13 - Il compleanno della nonna
Anche oggi, il mio turno è finito. Adam verrà a prendermi fra poco.
«Quindi, adesso, tu e Léon siete soltanto buoni amici?»
Sospiro. E' il nono giorno di Dicembre e Faith continua a pormi questa domanda da circa una settimana. Per quanto, ancora, continuerà?
«Sì, e il nostro rapporto non cambierà mai.»
«In tal caso, possiamo iniziare a concentrarci sul maniaco mascherato. Non l'hai più visto?»
Sbuffo e lascio per un attimo la penna con cui stavo scribacchiando su un taccuino.
«Perché ti sta così a cuore la mia vita sentimentale?»
Sorride. «Perché sei mia amica, Evie, e voglio che tu sia felice, specialmente adesso che lo sono anche io.»
Le rivolgo un'occhiata confusa. Si appoggia al bancone su cui si trova anche la cassa con un gomito e inizia a reggersi la testa con una mano. «Adam mi ha chiesto di uscire.»
Felice, mi lascio sfuggire un gridolino. «Dove andrete? Cosa indosserai? Dovrai raccontarmi tutto della serata, lo sai, vero?»
Ridacchia. «Mancano ancora due giorni» , cerca di frenare il mio entusiasmo. «E, comunque, non lo so, non lo so ancora e sì, certo.»
Sorrido e riprendo in mano la penna. Traccio segni a caso sul foglio. «Comunque, Fay, non preoccuparti per me. Ho deciso di lasciar stare l'amore per un po'. Ho bisogno di tranquillità.»
Ghigna. «Per quale motivo, allora, stai disegnando il giustiziere mascherato?»
Smetto di scrivere all'istante e guardo il frutto del mio lavoro. Ho abbozzato il ritratto di un ragazzo incappucciato con il volto, ad eccezione delle labbra, coperto.
«Non mi ero resa conto di ciò che stavo facendo» , ammetto, sorpresa.
Mi è capitato di pensare spesso al salvataggio dal Delirium in questi ultimi giorni. Al salvataggio e al bacio che lo ha seguito. Quel misterioso individuo aveva qualcosa di familiare, di speciale. Sembrava gentile, dolce e un po' impacciato. Ancora non riesco a spiegarmi come mai, pur, forse, non conoscendolo, mi trovassi così bene al suo fianco. Non l'ho più visto. Sarebbe il caso di dimenticarlo come ho dimenticato Thomas. O almeno, come sto provando a fare.
La campanella posta accanto alla porta di ingresso del negozio tintinna. Qualcuno è entrato. Io e Faith interrompiamo il nostro discorso e ci voltiamo.
«Léon?» , domando, visibilmente stupita.
Il castano si guarda intorno, spaesato. Anche Thomas lascia il suo studio e ci raggiunge. Lo sbruffone forza un sorriso e solleva il capo per salutarlo. Sta reprimendo, sicuramente, la voglia di dargli del sociopatico. O lo sta facendo nella sua mente.
«Sono venuto a prendere la mia fidanzata» , enuncia.
Mi strozzo con la saliva e inizio a tossire.
«Fidanzata?» , domanda, sconvolta, la mia collega.
«State insieme?» , si rivolge a me il capo, meravigliato.
«Non lo sapevo nemmeno io» , affermo, spiazzata. «Léon, stiamo insieme?»
Sorride. «Mi hai preferito a Corey, non ricordi?» Frastornata, continuo ad osservarlo. Sospira. «Selene è in città. Ha deciso di fare una sorpresa a Christopher, se così possiamo chiamarla. In questo momento, è con Adam e ha convocato una riunione a casa vostra.»
«Che fine hanno fatto le mie cose?» , chiedo, spaventata dal pensiero che il cugino del poliziotto, preso alla sprovvista, per farle sparire, possa essersene liberato incendiandole con un lanciafiamme. Non mi stupirei se ne avesse uno. Nasconde di tutto nella sua camera.
Léon ride. «Corey sapeva che me lo avresti domandato. Comunque, Adam le ha messe nella sua stanza.»
Tiro un sospiro di sollievo. «Perché vuole parlare con noi?»
Selene mi detesta. Per quale motivo ha deciso di convocare una riunione e di invitarmi? Sono terribilmente confusa.
«Non ne ho idea. In ogni caso, Adam mi ha detto che è su tutte le furie con Christopher per non so quale motivo e dobbiamo raggiungerli prima che le venga voglia di pestarlo per sfogarsi.»
Annuisco e strappo dal taccuino la pagina con il mio disegno per gettarla in borsa. Saluto Faith con un abbraccio e mi preparo ad andare.
«Vieni nel mio ufficio, Evie, ti ruberò soltanto due minuti.»
Mi fermo fra Thomas e Léon e mi volto verso il mio capo.
«Deve proprio?» , domanda il secondo, visibilmente infastidito.
«Sì, deve» , risponde Thomas.
A testa bassa mi dirigo verso il suo studio e con la coda dell'occhio lo vedo sorridere, soddisfatto. Mi raggiunge e chiude la porta dell'ufficio alle nostre spalle. Resto in piedi di fronte alla sua scrivania mentre lui si avvia verso di essa per prendere qualcosa da un cassetto. Un mazzo di chiavi, per la precisione. Si avvicina a me e me lo porge.
«Con questo che ci faccio?»
«Lavori qui da un po' di tempo, ormai, e mi fido di te. Con queste chiavi potrai arrivare prima la mattina e aprire il negozio o restare fino a tardi la sera e chiuderlo.»
Sorrido. «Potrò gestire con più libertà i miei turni?»
Annuisce e lo ringrazio. Mi guarda in silenzio. Vorrei dirgli tante cose. Vorrei dirgli che mi manca passare il tempo con lui come facevamo settimane fa. Vorrei scusarmi per averlo ferito con le mie parole la sera in cui ci siamo incontrati prima che potessi salire in macchina di Faith per raggiungere il Delirium. Vorrei, ma non devo. Ci riavvicineremmo per poi, come sempre, non concludere nulla. Inoltre, il mio obiettivo è dimenticarlo. «Allora, io vado.»
«Sì, d'accordo. Ci vediamo domani» , mi saluta.
Accenno un piccolo sorriso e poi corro da Léon. Prendo un respiro profondo e mi ricompongo. Sono pronta ad affrontare Selene.
•••
Adam apre la porta a me e al mio finto ragazzo. Dietro di lui scorgo Corey e Selene seduti sul divano.
