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12 - Finale a sorpresa

Il mese di Dicembre è in assoluto il mio preferito fra i dodici che compongono l'anno. Percepisco già l'atmosfera natalizia, nonostante sia iniziato soltanto da meno di quarantotto ore. Una commessa, dall'altra parte della strada, sta adornando la vetrina del suo negozio con delle lucine colorate. Mi soffermo, incantata, a guardarla. Poso un gomito sul tavolino del bar e inizio a reggermi il volto con una mano.
Vorrei avere una famiglia tutta mia. Già mi immagino a sfornare biscotti mentre mio marito prepara l'albero di Natale insieme ai nostri tre figli. Ma la mia vita sentimentale fa schifo. Non devo dimenticarlo. Non so ancora da quali problemi sia afflitto Thomas e non ho avuto modo di parlare a Léon del nostro bacio. O meglio, è tornato a casa da una settimana esatta, il tempo per menzionare l'argomento l'ho avuto, ma non il coraggio per farlo. Non che mi stia molto a cuore la questione. Quello sbruffone non è decisamente il mio tipo. Mi interessa soltanto capire se sia attratto o meno da me. Così, per curiosità. Non certo perché, forse, da lui io un po' lo sono.
Sospiro. No, Evie, è meglio non sapere. Sarebbe controproducente. Sogni il vero amore, non puoi accontentarti di qualcosa di fisico.
Sbuffo. Mi sento combattuta. Mi piacerebbe sapere la verità, ma non voglio complicare la mia situazione emotiva già abbastanza difficile.

«Sicura di stare bene?»

Ruoto la testa verso Faith. Oh, giusto, c'è anche lei. Mi do mentalmente della stupida. Mi ero persa nei miei pensieri, come al solito, e poi, certo che è qui con me! Avevamo organizzato la nostra uscita tre giorni fa. Appoggia sul tavolo la sua tazza fumante di cioccolata calda e, con fare apprensivo, si allunga in avanti per accarezzarmi una spalla.

«Non molto» , ammetto. «Detesto i ragazzi. Sono troppo complicati per i miei gusti» , mi lascio sfuggire.

Mi rivolge un'occhiata divertita e incrocia le braccia al petto. «Quali, esattamente?»

Sorride in modo malizioso e mi rendo conto di aver parlato troppo. Thomas è anche il suo datore di lavoro. Non dovrei raccontarle ciò che è accaduto fra noi. Ma, in fin dei conti, non è successo nulla di concreto.

«Christopher» , sparo a caso il primo nome che mi passa per la mente.

Sbalordita, schiude le labbra. «Non ha una fidanzata? Se non erro, Adam me ne aveva parlato.»

Oh, cavoli! Mi ero scordata di Selene.

«Sì, certo» , rispondo. «Ma non è quello il mio problema» , inizio ad improvvisare. «E' troppo misterioso e la cosa mi irrita.»

La mia collega aggrotta le sopracciglia.

«Perché?»

Sto sudando freddo. Devo inventarmi qualcosa. Penso per un po' e poi, finalmente, mi viene un'idea.

«Lavora, credo da mesi, ad un caso di cui non vuole parlarmi. Ha una cartellina nascosta in camera piena di foto di una ragazza con dei tagli all'altezza della nuca. Inquietante, vero?» Faith sembra sempre più perplessa. Scoppio a ridere per il nervosismo. «Ma cambiamo argomento!» , azzardo.

Lei annuisce. «Dimmi i nomi degli altri ragazzi.»

Ghigna e incrocia le mani dietro il capo. In preda al panico, forzo un'espressione rilassata.

«Altri? Non esageriamo, è di me che stiamo parlando. La mia vita sentimentale è inattiva dalla fine del liceo, o meglio, lo era fino a qualche giorno fa.» Incuriosita, si morde il labbro inferiore e mi incita a raccontare. «Léon mi ha baciata» , cedo. Strabuzza gli occhi e scoppia a ridere. «Non è divertente!» , l'ammonisco, imbarazzata.

«Sapevo che sarebbe accaduto!»

«Come, scusa?»

Si ricompone e raddrizza la schiena. «Andiamo, Evie, era inevitabile. Vi ho visti, tempo fa, alla partita di pallavolo. Reprimete a stento la voglia matta che avete di saltarvi addosso insultandovi a vicenda.»

La saliva mi va di traverso e inizio a tossire. Bevo un bicchiere d'acqua e poi torno in me. Probabilmente, sono arrossita. Oserei direi violentemente. Non mi aspettavo mica un'affermazione del genere, per nulla vera, fra l'altro.

«Sciocchezze» , commento. «Léon non mi piace.»

Mi rivolge uno sguardo malizioso. «Neghi che sia un bel ragazzo?»

Spiazzata, tossisco. «No» , sussurro con voce flebile. «Ma non è il mio tipo.» Rotea gli occhi. «Sul serio, Faith! E' strafottente, mi irrita, mi fa respirare in continuazione fumo passivo e, per quanto ne so, si porta a letto una ragazza diversa ogni notte. Non è adatto a me che sono alla ricerca del vero amore e di una persona seria.» Prendo un respiro profondo. «E a te, invece, come va con Adam?»

