19 - Cifre
Adam ci apre la porta per farci entrare e sorride. Io e Gabe, allegri, lasciamo i nostri bagagli a terra sul pianerottolo e corriamo a tuffarci fra le sue braccia.
«Chris?» , chiedo.
«Si è chiuso in camera e si sta deprimendo. E' soltanto il secondo giorno di Gennaio, ma già crede che l'anno faccia schifo.»
Sospiro. «Che cosa è successo?»
«Ha litigato con Selene e lei, adesso, sta venendo qui a riportargli alcune cose. Ha detto che vuole lasciarlo.»
Roteo gli occhi ed entro, senza bussare, nella stanza del mio amico. Lo trovo seduto sul suo letto con la testa fra le mani. Alla mia vista, accenna un sorriso. Mi chiudo la porta alle spalle e vado a posizionarmi accanto a lui sul materasso. Gli circondo le spalle con un braccio.
«Che hai combinato?»
Sbuffa. «Perché credi che sia colpa mia?» Mormoro il suo nome. «Sono partito per Amsterdam senza avvertirla» , cede. Sconsolata, scuoto il capo. «Avevo bisogno di starmene lontano da casa» , si difende.
«Ti aspettava a Stafford per Natale» , gli ricordo. «Avresti potuto parlarle di Léon» , aggiungo.
«Quando? Sa soltanto lamentarsi, ogni volta che la chiamo. Forse, è un bene separarsi.»
Per quanto possa starmi antipatica Selene, capisco le sue ragioni. Chris, ultimamente, è troppo preso dal suo lavoro e non le dà molte attenzioni.
«Di cosa si lamenta?» , domando, fingendo di non sapere già la risposta.
«Del fatto che io mi faccia sentire poco o che non vada mai a trovarla.» Mi limito ad osservarlo in silenzio. «Forse, un po' ha ragione» , ammette.
«Forse?»
Sospira. «Sì, ha ragione, ma tengo molto alla mia carriera.»
«Non conta soltanto quella nella vita, Chris. Viviamo nella stessa casa e nemmeno io riesco più a parlarti. Sei costantemente in ufficio» , gli faccio notare.
«Credi che dovrei prendermi una pausa?»
«Sì, decisamente.»
Getta indietro la testa e stringe le lenzuola fra le dita. «Allora, cercherò di risolvere le cose con Selene.»
Felice, sorrido. «Vado a nascondere i miei bagagli a casa di Corey e Léon.»
Faccio per alzarmi, ma il poliziotto mi prende per mano per tenermi ferma accanto a lui. «No, lascia tutto qui. Dirò a Selene che tu e Gabe vivete con me e mio cugino. Se vuole che le cose funzionino fra noi, deve fidarsi di me e non essere gelosa del fatto che io conviva con una mia amica.» Continua a parlare, ma non riesco più ad ascoltarlo. La mia mente è altrove. Sono a Nottingham e devo aiutare Thomas a trovare l'assassino di Rae. «Evie? Stai bene?» Chris mi scuote e torno in me.
«Sì, benissimo» , affermo.
Sbuffa. «Perché devo sempre tirarti le parole fuori di bocca? Che ne dici di saltare la parte in cui inizio a tempestarti di domande e di raccontarmi direttamente ciò che ti turba?»
Lo farei, volentieri, ma non posso. Ho promesso a Thomas di non parlare a nessuno di ciò che sta accadendo. Chris continua a guardarmi. So che non riuscirò a lasciare la camera senza prima avergli dato una risposta. Potrei esporgli il mio dubbio esistenziale. «E' possibile amare due persone contemporaneamente?»
Strabuzza gli occhi. «Che cosa mi sono perso?»
«La mia cotta per Thomas» , inizio a dire. Raddrizza di colpo la schiena.
«Perché non me ne hai parlato prima?»
«Perché sei sempre a lavoro!»
Sospira e si passa una mano sul volto. «Devo proprio prendermi una pausa.» Annuisco con vigore. «Chi è l'altro che ti interessa?» Imbarazzata, arrossisco e abbasso il capo. «Oh, non ci credo! Ti piace mio fratello!»
«No!» , mi difendo. «Abbiamo già superato la storia del bacio» , aggiungo.
«Quale bacio?» Sgrana le palpebre. «Evie!»
«Non concentrarti su questo!»
«Hai baciato mio fratello! Sarei potuto diventare tuo cognato!»
