18 - Direzione sbagliata
Mi sono sempre posta molte domande, sin dalla tenera età.
Mi chiedevo se le rondini avessero le zampe, visto che all'asilo le disegnavo tracciando delle semplici 'v' nere sul foglio, e se le castagne fossero la progenie dei ricci.
La situazione, adesso, non è cambiata.
Perché un assassino deve cercare di incastrare Thomas? Perché non riesco più ad osservare Corey senza avere uno sguardo sognante? Ma, soprattutto, perché deve continuare a venirmi sete nel cuore della notte?
Non voglio alzarmi dal letto. Strizzo le palpebre e cerco di pensare ad altro, ma più lo faccio e più sento la necessità di dovermi scolare tre bottiglie d'acqua di fila.
Sospiro e mi metto seduta. Indosso le pantofole e lascio la camera per raggiungere la cucina. Mi fermo in soggiorno e perdo un battito quando mi ritrovo davanti Corey a torso nudo intento a contemplare il cortile dalla finestra. Tossisco per attirare la sua attenzione e lui si volta. Sorpreso, mi sorride e mi invita a raggiungerlo. A testa bassa, lo faccio.
«Perché sei sveglia? Sono le due di notte» , mi fa notare.
«Potrei farti la stessa domanda» , affermo. «Comunque, stavo andando a bere.»
Gli do le spalle per congedarlo, ma mi blocca un polso per trattenermi. «Non ti interessa sapere a cosa stavo pensando?»
«Sì, certo» , ammetto.
Ma non voglio guardarlo negli occhi. E' l'ultimo giorno di Dicembre e, da Natale, non abbiamo mai più parlato del nostro bacio mancato. E a me sta bene così. Ho soltanto bisogno di ignorare l'accaduto e di passare del tempo con Thomas. E credo stia bene anche a Corey non menzionare l'evento. Il solo pensiero, probabilmente, lo imbarazza, ma continua a non allontanarsi da me e mi chiedo se lo stia facendo ingenuamente o intenzionalmente per vedere se, fra noi, potrebbe accadere qualcosa.
«Però, voltati.»
Deglutisco e, per non destare sospetti, ruoto sul posto. Soddisfatto, sorride. Inizia a fissarmi senza proferire parola.
«Quindi, a cosa stavi pensando?» , domando, assalita dall'ansia.
Si incupisce. «A Tim» , risponde. Confusa, inarco un sopracciglio. «Gli piacciono tanto i supereroi» , mi spiega. «E due di un film che ama saranno domani a Plymouth. I suoi genitori non l'hanno mai accompagnato a vederli. Anzi, secondo quello che mi ha detto mia madre, i suoi genitori non ci sono mai. Continuano a lasciarglielo e spariscono chissà dove per giorni. Potrei tranquillamente considerarlo un membro della mia famiglia e non il mio vicino di casa.»
Mi intristisco. Gli porto istintivamente una mano sul braccio e lui solleva il capo per guardarmi negli occhi. Sussulto e raddrizzo la schiena.
«Portiamocelo noi. E' questo che volevi fare, vero?»
Sorride. «Sì, esattamente.»
So che dovrei stare il più lontano possibile da Corey, in attesa di un confronto con Thomas, ma non voglio deludere Tim.
•••
Siamo in viaggio, ormai, da quasi due ore. Sono soltanto le nove del mattino. Baylee, sorpresa dalla mia decisione di passare alcune ore con Corey in un'altra città, lontana da lei, da mio cugino, da Léon e sua madre e dalla sua famiglia, mi ha invitata a chiamarla in caso di necessità.
«Che hai messo in quella borsa?»
Corey sposta lo sguardo dalla strada a me per un istante.
«Un po' di tutto.»
Il rosso sorride e torna a concentrarsi sulla guida. Tim inizia a saltellare sul sedile posteriore.
«Possiamo fermarci?»
Mi volto a guardarlo. «Che cosa è successo, piccolino?»
Imbarazzato, si porta le mani sulle guance e abbassa il capo. «Mi scappa la numero uno.»
«La numero uno?»
«Pipì» , mi spiega Corey, divertito.
Intenerita, sorrido. «Possiamo fermarci, ma dovrai farla nel bosco.»
Tim, spaventato, sgrana le palpebre. «Ma ci sono i lupi!» Si copre le labbra con le dita. «E non l'ho mai fatta in un posto diverso dal bagno» , ammette.
Corey solleva il capo per guardarlo attraverso lo specchietto. «Allora verrò a farla con te, piccoletto. E' un momento importante per i ragazzi.» Mi porto una mano sulla fronte e scuoto il capo. «E Evie, intanto, ci proteggerà dagli animali selvatici.»
«Come, scusa?» , chiedo, incredula. Ghigna e ferma l'auto di sua madre un po' fuori dalla strada. Scendiamo e iniziamo a calpestare le foglie appassite che ricoprono il suolo. Corey si china in avanti per raccogliere un rametto che poi mi porge. Mi sistemo meglio la borsa rossa su una spalla e, sconvolta, schiudo appena le labbra. «Eri serio?»
Annuisce e poi scompiglia i capelli di Tim. «Andiamo, ometto» , lo incita a procedere verso un albero. Mi riprendo dal mio stato di trance e urlo il suo nome. Si ferma con il piccolo accanto e, con il ramo fra le mani, li raggiungo. Prendo dalla tracolla delle salviette umidificate e dei fazzoletti che porgo ad entrambi. «Quanto è profonda quella borsa?» , domanda Corey, meravigliato dalla mole di cose che sono riuscita ad inserirci dentro.
Sorrido. «Se ti piegassi un po', ci entreresti anche tu.»
Tim scoppia a ridere. Corey fa lo stesso. Poi, dopo avermi invitata a proteggerli, si allontanano. Agito il rametto e mi guardo intorno. Non sono preoccupata. So che nel bosco non c'è nessuno. Guardo un po' il cielo e poi, per ingannare l'attesa, inizio a fissarmi gli anfibi neri. Un fruscio di foglie mi fa sussultare. «Avete finito?» , urlo.
«Sì, saremo da te fra un attimo!» , mi grida Corey in risposta.
Sento dei passi sempre più vicini. Mi preparo a colpire con il ramo.
«Continuiamo ad andare da questa parte?»
Sembra la voce di un bambino. Una manina scosta un cespuglio e mi ritrovo davanti un piccoletto dai capelli e gli occhi scuri a cui non darei più di sei anni. Sorpreso di vedermi, sgrana le palpebre. Corey e Tim, intanto, mi raggiungono.
«Sì, Stewart.»
Un adulto sbuca alle sue spalle. Mi scivola il rametto dalle mani alla sua vista. Lui non si accorge della mia presenza. Confuso dal fatto che il bimbo si sia fermato, inizia a guardarlo. Solleva poi il capo e mi nota. Sgrana le palpebre e schiude le labbra.
