma, magari, domani le tornerà la memoria. Stanotte, per sicurezza, resteremo qui con lei. E' una testimone importante. Dobbiamo proteggerla.»
Non posso far altro che concordare con la sua affermazione. Mark si passa una mano fra i capelli biondi e rivolge un'occhiata a Léon che, a braccia conserte, se ne sta con la schiena appoggiata al muro e la testa bassa. Il mio ex mi accarezza poi una spalla e mi invita a raggiungere con lui la finestra che si trova in fondo al corridoio. «Ho delle novità.»

Mi mordo il labbro inferiore. «Buone, spero» , dico.

Inizio a guardarmi intorno. Noto che un poliziotto mi sta osservando. Ha un'aria minacciosa. Ha il viso ovale, la barba appena accennata e i capelli biondicci. Mi ricorda vagamente Mark. Il commissario nota la mia agitazione e si volta a guardare il suo collega che, subito, abbassa la testa.

«Rex, certe volte, è un po' inquietante, ma non farebbe mai del male a nessuno» , mi rassicura. Mi porta una mano alla base della schiena e ci fa voltare verso la finestra. «Non dovrei parlartene, ma farò un'eccezione perché si tratta di te.» Abbassa notevolmente il tono della voce, che si riduce a poco più di un sussurro. «Sono passato dalla stazione di servizio in cui credi che abbiano drogato il tuo cocktail.» Lo incito a continuare. «Alcune persone ricordavano Thomas ed erano fermamente convinte del fatto che non avesse versato nulla nel tuo bicchiere.» Felice, sorrido. «E non è finita qui» , aggiunge. «Il barista che c'era ieri sembra essere sparito nel nulla.»

«Dovete trovarlo!»

Istintivamente, alzo il tono della voce e Mark mi invita a fare silenzio. «Ci stiamo lavorando.»

Sorridente, volto il capo verso Léon. Ci stava già guardando. Confuso dalla mia espressione, inarca un sopracciglio. C'è una buona possibilità che Thomas e Chris vengano scagionati. Il pensiero di poterli riabbracciare mi fa martellare il cuore nel petto.

«Mark, ti prego, fammi parlare con Christopher e Thomas.»

Scuote il capo. «Non posso.»

«Sei il commissario della centrale di Nottingham, puoi fare qualsiasi cosa.»

«Evie, è già tanto che ti abbia parlato del caso.»

«Ti supplico, Mark. Voglio soltanto salutarli. Voglio che sappiano che credo in loro e che so che non mi farebbero mai del male.»

Resta in silenzio ad osservarmi e, dopo un po', sospira ed estrae il suo cellulare dalla tasca posteriore dei pantaloni. «Non aggiornarli sul caso.»
Allegra, lo abbraccio. Lui, divertito, si lascia sfuggire un sorriso. Compone un numero e fa partire la chiamata. «Soltanto qualche minuto, Evie, non di più.»
Annuisco e non smetto nemmeno per un attimo di ringraziarlo. Sento una voce dall'altro capo del telefono. «Sì, sono io. Passami uno dei due carcerati senza far capire nulla ai tuoi colleghi.»

Mark osserva il cielo e mi porge il telefono. Si mette davanti a me per coprirmi e mi invita a parlare a bassa voce. Quando, dopo qualche minuto, sento la voce di Chris, quasi scoppio a piangere per l'emozione. Mormoro il suo nome e il cuore inizia a battermi forte.

«Evie, sei davvero tu?»

Sento Thomas urlargli di passargli il cellulare e qualcuno gridare a entrambi di fare silenzio.

«Sì, Chris, sono io, ma non posso restare molto a telefono. Volevo soltanto dirti che ti voglio bene e che credo nella vostra innocenza. Vi tireremo fuori di prigione. Selene ti ama e ti aspetta e manchi anche ad Adam, a me e a tuo fratello.»

Lo sento singhiozzare. «Mi mancate anche voi.»

«Evie, fai in fretta» , mi sollecita a chiudere Mark.

«Passamela!» Percepisco le grida di Thomas. Chris protesta e per un attimo non sento più nulla. Quando, dall'altro capo del telefono, riconosco la voce del mio capo, non riesco a trattenere le lacrime. «Come stai, combinaguai?»