Sbuffa. «Ci sentiamo spesso, ma non vuole proprio saperne di invitarmi ad uscire. Anzi, a dirla tutta, sta iniziando a scrivermi anche meno del solito.»

Faccio mente locale e ricordo l'accaduto di due giorni fa.

Continuo a spostare l'acqua della piscina facendo dei movimenti circolari con i piedi. Sollevo per un istante il capo e noto che Corey, seduto di fronte a me, mi sta osservando.

«Perché mi fissi?» , chiedo, imbarazzata, abbassando lo sguardo.

«Mi piace la treccia che ti sei fatta. Ti sta davvero bene.»

Sorride e mi viene spontaneo fare lo stesso. Un grugnito di frustrazione ci fa voltare entrambi verso Adam, disteso su uno dei due lettini posti poco lontano da noi.

«Secondo voi, dovrei invitare Faith ad uscire?»

Léon, sdraiato accanto a lui, scatta in piedi e gli colpisce la fronte con una manata. Il cugino di Chris protesta.

«Sei impazzito?» , domanda, sottintendendo già la risposta, il ragazzaccio dagli occhi color smeraldo.  «Non ricordi quello che ti ho insegnato tempo fa? Devi farti desiderare! Non chiederle un appuntamento e, già che ci sei, scrivile poco.»

Alla lista delle cose che non mi piacciono di Léon si aggiungono i suoi pessimi consigli.

«Sono sicura che si risolverà tutto, Faith» , tento di tranquillizzarla, facendo, allo stesso tempo, finta di non sapere perché Adam si stia facendo sentire sempre meno.

«Può darsi» , dice. «Ma, in ogni caso, per il momento, non ho voglia di vederlo. Cosa impossibile, se consideriamo il fatto che, stasera, Thomas ha deciso di invitarlo alla festa che ha pianificato di fare in negozio.»

Cavoli, la festa! L'avevo dimenticata. Il capo ha deciso di organizzarla per salutare un suo amico che si trasferirà in Spagna e ha ben pensato di chiedere anche a Christopher, a suo cugino, a Corey e a Léon di venire.
Sbianco di colpo. Chi doveva consegnare a Corey e a Léon i loro inviti? Io, ovviamente. Chi non lo ha fatto? Tirate un po' ad indovinare? Sospiro.

«Possiamo non andarci» , le ricordo.

Faith sbuffa. «L'idea di partecipare ad una festa, però, mi piaceva. Detesto i ragazzi» , commenta, seccata.

«Peccato, al Delirium, questa sera, ce ne saranno molti.»

Ruoto il capo verso sinistra. Un giovane dai capelli biondi e spettinati ha appena raggiunto il nostro tavolino. Ci allunga due biglietti e sorride in modo malizioso. Una vistosa cicatrice gli riga la guancia destra, poco sotto l'occhio. Ha il cappuccio verde della felpa tirato sopra la testa.

«E tu, scusa, chi saresti?» , chiede Faith, confusa.

Squadra prima lui da capo a piedi e poi i cartoncini che ci sta porgendo.

«Floyd, il proprietario del Delirium. Prima che possiate domandarmelo, è una discoteca che si trova non molto lontano da qui. Dietro all'invito ci sono le indicazioni per raggiungerla.»

Mi sembra un individuo losco.

«Per quale motivo ci stai regalando dei biglietti per entrare?»

«L'ho ristrutturata e stasera ci sarà l'inaugurazione. Ho lasciato dei pass praticamente a chiunque. Chiedete, se non vi fidate, alle persone sedute agli altri tavoli» , sentenzia, sicuro, continuando a fissarmi con le sue iridi color ghiaccio.

Prima che possa mandarlo via, Faith mi precede e gli strappa i cartoncini dalle mani. «Grazie, ci saremo» , lo congeda.

Lui, felice, ci saluta con un cenno del capo e si allontana. Importuna altri tre gruppi di persone e poi lascia il bar.

«Sei impazzita?» , domando, dopo qualche istante di silenzio, alla mia collega. «Quel Floyd non mi piace» , affermo.

«Non piace nemmeno a me, ma questi biglietti sono la nostra salvezza.» Sorride rigirandoseli fra le mani. «Ci permetteranno di partecipare gratuitamente ad una festa a cui Adam e Léon non verranno.»

«Non ho problemi con Léon» , dico con sicurezza.

«No?»

«No, e ti dirò di più: non appena ci lasceremo dovrò passare a casa sua per consegnargli l'invito che Thomas mi aveva espressamente chiesto di dargli ben quattro giorni fa.»

Mi guarda quasi come se le facessi pena. «Vuoi che ti accompagni?»

Si accende in me un barlume di speranza. «Lo faresti?»

Colpisce il tavolo con entrambe le mani e poi mi punta un indice contro. «Lo sapevo! Hai problemi con lui!»

«Non è vero!» , ribatto. Mi osserva con aria di sfida e dopo un po' cedo. «Va bene, lo ammetto, forse un po' ne ho.»

Ghigna. «Allora ascoltami, tesoro. Vai da lui, parlagli del vostro bacio e poi vieni con me al Delirium per evitarlo. Fatti desiderare.»

