11 - L'asso nella manica
Sono quasi le due di notte del ventiquattresimo giorno di Novembre.
Adam spalanca la porta di casa per farci passare. Squadra prima Corey e Faith da capo a piedi e si sofferma poi su di me. Sembra confuso e deluso allo stesso tempo. Fa per parlare, ma Chris lo precede. Colpisce con un pugno il muro e mi raggiunge con due falcate.
«Che ti è saltato in mente, Evie? Ti avevo chiaramente detto di tenerti lontana dai guai e tu, invece, che hai fatto? Hai sfruttato l'ingenuità di Adam per farti lasciare in un casale abbandonato per chissà quale bizzarro motivo!»
Suo cugino, offeso, protesta. Serro i pugni e abbasso il capo. Non sono tornata nell'appartamento di Christopher per litigare.
«Léon è morto» , dico, cercando di non far trapelare alcuna emozione dal mio tono di voce. Sollevo nuovamente la testa. Adam si irrigidisce e lo stesso fa il poliziotto. «E Faith ha in mente un piano che ci permetterà di far finire Ares in galera. Che ti piaccia o meno, non me ne starò con le mani in mano. Puoi soltanto decidere se aiutarmi o voltarmi le spalle.»
Chris mi osserva in silenzio. Si morde il labbro inferiore e scuote il capo. «Non ti permetterò di affrontare un'inutile missione suicida.»
«Agirò comunque» , ribatto con sicurezza.
«Ti darò una mano io.» Mi volto verso Adam. Ha gli occhi lucidi e forza un sorriso. «Io e Léon saremmo diventati grandi amici, ne sono certo. Voglio fargli giustizia.»
Corey gli dà una pacca sulla schiena.
«Ares è il patrigno di Faith e ha una villa in cui organizza partite a poker» , inizio a spiegare.
«Una villa con una stanza in cui si possono vedere tutti i filmati delle telecamere di sicurezza che si trovano in ogni angolo della casa» , precisa la mia collega.
«Il nostro obiettivo è rubare quelle riprese» , taglia corto Corey.
«E consegnarle alle polizia» , prendo di nuovo in mano il discorso. «Perché, di sicuro, nascondono cose oscure che avvengono in quella casa e che Ares vuole tenere segrete. Come facciamo a saperlo? Roger è la guardia del corpo di quel criminale. Faith lo ha visto entrare nella villa, ma non andare via. Potrebbe essersi persa la sua uscita? Certo, ma c'è un piccolo dettaglio che ci fa pensare che a Roger sia accaduto qualcosa. Quale? Non si vede più in giro da almeno tre giorni.»
Chris scuote la testa e corre a chiudersi nella sua stanza. Adam, sbigottito, serra e riapre le palpebre a intermittenza. Gli si legge in volto che vorrebbe porci una sfilza di domande. Squadra Faith. Fa per parlare, ma poi si ferma. Si volta verso Corey.
«Ho un microfono, un auricolare e una ricetrasmittente in camera. Me li sono fatti regalare da Christopher anni fa. Ho sempre sognato di comportarmi come una spia. Credi che potrebbero esserci utili?»
Il rosso annuisce e il ragazzo dagli occhi verdi corre nella sua stanza per prenderli. Sconsolata, scuoto il capo e mi volto verso Faith.
«Come agiremo?»
Lei si porta una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «Dirò ad Ares che Adam è un uomo d'affari interessato a giocare a poker. Lo farò partecipare ad una partita. Tu ti fingerai la sua fidanzata e Corey il suo socio. Entrerete in casa con me.»
«Come arriveremo alle telecamere di sicurezza?» , chiede l'unico ragazzo rimasto nella stanza.
«Sediamoci a tavola e studiamo un piano» , propongo.
«Non ce ne sarà bisogno perché tu e Adam non vi muoverete da questo appartamento.»
Mi volto di scatto e mi ritrovo davanti Christopher con una pistola fra le mani. Me la punta contro. Il suo torace si solleva e si riabbassa ritmicamente. Prima che Corey possa prendere l'arma contenuta nella tasca posteriore dei suoi pantaloni, lo faccio io. Stringo con forza la pistola fra le dita e la direziono verso il viso del poliziotto. Faith, terrorizzata, si porta le mani sulle labbra. Adam, attirato dal trambusto, ci raggiunge in soggiorno e, alla vista di me e suo cugino pronti a fare fuoco, chiude gli occhi, inizia a barcollare e poi si siede a terra, quasi sul punto di svenire.
«Vuoi uccidermi, Chris?»
«Non è mia intenzione» , ammette. «Ma non posso assicurarti che non ti ferirò per costringerti a restare qui» , aggiunge.
Divertita, sorrido. «Mi conosci e sai che, quando mi metto una cosa in testa, nulla può fermarmi.»