«Oh, finalmente siete arrivati!» Il rosso abbandona la petulante fidanzata di Christopher e ci raggiunge. «Non la reggevo più» , mi sussurra in un orecchio.
Gli rivolgo un'occhiata comprensiva e poi mi volto verso Selene. «Perché ci hai convocati?»
Stringe in una mano un bicchiere colmo di vino. Lo agita e fa cadere un po' di liquido sul mio letto. Si forma una macchia violacea nel punto in cui sono solita posizionare il mio cuscino. Trattengo a stento la voglia di urlarle contro per non farle capire che vivo qui.
«Ho un problema e ho bisogno del vostro aiuto per risolverlo. Cinque teste sono meglio di una, anche se quattro sono le vostre.»
Adam arriccia il naso e io, infastidita, la fulmino con lo sguardo.
«Chris l'ha sicuramente scelta per la sua simpatia» , commenta Corey, facendo sfuggire a me e agli altri due ragazzi una risata.
«Sei adorabile, rosso» , afferma, ironicamente, la fidanzata del poliziotto. «Riesco a capire, adesso, come mai Eveline abbia scelto il tuo coinquilino e non te» , aggiunge, accennando un sorriso soddisfatto.
Prima che Corey possa ribattere, Adam ci invita a placarci. «Selene, spiega ad Evie e a Léon che cosa sta succedendo» , tenta poi di farle cambiare discorso.
La rossa fa per parlare, ma si interrompe, seccata, quando inizia a squillarmi il cellulare. Lo prendo dalla borsa e leggo il nome sul display. Gabe? Deglutisco e ignoro la telefonata. Se mio cugino mi sta chiamando da giorni, è perché, sicuramente, vuole che gli faccia un favore. Beh, può scordarselo. Ho troppi pensieri, al momento, per la testa. Non posso risolvere anche il guaio in cui, con molta probabilità, si è cacciato.
«Chi è, amore?» Ruoto la testa verso Corey.
«Nessuno di importante.» Sorrido in modo innocente e lui, perplesso e poco convinto, aggrotta le sopracciglia.
«Amore? Non dovrebbe chiamarti così Léon?»
«La cosa non ti riguarda, Selene» , la metto a tacere.
«Siete tutti strani» , ci apostrofa.
«Da che pulpito!» , si lascia sfuggire il mio finto fidanzato.
Adam lo colpisce con una gomitata. Sbuffo. Volevo un po' di tranquillità e invece no, mi ritrovo la fastidiosa ragazza di Christopher in casa. Non cerco mai i guai, sono loro che trovano me, sempre. Il campanello suona e ci spostiamo tutti verso il soggiorno per dar modo ad Adam di aprire la porta.
«Selene?» Christopher, sbigottito, sgrana le palpebre.
Perdo un battito quando noto chi c'è accanto a lui. «Gabe?»
«Cuginetta! Perché non hai risposto a nessuna delle mie telefonate? Credevo ti fosse accaduto qualcosa di brutto. Sono andato a denunciare in commissariato la tua scomparsa e ho trovato questo tuo amico, Christian, che mi ha portato qui da te. Non sei felice di vedermi?»
Mi sfugge una risatina isterica mentre viene ad abbracciarmi.
«Comunque, mi chiamo Christopher, non Christian» , lo corregge il poliziotto.
«Christopher o Christian, che differenza fa? Sono entrambi nomi e, a mio parere, anche simili e poco orecchiabili.»
Sbianco di colpo. Non è cambiato affatto. Non ha filtri. Dice sempre ciò che gli passa per la mente e, spesso, non si accorge nemmeno di ferire le persone. Non è cattivo, è soltanto ingenuo. Ha spesso idee strambe; geniali, a sua detta. E' impulsivo e combina sempre guai. Ha quattro anni in più di me, ma sembra un ragazzino. Non lo dico certo perché indossa costantemente bretelle colorate sulle sue magliette a righe, ma per il suo carattere. Gli manca la maturità che dovrebbe avere un ventisettenne. Beh, c'è da dire che anche il fatto che non gli cresca quasi per niente la barba e i suoi lineamenti poco marcati gli conferiscono un aspetto giovanile. Mi libera dalla sua stretta per soffermarsi a guardare i miei amici con i suoi vispi occhioni azzurri. Si passa una mano fra i liscissimi capelli castani e poi sorride. «Nel caso qualcuno se lo stesse chiedendo, sono Gabriel, il cugino di Evie, ma tutti mi chiamano Gabe. Gabriele, in realtà, per mia madre che è italiana, ma Gabriel per il resto della famiglia.»
«Urca, sei italiano?» , domanda Corey, incuriosito.
«Per metà, come mia cugina.»
Il rosso, sorpreso, mi osserva. «Amore, non me lo avevi detto» , constata.
«Amore? State insieme?» , ci chiede Gabe.
«Visto? Siete voi quelli strani» , ci apostrofa nuovamente Selene.
Christopher tossisce per catturare la nostra attenzione. «Piccola, perché sei qui?»
Lei posa con poca grazia il bicchiere di vino sul tavolino adiacente al divano e scatta in piedi.
«Secondo te perché, Chris? Sono qui con tutta la mia famiglia che, a proposito, mi aspetta in albergo. Mi ci dovrai anche accompagnare più tardi, ti avverto.» Tossisce per schiarirsi la voce. «In ogni caso, mia nonna ti aveva invitato al suo compleanno, ma no, tu sei troppo impegnato con il lavoro per tornare a Stafford» , inizia ad alzare il tono di voce. Ho paura che le venga una crisi isterica. «Quindi, siamo qui noi per te. Stasera la festeggeremo tutti insieme.»
Non mi sembra abbia dato a Christopher altre possibilità. Gli ha praticamente imposto la cosa.
«Tesoro, dovrò lavorare fino a tardi. Non possiamo rimandare la cena?»
«No! Sapevo che lo avresti detto!» , urla.
Gabe, terrorizzato, sussulta e si aggrappa alla mia spalla. «E' pazza?» , mi domanda con un filo di voce.
«Credo di sì» , lo liquido in fretta.
«Quindi, perché ci ha convocati?» , chiede Corey ad Adam, confuso.
«Per trovare una soluzione al problema!» , gli grida contro la rossa.
«Non possiamo clonare il tuo ragazzo» , interviene Léon. «Dovrete sbrigarvela da soli» , aggiunge.
«Sappi, Chris, che se non verrai alla cena, metterò fine alla nostra storia.»