«Non voglio farmi desiderare da Léon.» Sospira. «E, comunque, parli proprio come lui. Mi spaventi, Faith.» Ridacchia. Lancio un'occhiata ai biglietti di Floyd.
Forse, passare una serata fra ragazze ci farà bene. Le strappo dalle mani il mio cartoncino e lo ripongo nella tasca dei jeans accanto agli inviti per Corey e Léon. «Va bene, andiamo all'inaugurazione.»

Euforica, inizia a saltellare sulla sedia. «Passo a prenderti alle nove» , mi informa. «E, adesso, paghiamo le cioccolate e andiamocene. Ti lascio a casa.»

•••

Fa che ci sia Corey. Fa che ci sia Corey. Fa che ci sia Corey.
La porta si spalanca e mi ritrovo davanti Léon. Bene. Perfetto. La fortuna, come sempre, mi accompagna. Si appoggia con una spalla allo stipite, ghigna e incrocia le braccia al petto.

«Sei qui per me, ragazzina?» Lo sorpasso ed entro in casa. Mi segue, ridacchiando, dopo essersi richiuso alle spalle la superficie in legno. Mi sfilo dai pantaloni gli inviti per la festa di Thomas e glieli lascio in cucina sull'isola. «Cosa sono?»

«Il mio capo ha deciso di invitarvi stasera ad una festa che ha organizzato in negozio.»

«Il tuo capo? Quello per cui hai un'imbarazzante cotta?»

Ride e si passa una mano fra i capelli, stranamente soffici, spettinati e non imbrattati, come al solito, di gel.

«Puoi, cortesemente, smetterla di provocarmi per reprimere la voglia matta che hai di saltarmi addosso?»

Sorpreso, strabuzza gli occhi e poi, divertito, sorride e inizia ad avvicinarsi a me. Indossa una sottile camicia bianca, attualmente sbottonata.

«Scusa, che hai detto?»

Che ho detto? Non riesco a credere che mi sia davvero sfuggita una cosa del genere.

«Sei attratto da me, mi hai baciata per questo motivo» , balbetto in preda al panico. Indietreggio e mi ritrovo con le spalle al muro. Allunga le mani verso la parete per tenermici bloccata contro.

«Ci pensi ancora? Deduco ti sia piaciuto.»

«Non è vero! Mi hai colta alla sprovvista e non ho nemmeno ricambiato» , gli faccio notare.

«Non ti ho dato il tempo di farlo, Ares stava arrivando» , afferma con sicurezza. Mi solleva il mento con un dito e ghigna. «Ora, invece, potrai goderti il momento.»

Strizzo gli occhi e ruoto la testa verso destra. Un ricordo della sera del presunto omicidio mi coglie la mente.

Prima che possa dirgli qualcosa, mi porta una mano dietro la nuca e si china in avanti per far scontrare con prepotenza le nostre labbra. Sorpresa, resto ferma sul posto e spalanco le palpebre. Si allontana e, divertito, mi sorride.

«Perché lo hai fatto?» , chiedo, sbigottita.

«Non volevo morire con la convinzione di aver baciato Corey come ultima persona al mondo» , risponde.

«Sapevi che non saresti morto!» Léon, confuso, si ferma e aggrotta le sopracciglia. «Non volevo morire con la convinzione di aver baciato Corey come ultima persona al mondo» , lo scimmiotto. «Ma credevi che ti saresti salvato, quindi mi hai baciata perché ti andava di farlo e basta. Sei chiaramente attratto da me!»

Si allontana di scatto, meravigliato, e mi dà le spalle. «Sciocchezze» , commenta.

«Bugiardo» , lo apostrofo.

Si volta a guardarmi. «Avevo soltanto voglia di baciare qualcuno e gli unici esseri viventi presenti nella stanza eravate tu e una felce» , afferma, furioso.

«Vuoi forse dire che, se non ci fossi stata io, ti saresti fiondato su una pianta?»

«Sì, certo.»

«Idiota!» , gli grido contro, offesa.

Sghignazza. «E, ragazzina, vorrei farti notare che ti stanno cadendo continue occhiate sul mio torace.»

«Non mi piaci!»

Ride. «Non sono abbastanza sociopatico per i tuoi gusti?»

Furiosa, serro i pugni, lo colpisco con una spallata e lascio l'abitazione. Lo detesto.

•••

Trattengo a stento la voglia di urlare. Chris si guarda allo specchio del bagno per farsi il nodo alla cravatta e non lo nota. Ho perso il mio biglietto. Come farò ad entrare in discoteca? E, cosa ancor peggiore, come lo dirò a Faith? Mi ucciderà. Continua, intanto, dalla strada, a suonare il clacson, spazientita, per incitarmi a muovermi. Grugnisco, prendo la mia pochette nera, saluto i miei coinquilini ed esco dall'appartamento. Scendo in fretta e furia la scalinata esterna al palazzo per raggiungere l'auto della mia collega, parcheggiata di fronte al nostro cortile. Faccio per attraversare, ma mi ritrovo costretta a fermarmi quando una vettura, per accostare giusto davanti a me, sfreccia e rischia di investirmi. Ne esce fuori Thomas. Gli rivolgo un'occhiataccia e lo saluto freddamente. A testa alta, lo sorpasso. Mi circonda un polso con una mano per trattenermi.