«Lui mi ha baciata» , preciso. «E poi, a me piace Corey.» Mi porto una mano sulle labbra. L'ho davvero detto ad alta voce? Il cuore inizia a battermi forte.
«Non ci credo!» Inizia a saltellare sul letto e io, irritata, lo colpisco con una cuscinata.
«Dammi un parere e smettila di fare l'idiota» , lo ammonisco.
Prende un respiro profondo e si porta una mano sul petto. «Non so bene cosa dire, mi sento anche io diviso a metà. Ho una predilezione per le persone con i capelli rossi, ma, se ti mettessi con Thomas, non rischierei mai di dover vivere con il peso sulla coscienza di aver arrestato il tuo ragazzo.»
Lo colpisco di nuovo con il cuscino. «La smetti di considerare Corey un criminale?»
Inizia a ridere di gusto. «Ha rubato uno zerbino» , si difende.
Sfugge anche a me un sorriso. «E' soltanto una tua supposizione e, anche se sono fermamente convinta che lo abbiano comprato, ti ricordo che potrebbe anche essere stato tuo fratello a prenderlo» , gli faccio notare.
Sospira. «Non mi ci far pensare, è già abbastanza dura sorvolare sul fatto che abbia fuso due appartamenti abbattendo illegalmente una parete.» Si lascia cadere sul letto e mi trascina accanto a sé. «Ho deciso, mettiti con Corey così, d'estate, giocheremo in cortile a guardia e ladri.» Ride da solo alla sua battuta e io lo colpisco con l'ennesima cuscinata in pieno volto. «Comunque, devo farti vedere una cosa.» Allunga una mano verso il suo comodino per prendere una cornice. Me la passa e io, perplessa, inizio ad osservare lo scatto in essa contenuto.
«Che schifo è?»
Offeso, se la riprende. «Il mio regalo per Léon» , afferma.
Mi sfugge un sorriso. «Hai chiesto a qualcuno di photoshopparti accanto a lui?»
«Al mago di Photoshop» , precisa.
«Ti manca un orecchio» , gli faccio notare.
Sbuffa. «Forse, non era poi così bravo come si diceva in giro, ma conta il pensiero, giusto?»
La porta della stanza si spalanca e solleviamo appena la testa per guardare Adam entrare. «Chris, non vorrei allarmarti, ma Selene mi ha chiamato per dirmi che fra poco sarà qui.»
Mi alzo di scatto dal letto e il poliziotto, dopo di me, fa lo stesso. «Schiarisciti le idee» , gli dico. «Io, intanto, vado un po' in piscina.» Ho bisogno di fare lo stesso.
Lui forza un sorriso. Mi sollevo sulle punte e gli bacio la fronte per dargli coraggio. «Ti voglio bene e so che risolverai tutto.»
Sorride e mi scompiglia i capelli con una mano. «Anche io e sono sicuro che, la prossima volta che ci vedremo, sarai meno perplessa di adesso.»
«Credi che sia capace di risolvere il mio problema in qualche ora?»
«Credo che passerai il tempo a riflettere fino a trovare una soluzione.»
•••
Mi avvio a testa bassa verso i lettini, una volta raggiunta la piscina.
«Evie, giusto?»
Sollevo il capo. Era, la mia vicina di casa, è seduta su uno di essi. Ha il viso, ad accezione degli occhi, come sempre, coperto da un velo scuro come il suo abito. Una ciocca color pece di capelli le cade sulla fronte. Annuisco e le sorrido. Mi invita a sedermi accanto a lei e così faccio. Mi squadra con i suoi occhioni azzurri.
«Come stai?» , le domando.
«Bene» , afferma. «Mi piace stare qui in piscina. Ci vengo spesso e, ogni tanto, mi porto dietro anche qualche libro da leggere.»
Mi sembra molto sola. Sarebbe bello se diventassimo amiche. «Che genere preferisci?» , le chiedo, intenzionata a conoscerla meglio.
«I gialli» , afferma con sicurezza. E il mio pensiero, spontaneamente, va a Thomas e all'assassino che sta cercando di incastrarlo. «Ho detto qualcosa di sbagliato?»
Scuoto il capo e torno in me. «No, scusami, stavo soltanto pensando ad una cosa.»
Inclina da un lato la testa. Presumo stia sorridendo. «Qualcosa che riguarda i gialli?»
Sarebbe sbagliato chiederle una mano? «Sì» , affermo, un po' titubante. «Pensavo ad un videogioco» , improvviso.
Annuisce e mi incita a continuare. «Quale?»