«Questo bosco è troppo piccolo per i miei gusti» , commenta Corey, quasi seccato.
«Thomas!» Inizialmente paralizzata sul posto, mi lascio poi guidare dall'istinto e gli corro incontro. Quando lo raggiungo, allarga le braccia e inizia a stringermi forte a sé.
«Sei davvero qui» , mormora.
Ricordandomi del piccolo dai capelli color cioccolato, mi allontano da lui per un attimo.
«Chi è questo bimbo?»
«E' mio nipote» , risponde, continuando a sorridere.
Mi sembra tutto un sogno e, probabilmente, anche a lui. Mi inginocchio per raggiungere l'altezza del piccolo e gli allungo una mano, che lui subito stringe, per presentarmi.
«Ciao, sono Evie.»
Sorride. «Mi chiamo Stewart e non sono un bambino, ho sei anni, sono un ometto, mamma me lo dice sempre.»
«Sì, ecco, è il figlio di mia sorella» , chiarisce il legame di parentela suo zio.
«Tu sei la sua fidanzata? Perché non ti ha mai portata a casa? A nonna piacerebbe tanto conoscerti, vuole sempre farlo sposare. Io, invece, vorrei tanti cuginetti.»
Thomas gli porta le mani sulla bocca per zittirlo e sorride in modo innocente. «Sta scherzando» , commenta.
Il piccolo mugugna che, in realtà, mi ha soltanto detto la verità. Divertita e, allo stesso tempo in difficoltà, faccio per rispondergli, ma resto in silenzio quando ci raggiungono Tim e Corey.
«Thomas, come mai anche tu da queste parti? Cerchi funghi? Beh, ti auguro di trovarne tanti. Noi stavamo andando a Plymouth e, a proposito, Evie, dovremmo ripartire o non riusciremo mai a tornare a casa prima di mezzanotte.»
Il mio capo finge un sorriso. Io, intanto, mi rialzo e mi pulisco i pantaloni con una mano. Tim si avvinghia alla mia gamba e, incuriosito dalla presenza di Stewart, inizia a fissarlo.
«Andate a Plymouth per i supereroi? Che coincidenza, anche noi!» Corey forza un sorriso a sua volta. «Potremmo viaggiare tutti insieme, visto che a noi si è rotta la macchina.»
«Sì, non credo ci siano problemi» , mi viene spontaneo rispondere a Thomas.
Lo sto facendo soltanto per Stewart. Non può davvero raggiungere Plymouth a piedi.
•••
Non rovinerò la giornata a tutti. Devo fare chiarezza nei miei sentimenti. Ho provato qualcosa per Corey nell'ultima settimana, lo ammetto, ma sono sicura che, ora che Thomas è qui con me, tutto tornerà alla normalità e io non avrò più alcun dubbio. Sì, andrà così. Io e Thomas troveremo l'assassino di Rae e poi vivremo, insieme, felici e spensierati. Sorrido al solo pensiero. Corey, confuso, mi rivolge un'occhiata.
«Da che parte dobbiamo andare?»
Porto lo sguardo sulla mappa che sto reggendo da venti minuti abbondanti fra le mani.
«A sinistra» , enuncio.
Tim, intanto, sta raccontando al mio capo e a suo nipote della battaglia nel centro commerciale di Cassie di cui ha sentito parlare da Duncan.
«E poi, Léon ha colpito Cassie sulla fronte più volte e lei, per la potenza dell'impatto, è volata contro uno scaffale.»
Stewart, sorpreso, saltella sul posto. «Urca!» , grida. «E le ha anche bucato la testa?»
«L'ha colpita con della vernice, non con dei proiettili. Con uno soltanto, per la precisione» , spiego al piccolo.
Lui si volta a guardarmi. «Ma è volata davvero contro uno scaffale?»
«No» , freno il suo entusiasmo. Il bambino, deluso, abbassa la testa. «Ma, dopo la nostra sconfitta, Baylee, furiosa, le ha lanciato contro tutte le palline di vernice rimaste nel suo fucile.»
Stewart, allegro, mi sorride. Tim si aggrappa al mio sedile e inizia a chiedermi ulteriori dettagli sull'accaduto. Corey ride e scuote la testa. Passiamo, tutti, il resto del viaggio a chiacchierare allegramente. Sc0rgiamo, dopo due ore, un agglomerato di case in lontananza che non ricordano affatto Plymouth.
«Dove siamo?» Thomas guarda, confuso, il paesaggio che si scorge dal finestrino alla sua sinistra.
Campi di pannocchie? Inizio a consultare la mappa. Corey avanza. Ci ritroviamo davanti un cartello in legno su cui è stato scritto con della vernice verde il nome 'Corncob'.
«Non capisco, saremmo dovuti arrivare a Plymouth» , affermo, perplessa.
Corey allunga il collo per consultare la cartina. Si dà un colpetto sulla fronte e poi sospira. «Ci saremmo arrivati sicuramente, se avessi tenuto la mappa nel verso giusto.»
Ruota il foglio fra le mie mani e inizio a darmi mentalmente della stupida. Non è possibile. Non è possibile. Prima che il rosso possa imprecare, Thomas tenta di smorzare la tensione suggerendogli di fare inversione di marcia una volta entrato nel paese. Il coinquilino di Léon, allora, si morde il labbro inferiore e varca la soglia di quella che pare essere una piccola cittadina sperduta nel nulla e circondata da distese di granturco. La strada sterrata è piena di buche e la macchina sobbalza mentre la percorriamo. Intorno a noi ci sono soltanto alberi e file di edifici non più alti di due piani. «Che schifo di posto» , commenta il rosso, seccato.
Non provo nemmeno a ribattere. Mi sento troppo in colpa.
«Non dire così, Corey» , tenta di farlo calmare Thomas.
«Corey? Lui si chiama Robert» , lo corregge Tim.
Sbianco di colpo. «E' il soprannome che gli diamo a Nottingham, piccolo» , tento di salvare la situazione. «Ma è segreto» , aggiungo. «Prometti di non chiamarlo mai così davanti alla sua famiglia?»
Tim, confuso, si limita poi a sorridere e ad annuire. Incrocia due dita davanti alle labbra e le bacia. Le punta poi verso di me. «Promesso» , dice. Compio la stessa azione e poi faccio toccare i nostri polpastrelli.
Sorridiamo e lo stesso fanno Thomas e Stewart guardandoci. Corey sobbalza sul posto. «Reggetevi!» , urla.
Mi giro appena in tempo per vedere l'auto finire su dei chiodi posizionati sul terreno. Scoppiano due gomme. Le risate di alcuni ragazzini giungono forti e chiare alle nostre orecchie. Corey sterza e finiamo nel cortile di una rustica casetta. Thomas stringe forte a sé i bambini e chiude gli occhi per prepararsi all'impatto con l'albero verso cui ci stiamo dirigendo spediti. Faccio lo stesso e mi reggo al sedile. Il rosso riesce a frenare e lo scontro non avviene. Usciamo tutti dall'auto e Corey nota i teppistelli che hanno causato il danno con la loro bravata. Sono tre ragazzini. Potrebbero avere dodici anni. Corrono via prima che il coinquilino di Léon possa iniziare ad inseguirli.