«Dove stai andando?»

Mi squadra da capo a piedi. Analizza con attenzione l'abito rosso, che mi arriva poco sopra le ginocchia, con scollo a cuore che ho deciso di indossare.

«Ad una festa» , rispondo.

Libero il braccio dalla sua presa e mi sistemo meglio il cardigan nero sulle spalle.

«Ne ho organizzata una anche io» , mi ricorda.

«Floyd mi ha invitata alla sua per primo» , mento, speranzosa di congedarlo.

«Chi è Floyd?»

«La cosa non ti riguarda.»

«Evie» , sibila.

«Non sei mio padre, Thomas. Non ti devo alcuna spiegazione.»

«Voglio soltanto assicurarmi che non ti venga in mente di frequentare posti pericolosi.»

Sospiro. «Floyd è il proprietario del Delirium.»

Sgrana le palpebre. «Passerai la serata in quel postaccio?» Mi limito ad annuire. «E' frequentato da tipi loschi»  , mi informa.

«E tu non sei come loro, vero, Thomas? Sei migliore di loro? Per quale motivo, quindi, cerchi di allontanarmi da te?»

Sorpreso, abbassa il capo. «Non sai quello che stai dicendo» , mormora.

«E non credi che sia colpa tua? Ti ho chiesto più volte di spiegarmi quale fosse il tuo problema e non lo hai mai fatto, quindi, se si parla di persone temibili, posso, per quanto mi riguarda, tranquillamente equipararti a quelle che frequentano il Delirium e, sinceramente, preferisco non lasciare sola una mia amica che venire nella tua enoteca per fare in modo che tu mi tenga sotto controllo.»

«Non voglio tenerti sotto controllo, voglio tenerti al sicuro.»

«Con te lo sarei?»

«Certo che lo saresti!»

«E per quale motivo, allora, non mi hai baciata tempo fa?» Deglutisce e resta in silenzio. Irritata, mi lascio sfuggire una risata. «Non cambierai mai. Buona serata» , lo saluto.
Attraverso la strada ed entro in macchina di Faith. «Non chiedermi per quale motivo sia qui» , anticipo una sua possibile domanda.

«E' venuto a prendere Christopher ed Adam» , mi informa. Le rivolgo un'occhiata confusa e lei alza le mani in segno di resa. «Che c'è di male? Il tuo caro amico, oggi, ha deciso di farsi sentire e abbiamo parlato un po'.»

Scuoto il capo, sorridendo, e lei mette in moto. E' decisamente arrivato il momento di dimenticare definitivamente Thomas. Le cose, fra noi, vanno di male in peggio. Non so, però, come togliermelo in fretta dalla testa. Ubriacarmi potrebbe servirmi a qualcosa? Forse, soltanto per una sera. Domani ricorderei tutto e, per giunta, starei male. No, i cocktail non sono la soluzione giusta. Cercherò soltanto di divertirmi e di sgombrare la mente da ogni pensiero negativo.
Prendo un respiro profondo quando Faith accosta di fronte alla discoteca. Si trova quasi al centro della città. La zona, però, oggi non sembra molto frequentata. Scendiamo dall'auto e mi ricordo il motivo per cui, circa mezz'ora fa, avrei voluto urlare a pieni polmoni, quando ci ritroviamo davanti al buttafuori. Ho perso il mio biglietto. La mia collega mostra il suo all'omone vestito in nero dalla testa rasata che la lascia passare. Si ferma poi poco dietro di lui e mi sorride in modo incoraggiante.

«C'è un problema» , la informo.

«Quale?» , chiede, quasi spaventata dalla mia possibile risposta.

«Ho smarrito il mio pass.»

Leggo il panico nelle sue iridi scure.

«Phil, falla entrare.»

Riconosco la voce maschile e, istintivamente, ruoto il capo verso destra. Floyd regge con una mano un bicchiere colmo di prosecco e ha l'altra nascosta nella tasca dei pantaloni scuri, abbinati perfettamente alla giacca che ha indossato sopra la camicia bianca. Il buttafuori mi lascia passare e, perplessa, raggiungo il biondissimo proprietario del posto.

«Perché sei così gentile?» , mi viene spontaneo domandargli.

Ridacchia. «Un giorno, potrebbe diventare indispensabile una nostra alleanza. Voglio, allora, che tu sappia che di me puoi fidarti.»

«Alleanza?»

«Spero non sia mai necessaria, ma, mi duole dirlo, l'ipotesi non mi sembra più così remota.»

«Che cosa significa?»

Floyd mi ignora e sparisce fra la folla. Invoco il suo nome, invano.

«Quel tipo è davvero strano» , commenta Faith, confusa tanto quanto me.

Torna serena dopo poco e mi propone di bere qualcosa. Poco convinta, accetto e ci dirigiamo verso il bar.

«Questa festa è un mortorio, vero, ragazze?» Tre uomini ci circondano. Decido di ignorarli e di continuare a guardare la lista dei cocktail. «Potremmo andare a farci un giro, che ne dite?» , continua a proporre il tatuato giovane muscoloso dalla testa rasata.