Tossisco, in preda al panico. «Un videogioco in cui sono una detective. Non ti dico il nome perché non lo conosce praticamente nessuno. Sicuramente, neanche tu.» Nemmeno io, a dirla tutta, visto che non esiste. «Non riesco a risolvere un caso. C'è stato un omicidio ed è stato incastrato il mio cliente. Dovrei provare la sua innocenza, ma non ho indizi a suo favore e nemmeno la polizia ha trovato qualcosa di utile sulla scena del crimine.»
Si gratta il mento con fare pensieroso. «Forse, perché le prove non dovevano essere trovate dagli agenti.» Confusa, aggrotto le sopracciglia. «Mi spiego meglio.» Annuisco. «E' tuo compito scagionarlo, quindi, tu devi trovare gli indizi sufficienti a provare la sua innocenza sul luogo del delitto.»
Sorpresa, schiudo leggermente le labbra. «Non ci avevo pensato!» Mi alzo di scatto in piedi. «Devo assolutamente collaudare la tua teoria!»
Sorride. «Fammi sapere come va a finire» , mi raccomanda.
Istintivamente, l'abbraccio. Lei, sorpresa, mi stringe a sua volta. «Sì, certo! Uno di questi giorni, passa a casa mia, potremmo chiacchierare un po' davanti a qualche fetta di crostata ai mirtilli.» Sorride e accetta l'invito. Allegra, corro via. Svoltato l'angolo, però, mi fermo sul posto. Come ci entro in casa di Rae?
•••
«Non conviviamo più da meno di un'ora e già piombi nel nostro appartamento? Ti manchiamo così tanto, ragazzina?»
Sorpasso Léon ed entro in casa. Alex, steso sul divano, borbotta e si tira la coperta di pile rossa fin sopra la testa.
«Corey?» , sussurro per non farmi sentire da suo fratello che continua ad ignorare il segreto sul suo nome.
Léon sorride in modo malizioso. «E' nella sua stanza. Che cosa c'è fra voi?»
«Non ora» , lo liquido subito. Piombo senza invito nella camera del rosso e lo ritrovo steso sul suo letto a dormire. Arrossisco vistosamente quando mi accorgo che sta riposando a torso nudo. «Svegliati!» , urlo, imbarazzata, chiudendo gli occhi.
«Che cosa è successo?» Li riapro quando sento un tonfo. Per lo spavento, è caduto a terra. Si rialza e inizia a massaggiarsi la testa con una mano. Corro verso il suo armadio e gli prendo una felpa grigia. Gliela lancio e gli dico di indossarla.
«Non dovresti dormire mezzo nudo, fa freddo» , lo ammonisco.
Inizio a prendere dei respiri profondi per calmarmi. Sento i suoi passi e capisco che è dietro di me quando si china per baciarmi una spalla scoperta. Dei brividi mi attraversano il corpo. «Mi piace quando ti preoccupi per me» , ammette. «Comunque, che cosa ti porta qui? Il semplice piacere di vedermi o altro?»
Deglutisco. «Ho bisogno del tuo aiuto.» Sospira. «Devi insegnarmi a scassinare le serrature.» Mi volto verso di lui e sorrido in modo innocente. Sconvolto, spalanca gli occhi.
«Non ti insegnerò a fare qualcosa di sbagliato.»
Trova una scusa convincente. Trova una scusa convincente. «E' un'emergenza. Devo aprire il ripostiglio in cui Chris ha nascosto la mia cioccolata.» Scettico, inarca un sopracciglio. «Non vuole farmela mangiare, ha detto che sto ingrassando.» Mi tocco i fianchi. «Un po' ha ragione, stanno diventando enormi, ma non mi importa» , affermo con tono melodrammatico.
Incrocia le braccia al petto. «Cioccolata fondente?»
«Sì, la mia preferita» , continuo a mentire.
Non mi piace dire le bugie, per niente, ma non posso raccontargli le cose che mi ha detto Thomas. Chiude gli occhi, scuote il capo, sorride e poi mi scompiglia i capelli. «Ti aiuterò, visto che sembra sia una questione di vita o di morte.»