Il poliziotto, in preda al panico, prova a farla ragionare. Gabriel si gratta il mento con fare pensieroso e poi, all'improvviso, si volta verso Léon e gli punta un dito contro. «Sei un genio!» Il teppista, confuso, si gratta il capo. Mio cugino, soddisfatto, sorride. Gli è sicuramente venuta in mente un'idiozia. «Non possiamo clonare Christian» , inizia a dire.
«Christopher» , lo corregge il diretto interessato.
«Smettila, ti ho già detto che è la stessa cosa!»
Gabe prende un respiro profondo e ricomincia a parlare. «Dicevo, non possiamo clonarlo, ma possiamo mandare alla festa un suo clone.» Tutti, confusi, lo osserviamo in silenzio. «Ci andrai tu, ragazzo» , afferma, felice, dando una pacca sulla schiena a Léon che, sorpreso, rischia di strozzarsi con la saliva.
Perdo un battito e rivolgo un'occhiata complice a Corey che sembra preoccupato tanto quanto me. «Non ascoltatelo» , tento di porre rimedio al danno.
«E invece devono, Evie! Non vedi anche tu che sono identici? Stessi occhi, stesso colore dei capelli, quasi la stessa altezza e corporatura simile.»
Che cosa dicevo a proposito dei guai? Ah, sì, che sono loro che mi trovano. Gabe e le sue idee ne sono la prova. «Tua nonna vede bene, rossa?»
«Non molto, perché?»
Gabriel sorride. «Bene, perfetto.» Selene lo fulmina con lo sguardo. «Non fraintendermi. Mi dispiace per tua nonna, ma potremmo mandarle il clone di Christian fino a quando lui non finirà il suo turno in ufficio.»
«Christopher» , continua a correggerlo il poliziotto, infastidito.
«Interrompimi di nuovo e ti do una testata» , lo mette a tacere Gabe. Chris rotea gli occhi. «Insomma, mandiamole il clone fino a quando l'originale non sarà disponibile per la cena. Se non vede bene, non lo noterà» , spiega poi meglio il suo piano.
Selene sorride. Credo che trovi geniale l'idea. Io, Léon e Corey un po' meno. Il diretto interessato e suo cugino non si sono ancora espressi.
«Faremo indossare a Léon un auricolare e un microfono e gli suggeriremo le cose da dire» , propone Adam, euforico.
«Non è il momento di giocare a Totally Spies!» , lo ammonisco, agitata.
«Non coinvolgeremo altre persone nei nostri problemi, Selene» , tenta di farla ragionare il fidanzato.
Lei, furiosa, gli rivolge un'occhiataccia. «Allora la nostra storia finisce qui, Christopher.»
«Che grande perdita» , sussurra, ironico, Corey.
La rossa volta le spalle al poliziotto e si dirige verso la porta. Chris, triste, si siede sul divano.
«Lo farò!» , urla Léon, prima che Selene possa lasciare l'appartamento.
Incredula, mi volto a guardarlo. Si sta sacrificando per amore di suo fratello?
«Davvero?» La ragazza di Christopher si dirige verso Léon. «A te sta bene, Eveline? Mi sembrate una coppia abbastanza aperta» , si rivolge poi a me, dopo aver squadrato con espressione schifata Corey.
Il rosso, in risposta, la guarda in malo modo.
«Se Léon è d'accordo, lo sono anche io.»
Lei, felice, sorride. «Bene, allora è deciso. Ci vediamo alle nove al Korova.»
Non saluta nessuno. Gira i tacchi e abbandona l'abitazione. La sopporto sempre meno.
«Non era necessario, Léon.» Christopher, dispiaciuto, solleva la testa per osservarlo.
«Aiutarti non mi costa nulla e poi, ti devo un favore. Se Ares è in carcere, è anche merito tuo.»
Lo spaccone gli rivolge un sorriso che lui, subito, ricambia. Commossa, trattengo a stento una lacrima. Vorrei così tanto che Chris scoprisse la verità. Merita di vivere con consapevolezza il suo rapporto con Léon. Merita di averlo accanto e di potersi affezionare a lui.
«E, adesso, concentriamoci su di me.» Roteo gli occhi e mi volto verso Gabe.
«Perché sei qui?» , domando.
«E' proprio di questo che volevo parlarti, cuginetta. Non ho intenzione di tornare a Stafford e so, per quel che mi ha detto zia, che il tuo amico Christopher ti sta ospitando. Mi chiedevo se ci fosse posto qui anche per me. Temporaneamente, si intende. Ho speso tutti i miei risparmi per arrivare a Nottingham, non posso permettermi anche un appartamento. Non ho un lavoro, ma, da domani, lo cercherò. Sono qui per questo.»
«Non se ne parla» , lo liquido in fretta.
Inizia a protestare e Chris interrompe la discussione. «Ho un letto in più nella mia stanza. Hai salvato la mia storia con Selene, ti devo un favore. Potrai restare qui per un po'. Insomma, potrai restarci fino a quando non avrai abbastanza denaro per permetterti una casa tutta tua.»
Gabriel, euforico, corre ad abbracciarlo. Sbigottita, spalanco la bocca. Intravedo già all'orizzonte una lunga serie di guai.
•••
«Scusi, può lasciarci i menù? Ci servono per nasconderci.»
Il cameriere, sorpreso dalla stramba richiesta di mio cugino, annuisce e si allontana con le nostre ordinazioni.
«Esattamente, Gabriel, quale parte di "manteniamo un basso profilo" non ti è chiara?» , domando, seccata.
«Probabilmente, l'intero concetto» , azzarda Corey, seduto alla mia sinistra.
Ancora non riesco a credere che abbiamo davvero prenotato un tavolo al Korova per seguire Selene e la sua famiglia e suggerire a Léon cosa dire per fingersi Christopher.
«Comunque, stanno arrivando?» , chiede Adam, annoiato.
Come invocati, il nostro amico, la fidanzata di Chris, i suoi genitori e sua nonna, entrano nel ristorante. Il maître li accompagna in fondo al locale. Vedendoli abbastanza lontani da noi, tiro un sospiro di sollievo. Il posto non mi piace particolarmente. Le pareti sono bianche e il pavimento è ricoperto da piastrelle grigie. La sala in cui ci troviamo è lunga e rettangolare. I tavoli sono stati disposti accanto alle pareti per creare lo spazio sufficiente per una pista da ballo. Il dj, un uomo sulla quarantina, mette canzoni antiquate dalla sua postazione che si trova esattamente dietro di noi. La nonna di Selene è una vecchina piccola e minuta. Strizza gli occhi per mettere a fuoco Léon e sorride quando sua nipote, per non farla affaticare, inizia a leggerle il menù.