Faith non li degna di un'occhiata e sorride. «Stiamo bene qui, grazie.»

Nella mia mente, inizio a pregare che tutto vada per il meglio. Il ragazzo moro, più basso degli altri due di almeno quindici centimetri, sbuffa. «Parker, lasciamole in pace. Amano fare le difficili» , afferma, dando poi una pacca sulla spalla al suo amico biondo, rimasto in silenzio per tutto il tempo, diversamente dall'altro.

«Sì, andiamocene» , concorda lui. Si avvicina a me e mi irrigidisco. «Più tardi, ci chiederete un passaggio in ginocchio» , sussurra a pochi centimetri dal mio orecchio.

«Sì, tesoro, sicuramente. Adesso, però, sparite» , li manda via la mia amica.

Come se nulla fosse successo, ordina poi da bere per me e per lei. Io, intanto, tiro un sospiro di sollievo. «Faith, sono astemia» , la informo.

«Coraggio, Evie, ti ho ordinato soltanto un drink! Starai bene» , mi tranquillizza.

•••

La testa inizia a girarmi. Mi aggrappo alla spalla della mia collega che, preoccupata, smette di ballare e mi accarezza una guancia.

«Sto male» , affermo.

«Torniamo a casa» , dice. Mi trascina fuori dalla marmaglia di persone intente a muoversi sulla pista da ballo e raggiungiamo l'uscita. Il buttafuori, a quanto pare, si è preso una pausa. E' sparito. Lasciamo il Delirium e, una volta in strada, rivolgo un'occhiata all'auto della mia amica. Qualcuno le ha forato le gomme. Non una. Tutte e quattro. Faith, infuriata, inizia ad imprecare. Rientriamo, afflitte, nella discoteca. «Sono stati i tre ragazzi del bar» , afferma con sicurezza.

«Lo penso anche io.» Sospiro. «Secondo te, siamo in pericolo?» , domando poi, timorosa.

«Non lo so, ma è meglio andare via. Chiamo Adam e gli chiedo di venirci a prendere.» Annuisco. Lei si porta una mano su un fianco e sussulta quando si accorge di non avere più con sé la sua pochette grigia. «Ho lasciato la borsa al bar quando ho pagato i cocktail!» Terrorizzata, si passa con insistenza le mani sul volto. «Vado a prenderla» , mi informa. «Resta ferma qui e aspettami!»

Corre via e sparisce fra la folla. Inizio a vedere sfocato e capisco che, forse, sto per svenire. Devo assolutamente sedermi. Adocchio un divanetto di pelle nera in fondo al lato destro della lunghissima e strettissima sala rettangolare, lo raggiungo e mi ci fiondo sopra. Mi stropiccio gli occhi e prego che Faith trovi subito la pochette con dentro il suo cellulare. Mi manca il mio appartamento. Voglio tornarci.

«Come te la passi, abitino rosso?»

«Male, Parker, non vedi?»

«Adesso ti serve un passaggio, eh, bimba?»

Sollevo lo sguardo. I tre loschi individui del bar sono esattamente di fronte a me. Ho paura. Mi faranno del male.

«Andate via» , quasi li supplico.

Ridono. Tutti e tre. Ridono di gusto. Quello con la testa rasata si fa spazio fra i due per raggiungermi.

«Aspettiamo la tua amica e ci divertiamo un po' tutti insieme, che ne dici?»

Porto le ginocchia al petto, inizio a tremare e chiudo gli occhi. Li riapro solo dopo aver sentito un rumore. Il ragazzo con i capelli scuri, il più basso fra i tre, è stato spinto contro una parete ed è caduto a terra. Da chi? Non posso affermarlo con certezza, ma credo sia opera dell'individuo incappucciato che, adesso, si sta dirigendo verso il biondo. Colpisce il suo stomaco con un pugno e il delinquente precipita al suolo. E' rimasto in piedi soltanto quello con la testa rasata. L'incappucciato lo spinge verso il moro che, al momento, pare essersi rialzato. Si ritrovano tutti e due a terra.