Piango e sorrido allo stesso tempo. «Combinaguai a me? Ti ricordo che sei tu quello rinchiuso in carcere.»

Sento la sua risata. Sembra rotta dalle lacrime. Premo la mano contro la finestra. Vorrei poterlo abbracciare. «Non ti avrei mai fatto del male, Evie, te lo giuro» , dice, prima di iniziare a straparlare.

«Io ti credo, Thomas» , lo interrompo. «Non ho dubitato di voi per un solo istante. Non ho dubitato di te per un solo istante.»

Singhiozzo e lui fa lo stesso. Mi mordo con forza il labbro inferiore. «Io» , sussurra.

«Cosa?»

Resta in silenzio. Frustrato, grugnisce. «No, non così.»

«Thomas» , mormoro.

«Evie, sbrigati» , mi richiama Mark.

«Mi manchi da impazzire, anche se non ci vediamo soltanto da qualche ora. Mi sembra di essere rinchiuso in questa cella da un'eternità.»

«Evie, devi chiudere la telefonata. Stanno arrivando i miei colleghi.»

Sospiro. «Mi manchi anche tu e ti prometto che ti tirerò fuori di lì. Adesso devo andare» , lo informo.

Mark, agitato, mi strappa il telefono dalle mani. Sento ancora la voce di Thomas. Il commissario spalanca gli occhi e, divertito, sorride. «Buono a sapersi, ragazzo, ma non sei il mio tipo.»

«Che cosa ha detto?» , domando, confusa.

Mark mi ignora un attimo per ringraziare il suo collega e poi chiude la chiamata. «Te lo dirà lui» , mi risponde con fare sbrigativo.

La porta della stanza di Faith si spalanca e un'infermiera esce fuori. Scorgo la mia amica. Ha gli occhi aperti ed è distesa su un lettino. Alla mia vista, fa quasi per alzarsi, ma poi il suo viso si contrae in un'espressione di dolore, si porta le mani sulla pancia e resta ferma.

«La ragazza è sveglia» , mi informa la donna.

«Possiamo entrare a salutarla?» , chiedo, ansiosa.

Annuisce e mi invita a non farla affaticare. Faccio cenno a Léon di raggiungermi. Ringrazio Mark per tutto ed entro con il mio amico nella stanza. Corro da Faith e le bacio la fronte. Lei, felice, mi sorride e mi stringe una mano.

«Stai bene» , constata, sollevata.

«Eri preoccupata per me?» , chiedo, incredula.

«Credevo che Thomas volesse farti del male.»

Léon abbassa lo sguardo. «Thomas non è una persona cattiva» , lo difendo. «Che cosa ricordi?»

Si accarezza una tempia. «Di aver visto Christopher al telegiornale. Aveva sventato un furto di scarpe.» Confusa, inarco un sopracciglio. «E di aver realizzato che fosse tuo amico dopo averlo scorto con te alla fiera di Nottingham. Ricordo di aver pensato che avrebbe potuto aiutarmi ad indagare sulla morte di Rae. Dorian credeva che l'avesse uccisa Thomas, il suo ex ragazzo. Mi feci assumere da lui per conoscerlo meglio. Sei stata presa come commessa qualche mese dopo di me.» Abbassa lo sguardo. «Adam mi era sembrato un aggancio perfetto per arrivare a suo cugino.» Ferita, indietreggio. «Ho iniziato a frequentarlo per avvicinarmi a Christopher. Quando ho dormito a casa vostra, la notte in cui abbiamo rubato i filmati delle telecamere della villa di Ares, sono finita per sbaglio nella sua stanza. C'era una cartella sul suo letto. Ci ho trovato dentro delle foto di Rae.» Una lacrima le riga una guancia. Si ferma un attimo e riprende fiato. «Se un poliziotto stava indagando su di lei, come mi avevi confermato tu, accidentalmente, il giorno della festa al Delirium, forse, la sua morte non era stata un incidente.» Stringe fra le dita le lenzuola. «E se Dorian avesse avuto ragione sin dall'inizio? Sono entrata di notte nell'enoteca. Thomas, a sorpresa, è arrivato dopo di me e mi sono nascosta. Sei entrata anche tu in negozio e lo hai raggiunto nel suo ufficio. Vi ho visti andare via insieme e poi ho trovato le sue compresse.» Singhiozza. «Ti ho mandato io la sua foto insieme a Rae. Volevo soltanto proteggerti. Volevo che ti allontanassi da lui. Dorian non faceva altro che ripetermi che aveva sicuramente ucciso Rae per gelosia. Lei lo aveva lasciato poco prima di morire.» Piange. Sconvolta, scuoto ripetutamente il capo. Quel bastardo l'ha manipolata. «Avrei voluto indagare di più su di lui prima di chiedere aiuto a Christopher, ma quando ho letto il tuo messaggio e vi ho immaginati da soli a Sheffield insieme, ho subito chiesto consiglio a Dorian sul da farsi. Mi ha detto che ti avrebbe uccisa e ho avuto paura. Ho avuto paura e sono subito corsa a casa vostra.»