«State tutti bene?» Thomas mi porta una mano su una spalla. Mi volto a guardarlo e annuisco.
I piccoli, terrorizzati, sono stretti a lui.
Corey colpisce con un calcio la vettura di sua madre e poi si allontana un po' da noi. Preoccupata, gli corro dietro. «Corey, risolveremo tutto» , tento di rassicurarlo.
«Non è vero!» , grida. «Siamo lontani da Plymouth e non ho abbastanza gomme per sostituire quelle andate» , afferma. «I bambini non potranno incontrare i loro supereroi preferiti ed è soltanto colpa nostra. Io non sono stato in grado di evitare quei chiodi e tu, troppo emozionata per l'incontro con il tuo principe azzurro, non ti sei accorta nemmeno di aver tenuto al contrario la mappa per tutto il viaggio!» , sbotta, ancora incredulo.
«Prenditela soltanto con me, ma non con te stesso o con Thomas.»
«Smettila di difenderlo!»
«Smettila di attaccarlo! Che hai contro di lui?»
«Il nostro viaggio, prima che arrivasse, stava andando benissimo.» Faccio per ribattere, ma mi zittisco quando mi accorgo che il mio capo ci sta raggiungendo. «Oh, che bello, San Thomas da Stafford sta venendo a risolvere i nostri problemi» , afferma, scoppiando a ridere per il nervosismo, il rosso.
Gli rivolgo un'occhiataccia. «Che sta succedendo, ragazzi?»
«Non riusciremo ad arrivare a Plymouth» , gli risponde Corey.
«Non possiamo chiedere ai proprietari del podere se hanno una gomma da prestarci?» , propongo.
Thomas sorride. «Sì, mi sembra una buona idea.» Corey rotea gli occhi.
«Chi siete?»
Ci voltiamo tutti verso l'abitazione alle nostre spalle. Un uomo particolarmente anziano e minuto ci sta puntando contro un fucile che regge a fatica fra le mani tremanti e che pare più pesante di lui.
«O possiamo semplicemente arrivarci a piedi da quei supereroi» , affermo, presa dal panico. «Quell'uomo non mi sembra particolarmente cordiale» , aggiungo.
Thomas mi si para davanti. «Non vogliamo farle del male, ci serve soltanto aiuto!» , gli urla.
«Mi hai detto che sono cocciuto?» , grida l'anziano in risposta.
«Aiuto!» , ritenta il capo.
«Pasciuto?»
Avanza, offeso, con l'arma ben stretta fra le dita. Corey spinge via Thomas. «Fai silenzio e basta, ha un fucile. Vuoi che ci fori e ci usi come degli scolapasta?»
«Io almeno sto provando a spiegargli le nostre ragioni, tu, invece, che cosa stai facendo?» , si difende il castano.
«Sto riflettendo per tirarci fuori da questo guaio.»
Thomas ride. «Che hai intenzione di fare? Vuoi correre da lui e strappargli il fucile dalle mani? Sei gracilino, ti stenderebbe con un colpo.»
«Gracilino? Ti stenderei io con un pugno, se volessi» , afferma il rosso, irritato.
«Tu credi? Fatti sotto» , lo provoca.
«Hai intenzione di battermi con i tuoi possenti bicipiti da sollevatore di vini?» , lo deride.
«Ragazzi!» , urlo. «Un uomo ci sta puntando un'arma contro» , ricordo ad entrambi. «O la smettete da soli di litigare o vi prendo a testate e vi tramortisco.»
Si fermano e iniziano entrambi a guardarmi.
«August! Abbassa il fucile, ci sono dei bambini!» Un'anziana e paffuta signora è appena uscita di casa e ha raggiunto l'uomo, che deduco sia suo marito. Tim e Stewart, terrorizzati, approfittano del momento per correre ad abbracciarmi. La donna si scusa per l'accaduto e ci invita ad entrare nel suo casale. Timorosi, restiamo fermi sul posto. Corey si fa coraggio e avanza. Lo seguiamo poi a ruota. Saliamo un gradino di pietra e varchiamo la soglia dell'abitazione. Ci ritroviamo subito in una cucina dalle pareti bianche e dal pavimento ricoperto da piastrelle del medesimo colore. Nella stanza ci sono una credenza, un forno, un lavello, dei fornelli, un frigorifero, un tavolo con intorno delle sedie e un divano nero su cui Tim e Stewart, stanchi, si tuffano. Faccio per richiamarli, ma l'anziana, intenerita, sorride e dice ad entrambi di restare pure lì. Io, Thomas e Corey, invece, ci sediamo a tavola con lei e il marito. «August non voleva spaventarvi, è soltanto un po' sordo» , ci spiega la donna che dice di chiamarsi Doreen.
«Balordo?»
Lei sospira. Ha i capelli ricci e bianchi. Sembrano incredibilmente soffici. Indossa un grembiule verde, un maglioncino celeste e delle ciabatte rosse. Il signor August, invece, una salopette blu, una maglietta a maniche lunghe bianca e un berretto con visiera del medesimo colore. Lei pare particolarmente dolce e lui, invece, burbero.
«Insomma, August è sordo e non viene mai a trovarci nessuno. Entrano nei nostri campi soltanto, ogni tanto, ragazzi che si arrampicano sui nostri alberi per rubarci la frutta che dovremmo vendere al mercato.»
«Perché ho l'impressione che stia parlando dei teppisti che hanno lasciato dei chiodi sulla strada?» Corey è particolarmente irritato.
Doreen, confusa, gli rivolge un'occhiata. Thomas distoglie l'attenzione dal rosso per chiederle se lei e suo marito hanno delle gomme per la nostra vettura, ma l'anziana, triste, gli risponde in maniera negativa.
Bene. Non arriveremo a Plymouth e, probabilmente, non riusciremo nemmeno a tornare a casa per festeggiare l'inizio del nuovo anno con Gabe e gli altri.
«Non vedremo i supereroi?» , intuisce tutto Stewart.
Thomas, preso dal panico, si gratta la nuca. «In realtà, sì. Ho avuto una soffiata e so che passeranno qui in paese dopo il loro spettacolo a Plymouth.» I bambini esultano. Corey, confuso, si volta a guardarlo. «Non preoccuparti, ho un piano» , gli sussurra il moro.
«E' questo che mi preoccupa» , commenta il rosso. Thomas gli rivolge un'occhiataccia.
«Nel caso non riuscissimo a trovare una soluzione per far ripartire l'auto, Doreen, c'è una pensione da queste parti in cui potremmo passare la notte?» , cerco di informarmi.