«Chi sei?»
Il minuto e alto giustiziere non risponde. Si limita a chinarsi in avanti per prendermi in braccio. Mi trascina fuori dal Delirium e attraversa la strada per lasciarmi su una panchina di legno. Un lampione gli illumina il volto. Lo ha nascosto con una maschera nera che gli lascia scoperte soltanto le labbra. Non posso vedergli nemmeno i capelli. Il pesante cappuccio della felpa blu che indossa sopra i jeans glieli occulta. Mi accarezza una guancia con il dorso della mano e poi mi dà le spalle per allontanarsi. Fa qualche passo. Gli urlo di fermarsi e mi ascolta, ma non si volta.
«Chi sei?» , chiedo, ancora. Non muove un muscolo. «Ci conosciamo?» Scrolla le spalle e solleva i palmi delle mani verso l'alto. «Perché non puoi dirmi chi sei?» Non risponde. «Posso fidarmi di te?» Si gira per guardarmi. Con convinzione, annuisce. «Come mi hai trovata?» Resta fermo. «Credi che ti stia facendo troppe domande?» Mi mostra per un attimo il suo sorriso. Abbassa subito la testa per nasconderlo. Si ricompone e annuisce. Prima che possa chiedergli altro, ricomincia a camminare. Si allontana sempre più. Gli corro dietro e gli afferro una mano per trattenerlo. Si libera dalla mia presa e si volta verso di me. Il suo torace si solleva e si riabbassa ritmicamente. Gli porto una mano su una guancia e sussulta, ma non si scosta. «Grazie» , sussurro. Gli accarezzo la maschera. Vorrei togliergliela, ma circonda le mie dita con le sue per fermarmi. Ha un tocco gentile. Scuote la testa per dirmi di non scoprirgli il volto. «Non puoi nemmeno parlare?» Fa cenno di no con il capo. «Perché mi hai salvata?» Non si muove. «Sei un ragazzo?» Annuisce. «Tieni a me?» Fa di nuovo cenno di sì con la testa. Allora lo conosco. Ne sono sicura. Sospiro. «Ho capito, non vuoi farmi sentire la tua voce e posso chiederti soltanto cose che ammettano o una risposta affermativa o una negativa, giusto?» Annuisce. Mi porta una ciocca di capelli dietro un orecchio e mi accarezza poi il mento con un dito. Non mi spaventa, nonostante sia mascherato. Mi sembra così familiare. Stargli accanto mi fa sentire al sicuro, quasi come se fossi nel mio appartamento. «Non mi fai paura» , lo informo. «La sensazione di disagio che provavo dentro al Delirium è sparita. Non so spiegarti come mi sento. Potresti essere uno sconosciuto, anche se non credo sia così, ma mi fido di te.» Mi sfugge una risata. «Scusa, non sono pazza. Forse, sto parlando sotto l'effetto del Margarita che mi ha fatto bere Faith. Sono astemia.» Sorride anche lui per un attimo. Resta fermo per un po' e poi sospira. Tende leggermente il corpo in avanti e il mio naso sfiora il suo coperto dalla maschera scura. Poco spazio separa le nostre labbra. Sembra intimorito. Deglutisce e non le sfiora. Inizia a battermi forte il cuore. Gli porto la mano libera sull'altra guancia e, per un istante, punta i suoi occhi su di me. Subito dopo, li chiude e mi bacia. Mi bacia in modo casto. Ha le labbra morbide e le preme delicatamente contro le mie, quasi terrorizzato dall'idea di potermi fare male. Mi circonda la vita con un braccio per avvicinarmi ulteriormente a lui e, per tenermi e non cadere, gli stringo una mano intorno alla spalla.

«Non molestarla, teppista!»

Ci allontaniamo di scatto. Faith è dall'altra parte della strada. Oscilla in alto, con fare minaccioso, la sua pochette. L'incappucciato mi sfiora una gota con la bocca e scappa via. In stato di trance, non mi muovo dal mio posto. Lo guardo correre lontano da me e dalla mia amica. Arrossisco e mi rendo conto di ciò che ho appena fatto. Ho baciato un individuo mascherato. E mi è piaciuto. Mi è piaciuto molto. Probabilmente, è l'effetto del Margarita. O sto impazzendo. Non escludo nessuna ipotesi.

•••

Da quando siamo entrate in macchina di Léon, non ho mai parlato. Sì, di Léon. Era con Adam. La festa di Thomas si è conclusa prima del previsto perché il capo, a quanto a pare, ha congedato tutti dicendo di dover tornare subito a casa. Lo sbruffone e il mio coinquilino hanno ben pensato di trascorrere il resto della serata insieme in un bar e poi, alla chiamata di Faith, sono accorsi. Il telefono del proprietario della vettura inizia a squillare. E' Corey. Il castano lo mette in vivavoce per continuare a guidare.

«Léon, dove siete finiti tutti? L'enoteca è chiusa.»

«Amico, che bello sentirti! Ti sei svegliato? Come stai?»

«Stava male?» , mi intrometto, preoccupata, nella discussione.

«Evie? Perché sei con Léon?»

«E' una lunga storia» , rispondo.

«Me la racconterai, vero? Comunque, avevo un po' di mal di testa. Ho preso una compressa e sono rimasto a casa. Sono sceso poco fa per raggiungere il negozio di Thomas e adesso sono qui, ma non c'è nessuno. Mi aspettavo di trovare una festa.»

«Il sociopatico ha mandato tutti a casa. Aveva da fare.»

Rivolgo un'occhiataccia a Léon. Corey sbuffa. «Ho capito, torno al nostro appartamento.»

Ci saluta e chiude la chiamata. «Chris?» , chiedo, ricordandomi del poliziotto.

«E' andato via a metà serata. Aveva mal di pancia. Credo abbia mangiato troppe tartine» , mi informa Adam, seduto dietro di me con Faith.

«Mi dispiace» , affermo, triste.

Léon accelera. Accompagniamo la mia collega a casa e poi raggiungiamo il nostro palazzo. Adam, dicendo di dover andare subito in bagno, ci congeda e corre verso il nostro appartamento. Resto sola con Léon e lo ringrazio per il passaggio.