Mi avvicino a lei e le porto una mano su una spalla. «Dorian ti ha manipolata.»

Solleva il capo per guardarmi. «Come fai ad esserne certa?»

«Conosco Christopher e conosco anche Thomas. So che non mi farebbero mai del male. E poi, Chris è venuto a Sheffield per salvarmi, no? Per quale motivo avrebbe dovuto spararti e farmi del male?»

Resta in silenzio a pensare e poi si porta le mani sul viso. «Sono una stupida» , afferma.

«Decisamente» , si decide ad aprire bocca Léon.

Lo fulmino con lo sguardo. «Risolveremo tutto, Faith, te lo prometto.»

«Ho sbagliato anche con Adam.» Non smette per un attimo di piangere, disperata.

Le dico di calmarsi, preoccupata. «Quando gli racconterai tutto, ti perdonerà» , tento di tranquillizzarla.

«Quando gli racconterò tutto, non vorrà mai più vedermi.» Si tira i capelli, quasi come se volesse strapparseli. Le prendo le mani e poi le accarezzo la nuca. «Evie, inizialmente volevo avvicinarmi ad Adam soltanto per arrivare a Christopher, provavo unicamente dolore per la morte della mia migliore amica e volevo vederci chiaro su Thomas, ma poi mi sono legata davvero a lui. E' riuscito a farmi stare meglio. E' riuscito a farmi capire che sarei potuta andare avanti. Non voglio perderlo. Mi piace sul serio.»

Le accarezzo le guance. «Non lo perderai.» E in cuor mio so che andrà esattamente così. Lo ferirà, ma Adam tiene incredibilmente a Faith e la perdonerà.

•••

«Dovremmo allenarci anche noi.»
Bendata, ruoto il capo verso Léon. Adrian ci sta riportando al quartier generale del reparto speciale dei Servizi Segreti. «Non voglio sentirmi impotente. Ho intenzione di tirare fuori mio fratello dal carcere. Si è appena convinto a darci una possibilità. Non posso perderlo adesso, non credi?»
Cerco con le dita la sua mano e, quando la trovo, l'accarezzo. Stringe la mia con forza. «Prenderò a calci Dorian Evans, te lo posso assicurare, ragazzina.»

•••

E' pomeriggio inoltrato. Passo davanti all'infermeria, ma dentro non c'è nessuno. Hanno dimesso Corey? Continuo a camminare per il corridoio con la testa piena di pensieri. Immagino Christopher dietro alle sbarre e Selene rannicchiata in un angolo del balcone della nostra stanza a piangere per lui. Penso a Faith, alle sue lacrime, alla sua disperazione e al modo in cui Dorian l'ha raggirata.
Passo davanti alla palestra e vedo Adam prendere a pugni lo stesso sacco da boxe che Gabe sta riempiendo di calci.
Faith gli spezzerà il cuore.
Mi passo le mani fra i capelli. Mi sento frustrata e impotente. Vorrei che i miei amici non soffrissero. Quando chiudo gli occhi, mi viene in mente anche Thomas. Dorian è la causa di tutte le sue sofferenze. Schiudo le palpebre e, presa dall'ira, colpisco lo stipite della porta con un pugno.
Tutti si voltano a guardarmi. C'è anche Letha. Si sta allenando insieme allo sbruffone che ho incontrato ieri in corridoio e che non mi ha detto il suo nome. Fa per avvicinarmisi, ma corro via.
Raggiungo la stanza di Léon e busso alla sua porta. Mi apre subito e, assonnato, si copre la bocca con una mano per poi sbadigliare.