Allegra, sorrido. Non so davvero come farei senza di lui. Si avvicina alla sua scrivania e mi dice di andare in soggiorno. Mi raggiunge dopo un po' e ordina ad Alex di chiudersi a chiave nella sua camera. Il ragazzino, sbuffando, ci sorpassa ed entra nella stanza sbattendosi la porta alle spalle. Sento il rumore della chiave che gira nella toppa. Il rosso mi sfila dai capelli due forcine e me le lascia fra le mani. «Appiattiscine una.» Seguo i suoi comandi mentre mi osserva. «Adesso, piega la punta dell'altra.» Lo ascolto. Mi sento una criminale, ma devo ricordarmi che la persona cattiva è l'assassino di Rae, non io.
Léon, intanto, si è seduto sul divano per godersi appieno lo spettacolo. «Non sei orgoglioso di lei, fratello? Sta diventando come noi.»
Corey ridacchia. Mi porta poi una mano su un fianco e sussulto. Si sporge un po' in avanti per guardarmi negli occhi. «Rilassati, stai andando bene.» Crede che mi stia agitando per l'ansia da prestazione e non perché ho le sue dita sul mio corpo. Perfetto. Si allontana di nuovo da me per concentrarsi sul mio lavoro.
•••
«Evie?» Sorpasso Thomas che, incredulo, mi osserva, e piombo in casa sua. «Ciao, Thomas, posso entrare? Non ti disturbo, vero?» , tenta di imitare la mia voce. «No, figurati, stavo soltanto guardando le repliche di Grey's Anatomy» , continua ad improvvisare da solo una conversazione.
Allegra, sorrido. «Bene, allora puoi concentrarti su di me. Sono tante puntate, non riusciresti mai a finirle in una sola giornata.»
Fa per protestare, ma gli porto un dito sulle labbra per zittirlo. Indossa un paio di occhiali dalla montatura nera, spessa e quadrata che, devo ammetterlo a me stessa, lo rendono ancora più bello del solito.
Sconsolato, scuote il capo. «Sei incredibile» , commenta.
«Lo so» , lo assecondo. «Ed è proprio per questo che ho una soluzione al nostro problema.» Confuso, aggrotta le sopracciglia. «Forse, grazie al piano che sono venuta a proporti, riusciremo ad identificare l'assassino di Rae.»
Sorride in modo malizioso. «Credevo fosse un mio problema» , afferma. «Adesso, è diventato nostro? Siamo un noi?»
Arrossisco e mi incammino verso il divano. «No, non provarci. Non ora.»
E, inevitabilmente, mi viene in mente anche Corey, ma cerco subito di scacciare via la sua immagine dalla testa. Devo concentrarmi sul caso. Non posso pensare ai miei sentimenti contrastanti per il mio capo e il mio vicino di casa in questo momento. Thomas viene a sedersi accanto a me e sorride in modo beffardo.
«Non sono io quello che ha parlato del nostro problema» , mi fa notare, marcando la voce sulla parola 'nostro'.
«Comunque» , devio il discorso. «Potremmo cercare alcuni indizi a casa di Rae. Hanno ritrovato lì il suo corpo, no?»
Sgrana le palpebre e sbianca di colpo. «Sei impazzita?»
«No» , affermo. «E non preoccuparti per le chiavi dell'appartamento, Corey mi ha insegnato a scassinare le serrature.»
Schiude, sconvolto, anche le labbra. «Perché continui a frequentarlo? Ha una cattiva influenza su di te» , sospira, esasperato. «E, comunque, no, non andremo a casa di Rae.»
«Perché?» , piagnucolo.
«Perché è illegale! Non possiamo introdurci così nella sua proprietà.» Abbassa il capo e si porta le mani sulla nuca.
«Sai benissimo che è l'unico posto in cui potremmo trovare prove della tua innocenza e della colpevolezza di un'altra persona.» Resta in silenzio. «Fidati di me» , tento di convincerlo.
«Non sono pronto!» Ruota la testa per guardarmi. Ha gli occhi lucidi. «Non ho più messo piede in quella casa dalla nostra rottura, non me la sento di andarci.»
Gli prendo le mani e sembra tranquillizzarsi. «Se non vuoi venire con me, ci andrò da sola. Non permetterò a qualcuno di incastrarti.»
«No, Evie, ti prego, non farlo» , tenta di trattenermi. Sembra terrorizzato. «Non andare da sola. Non voglio che ti cacci nei guai.»
Gli accarezzo una guancia. «Allora, vieni con me. Sarò al tuo fianco. Non soffrirai vedendo quella casa, te lo prometto.»
Chiude gli occhi e stringe le mie dita a contatto con la sua gota. «Potrei avere un crollo emotivo» , mi informa, dopo qualche istante di silenzio.