«Non dovresti frequentare posti come il Delirium.»

«Non è anormale voler trascorrere una serata in discoteca con un'amica. E' anormale che dei ragazzi, per divertirsi, abbiano voluto importunarci.»

Il castano sospira. «Il mondo è pieno di persone strane, ragazzina.»

Abbasso la testa e prendo un respiro profondo. «Insegnami a combattere o, perlomeno, a difendermi.»

Strabuzza gli occhi. «Stai scherzando?»

«No.»

«Non lo farò perché non dovrà mai servirti.»

«Ho rischiato un'aggressione, Léon. Se Faith non avesse trovato il cellulare, che cosa sarebbe accaduto?»

«Devi semplicemente smetterla di cacciarti nei guai» , mi rimprovera.

«Ero ad una stupida festa!»

«In un postaccio!»

«Al bar in cui abbiamo incontrato Ares ero con te e Corey. Credevate fosse un posto sicuro e vi sbagliavate. Insegnami a difendermi. Il pericolo è sempre in agguato.»

Sospira. Resta in silenzio per un po' e poi torna a parlare. «Va bene, lo farò.»

«Sul serio?» , chiedo, meravigliata.

«Sì. Andiamo in piscina, prima che cambi idea.»

•••

Lascio la borsa accanto alle cose di Léon su un lettino e mi tolgo le scarpe. Fa lo stesso. Subito dopo, mi posiziono di fronte a lui a bordo piscina.

«Prima di tutto, ragazzina, ricorda quello che sto per dirti. Se sei nei guai, cerca sempre di colpire gli occhi, il naso, le orecchie, la gola, il petto, le ginocchia, le caviglie o l'inguine del tuo aggressore.»
Memorizzo i punti che mi ha elencato. Li ripeto più volte nella mente e poi annuisco. «Bene, passiamo all'azione. Avvicinati.»

Faccio ciò che mi dice. «Se sbaglio qualcosa, colpiscimi» , affermo con determinazione.

Ride. «Non farò mai una cosa del genere, ma ho in mente un'idea migliore.»

Ghigna e, spaventata, deglutisco. Tende in avanti un braccio. «Afferrami il mignolo e l'anulare con una mano e il medio e l'indice con l'altra. Tira le dita in direzioni opposte e piegami il polso verso il torace. Farà molto male.»

«Non voglio ferirti» , dico, preoccupata.

Sconsolato, scuote il capo. «Non metterci molta forza. Voglio soltanto che tu capisca come agire in caso di pericolo.»
Annuisco e seguo le sue indicazioni. Soddisfatto, sorride. «Se non dovessi riuscire a prendere la mano del tuo avversario, colpiscilo alla gola. Ci metterà molto a riprendersi. Avrai il tempo di scappare o di chiamare aiuto. Fallo, però, soltanto in caso di estremo pericolo. Un attacco del genere potrebbe ferirlo gravemente o ucciderlo e non credo che tu voglia seriamente fare del male a qualcuno.»

«No, sono una persona pacifica.»

Ride. «Non avevo dubbi. Ora cercherò di attaccarti e tu dovrai difenderti con la mossa che ti ho appena insegnato.»
Annuisco e indietreggio. Viene verso di me e provo a prendergli una mano, ma mi blocca entrambi i polsi. Potrei colpirlo con una testata, ma non voglio fargli male e resto ferma. «Ecco, sei morta.»

Mi prende in braccio e, senza nemmeno darmi modo di lamentarmi, mi getta in piscina. Riemergo e gli urlo contro. «L'acqua è gelida! E' Dicembre!» , gli ricordo.

«Non ti sei difesa e ti ho fatto fare un tuffo. Un altro aggressore, invece, avrebbe potuto ferirti. Esci fuori e combatti, ragazzina.»
Furiosa, torno sulla terraferma, pronta ad attaccare. «Vieni qui, ti insegno una nuova mossa.» Irritata, lo raggiungo. Mi circonda il corpo con le braccia. Mi ritrovo immobilizzata. «Muovi le mani in avanti e forma un pugno davanti al bacino per creare spazio fra noi.» Così faccio. «Colpiscimi il naso con una testata e l'inguine con un calcio.» Con pochissima forza, seguo le sue indicazioni. «E, adesso, ricordati di usare sempre la testa. Potrei schiacciare la tua schiena contro il mio torace come fece Mitch tempo fa o inchiodarti con le spalle al muro. In entrambi i casi, cerca sempre di colpirmi usando il capo.»

Proviamo entrambe le situazioni e lo contrasto ambedue le volte. Combattiamo per un po'. Dopo tre tuffi in piscina, riesco, finalmente, a difendermi. Soddisfatta, esulto. Léon approfitta del momento di distrazione per sollevarmi e scagliarmi nuovamente in acqua. Esasperata, riemergo. Inizio a tossire e fingo di affogare. Spaventato, si tuffa a sua volta per salvarmi. Mi afferra per la vita e mi permette di circondargli il collo con le braccia. Ci guardiamo per un po' e poi scoppio a ridere.

«Ci sei cascato!»