«Facciamolo.»

Incredulo, strabuzza gli occhi e poi mi sorride in modo malizioso. «Sapevo che prima o poi lo avresti detto.»

Ci metto un po' a realizzare quello che sta intendendo e, schifata, arriccio il naso e gli do una spintarella. «Non voglio fare sesso con te.»

Rotea gli occhi. «Non ci credo.»

«Andiamo in palestra ad allenarci, idiota. Sono venuta a chiamarti per questo.»

•••

Entriamo in palestra e mi guardo subito intorno. C'è Shaw, il nipote di Ozzy. Sta lanciando dei coltelli contro un bersaglio per freccette. Spaventata, mi aggrappo al braccio di Léon e glielo faccio notare. Il biondino si è tagliato, per qualche strano motivo, di parecchio i capelli e li ha tirati indietro con del gel.

«Evie, che piacere vederti.» Ruoto la testa e noto Letha venirmi incontro.

Squadra Léon da capo a piedi e anche lui, mordendosi il labbro inferiore, la scannerizza.

«Che gran bel bocconcino» , commenta il coinquilino di Corey.

La ragazza lo ignora. Mi chiedo ancora se esista un legame fra lei e il rosso. L'idea che possa esserci un qualsiasi tipo di rapporto fra loro mi infastidisce terribilmente.

«Siamo qui per allenarci» , la informo.

«In realtà, stavamo per chiudere la palestra. Fra poco serviranno la cena. Domani mattina, però, se ti va, potrei insegnarti qualche mossa.»

Léon scoppia a ridere. «No, scusa, fammi capire, tu dovresti spiegarci come si combatte?»

Lei, infastidita, si porta entrambe le mani sui fianchi. «La cosa ti crea problemi?»

Lui continua a ridacchiare. «In realtà, mi diverte.»
Si sporge in avanti per accarezzarle una guancia con il dorso del dito. Finirà male, lo sento. Lei, più bassa di lui di almeno trenta centimetri, solleva la testa per guardarlo dritto negli occhi. «Domani, ti insegnerò a sferrare qualche pugno io, magari, piccoletta.»
Tutti ci stanno guardando. Il mio amico le tende la mano per presentarsi. «In ogni caso, sono Léon.»

Lei stringe le sue dita e forza un sorriso prima di ruotargli con una mossa decisa il braccio. Léon, spiazzato, cade in ginocchio e inizia a massaggiarsi il punto dolente. «Letha, piacere di conoscerti. O forse no.»

Non riesco a trattenere una risata. Léon, infastidito, mi strattona una gamba e mi fa cadere al suo fianco. Gli do un colpetto sulla nuca. In lontananza, noto l'antipatico dal nome ignoto. Divertito, ridacchia e ci osserva come se fossimo due pagliacci. Trattengo a stento la voglia di togliermi una scarpa per tirargliela contro.

•••

Irritata, cammino per i corridoi. Passo di nuovo davanti all'infermeria e noto che di Corey non c'è nemmeno l'ombra. Che fine ha fatto? Almeno, non era insieme a Letha. La cosa mi consola. Non ho la certezza che si conoscano, ma perché lei vegliava su di lui e il suo nome fa al rosso uno strano effetto? Persa nei miei pensieri, urto qualcuno. Qualcuno che, però, non si ferma. Mi guardo indietro e noto Alex correre.

«Sono in ritardo per la cena!» , mi urla, giustificandosi per la fretta.

Ricomincio a camminare e colpisco qualcosa con la punta della scarpa. Abbasso il capo e noto che sul pavimento c'è una piccola agendina in pelle. E' spalancata e le pagine visibili sembrano piene di scritte.

Non devi pensare a Shawn.

La frase viene ripetuta almeno quindici volte. Percepisco dei passi. Chiudo il minuscolo diario di scatto e ruoto sul posto. Alex mi raggiunge e me lo strappa dalle mani. «E' mio.»