Lei mi sorride. «Rilassati, cara» , dice. «Abbiamo abbastanza letti qui per ospitarvi tutti. I nostri figli, per questioni lavorative, non riusciranno a raggiungerci prima di domattina.» August sbuffa e si alza dal suo posto. Borbottando, esce dalla cucina. Lo sento calpestare dei gradini. La casa ha sicuramente un piano superiore in cui si trovano delle stanze. Dalla mia posizione riesco a vedere, alla mia sinistra, il soggiorno dell'abitazione. Doreen sospira. «Scusatelo, non ha preso bene il fatto che i nostri figli non parteciperanno alle gare della fiera del paese. Non abbiamo più soldi e viviamo vendendo il frutto dei nostri raccolti. Avremmo potuto guadagnare qualcosa soltanto se avessero vinto, come al solito, quelle competizioni.»
Triste, abbasso il capo e inizio a riflettere. «E se gareggiassimo noi per questa famiglia?» , propongo, dopo un po'.
Negli occhi dell'anziana si accende un barlume di speranza. «Lo fareste davvero?»
«Certo!» , esclamo, senza nemmeno consultare prima i miei compagni d'avventura. Non lascerei mai qualcuno in difficoltà. «E poi, potremmo cercare un gommista e ripartire, vero, ragazzi?»
Thomas, spiazzato, si ritrova ad annuire. Corey mi sta fulminando con lo sguardo.
«Il gommista è partito con la sua famiglia. Ritornerà domani» , mi informa la padrona di casa.
Bene. Perfetto. Saremo costretti a passare qui la notte. Sorrido in modo innocente a Corey che sembra aver perso ormai ogni speranza e, a dirla tutta, anche la pazienza.
«E in cosa consistono queste gare?» Il rosso sposta gli occhi da me a Doreen.
Lei, allegra, gli sorride. Tim e Stewart, intanto, si godono in silenzio la scena. «Nulla di complicato» , ci tranquillizza lei. «Una gara verrà vinta da colui che sarà in grado di restare più tempo su un toro meccanico e l'altra, invece, dal concorrente che riuscirà a sparare al maggior numero di barattoli.»
«Ci sono dei giochi per noi alla fiera?»
Doreen si volta verso Stewart. «Certo, piccolo» , gli risponde lei. Il bambino, allegro, rivolge un'occhiata complice al suo nuovo amichetto che, felice, scatta in piedi e ci incita ad andare. Corey fa per raggiungere la porta, ma l'anziana padrona del podere lo ferma. «Vestito così?» , gli chiede.
«E' davvero così strano questo cappotto color zucca?» , domanda a sua volta il rosso, offeso.
«Sì» , si intromette nel discorso Thomas.
«A me piace» , placa, involontariamente, l'animo irrequieto di Corey, Tim.
Doreen scoppia a ridere. «Non volevo mortificarti, tesoro. Anzi, mi piacciono i colori caldi» , lo rassicura. «Intendevo dire che non potete andare alla fiera senza il classico abbigliamento da cowboy.»
Corey deglutisce e rivolge un'occhiata complice a Thomas che, come lui, sembra sbigottito.
•••
Thomas si allaccia meglio il foulard rosso intorno al collo e poi, compiaciuto, si guarda allo specchio e sorride. Si accarezza con una mano la semplice maglietta a maniche lunghe bianca e poi si stira i jeans.
«Non vi sembro un vero cowboy con questi stivali?»
Corey arriccia il naso e lo squadra da capo a piedi. «Sì, Cocco Bill, ma adesso andiamo, si sta facendo tardi.»
Il moro gli rivolge un'occhiataccia. Trattengo una risata e li seguo entrambi fuori dall'abitazione. August, stranamente, sorride, alla guida del suo furgone blu. Doreen è seduta accanto a lui e Tim e Stewart, invece, saltellano sul retro del veicolo, nella parte aperta in cui, solitamente, la coppia sistema carichi, a giudicare dalle casse giacenti vicino ai bambini. Parteciperanno alle gare soltanto Thomas e Corey e, per questo, fortunatamente, Doreen mi ha lasciato tenere i miei vestiti. Saliamo sul furgone e August mette in moto. Gattono verso Corey mentre Thomas chiacchiera con Tim e Stewart. Il rosso mi rivolge un'occhiata e poi torna a guardarsi la punta degli stivali marroni. Timorosa, gli accarezzo un braccio.
«Continuerai ad avercela con me ancora per molto?»
«Non lo so, forse» , afferma.
«Ti sta bene questa camicia» , dico.
E' vero e mi piace anche molto. E' a quadri, rossa e nera. Gli sfugge un sorriso.
«Vuoi comprarmi con dei complimenti?»
«Non lo so, forse.»
Ci guardiamo per un po' con aria di sfida.
«Dimmi che ti piacciono anche questi jeans sbiaditi e ti perdono.»
Scoppio a ridere. «Non posso farlo, non si dicono le bugie.»
Ride anche lui e poi mi circonda le spalle con un braccio. «Vieni qui.»
Mi lascia appoggiare la testa alla sua. Tim ci guarda per un attimo e sorride. Subito dopo, torna a parlare con Thomas che, troppo preso da suo nipote, non si accorge di nulla. «Per questa volta, facciamo pace.»
«Grazie per la gentile concessione» , affermo divertita.
«Sono stato troppo duro con te» , commenta. «E ho dato per scontato che ti fossi distratta per Thomas quando, in realtà, era palese che tu stessi pensando a me.»
Sorride e io, invece, sbianco e forzo una risata. Non può essersene accorto. Arriviamo dopo un po' alla fiera. Corey scende giù dal furgone e aiuta Tim a fare lo stesso. Anche Thomas salta giù dal veicolo. Mi prende in braccio per aiutarmi a scendere mentre Corey prende Stewart per poi posarlo a terra. Iniziamo a camminare fra gli stand e ci fermiamo quando il coinquilino di Léon nota fra la folla un omone con la testa rasata accanto a cui si trovano i tre bambini colpevoli di aver lasciato dei chiodi in mezzo alla strada. I teppistelli si accorgono della nostra presenza e iniziano a ridere e ad indicare gli stivali di Thomas.
«Doreen, chi sono quelli?» , domando, irritata, mentre August si sofferma ad osservare una bancarella piena di dolcetti con Tim e Stewart.
«I Taylor. Il padre di quei piccoli delinquenti dà sempre filo da torcere agli altri concorrenti durante le gare.»
Corey serra le mani a pugno. «Lo distruggeremo» , ringhia.
«Quei teppistelli stanno deridendo i miei stivali?» Thomas, ferito nell'orgoglio, aggrotta le sopracciglia.
«Oh, sì, amico, lo stanno proprio facendo» , gli risponde il rosso.
«Andiamo a prenderli a calci, fratello» , afferma il mio capo.