«Ti aiuterò a superarlo.»
«Non abbandonarmi.»
«Non lo farei mai, Thomas. In questa situazione, ormai, ci siamo dentro insieme e ti prometto che la supereremo.»
•••
Non mi serve scassinare la serratura dell'appartamento di Rae perché Thomas apre la porta con un suo mazzo di chiavi di riserva. Mi spinge nell'abitazione e si richiude con cura alle spalle la superficie in legno. Inizia a guardarsi intorno. Si sofferma su ogni particolare del soggiorno rettangolare dalle pareti scure. Osserva anche il parquet sotto i nostri piedi. Alla nostra destra c'è una finestra, ma non mi sfiora nemmeno la mente l'idea di aprirla. Mi basta la luce che filtra dai forellini delle persiane. O forse no. Ma non la spalancherò comunque. Accendo la torcia del telefono e Thomas fa lo stesso. Di fronte alla porta di ingresso si trova un lungo corridoio che conduce alle altre stanze della casa, ma credo sia meglio controllare ogni angolo del soggiorno, prima di addentrarsi altrove. Alla mia destra ci sono un tavolino, un divano grigio e due poltrone del medesimo colore, una tv appesa alla parete e, sul fondo della stanza, una credenza e un altro tavolo, non rettangolare, come il precedente, ma tondo, di legno, circondato da alcune sedie. Abbiamo avvolto delle buste di plastica intorno alle nostre scarpe per non lasciare impronte e abbiamo indossato anche dei guanti in lattice. Stringo le dita di Thomas che si volta a guardarmi.
«Come stai?»
Forza un sorriso. «Bene, per ora.» Attira la mia attenzione un armadietto in legno, pieno di dvd e libri, alla mia sinistra. Non per gli oggetti contenuti al suo interno, ma per la foto, esposta in una sfarzosa cornice d'argento, su di esso. Mi avvicino a guardarla. Ritrae Rae e Thomas. E' la stessa che qualcuno mi ha lasciato a casa. Il capo nota il mio turbamento e mi raggiunge. «E' ovunque» , commenta. «E non è nemmeno così bella. Guarda, ho un brufolo enorme sulla fronte» , aggiunge, indicandosi con un dito. «Non ricordo neanche dove l'abbiamo scattata» , ammette. Resto in silenzio ad ascoltarlo. «Non ho una memoria eccellente. Forse, per questo, Rae scriveva dietro ad ogni fotografia la data e il luogo in cui era stata fatta.» Afferra la cornice e rimuove da essa lo scatto.
111193 Steel City
«93?» , domando, confusa. «Credevo avessi ventiquattro anni, non che fossi un cinquantenne sotto mentite spoglie.»
Incredulo, continua a guardare le cifre scritte a penna dietro la fotografia. «Questa è la mia data di nascita» , afferma, perplesso tanto quanto me.
«Che cosa sta succedendo?»
Thomas continua a rileggere il numero. «Forse, Rae sapeva davvero che qualcuno avrebbe cercato di farle del male e ha lasciato un indizio per far arrivare la polizia a non so cosa.»
Inizio a digitare 'Steel City' su Google.
Steel City è un soprannome comune per molte città che, un tempo, erano conosciute per la produzione di grandi quantità di acciaio.
Thomas allunga il collo per guardare il display del mio cellulare. «Sheffield» , mormora, leggendo il nome di una delle tante città elencate nella pagina. «Rae aveva una casa lì, ci andavamo spesso» , afferma. Si gratta il mento. «Continuo a non capire il senso della mia data di nascita.»
«E se fosse una combinazione?» , azzardo. «Aveva una cassaforte lì, vero?»
Annuisce distrattamente. Resta un po' in silenzio e poi realizza ciò che ho effettivamente detto. Si volta di scatto e mi porta le mani sulle spalle. «Sei un genio!» Mi bacia la fronte e mi stringe fra le sue braccia.
«Potrei sbagliarmi» , freno il suo entusiasmo.
«Non importa, abbiamo comunque una pista» , mi conforta.
Sì, è vero, forse, siamo sulla strada giusta. «Allora, partiamo per Sheffield, adesso» , affermo con convinzione.
-
Salve! Scusate se non ho postato questo capitolo ieri, ma ho avuto molto da fare.
Ci stiamo avvicinando alla conclusione della terza parte della storia. Spero che i capitoli vi stiano piacendo.
Fra un po', cambierà tutto.
Grazie a tutti voi che state leggendo. A presto!
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