«Perché stiamo ingannando quella povera signora? Siamo dei mostri» , commento, intristita.
Corey mi accarezza il dorso della mano e accenna un sorriso. «Lo stiamo facendo per una giusta causa, amore. Se non avesse visto Christopher al suo compleanno, le si sarebbe spezzato il cuore» , mi rassicura.
Mi sento un po' più serena. Sa sempre cosa dirmi per farmi stare meglio.
«Se non avesse visto Léon» , lo corregge Adam.
«Non fa differenza, non riuscirebbe a mettere a fuoco nessuno dei due» , interviene Gabe.
Mi viene quasi da piangere. Corey lo nota e colpisce mio cugino con uno schiaffetto ben assestato sulla nuca. Un leggero fischio ci fa voltare verso Adam che sta reggendo la ricetrasmittente. Léon ha acceso, a quanto pare, il suo microfono. Ora, possiamo ascoltare tutto quello che stanno dicendo al suo tavolo.
«Tesoro, preferisci il polpo o i calamari?»
E' una voce acuta. Credo appartenga alla nonna di Selene.
«Adam, che cosa piace a Chris?» , chiedo.
Lui, in preda al panico, si porta una mano fra i capelli. «Non lo so» , ammette. «Che cosa facciamo?» , domanda.
«Chiediamo l'aiuto da casa. Scrivi un messaggio a tua zia» , suggerisce Gabe.
Il cugino del poliziotto lo ascolta. «Zia non è online» , ci informa. «Ma le è arrivato il messaggio» , aggiunge.
Sento Léon tossire per prendere tempo. «Dobbiamo muoverci» , affermo, agitata.
«Diamo a caso la risposta» , azzarda Corey. «Per me è il polpo» , aggiunge.
Concordo e lo stesso fa Gabe che poi urla a Léon il suggerimento. Vedo il teppista dall'altra parte della sala portarsi una mano sull'orecchio. Si volta un secondo per rivolgerci un'occhiataccia e poi torna alla sua cena.
«Secondo me, abbiamo fatto la scelta giusta. A chi non piace il polpo?» Gabriel, probabilmente, ha fatto, per la prima volta in vita sua, un'osservazione corretta.
«A Christopher» , ci informa Adam, preoccupato.
Ci mostra il cellulare con la risposta della madre del poliziotto. Mi batto una mano sulla fronte, sconsolata.
«Davvero? Allora, quando verrai a trovarmi a casa con Selene, te lo preparerò in quantità industriali. Mi sembri un po' sciupato, dovresti mangiare.»
Sgrano le palpebre. Chris ci ucciderà di sicuro. Vedo il cameriere avvicinarsi a Selene. Inizia a prendere le loro ordinazioni e possiamo concederci un istante di pausa. Pausa che termina con l'allontanarsi del dipendente.
«Come stanno i tuoi genitori, Christopher? Mi piacerebbe conoscerli.»
La nonna ha ricominciato a fare domande, perfetto.
«Stanno bene» , suggerisce la risposta Adam.
«Dille che glieli presenterai» , propone Gabriel.
«No, Adam. Non fare alla nonna promesse che non possiamo mantenere. Resta in silenzio.»
Il moro mi ascolta. Spariamo a caso almeno altre dieci risposte. Corey, stanco e sorpreso dalla parlantina dell'anziana donna, rotea gli occhi.
«Voglio tenere io la ricetrasmittente» , dice, improvvisamente, Gabe.
«Non iniziare a fare i capricci» , lo ammonisco.
«Gabe, è molto delicata» , gli fa notare Adam.
«La tratterò con cura» , lo rassicura mio cugino. Il moro sospira e, timoroso, gliela porge.
«Per chi è la frittura mista?»
Gabriel si volta verso il cameriere che ha appena raggiunto il nostro tavolo con un piatto fra le mani. «E' mia!»
Euforico e affamato, tende le mani verso l'uomo per prendere il suo cibo e fa scivolare il prezioso apparecchio di Adam nel suo bicchiere colmo di vino bianco. Sbianco di colpo. Corey, non sapendo bene se piangere o gridare, si porta le mani sul volto che accascia contro il tavolo.
«Tieni gli occhi aperti, stanotte. Potrebbe venirmi voglia di raderti le sopracciglia» , lo minaccia il cugino di Chris, furioso.
Mi volto, agitata, verso Léon. Anche lui sta guardando nella nostra direzione. Si indica con un dito l'orecchio. Non so come dirgli che non possiamo più suggerirgli nulla. Corey si riprende e alza di scatto la testa. Si porta una mano davanti alla pancia e inizia a muoversi sul posto. Il suo coinquilino, confuso, aggrotta le sopracciglia. Il rosso gli indica con la testa la pista da ballo. Léon capisce il suo piano e si prepara ad invitare Selene a danzare.
«Gli suggeriremo le informazioni a voce. Ditemi tutto ciò che sapete su Christopher» , rende poi anche noi partecipi della sua idea.
«E' nato a Gennaio, detesta la fisica, sa giocare a calcio, gli piacerebbe saper suonare il pianoforte e ama i cani» , sentenzio.
«E' figlio unico» , si intromette Adam nel discorso. Tossisco e Corey forza un sorriso. «Che ho detto di sbagliato? La nonna potrebbe fargli domande sulla sua famiglia.»
«Hai ragione, Adam, va bene così» , lo tranquillizza il rosso.
Subito dopo, mi tende una mano. Confusa, inarco un sopracciglio. «Che cosa dovrei fare?»
«Mi sembra ovvio, amore, ti sto invitando a ballare.» Gli compare sul volto un sorriso sghembo e io, invece, impallidisco. Sono terribilmente impacciata.
«Portaci Gabe in pista» , gli suggerisco.
Ride e scuote la testa. «Non voglio tuo cugino, voglio te» , afferma.
Mi viene spontaneo arrossire e mi do mentalmente della stupida. Non ha detto nulla di strano. E' normale che voglia ballare con me. Non conosce bene Gabriel ed Adam, probabilmente, non è il suo tipo.
«Potrei offendermi» , lo informa Gabe, serio. Subito dopo, però, scoppia a ridere.
«Non so ballare» , tento di dissuaderlo.
Sospira. «Ti fidi di me?» , chiede, continuando a tenere la mano tesa verso di me.
Odio quando la mette sotto questo punto di vista perché sì, mi fido di lui. Sbuffo e lascio che stringa le mie dita mentre mi alzo in piedi. Sorride, soddisfatto, durante il breve tragitto che percorriamo per raggiungere la pista.