«Non ti guarderò morire, Evie» , ringhia a denti stretti.
Corey, preoccupato, ci osserva, ma non fa nulla. Teme, forse, che un suo movimento azzardato potrebbe scatenare reazioni che condurrebbero a drastici esiti.
«Quando vai a lavoro, prego sempre che tu possa tornare a casa sano e salvo. Ho costantemente paura che possa capitarti qualcosa di brutto, ma non ti obbligo a non fare più il poliziotto» , affermo.
«Non voglio perderti» , mormora con voce tremante.
«Nemmeno io, ma non ostacolo la tua carriera. Comportandoti così, non risolverai nulla. Se mi chiuderai in questo appartamento, troverò comunque un modo per scappare. Ares ha ucciso Léon davanti ai miei occhi. Non me ne starò ferma a non fare nulla. Lo vendicherò.»
Una lacrima mi riga una guancia. La pistola mi sta scivolando dalle mani.
«E allora dimmi cosa posso fare» , mi supplica, quasi sul punto di scoppiare a piangere.
«Stammi accanto e vieni in quella villa con me. Ho bisogno del tuo aiuto.» Con gli occhi lucidi, continuiamo ad osservarci. Dopo un po', annuisce e getta la sua arma a terra. Faccio lo stesso e corro verso di lui che mi accoglie in un abbraccio. Mi stringe forte e, disperata, inizio a singhiozzare. «Mi dispiace per Léon, avrei dovuto salvarlo» , sussurra.
Serro le dita intorno al tessuto bianco della sua camicia sottile. «Non è stata colpa tua» , lo tranquillizzo.
Un battito di mani mi fa voltare la testa. Corey, con le dita congiunte, ci osserva. «Credo che, adesso, potremmo iniziare a studiare un piano. Agiremo stanotte.»
•••
«Hai qualcosa da dire prima che ti finisca, ragazzino?» Léon sputa a terra del sangue. «Non vincerai mai, bastardo» , ringhia. Il criminale scoppia a ridere e poi torna serio. «Strano, sto per farlo.» Spara due colpi. Il mio amico cade a terra.
Grido, schiudo le palpebre e sollevo di scatto la testa. Urto il terzo ripiano dal basso dello scaffale pieno di bottiglie di vino e ne faccio cadere una a terra. Si frantuma e il liquido fuoriesce da essa e si riversa sul pavimento. Stordita, barcollo e cado al suolo. La parte posteriore dei jeans si sporca di vino. Mi metto su un fianco e alcuni pezzi di vetro mi si conficcano nel braccio. Me li tolgo e del sangue inizia a fuoriuscire dalle ferite. Mi sento confusa e triste. Ho anche sonno. Per elaborare il piano che ci permetterà di far arrestare Ares, non ho chiuso occhio tutta la notte. Faith anche, ma, diversamente da me, si è presa una giornata di ferire. La porta dell'ufficio di Thomas si spalanca. Il capo mi vede a terra agonizzante e corre verso di me. Mi aiuta a mettermi in piedi e prova a toccarmi il gomito insanguinato, ma gli porto una mano sul torace e lo allontano.
«Lasciami stare!»
In difficoltà, si gratta la nuca e poi serra le mani intorno alle mie spalle. «So che, ultimamente, non siamo in buoni rapporti, ma permettimi di prendermi cura di te.»
«Non voglio che tu mi dia una mano!» Scoppio a piangere. «Non voglio niente da te» , mormoro fra i singhiozzi.
Colpisce con un pugno la parete alla sua sinistra e sussulto. «Sto soltanto cercando di proteggerti, Evie!»
«Non ho bisogno di protezione, Thomas! La mia vita, ormai, è pericolosa. Sono arrivata ad un punto di non ritorno. La vecchia e ingenua Evie che cerchi di salvaguardare da non so cosa non esiste più. Léon è morto. Gli hanno sparato davanti ai miei occhi e, stanotte, farò arrestare il criminale che gli ha fatto del male.»
Inizio a barcollare. Thomas, sbigottito, resta fermo per un attimo, ma poi mi afferra un polso e mi getta fra le sue braccia. Grido, disperata, e lui mi accarezza i capelli. Sono a pezzi e piena di rabbia.
«Vuoi raccontarmi che cosa sta succedendo?»
«Voglio soltanto abbracciare Corey» , mormoro fra i singhiozzi. «Nessuno, in questo momento, può capirmi come farebbe, invece, lui.»
Thomas posa la sua fronte sul mio capo. Mi stringe con forza. Sento la sua frustrazione. So che vorrebbe chiedermi tante cose. Vorrebbe capirci qualcosa della morte di Léon, del perché fossi presente durante l'omicidio e, probabilmente, anche del piano che attuerò, con gli altri, fra qualche ora. Vorrebbe, ma non mi domanda nulla. Rispetta il mio stato d'animo e lo comprende.