«Sì, fratello, andiamo.»
Si avviano verso i Taylor e io, incredula, li osservo. Sorpassano l'omone e Corey rivolge ai ragazzini uno sguardo di sfida. Thomas si porta due dita, che poi punta verso di loro, davanti agli occhi. Quando il padre dei tre si volta, i due ritornano a camminare, sicuramente spaventati dalla sua stazza, facendo finta di nulla.
«Siamo rovinati» , commento.
•••
Mentre io e Doreen ci accaparriamo i posti in prima fila, esattamente dietro la staccionata che divide i concorrenti dagli spettatori, Corey, accanto a me, inizia ad urlare per incitare Thomas, in equilibrio precario su un toro meccanico, circondato da almeno altri sei concorrenti nella sua stessa situazione, a fare del suo meglio e August, invece, continua a dividersi una busta di dolcetti con Tim e Stewart.
«Sei forte, zio!» , gli urla il piccolo, ondeggiando in aria una stecca di liquirizia.
Thomas forza un sorriso e solleva la testa in cenno di saluto. Spaventato, torna poi ad abbracciare il suo toro. Il presentatore dell'evento dà il via alla gara. I sette tori meccanici iniziano a muoversi. Dopo qualche secondo, un uomo minuto cade dal suo. Lo segue a ruota una donna. Sono rimasti in cinque e nessuno sembra intenzionato a mollare. Thomas si aggrappa alle corna del toro. Il cappello da cowboy gli scivola via dalla testa. Fa per prenderlo e perde l'equilibrio. Preoccupata, sussulto. Corey si arrampica sulla staccionata.
«Fai vedere a quel toro chi comanda, Cocco Bill, puoi farcela!» Thomas, rimasto incollato al fianco dell'animale meccanico, riesce a rialzarsi. Cade, intanto, un altro concorrente. Dopo due minuti, precipita a terra anche il quarto contendente. Sono rimasti soltanto in tre. Il signor Taylor è ancora in gara. I suoi figli iniziano a deridere Thomas. Corey, furioso, inizia a gridare più forte. «Domina quel toro!»
Thomas, agguerrito, stringe con più forza le corna dell'animale meccanico. Con troppa forza, forse. Si ritrova un corno in mano. Lo solleva in aria con fare vittorioso, ma, quando si rende conto di aver perso un punto d'appoggio, sbianca e lo lancia via. L'avversario alla sua sinistra, per non essere colpito dall'oggetto appuntito, si lascia cadere a terra e poi inizia a protestare.
«Non mi interessa, amico, sei fuori!» , gli urla il presentatore. «Voglio tornare a casa prima dell'inizio del nuovo anno, quindi vediamo di concludere in fretta queste gare. Ogni trucco usato per vincere è lecito.»
Thomas strabuzza gli occhi. Colto da un lampo di genio, stacca l'unico corno rimasto al suo toro e lo lancia contro il fianco di quello del signor Taylor che, per non essere colpito al polpaccio, si tuffa a terra. I suoi figli, tristi, protestano.
Corey ulula e poi si volta verso di loro. «Alla faccia vostra!»
Congiungo le mani al petto e, orgogliosa di Thomas, gli sorrido e inizio a saltellare sul posto. Lui mi fa l'occhiolino, ancora sorpreso di aver vinto e mi manda un bacio volante. Perde l'equilibrio per farlo e precipita sul soffice tappetone rosso gonfiabile disteso sul terreno. Spaventata, mi aggrappo alla staccionata, ma Thomas, vittorioso, si rialza.
«Sto bene» , mi rassicura. Viene colpito dal toro meccanico alla sua sinistra e si ritrova di nuovo disteso prono.
«Oh, poveri noi» , commenta August, intento a masticare una caramella alla frutta. «Speriamo che il rosso sia più sveglio» , dice, rivolto alla moglie.
Lei gli rivolge un'occhiataccia. «Non essere scorbutico con i ragazzi» , lo ammonisce.
Lui sbuffa. Thomas si ricompone e ci raggiunge. Guardiamo qualche bancarella e poi ci spostiamo nella zona in cui è stata allestita la seconda competizione. Corey salta la canonica staccionata che divide i concorrenti dal pubblico e inizia a correre nel prato in cui si terrà la gara per raggiungere gli altri contendenti a cui stanno consegnando alcune pistole. Due a testa, per la precisione. Poco distante da loro, si trova uno scaffale su cui sono stati sistemati dodici barattoli di latta, disposti in tre file. Corey riceve le sue armi e se le mette in tasca. Solleva il cappello in alto come segno di saluto e se lo riappoggia poi in testa.
La gara inizia. Ci sono, come prima, lui ed altri sei contendenti, fra cui il signor Taylor, che sembra particolarmente agguerrito. I primi tre buttano a terra sei barattoli a testa. Corey sbianca quando si accorge che le pistole non sono riempite con piombini, ma con proiettili veri, e io anche. Se le toglie dalle tasche, inizia a tenerle in mano e le rivolge verso il terreno. Il quarto contendente butta giù sette barattoli e il quinto, invece, otto. Il signor Taylor riesce a colpirne dieci e, alla fine del suo turno, passa accanto a Corey e gli dà una spallata. Il rosso gli rivolge un'occhiataccia, ma non gli dice nulla. Prende un respiro profondo e, quando un ragazzo gli fa segno di incominciare a sparare, lui socchiude gli occhi e inizia a concentrarsi per prendere la mira. Spara e colpisce un barattolo. Manca il secondo. Butta giù altri otto barattoli. Gli restano due proiettili.
«Fai cadere quelle lattine ai tuoi piedi, cowboy!» , gli urla Thomas per incitarlo.
Corey si concentra e colpisce il suo obiettivo. Potrebbe vincere o arrivare allo spareggio. Spara. Manca il barattolo. I figli del signor Taylor iniziano ad esultare. Lui, divertito, ride. Tim, furioso, si aggrappa alla staccionata.
«Puoi farcela! Sei il mio eroe, so che puoi battere quell'omone!»
Accarezzo i capelli del piccolo e gli sorrido. Corey si volta a guardarci. Thomas si porta Stewart sulle spalle e iniziano ad incitarlo. Presa dall'istinto, mi arrampico sulla staccionata.
«Io credo in te! Puoi vincere!» Carico, ci sorride. Lascia che il signor Taylor prenda il suo posto e lo colpisce con una spallata. Un ragazzo ricarica le pistole del rosso e dell'omone con due colpi. Vincerà colui che riuscirà a buttare a terra almeno uno dei due barattoli rimasti. Taylor spara. Manca il bersaglio sia la prima che la seconda volta. Corey, agitato, si prepara a colpire. Spara e non prende nulla. Deglutisce. Non vuole deludere nessuno, lo so. Inizio a battere le mani e a gridare il suo nome. Tim fa lo stesso. Il rosso si concentra e preme il grilletto. Un barattolo cade. Salto sul posto e prendo Tim in braccio. Doreen e August si abbracciano. Thomas e Stewart esultano. Il signor Taylor, furioso, lancia a terra il suo cappello e lo calpesta con il suo stivale. Corey, incredulo, si lascia cadere sulle ginocchia. Tim scavalca la staccionata e inizia a correre verso di lui. Preoccupata, lo inseguo. Il bambino raggiunge il rosso e si tuffa fra le sue braccia. Arrivo da loro con il fiatone. Corey si alza in piedi con il piccolo avvinghiato al torace. «Sei stato grande!» , commento, euforica.