«Che cosa devo fare?» , domando, presa dal panico.
Le coppie intorno a noi stanno ballando un lento. Stringe le mie mani e me le porta intorno al suo collo. Accarezza la base della mia schiena con le sue dita. Ha un tocco delicato. Sollevo la testa per guardarlo negli occhi. Credo sia più alto di me di almeno quindici centimetri.
«Muoviti prima in avanti e poi indietro. Fallo per tutta la durata della canzone e, soprattutto, rilassati» , risponde, sorridendo.
«Ci stanno guardando tutti» , gli faccio notare, agitata.
Mi accarezza una guancia. «Ci sono almeno altre dieci coppie in pista, non è detto che tutte le persone sedute ai tavoli stiano fissando noi e poi, ti importa tanto? Io sono concentrato soltanto su di te e su Léon a cui dobbiamo assolutamente avvicinarci.»
Prendo un respiro profondo. «Andiamo da lui» , dico.
Mi fa volteggiare sul posto e, subito dopo, indietreggiare. A piccoli passi, raggiungiamo Selene e il suo accompagnatore. Li affianchiamo e loro si voltano a guardarci.
«Chris sa giocare a calcio, gli piacciono i cani, vorrebbe saper suonare il pianoforte, è nato a Gennaio, detesta la fisica e Adam mi ha suggerito di dirti, nel caso qualcuno ti facesse domande sulla sua famiglia, che è figlio unico.»
Il ragazzo dagli occhi verdi rivolge uno sguardo d'intesa al suo coinquilino. Subito dopo, per non destare sospetti, si allontana da noi con la rossa.
«Torniamo al nostro tavolo?» , domando.
«Non vuoi proprio ballare con me, eh?»
«Sì che voglio!» , mi affretto a spiegare. Corey, intenerito, sorride. «Ma non so come muovermi. Ho paura di pestarti i piedi» , confesso.
«E allora? Anche se dovesse capitare, non ne morirò» , mi rassicura. «O almeno credo. A pensarci bene, stai mangiando molte crostate in questo periodo. Ti senti appesantita?»
Rido e gli do un buffetto sulla guancia. Mi accarezza la schiena e mi dice di lasciarmi guidare da lui. Chiudo gli occhi e poso la testa sulla sua spalla. Si muove in avanti e io indietreggio. Inizio a non rendermi più conto dei miei passi. Percepisco sempre meno la musica. Mi trovo in un mondo tutto mio e mi sto rilassando. Con Corey accanto, mi sento al sicuro. Mi ispira fiducia e mi mette allegria anche quando la situazione non è delle migliori. Ha una soluzione ad ogni problema e riesce sempre a tranquillizzarmi. Sembra mi legga nella mente. Riesce a capire i miei stati d'animo prima che chiunque altro possa farlo o che io stessa possa spiegarglieli. Non potrei fare a meno di lui. Mi fa stare bene. Nei momenti in cui mi è vicino, anche la mia vita, attualmente incasinata, mi sembra tornare in ordine.
«Amore, ti sei addormentata?» Schiudo le palpebre. Corey ridacchia. «Non pensavo di essere così noioso.»
«Non lo sei» , lo rassicuro. «Mi ero rilassata troppo e avevo perso la cognizione del tempo e dello spazio.» Sorride. «Che cosa è successo?»
«La canzone è finita, dobbiamo tornare al nostro tavolo.»
Ancora un po' intontita, come quando qualcuno ti sveglia mentre stai facendo un bel sogno, annuisco e lascio con lui la pista. Mi volto un attimo verso l'entrata della sala e vedo Christopher. Mi sbraccio per farmi notare e riesco a catturare la sua attenzione. Gli indico Léon con un cenno del capo. Lui annuisce ed estrae dalla tasca del cappotto blu il suo cellulare. Porto lo sguardo sul tavolo di Selene. La rossa prende il suo telefono e dà poi una leggera gomitata a Léon che si volta verso la porta d'ingresso. Nota il poliziotto, dice qualcosa alla famiglia di Selene e poi si alza in piedi. Corre verso Chris che gli dà un'amichevole pacca sulla spalla e gli dice qualcosa. Léon sorride e poi lascia il ristorante.
«Vado da lui.» Corey mi porta per un attimo entrambe le mani sulle braccia e poi raggiunge fuori il suo coinquilino.
Arrivo al mio tavolo e mi siedo, come prima, accanto ad Adam. Christopher viene verso di noi. Dà una pacca sulla schiena al cugino che gli sorride.
«Grazie di tutto, ragazzi» , afferma, sorridendo. «Evie, mi accompagni un attimo in giardino? Vorrei salutare anche Corey» , mi chiede, subito dopo. Annuisco e mi alzo dal mio posto. Raggiungo con il mio amico l'esterno della struttura, immersa in un enorme cortile pieno di rigogliose piante. «E' andato tutto bene?»
Tossisco. «Sì, ma la nonna di Selene, la prossima volta che l'andrai a trovare, ti cucinerà quantità industriali di polpo» , lo informo.
«Ma lo detesto!» Sorrido in modo innocente.
«Adesso, lo sappiamo tutti.»
Sbuffa sonoramente mentre continuiamo a camminare. Sentiamo, all'improvviso, delle voci provenire da dietro una siepe. Sono sicuramente Corey e Léon. Ci avviciniamo senza fare troppo rumore.
«Tieni molto ad Evie, eh?»
Quando sento il mio nome, il cuore inizia a battermi forte. Ha parlato Léon.
«Io? Sei tu che l'hai baciata.» Una risata.
«Chris, dovremmo andare» , lo chiamo.
«Torniamo da loro più tardi» , gli suggerisco.
Il castano si volta verso di me. «Non sei curiosa?»
«Come fai a saperlo, Corey?»
«Vi ho sentiti parlare, giorni fa, in cucina.»
«Sei geloso?»
«Scherzi? Non mi importa di lei.»
Mi porto una mano sul torace e sospiro. Mi mordo il labbro inferiore con forza fino a farlo sanguinare. Non riesco a credere che Corey finga di tenere a me. Io, con lui, sono sincera, sempre.
«Siamo qui perché, in questi mesi, ti sei avvicinato ad Evie. Se non le avessi rivolto la parola tempo fa, in questo momento, probabilmente, saremmo a casa nostra o in qualche locale a divertirci.»
Mi sfugge una lacrima. Chris si china in avanti per asciugarmela. «Andiamo via, va bene?»