«Ti porto da lui.»
•••
Corey apre la porta. Osserva i miei vestiti fradici e l'avambraccio insanguinato che ho tentato di coprire con la mia sottile maglietta a maniche lunghe blu.
«Che cosa ti è successo? Sei bagnata e ferita» , constata, preoccupato.
Tende una mano verso di me e la posa sulla mia spalla. Guardo dietro di lui e scorgo sul tavolo da pranzo una cassa piena di birre.
«E tu sembri intenzionato ad ubriacarti» , affermo.
Abbassa la testa e indietreggia. «Sai che non sono perfetto» , si difende.
«E io sono un totale disastro.» Allargo le braccia e faccio una piroetta sul posto sotto il suo sguardo confuso. «In due non facciamo una persona sana, ma non mi importa. Ho bisogno soltanto di te. Tutti potranno aiutarci, ma nessuno potrà mai comprendere fino in fondo il nostro dolore. Non mandarmi via. Lascia che ti rimanga accanto.»
Meravigliato, si sposta un po' per farmi entrare nel suo appartamento. Istintivamente, corro ad abbracciarlo. Posa la testa sulla mia spalla e il suo profumo mi invade le narici. Non mi libera dalla sua stretta e distende in avanti una gamba per chiudere con un piede la porta dietro di noi. Ci allontaniamo dopo un po'. Forza un sorriso e mi accarezza una guancia.
«Vai a farti una doccia. Sai dove si trova il bagno. Ti porto dei vestiti puliti. Quando hai finito, raggiungimi in camera e ti medicherò.»
E lo ascolto. Mi lavo via dal corpo il sangue e, dopo essermi asciugata, indosso la camicia blu che mi ha lasciato accanto al lavandino e i larghi pantaloncini neri che, probabilmente, usa, di solito, come pigiama. Entro nella sua stanza e lo trovo steso sul letto con le braccia incrociate dietro la testa e il kit di pronto soccorso al suo fianco. Batte una mano sul materasso per invitarmi a raggiungerlo e lo ascolto. Disinfetta le mie ferite e poi le copre con delle bende. Stanca, mi lascio cadere supina e adagio la testa sul suo cuscino. Si posiziona di fronte a me e mi osserva. Chiudo gli occhi, stremata. Sento muoversi Corey sul letto. Qualcosa di caldo si posa sul mio corpo. Il rosso ci sta avvolgendo, sicuramente, con la sua coperta. Mi addormento. Mi sveglio sentendo la porta di casa sbattere. Mi trovo sola sul materasso. Mi alzo e inizio a camminare scalza per la casa. Corey è appena entrato nell'appartamento.
«Dove sei stato?»
«Dovevo sbrigare alcune commissioni.»
«Quali?»
Apre di nuovo la porta e mi invita a seguirlo sul pianerottolo. Lo raggiungo e noto accanto allo zerbino un vaso blu di ceramica con dentro delle canne di bambù.
«Mi stai dicendo che mi sono svegliata soltanto per guardare un tuo nuovo pezzo d'arredamento?»
Inarco un sopracciglio, confusa, e mi porto le mani sui fianchi.
«Ti sei svegliata per ammirare il perfetto nascondiglio della tua copia delle chiavi del mio appartamento.» Sorpresa, schiudo le labbra. «Ho bisogno di te come tu di me. Da ora in poi, potrai piombarmi in casa tutte le volte che vorrai.» Mi viene spontaneo, come non accadeva da ore, sorridere. «E adesso, amore, corri a prepararti. Sono quasi le otto e mezza di sera. Dobbiamo raggiungere la villa di Ares.»
•••
Adam, così come me, Chris, Corey e Faith, è vestito in modo elegante. Si sistema meglio la cravatta e apre la sua auto per permetterci di entrare. Si posiziona al posto del guidatore con la mia collega accanto e si prepara a mettere in moto.
«Quindi, non dovrò entrare anche io nell'edificio?»
«No, Adam, tu sarai soltanto l'autista. Abbiamo ripetuto il piano dodici volte, smettila di chiederlo» , lo ammonisce il cugino.
Il moro sbuffa. «Voglio avere anche io un ruolo avvincente!» , protesta.
Chris, seduto alla mia sinistra, sospira. «Dovrò pensare a me, ad aiutare Corey e a proteggere Evie, non posso anche preoccuparmi che non ti forino come uno scolapasta a suon di colpi di fucile.»
Il maggiore fulmina il poliziotto con lo sguardo. Faith, per placarlo, gli accarezza un braccio. «Sarai i nostri occhi, Adam. Avrai la mappa dell'edificio e condurrai Evie ai filmati con il tuo microfono.»