Tim allunga un braccio verso di me per invitarmi ad aggiungermi alla loro stretta e lo faccio. Corey, più alto di me, mi lascia un bacio fra i capelli. Posa Tim a terra e ci prepariamo a tornare dagli altri. Il piccolo mi toglie il cellulare dalla tasca dei pantaloni e lo porge a Corey.
«Voglio una foto con voi due» , afferma. «Una foto da riguardare quando non sarete con me, così mi mancherete di meno nel tempo in cui non ci vedremo.»
Intenerita, lo prendo in braccio e gli bacio una guancia. Non riesco ancora a credere che fra meno di quarantotto ore sarò di nuovo a Nottingham. Vorrei che queste vacanze non finissero mai. Corey sorride e si prepara a scattare.
«Inclina il telefono, noi non ci vediamo» , gli faccio notare.
«Sei troppo bassa, amore» , mi prende in giro.
«Nella botte piccola c'è il vino buono» , affermo, offesa.
Scoppia a ridere. «Questa conservatela per il proprietario dell'enoteca» , dice.
Inizia a scattare. Gli circondo le spalle con un braccio per abbassarlo e fargli raggiungere la mia altezza. Lui chiude gli occhi e continua a scattare. Mi riempie la memoria di foto. Scatti in cui io protesto e lui ride, in cui Tim, divertito, ci osserva, e poche in cui siamo perfettamente in posa. Mi ricordo degli altri soltanto quando August ci chiama per dirci che è arrivato il momento di tornare a casa.
•••
La sera arriva in fretta. Mentre leggo ai bambini, seduta sul divano, delle fiabe, Thomas e Corey, vestiti rispettivamente da Spiderman e Robin, entrano in casa. Si presentano ai piccoli che, felici, li abbracciano, e poi iniziano a raccontare barzellette al signor August per farlo ridere, ma con scarsi risultati. Doreen, loro complice, avendo procurato ad entrambi i costumi, sorride.
Stewart mi strattona la maglia. «Evie, dovrei dire, secondo te, a mio zio che so che sotto quelle maschere ci sono lui e Corey?»
«Sì, stanno diventando imbarazzanti» , lo asseconda Tim.
Trattengo una risata. «Lo stanno facendo per voi» , affermo. «E, comunque, mi dispiace se, per colpa mia, siamo qui e non a Plymouth» , dico, triste.
I due mi abbracciano. Stewart sussurra per farsi sentire solo da me e da Tim. «A me non importa molto dei supereroi, ma non dirlo a mio zio. Volevo soltanto che mi accompagnasse a vederli per passare un po' di tempo con lui.»
Intenerita, sorrido e gli accarezzo i capelli. «Nemmeno a me» , ammette Tim. «Volevo stare con te e con Corey prima della vostra partenza.»
Stringo con più forza entrambi. «Dovreste dirglielo, è una cosa bella» , affermo. «Ma dopo questo teatrino» , aggiungo. «E' buffo vederli alle prese con il signor August.»
I piccoli trattengono una risata. Dopo una ventina di minuti, Corey e Thomas vengono cacciati di casa da Doreen che ricorda loro che la cena è quasi pronta. Ritornano al podere con i loro vestiti da cowboy dopo una decina di minuti e fingono di non sapere nulla della visita dei supereroi, che si fanno raccontare dai bambini. Ceniamo e lasciamo che Doreen ci tempesti di domande sul nostro lavoro, sulle nostre famiglie e sui nostri piatti preferiti.
La mezzanotte arriva. Tim e Stewart sono crollati sul divano. Doreen e August ci augurano di trascorrere uno splendido anno e poi, stremati, vanno a dormire.
Corey sembra turbato. Ci congeda dicendo di voler andare a fare una passeggiata.
Restiamo soltanto io e Thomas. Prendiamo in braccio i piccoli e li portiamo nella stanza che i padroni del podere ci hanno ceduto per la notte. Li lasciamo sul letto matrimoniale. Qualcuno dormirà con loro e l'ultimo rimasto, invece, su un letto singolo. Io e il castano torniamo in cucina e ci sediamo sul divano.
Corey ancora non è rientrato. Mi chiedo dove sia finito. Non mi piace l'idea che sia in giro in un paese sconosciuto in piena notte.
No, Evie, smettila! Sei con Thomas, non puoi pensare a lui. E' adulto e vaccinato, tornerà a casa quando vorrà. E, comunque, mi sto preoccupando soltanto perché è mio amico, non ho più dubbi su di lui. Ora sono con Thomas. Sono serena e felice.
Accarezza con un dito la chiave che ho al collo.
«Ti regalerò una collana con cui sostituirla» , mi informa.
Sorrido e stringo il ciondolo fra le dita. «Non voglio togliermela.»
Mi accarezza una guancia con il dorso delle dita e, divertito, increspa le labbra in un sorriso. «Ti serve ad aprire qualcosa?»
«No, ma me l'ha regalata una persona speciale al mio compleanno e non voglio sbarazzarmene.»
Continua ad osservarmi e, imbarazzata, di tanto in tanto distolgo lo sguardo. «Corey?» , chiede, facendosi serio.
Perdo un battito. «La mia governante» , rispondo, fortemente a disagio.
Abbasso il capo e restiamo per un po' in silenzio. «Potremmo dormire insieme stanotte, che ne dici?» , cambia discorso e, mentalmente, lo ringrazio.
Mi sorride e io gli stringo una mano.
Andrà tutto bene. Non ci resta che trovare l'assassino di Rae e vivere insieme, felici e spensierati. «Visto che, fra qualche ora, dovremo tornare ad ignorarci» , aggiunge. Crolla ogni mia certezza e resto in silenzio. Lascio andare le sue dita. «Evie» , sussurra.
Fa per avvicinarsi, ma indietreggio. «No, Thomas, non voglio.» Triste, raddrizza la schiena. «Sono stanca di questa situazione. Le cose fra noi, di questo passo, non potranno mai funzionare.»
«Sai che vorrei stare con te» , sussurra, esasperato. «Dovrò evitarti soltanto per proteggerti.»
«Io non voglio che tu mi protegga» , affermo, alzandomi in piedi. «Non voglio stare dietro di te, ma al tuo fianco e, fino a quando non lo capirai, non potremo mai costruire qualcosa di serio insieme.»