Annuisco. Mi circonda le spalle con un braccio. «Siamo qui perché stai dando una mano a tuo fratello e non fingere che non ti importi nulla di lei. Anzi, invece di accusarmi, ringraziami perché, se non fosse stato per me, probabilmente, non l'avresti nemmeno conosciuta.»
«Non fingo di non volerle bene. Tu, invece, perché ti stai comportando come se Evie ti fosse indifferente?»
Deglutisco. E' davvero il caso di andare. Chris non può scoprire in questo modo la verità su suo fratello.
«Fratello?»
Il poliziotto si volta a guardarmi in cerca di una spiegazione. «Andiamo, ti prego.»
Si allontana di scatto da me e aggira la siepe per raggiungere i due coinquilini. Disperata, lo rincorro. «Di quale fratello state parlando?»
Corey e Léon, sorpresi, scattano in piedi. Il castano getta a terra la sua sigaretta e la calpesta con una scarpa per spegnerla.
«Stavate origliando la nostra conversazione?» , domanda Léon, squadrando prima me e poi il fratello.
Con gli occhi lucidi, osservo Corey che mi guarda a sua volta e sembra pietrificato sul posto.
«Di quale fratello state parlando?» , urla, ancora, il poliziotto. Mormoro il suo nome e lui, furioso, mi rivolge un'occhiata. «Che cosa mi stai nascondendo, Evie?»
«Lei non sa nulla!» , mi difende Léon.
Con gli occhi lucidi, mi volto ad osservarlo e scuoto la testa. «Ho trovato le foto» , confesso.
Lui, sorpreso, schiude le labbra.
«Di cosa state parlando?» Christopher continua a gridare. Una vena gli pulsa all'altezza della tempia sinistra.
«Di te!» , sbotta Léon. «Siamo fratelli, va bene? Nostro padre ha tradito tua madre poco prima che tu nascessi e io sono il frutto del suo ignobile gesto.»
«Non è vero!» Tento di portare una mano sulla spalla di Chris, ma lui mi spinge via. Inizio a piangere, disperata.
«Non sta mentendo, Christopher» , provo a farlo ragionare.
«Non parlare, Evie!» Si volta, furioso, verso di me. Mi rivolge un'occhiata carica di disprezzo. «Sapevi tutto e non mi hai detto niente. Che fine ha fatto il nostro sostenerci a vicenda? Mi fidavo di te!» Si porta le mani sul viso che solleva verso l'alto. Singhiozza e si asciuga le lacrime prima di tornare a guardarmi. «Mi hai tenuto all'oscuro di tutto per proteggere il segreto di uno sconosciuto!»
«Léon non è uno sconosciuto e non spettava a me parlarti» , affermo, tossendo.
«Rispetto a me, per te, lo è! Non è nessuno!» Singhiozza e indietreggia con le mani sugli occhi. Si riprende e mi punta un dito contro. «Non voglio più vederti» , sibila. Ruota poi il corpo verso gli altri due ragazzi. «E non voglio più vedere nemmeno voi! Tu non sei mio fratello. Non sei nessuno. Non puoi sbucare fuori dal nulla per venire a rovinare la mia vita.»
Vedo Léon piangere come mai aveva fatto prima. «Non sto mentendo, sono tuo fratello» , sussurra, con la voce spezzata dai singhiozzi.
«Sciocchezze!» Chris si passa le mani fra i capelli più volte. Guarda male tutti e tre e poi corre via.
Lo chiamo, ma non si gira. Con la vista offuscata dalle lacrime, scappo via anche io. Ignoro Corey e Léon che invocano a gran voce il mio nome. Non volendo tornare nel ristorante da Chris e per sfuggire ai miei vicini di casa, raggiungo il parcheggio. Non so cosa fare. Non so dove andare. Mi cade a terra la borsa e tutto il suo contenuto si riversa sull'asfalto. Fisso le chiavi dell'enoteca e quelle della macchina di Adam. Ora so quale sarà la mia prossima mossa. Getto alla rinfusa gli oggetti dentro la mia tracolla e inizio a cercare l'auto del moro. La trovo, la apro e ci entro dentro. Un lampo illumina il cielo. Perfetto, sta anche iniziando a piovere. Detesto i temporali. Metto in moto e lascio il Korova.
•••
Sono le dieci e mezza di sera. Parcheggio esattamente di fronte al negozio di Thomas. La pioggia, particolarmente intensa, mi bagna i vestiti e i capelli. Mi avvicino all'ingresso, pronta ad aprire, ed inserisco la chiave nella serratura. Non devo farle fare, con mia grande sorpresa, nemmeno un giro completo nella toppa. La porta è già aperta. Faith, probabilmente, non l'ha chiusa alla fine del suo turno. Fortunatamente, me ne sono accorta io e non il capo. Entro e ammiro l'enoteca avvolta nella penombra. E' illuminata soltanto dalle luci dei lampioni del quartiere che filtrano dalle vetrine. E dai lampi, di tanto in tanto. Cammino, facendo scricchiolare il pavimento, e colpisco un tubetto lungo e bianco di plastica che inizia a rotolare fino al bancone su cui si trova la cassa. La porta dello studio di Thomas è socchiusa. Che cosa sta succedendo? Terrorizzata, mi nascondo dietro ad uno scaffale. C'è qualcuno? Dei ladri, forse? Dovrei chiamare aiuto?
«Chi è?»
Riconosco la voce leggermente roca del capo provenire dal suo ufficio. Perché è qui? Ha deciso di lavorare fino a tardi? Sarà meglio parlargli della mia idea di dormire in negozio. Se sarà necessario, accennerò alla litigata con gli altri. A testa bassa, timorosa, mi dirigo verso il suo studio. Un fulmine squarcia il cielo e illumina la stanza. Non vedo nessuno. Accendo la torcia del telefono e la punto verso ogni angolo della camera. C'è un portafoto rotto a terra. I vetri che lo componevano sono sparsi un po' ovunque. Noto anche del sangue accanto alla cornice. Spaventata, sussulto.
«Che cosa ci fai tu qui?»
Illumino la scrivania e noto Thomas rannicchiato nell'angolo alla sua sinistra. Spaventata, grido. E' terribilmente inquietante.
«Perché sei a terra?» , gli domando.
Si alza di scatto in piedi. «Che cosa ci fai tu qui, Evie?»
Urla e io deglutisco. «C'è del sangue nella stanza, Thomas» , gli faccio notare, preoccupata.
«Torna a casa!»