Mi osserva con sguardo serio. Dopo poco, impreca, sorride e mi spinge via. Mi schizza e io faccio lo stesso. Raggiungo la scaletta della piscina e lui nuota sott'acqua verso di me. Riemerge e me lo ritrovo di fronte. Restiamo in silenzio a fissarci.

«Baciandoti, ho commesso un errore. Sono attratto da te, ma, con un gesto azzardato, ho messo a rischio il nostro rapporto che è speciale e diverso da quello che ho con le altre ragazze che conosco. Non è semplicemente riducibile ad un qualcosa di fisico. Tengo a te. Mi fido di te. Credevo che a nessuno, se non a mia madre e a Corey, potessi stare a cuore, ma poi sei arrivata tu. Hai rischiato la tua vita per venirmi a cercare in un casale abbandonato. Lo hai fatto di nuovo per vendicarmi credendomi morto. E, anche se non lo ammetterai, so che nascondi tu i miei pacchetti di sigarette quando vieni a trovarci a casa per non farmi fumare credendo mi faccia male. Sappi che, da ora in poi, ti proteggerò io. Non voglio che ti accada nulla di brutto. Inoltre, cercherò di non fare mai più qualcosa di avventato che possa allontanarci.»

Sorpresa, schiudo le labbra. Da lui mi sarei aspettata di tutto, ma non una confessione del genere. Mossa da profondo affetto, mi spingo in avanti e lo abbraccio. Mi stringe con forza al suo torace e gli sfugge una lacrima che mi cade su una spalla.

«Stai davvero piangendo?» , domando, incredula.

«Se lo dici a qualcuno, con me hai chiuso.» Rido. E' sempre il solito Léon. «Sei piccola, sì, insomma, più bassa di me di quasi trenta centimetri, e irritante, ma hai un cuore grande. Sono felice che tu sia nella mia vita.»

Chiudo gli occhi e poso la testa sulla sua spalla. Si tocca nel punto in cui ci troviamo, ma non mi importa perché ci sta reggendo lui. Sono ancorata al suo corpo. «Vale lo stesso per me. Sei insopportabile, ma, quando ti credevo morto, ho sofferto terribilmente.» Prendo un respiro profondo per farmi coraggio. «E, lo ammetto, anche io sono attratta fisicamente da te, ma non sei comunque il mio tipo. Non credo che riusciremmo mai ad essere una coppia.»

Mi allontana un po' dal suo torace per permettermi di guardarlo e sorride in modo malizioso. «Perché? Non sono abbastanza strano?»

«Léon» , ringhio.

Ride. «Dai, che c'è di male? Thomas mi dà quell'impressione.»

Sospiro. «Non parliamo più di lui, ho deciso di dimenticarlo.» Incredulo, sgrana le palpebre. «Sì, hai capito bene. Comunque, sto morendo di freddo» , lo informo.

«Andiamo a casa a cambiarci. Ho una cesta piena di vestiti che mi hanno lasciato alcune ragazze con cui ho trascorso la notte.»

Arriccio il naso. «Puoi tenerteli e poi, non ti sei stancato di vivere così?»

«Così come?»

«Senza fare nulla. Possibile che tu non abbia un sogno nel cassetto?»

Esco dalla piscina e lui mi segue. Ci sediamo a terra. «Studiavo per diventare un avvocato» , ammette.

«E poi?» , chiedo, curiosa.

«Ho iniziato a seguire la mia di giustizia.» Sospira. «Ma, magari, presto le cose torneranno alla normalità e, per questo, continuo a prepararmi, quasi ogni giorno, pur essendomi preso una pausa dalle lezioni e dagli esami per trasferirmi qui a Nottingham. Ho deciso di mettere la mia famiglia al primo posto.»

So che sta parlando di Christopher, ma non voglio forzarlo a raccontarmi la sua storia.

«Corey, invece, che cosa fa?»

«Lavoretti occasionali per mettere da parte un po' di soldi e disegno fumetti. Sono disoccupato da qualche mese e a corto di ispirazione. Passo il tempo aiutando, se è necessario, gli amici che io e Léon abbiamo nel quartiere in cui vive anche Ozzy.»
Io e il castano ci voltiamo di scatto verso sinistra. Il rosso è entrato dal cancelletto secondario. E' vestito in modo elegante. Regge la sua giacca nera fra le mani. Si avvicina a noi e me la lascia cadere sulle spalle. Mi scompiglia i capelli e poi, con freddezza, ci saluta prima di andare via. «Non fate troppo tardi» , ci raccomanda.

Lo seguo con lo sguardo fino a quando non aggira il palazzo e sparisce dal mio campo visivo. Mi lascia un vuoto dentro. Non credevo che la sua allegria potesse mancarmi tanto e che il suo essere distaccato potesse farmi così male.

-
Salve! Sono tornata dalle vacanze. Scusate se ci ho messo un po' a postare questo nuovo capitolo. Spero che vi piaccia.
Floyd, da ora, è nella pagina del cast.
Aggiornerò la storia con la tredicesima parte giovedì prossimo. Se vi va, passate a vedere il nuovo teaser che ho realizzato.
Per qualsiasi cosa, non esitate a contattarmi.
A presto!

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