Fa per protestare, ma, lo interrompo per ricominciare a parlare. Il cuore mi batte forte e mi tremano le gambe. Mi sento furiosa. «Credi che possa passare davvero tutta la vita così? Credi che possa starmene ferma ad aspettare che tu risolva ogni situazione senza nemmeno provare ad aiutarti?» Si alza in piedi anche lui e viene ad abbracciarmi. Scoppio a piangere. «Ho sofferto per tutto questo tempo. Facevo un passo verso di te, ti raggiungevo e, subito dopo, scappavi senza nemmeno darmi una spiegazione.»
«L'ho fatto per proteggerti» , sussurra, con la voce rotta dai singhiozzi.
Lo allontano un po' da me. «Se mi vorrai nella tua vita, dovrai accettare il fatto che sarò sempre pronta a correre rischi per le persone che amo e sappi che la prima cosa che farò, una volta tornata a Nottingham, sarà aiutarti a cercare l'assassino di Rae. Detto questo, puoi scegliere di lavorare al mio fianco o per conto tuo perché, per quanto tu possa cercare di convincermi a starmene tranquilla, non lo farò mai. Inoltre, fino a quando quel criminale non sarà in carcere, fra noi non ci sarà più nulla. Sì, hai capito bene, non potrai più baciarmi per poi scappare. Magari, costruiremo qualcosa insieme, quando le nostre vite ritorneranno ad essere tranquille.»
Sorpreso, resta per un po' senza parole. «Sei incredibile, non smetterò mai di ripetertelo.» Sospira. «Quindi, per averti nella mia vita, dovrò vivere con l'ansia costante che possa accaderti qualcosa perché ti metterai sempre in gioco e non te ne starai mai ferma in un angolo ad aspettare?»
«Sì, esattamente. Tu vivrai con l'ansia e io vivrò con l'ansia. Tu avrai paura per me e io per te e questo non deve spaventarti, ma ricordarti che tengo a te come tu a me e che sarei disposta a fare qualsiasi cosa per salvarti la pelle.»
«Ci metterò un po' ad abituarmici» , ammette.
«Forse, ma andrà tutto bene» , lo rassicuro.
Sorride. «Forse.» Fa un passo verso di me. «Adesso, sta andando tutto alla grande perché tu sei pronta a correre dei rischi per me.» Confusa, inarco un sopracciglio. «Tu sarai sempre pronta a correre rischi per le persone che ami.» Inarca la testa da un lato e mi guarda con aria strafottente.
«Non ho mai detto di amarti!» , mi difendo, agitata.
Indietreggio e mi ritrovo con le spalle premute contro il frigorifero. Mi ci blocca contro, portando le sue mani ai lati del mio volto.
«Non lo hai mai nemmeno negato» , soffia a pochi centimetri dalle mie labbra.
«Evie!» Spingo via Thomas. Tim, agitato, entra in cucina. «Che fine ha fatto Corey?» , domanda, quasi sul punto di piangere.
«E' andato a fare una passeggiata, tornerà fra poco» , lo tranquillizzo.
«E se gli fosse accaduto qualcosa?»
Abbraccio il piccolo. «No, tesoro, stai tranquillo.»
Lui si aggrappa forte a me. «Ho paura» , mormora.
Corey sta bene. Corey è forte. E' adulto e vaccinato. Tornerà a casa fra poco.
«Lo aspetto qui io, va bene? Se non torna entro dieci minuti, ti sveglio e andiamo a cercarlo» , gli propongo. Lui annuisce. «Adesso, piccolino, torna in camera con Thomas.»
Il moro scuote il capo. «Vado a cercarlo io» , si offre volontario.
Gli rivolgo un'occhiataccia. «Non dietro di te, ma al tuo fianco» , gli ricordo.
Sospira e solleva la testa verso il soffitto per poi abbassarla di nuovo. Prende in braccio Tim e si prepara a riportarlo da Stewart. «Ti aspetto al piano di sopra» , mi dice.
Annuisco e lui si allontana con il piccolo. Mi stendo sul divano e provo a chiamare Corey. Il cellulare squilla, ma lui non risponde.
E' adulto e vaccinato. Tornerà a casa sano e salvo.
Dopo cinque minuti, continua a non rispondere.
Stai calma Evie. Prendo un respiro profondo. No, col cavolo! Non riesco a starmene con le mani in mano.
Mi alzo in piedi e indosso il cappotto e la sciarpa. Esco di casa, pur non sapendo bene dove andare. Mi spaventa girare da sola per il paese in piena notte. Le luci delle case sono spente e tutti i bar sono chiusi. Non conosco affatto il posto. Cammino fino ad arrivare alla fine di Corncob, delimitata da un ruscello che nasce da una cascatella alla mia sinistra, raggiungibile passando attraverso un boschetto.
A questo punto, mi sembra necessario aprire una breve parentesi. Di fronte ad una situazione del genere, potremmo dividere in due gruppi le persone in base al modo in cui agirebbero. Quelle sconsiderate, entrerebbero nel bosco, ignorando il fatto che sia notte fonda e che in giro non ci sia nessuno. Con una buona dose di fortuna, non verrebbero fatte a pezzi da un killer intenzionato a vendere i loro organi al mercato nero, ma soltanto sbranate da un branco di lupi. Le persone dotate di buonsenso, invece, ritornerebbero sui proprio passi. Io, ovviamente, appartengo alla prima tipologia di individui. Se sono uscita in piena notte per cercare Corey, non vedo perché, dopo un lungo tragitto a piedi, dovrei tornarmene a casa senza aver ispezionato ogni zona abitata e non di Corncob.
Salgo dei gradini di legno ed entro nel boschetto. Inizio a percorrerlo e sussulto ogni volta che calpesto e spezzo un ramo. Canticchio "Me Too" di Meghan Trainor durante il tragitto, ma poi, spaventata dall'idea di poter sembrare così una preda più succulenta per gli animali selvatici e più attraente per i killer, resto in silenzio. Al margine del precipizio che divide la parte più alta del bosco dal ruscello, intravedo una figura.
Oh, capperi, un maniaco! Fa penzolare le gambe nel vuoto.
Ora svengo.
No, Evie, non svenire. Ti finirebbe lui, approfittando del tuo momento di debolezza. Devo tornare indietro. In silenzio.
Mi volto e calpesto un ramo. Impreco mentalmente.
«Chi c'è?» Riconosco la voce di Corey.
Che fortuna, è lui! Sorrido. E' lui l'individuo che pare stia per buttarsi nel ruscello. Un momento. Sta per buttarsi giù!
«Corey, non farlo!»
Disperata, inizio a correre verso di lui che, confuso, si alza in piedi. Inciampo in un sasso e cado rovinosamente a terra. Inizia a sanguinarmi il ginocchio.
«Evie!»