Grida e colpisce con un pugno un portapenne che rotola dalla scrivania a terra e riversa sul pavimento il suo contenuto. Sussulto, sconvolta. Punto la torcia su di lui. Gli sanguina il dorso della mano destra.
«Sei ferito» , constato. Faccio qualche passo in avanti e mi grida di nuovo di andarmene.
«Non avvicinarti, ti prego» , mi supplica, apparentemente disperato, questa volta con voce flebile. «Non voglio farti del male» , sussurra.
Si copre il volto con le mani e schiaccia la schiena contro la parete alle sue spalle. Si lascia scivolare a terra e avvicina le ginocchia al petto.
«Perché dovresti, Thomas?»
Continuo ad avanzare. Solleva la testa e noto che ha gli occhi lucidi.
«Perché sono un mostro.» Lo raggiungo e mi siedo di fronte a lui a gambe incrociate. Gli porto le mani sui polsi e lui mi guarda. «Non riesco a gestire la rabbia, Evie. Le compresse che mi aiutavano a controllarla sono finite. Scappa, ti prego.»
Gli scivola una lacrima lungo la guancia e tendo il corpo in avanti per asciugargliela con un pollice. Tutto, adesso, inizia ad avere un senso. E' per questo che cercava di allontanarmi. Aveva paura di farmi del male. Voleva proteggermi da se stesso.
«Non sono spaventata, Thomas» , lo rassicuro.
«Dovresti» , afferma. «Io lo sono. L'idea di poterti fare qualcosa di brutto mi terrorizza.»
Gli sfugge un singhiozzo. Le sue gote iniziano a bagnarsi sempre più di lacrime.
«So che non lo faresti mai, Thomas, e non ti abbandonerò.» Gli porto le mani sulle guance e lui mi osserva in silenzio. Non l'ho mai visto così fragile e sento soltanto il bisogno di proteggerlo. Sembra un bambino spaventato. Spaventato da se stesso. «Non hai bisogno di qualche pasticca. Puoi superare tutto con le tue forze. Possiamo superarlo insieme. Non andrò via. Ti starò accanto fino a quando non starai meglio.»
Mi circonda le spalle con le braccia e mi attira a sé. Lascio che le nostre fronti si tocchino e chiudo gli occhi. Mi stinge e io mi allontano un attimo dal suo viso per baciargli una guancia. Ricordo la sua mano ferita e gli accarezzo i capelli. «Come sei venuto qui in negozio?»
«A piedi.»
«Bene, ho la macchina parcheggiata qui di fronte. Adesso ti accompagno a casa e ti medico le ferite che ti sei procurato.»
«Ho distrutto il portafoto.»
«Non importa, ne prenderai uno più bello.»
«Devo pulire il disastro che ho combinato.»
«Ci penserò io più tardi. Adesso, andiamo a casa. Devo disinfettarti la mano.»
•••
Thomas apre la porta del suo appartamento e mi lascia passare per prima. Mi trovo davanti una gigantesca specchiera che mi permette di ammirare le pessime condizioni in cui mi trovo. Ho i capelli zuppi e incollati alla testa, gli occhi gonfi e cerchiati e i vestiti bagnati. Praticamente, faccio schifo. Alla mia sinistra, si trova la cucina. E' piccola, ma accogliente. I mobili al suo interno sono bianchi e le pareti, invece, arancioni. Una porta a vetri dà sul balcone. Varcata la soglia di ingresso, ci si ritrova subito in soggiorno. Alla mia destra ci sono due divani, un tavolino di cristallo e una tv. Alle mie spalle, invece, una porta a vetri che dà su un secondo balcone, una libreria e un tavolo di legno lungo e rettangolare.
«Seguimi.» Il capo mi supera. Cammina verso la porta di fronte a noi, dietro la cui vetrata verde che la compone si intravede un corridoio. La apre e mi invita a passare. Varcata la soglia, mi trovo faccia a faccia con un ripostiglio. Alla mia destra, invece, c'è una camera da letto e in fondo al corto corridoio, alla mia sinistra, ci sono altre tre porte. «Ho due bagni e una stanza per gli ospiti» , mi informa. «Aspettami qui. Ti porto dei vestiti puliti.»
«Devo disinfettarti» , gli ricordo.
«Posso curarmi da solo» , afferma.
«Dubiti delle mie capacità da infermiera?» , domando, offesa.
Ride. «Un po', ma mi medicherò da solo perché voglio che tu ti faccia una doccia. Hai i vestiti completamente bagnati e mi sembri infreddolita. Non voglio che ti venga la febbre.»
Imbarazzata dall'idea, scuoto con vigore la testa. «Posso farla a casa.»
Un momento, Evie, non hai una casa. Beh, non la farò e basta. Tende una mano verso la mia guancia per accarezzarmela. «Non vergognarti» , mi tranquillizza. «Ti aspetto in camera.»
Raggiunge la sua stanza e schiude le ante dell'armadio per prendere una lunga camicia bianca. Torna poi da me e apre la prima porta alla mia sinistra per mostrarmi una stanzetta quadrata dalle pareti tinteggiate con colori caldi in cui si trova la doccia. Lascia l'indumento sulla lavatrice accostata al muro e prende da un armadietto del disinfettante, un phon e degli asciugamani che mi porge e io, subito, afferro. Si allontana per darmi un po' di privacy. Chiudo la porta, mi tolgo i vestiti e mi infilo nella doccia. Lascio che il getto d'acqua calda mi bagni tutto il corpo. Sollevata, sospiro. Ne avevo davvero bisogno. Dopo un po', esco fuori. Mi asciugo e indosso la camicia di Thomas. E' leggermente trasparente, ma abbastanza lunga da coprirmi anche le cosce. Lascio il bagno per raggiungere il capo nella sua camera. E' seduto a gambe incrociate sul suo materasso a due piazze e sta guardando la televisione che si trova sopra un tavolino di legno, di ciliegio, credo, posto alla sinistra del gigantesco armadio situato di fronte al letto. Quando mi vede, sorride. «Vieni.»
Mi tende la mano destra, ora fasciata, e la stringo. Mi invita a sedermi fra le sue ginocchia e, un po' in imbarazzo, lo ascolto. Do uno sguardo alla tv.
«50 volte il primo bacio» , constato.
«Lo conosci?»
Mi accarezza i capelli bagnati e un brivido mi attraversa la schiena. «E' uno dei miei film preferiti» , ammetto.
Con la coda dell'occhio, mi soffermo ad osservarlo mentre attacca la spina del phon in una presa posta accanto al suo comodino. «Piace molto anche a me» , confessa.