Io non gli chiedo nulla e lui a sua volta non mi pone domande. Si allontana in silenzio e io ritorno al mio tragitto ripromettendomi di dimenticare l'accaduto. Non sono affari che mi riguardano.
Faccio per raggiungere le scale, ma mi fermo quando vedo Corey scenderle. Prima che possa dirgli qualcosa, mi prende per mano e mi trascina all'interno dell'ascensore che le affianca. Preme il bottone del terzo piano e mi sorride in modo smagliante.

«Stai meglio?» , gli chiedo, un po' stordita.

La sua vista, ultimamente, mi provoca questo effetto. «Sì, ma quei due medici strani di stamattina mi stanno comunque cercando per riportarmi in infermeria.»

Mi sporgo in avanti per toccargli la fronte. Non scotta. «Non mi sembra che tu abbia ancora la febbre.»

«Te l'ho detto, sto bene.» Ha uno strano luccichio negli occhi.

«E allora, perché vogliono costringerti a stare in infermeria?»

«Preferirebbero tenermi sotto controllo perché il medicinale che ha creato la dottoressa Judy e che mi hanno somministrato potrebbe avere degli effetti indesiderati su di me.»

«Dobbiamo tornare da loro» , affermo, agitata.

Mi volto per premere un bottone che ci consenta di riscendere nel piano interrato dell'edificio.

«Voglio farti vedere il tetto. Potremmo starcene un po' lì.»

«Che effetti collaterali potrebbe causarti il farmaco?»

«Nulla di grave» , mi rassicura. «Soltanto un po' di euforia.» Sorride e mi osserva.

Arrossisco e distolgo lo sguardo. Con la coda dell'occhio, lo vedo mordersi il labbro inferiore.

«Ti riporterò, per sicurezza, da quei due. Non capisco, comunque, perché continuino tutti a somministrarci i farmaci creati da una potenziale squilibrata» , mi lamento.

«Dio, sei così bella.»

Un brivido mi attraversa la schiena. Corey viene verso di me e mi spinge con delicatezza contro la parete metallica alle mie spalle. Fa intrecciare le nostre dita e poi mi solleva le braccia verso l'alto. Mi manca il respiro. Mi bacia il collo e io chiudo gli occhi.

«E' soltanto l'effetto del farmaco, Corey.»

Il cuore rischia di uscirmi fuori dal petto. Schiudo nuovamente le palpebre. Chinato in avanti per raggiungere la mia altezza, raddrizza la testa e fa incrociare i nostri sguardi. Ruoto il capo per non osservarlo. L'ascensore arriva, finalmente, al terzo piano, dopo aver sostato per qualche istante anche ai precedenti. Mi porta due dita sul mento e mi costringe a girare la testa per fissarlo.

«Mi ha reso soltanto un po' euforico, ma sono perfettamente cosciente e so con certezza ciò che voglio.»

Si fionda sulle mie labbra, lasciandomi spiazzata. Non lo allontano. Scaccio dalla testa tutte le voci che mi dicono di farlo e gli butto le braccia al collo. Mi bacia in modo famelico. Indietreggio e mi ritrovo nel corridoio del terzo piano con Corey incollato al mio corpo. Mi spinge di nuovo contro una parete e mi solleva prendendomi dalle cosce. Allaccio le gambe intorno al suo bacino mentre mi sfiora il collo con le labbra. Gli passo le dita fra i capelli e torna a guardarmi. Scoppiamo tutti e due a ridere, felici, e poi ricominciamo a baciarci.

«Fermi!» Controvoglia, mi allontano dal rosso che continua a sorreggermi. Ruotiamo entrambi la testa e ci accorgiamo della presenza del medico squilibrato di questa mattina. Dovrebbe chiamarsi Wade. «Tu, Merida, torni con me in infermeria!»
Corey biascica un 'fottiti' e preme nuovamente le sue labbra morbide sulle mie. «Fino a quando Ivy non si accorgerà che il ragazzo perfetto per lei sono io e non Adrian, in questo edificio non ci sarà amore!»
Corre verso di noi e ci divide. Mi aggrappo alle spalle di Corey mentre Wade, seccato, cerca di separarci. «Tenete a freno le lingue!»

-
Salve!
C'è chi sarà scontento di questo bacio e chi no. A tutti, però, posso dire di non disperare. Mai. Sarà sempre tutto in costante evoluzione.
Potete trovare Wade e Ivy nella nuova pagina dedicata al cast.
Aggiornerò la settimana prossima. A presto!

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