Mi riconosce e corre verso di me. Si tuffa a terra e mi abbraccia. Lo spingo via e inizio a colpirgli il torace con dei pugni per nulla forti.
«Sei un imbecille! Tim ti cerca, io esco in piena notte per venirti a recuperare e tu che fai? Cerchi di buttarti in un ruscello?»
Mi guarda per un attimo con serietà e poi scoppia a ridere. «Stavo soltanto pensando, sarei tornato a casa fra poco» , mi rassicura.
Gli rivolgo appellativi decisamente poco carini. «C'è un campo di pannocchie dietro casa, non potevi andare a riflettere lì?»
«E' insolito riflettere in un posto del genere.»
«E ti sembra normale farlo qui?» , domando, incredula.
«I boschi e i corsi d'acqua mi rilassano» , ammette.
Sospiro e mi mordo con forza il labbro inferiore per trattenere l'ira e la voglia di urlare per il dolore che la ferita mi sta provocando.
«A cosa stavi pensando?» , gli chiedo poi, incuriosita.
A qualcosa di importante per essersi ritirato a meditare in un bosco per così tanto tempo, deduco. Abbassa il capo.
«E' un pensiero stupido, non voglio parlarne.»
«Ti ho cercato in piena notte per tutto il paese, puoi almeno dirmi cosa ti affligge.»
«Non saresti dovuta uscire di casa. Potevi restare un po' con Thomas. In fin dei conti, è simpatico, ti renderebbe felice.»
Non so perché, ma dette da lui, queste parole mi fanno male. «La cosa non ti riguarda» , affermo, dura.
Cerco di rialzarmi in piedi. E' un idiota. E io più di lui perché, alla fine, non ha detto nulla di sbagliato, anzi, ma ci sono rimasta male comunque.
«Ho detto qualcosa di strano? Ti dà fastidio che io voglia la tua felicità?»
Si solleva da terra anche lui. «Cosa ne sai tu della mia felicità?»
«So che vorresti dei bambini» , dice. Confusa, inarco un sopracciglio. «E con lui potresti avere una famiglia. Ha un lavoro e non è un criminale.»
Resto in silenzio a pensare alle sue parole. «Credi di non poter aver una famiglia tutta tua? E' per questo che stai male?»
Sorpreso, schiude le labbra. «Non l'ho mai detto» , si difende.
«Non lo hai mai nemmeno negato» , gli faccio notare.
«Evie, ho rubato, in passato, per mantenere la mia famiglia e continuo a svegliarmi, ancora oggi, in piena notte, per i sensi di colpa, non ho un lavoro e non riesco nemmeno più a disegnare fumetti. Non sarei mai un buon padre o un buon marito.»
«Smettila!» , gli urlo contro. «Troverai un lavoro e sarai un buon padre e un buon marito. Tim ti adora e, adesso, è a casa e sta soffrendo perché non sei lì con lui, ma tu non te ne accorgi, non ti accorgi mai di nulla!»
«Evie» , mormora.
«E ti detesto, profondamente, perché non riesco ad odiarti! Mi fai stare bene, mi fai infuriare, mi fai stare male e mi confondi. Mi fai provare, contemporaneamente, un assurdo mix di emozioni e vorrei darti una testata per sfogarmi perché mi sento esplodere ed è soltanto colpa tua!»
Prima prova a baciarmi e poi mi dice di stare con Thomas. Che razza di problemi ha? Gli importa così poco di me? Vorrei provare lo stesso nei suoi confronti. Sarebbe tutto più facile. Non avrei nemmeno un dubbio e potrei concentrarmi unicamente su Thomas e sull'assassino di Rae.
Pesto un piede a terra e gli do le spalle. Inizio a zoppicare e mi insulto mentalmente da sola. Ho cercato di prendermi in giro per l'intera giornata. Le cose non saranno mai semplici. C'è un criminale a piede libero e non capisco ancora se sia possibile amare due persone contemporaneamente. Amare, sì, l'ho detto. Ammettiamo tutto, tanto, ormai, a chi importa più? Sono già nei guai fino al collo.
«Colpa mia?»
Mi fermo sul posto e mi volto a guardarlo. «Sì, esatto.»
Mi raggiunge a passi spediti. «Sentiamo, che cosa avrei fatto?»
Serro le mani a pugno. «Arrivaci da solo o aspetta che io risolva un problema prima di venirti a dare delle spiegazioni. Ho deciso di concentrarmi soltanto su quello, per adesso.»
«Quale problema?»
«Non te ne parlerò perché non ti permetterò di finire nei guai insieme a me.»
«Allora non parlarmene, ma sappi che, se avrai bisogno di me o semmai dovessi trovarti in difficoltà, ti aiuterò comunque.»
E come potrei odiarlo? Mi rende sempre tutto così difficile.
Gli do le spalle e ricomincio a camminare. «Anche questa ferita è colpa tua» , lo accuso, cercando pretesti per detestarlo.
Scoppia a ridere. «Lo trovi divertente?»
«Abbastanza» , ammette. «Cerchi di salvarmi, ma ti fai male e poi sono io quello che deve prendersi cura di te.»
«Non ti ho chiesto di farlo.»
«Non ho bisogno di una richiesta d'aiuto per venire in tuo soccorso.» Mi raggiunge e, senza preavviso, mi porta una mano sotto le ginocchia, una intorno alla schiena e mi solleva da terra. Arrossisco e gli dico di mettermi giù. Non mi ascolta. «Non ti lascerò camminare, lo vedo che ti fa male.»
«E' per questo che non corro mai» , mi lascio sfuggire. Confuso, inarca un sopracciglio. «Per paura di sbucciarmi le ginocchia» , affermo, ovvia.
Scoppia a ridere. «Amore, non puoi inibirti per il timore di soffrire.»
«Posso» , ribatto. «Lo vedi poi come va a finire?» Mi indico la gamba sanguinante.
«Nella vita si cade, ma ci si rialza e, fra l'altro, se poi ci sono io a prenderti, che ti importa di scivolare?»
«Non potrai risollevarmi sempre.»
«Vuoi allontanarmi dalla tua vita?»
«No!» , mi affretto a spiegare.
Mi lascia un bacio fra i capelli. «E allora corri quanto vuoi perché non ho intenzione di abbandonarti.»
-
Salve! Se siete arrivati a questo piccolo spazio autrice anche questa volta, vi faccio i miei complimenti. Il capitolo, rispetto agli altri, è enorme e me ne sono accorta soltanto dopo averlo concluso. Volevo spezzarlo, ma poi ho cambiato idea. Va bene così, intero, anche se ci vorrà un po' per leggerlo. Come se non bastasse, sto per postare anche un extra che vi servirà a capire meglio cosa passa nella mente di questi personaggi.
Grazie di cuore a tutti coloro che stanno continuando a leggere/votare/commentare le parti che sto pubblicando!
Vi lascio con Stewart. A presto!
Joshua Rush
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