«Non ti facevo un tipo romantico» , dico, divertita.
Inizia ad asciugarmi i capelli. Intenerita, sorrido. «So esserlo, raramente, anche io.»
«Comunque, Thomas, non preoccuparti e dai a me il phon.»
Scuote la testa. «Voglio prendermi cura di te come hai fatto tu con me in negozio. Stai tranquilla, davvero. E, comunque, grazie.»
Sorrido e abbasso lo sguardo. «Non l'ho fatto per ricevere qualcosa in cambio.»
«Lo so, Evie. Ti fa piacere aiutare il prossimo. E' ciò che più ti fa sentire gratificata.»
Sorpresa, sussulto. «Te lo avevo detto mesi fa, come fai a ricordarlo?»
«Non può non restarti impressa nella mente un'affermazione del genere. Mi ha fatto capire subito quanto tu fossi speciale.»
Spegne per un secondo il phon e mi viene spontaneo accarezzargli la mano ferita. Mi volto verso di lui. Soltanto una volta in vita mia ho visto così vicine le sue iridi scure. In spiaggia, quando stavamo per baciarci. Il suo sguardo, questa volta, è vispo, sicuro, diverso da quello spaesato e spaventato che aveva in negozio circa un'ora fa. Ruoto di scatto la testa. Non posso permettere che accada qualcosa. Thomas è imprevedibile. Mi ha nascosto il suo problema per settimane e l'ho scoperto, oggi, per caso. Mi ha tenuta lontana e ho sofferto. Mi ha tenuta lontana per proteggermi, certo, ma lo ha comunque fatto. Mi ha negato la possibilità di scegliere se stargli accanto o meno. Non posso lasciarmi andare. Riprende ad asciugarmi i capelli e, una volta terminato il compito, spegne il phon e stacca la spina che lascia a terra. Lo ringrazio e mi alzo dal letto. Gli do le spalle perché so che, se lo guardassi negli occhi, non riuscirei a resistergli.
«Devo tornare a casa. Secondo te, sta ancora piovendo?»
Parlo da sola. Non ricevo una risposta e, francamente, non mi interessa. Forse, è meglio cosi. Raggiungo la finestra, posizionata esattamente di fronte alla porta, e ci appoggio entrambi i palmi della mani contro. I lampi e i fulmini illuminano il cielo. Salta la corrente e inizio a tremare. Non voglio voltarmi. Piccole gocce d'acqua scendono lungo il vetro. Le guardo fare a gara per toccare per prime il davanzale. Sento i passi di Thomas. Si sta avvicinando. Un brivido mi attraversa la schiena. Magari, non mi raggiungerà.
Si posiziona dietro di me e fa intrecciare le nostre mani.
Ecco, come non detto.
Schiaccia il mio corpo fra il suo e il vetro e mi mordo il labbro inferiore per non sospirare pesantemente.
Fai finta di niente. Fai finta di niente. Fai finta di niente. Ma è un negozio di pasticcini quello che vedo dall'altra parte della strada? Che bello! Se fosse aperto, ne comprerei qualcuno. Sta funzionando. Mi sto distraendo!
Thomas mi sposta, con la mano fasciata, i capelli su una spalla e inizia a baciarmi il collo. Oh, cavoli! Sento le sue dita accarezzarmi la pelle sotto la camicia. Disegna dei piccoli cerchietti intorno al mio ombelico. Getto indietro la testa e strizzo gli occhi. Libera, dal basso, i primi tre bottoni dagli occhielli dell'indumento che sto indossando. La mia fine è vicina. Tossisco per schiarirmi la voce.
«Che cosa stai facendo?»
Come se non fosse abbastanza evidente. Preme le labbra contro il mio collo e ride. «Ti sto svestendo» , risponde, ovvio.
«Perché?» , chiedo con voce più acuta del normale.
«Perché voglio fare l'amore con te, Evie.» Perdo un battito. «Se lo vuoi anche tu, voltati. Se non lo farai, lo capirò e mi allontanerò.»
Continuo a ripetermi nella mente che sarebbe sbagliato. Dovrei restare ferma. Thomas potrebbe essere pericoloso, anche se, in cuor mio, so che non è così. Dovrei tornare a casa e dimenticare tutto questo. Dovrei, ma le mie gambe mi fanno girare sul posto. Mi guarda intensamente negli occhi per qualche istante e assaporo appieno il momento. Mi alzo sulle punte e lui si avventa sulle mie labbra. Affonda le mani nei miei capelli e mi circonda la base della schiena con un braccio per attirarmi ulteriormente al suo corpo. Gli scompiglio i capelli corti e scuri con le dita che poi gli porto sulle guance. Mi bacia con passione, con brama. Quasi non mi lascia nemmeno il tempo di riprendere fiato. Mi allontano per un secondo dal suo viso per osservarlo. Le sue iridi splendono. Mi guarda con intensità e mi accarezza le gote.
«Sei così bella.» Ansima e gli accarezzo il contorno del volto con un dito. Tutto, di lui, mi sembra perfetto. Spingo il mio bacino contro il suo. Sento di volere di più. Gli getto le braccia al collo e lui mi solleva da terra portandomi le mani dietro alle cosce. Cammina verso il letto su cui cadiamo. Ridiamo e lui si scusa. Riprendiamo a baciarci. Gli porto le mani sul torace e lo spingo sotto di me. Con uno strattone, mi toglie di dosso la camicia facendo saltare via i restanti bottoni. La butto via e mi chino in avanti per baciargli il collo mentre mi accarezza la schiena. Mi spinge nuovamente sotto di lui e lo aiuto a togliersi la maglietta. Sfiora con le labbra ogni mio lembo scoperto di pelle e poi torna ad osservarmi. Mi accarezza con la mano non ferita una guancia. «Sei sicura di volerlo fare?» Annuisco e lui sorride. Sarà speciale, lo sento.
•••
Schiudo le palpebre. Ruoto appena la testa e mi rendo contro di avere dietro Thomas. Mi sta stringendo fra le sue braccia. Dorme profondamente e sorrido. E se non mi fossi mai sbagliata? Ho una vita incasinata e lui si crede un mostro. Non siamo perfetti, da soli, ma, forse, insieme potremmo esserlo.
-
Salve! In questo capitolo è successo praticamente di tutto, ma non voglio dire nulla e lasciare a voi i commenti.
Anche Gabe è nella pagina del cast, adesso. Aggiornerò, come al solito, fra una settimana e ringrazio, intanto, tutti coloro che stanno continuando a seguire la storia. Alla prossima!
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