Il mio amico, addolcito, le sorride. Si sistema meglio sul sedile e si allaccia la cintura. Fa per partire, ma si ferma quando nota qualcuno correre verso di noi. Riduco gli occhi a due piccole fessure e capisco che l'individuo che ci sta raggiungendo è Thomas.
«Scendi dalla macchina!» Spingo Chris fuori per uscire a mia volta. Corro verso il mio capo che mi raggiunge e si ferma per riprendere fiato. «Perché sei qui?»
«Perché non riuscivo a far finta di nulla. Ho ripensato tutto il giorno alle tue parole. Vuoi far arrestare un criminale, sul serio? Che hai intenzione di fare? Non me ne starò con le mani in mano sapendo che rischierai di cacciarti nei guai.» Prende un respiro profondo e si siede sul cofano della vettura. Gli altri lasciano l'auto e ci affiancano. «E poi, conoscevo anche io Léon. Voglio sapere che cosa gli è successo e aiutarti a mandare in carcere il suo assassino.»
«Non se ne parla» , spengo il suo entusiasmo, un po' per paura che qualcuno possa fargli del male e un po' perché sono ancora arrabbiata con lui e voglio evitarlo. Stamattina ho avuto un momento di debolezza, ma, adesso, tutto è tornato come prima.
«Lascialo venire, Evie.» Mi volto verso Adam. «Ci aiuterà a mantenere un profilo basso. Chi sospetterebbe di noi, se andassimo ad un ritrovo di criminali con un uomo nel portabagagli? Nessuno, credo.»
Sorrido in modo sadico e sollevo le mani in segno di resa. «Il tuo ragionamento non fa una piega.»
«Siete impazziti?» , ci urla contro Christopher.
«Ha ragione!» , lo appoggia Thomas, spaventato.
«In macchina non ci starebbe, Chris. Vuoi che ci fermi la polizia?» , tento di minare le sue difese.
Deglutisce. Lo sto convincendo. «Sei tu la polizia!» , gli ricorda il capo, irritato.
«Faith?»
Mi volto verso di lei che sorride in modo innocente. «Effettivamente, l'auto è per cinque.»
Thomas punta prima un dito contro di lei e poi verso di me. «Vi ricordo che posso licenziarvi.»
«Corey?»
Il rosso, intento ad aggiustarsi il papillon nero, ghigna e poi incrocia le braccia dietro la testa. «A me non sembra una cattiva idea.»
Soddisfatta, sorrido. «Bene, è deciso. Aprite il portabagagli» , enuncio.
•••
La villa si trova in aperta campagna. Non è affiancata da altri edifici. E' bianca e maestosa, composta da tre piani e circondata da un immenso parcheggio. Adam abbassa il finestrino per parlare con l'uomo che si occupa delle macchine degli ospiti. Thomas, nascosto nel bagagliaio, continua a muoversi. Il cugino di Chris sorride all'omone dalla testa rasata che, confuso, osserva il retro della vettura.
«E' soltanto un ostaggio» , afferma.
Spaventata dall'idea che la nostra copertura possa essere già saltata, stringo i polsi di Chris e di Corey che si voltano a guardarmi. Il parcheggiatore sorride a sua volta e annuisce prima di spostarsi per lasciar passare Adam che, in fretta, raggiunge il retro dell'abitazione per sistemare la macchina in un posto appartato e ben nascosto da altre costose auto. Tiro un sospiro di sollievo. Christopher si sistema lo smoking e scende dalla vettura. Mi aiuta a mettermi in piedi. Mi stiro con una mano il lungo abito blu notte da sera che ho indossato e mi aggrappo al suo braccio per non cadere sui tacchi. Ho coperto il braccio ferito con un pesante coprispalle nero a maniche lunghe. Corey aiuta Thomas ad uscire dal portabagagli. Il moro ci fulmina tutti con lo sguardo e poi va a sedersi accanto ad Adam. Non entreranno con noi nell'edificio. Resteranno fuori, pronti ad agire semmai dovesse essercene bisogno. Mi sistemo meglio l'auricolare, che copro portandomi i capelli sulla spalla, nell'orecchio sinistro, e inizio a seguire Faith che si sta dirigendo verso l'interno della villa. Il vento fa ondeggiare il suo lungo vestito rosso. Corey e Chris mi affiancano. Una volta dentro l'abitazione, raggiungiamo la sala in cui si svolgono, solitamente, le partite a poker. Sento il sangue ribollirmi nelle vene quando vedo Ares. Si volta e sorride a Faith. Si dirige verso di noi e cerco di mantenere la calma.
«Sono Ares» , si presenta a Chris. Il poliziotto si irrigidisce e lo stesso fa Corey. Come me, vorrebbero prenderlo a pugni. «E lei è il signor Johnson, giusto?»
Il mio amico annuisce. Johnson è il primo cognome che ci è venuto in mente. Siamo qui sotto copertura. L'assassino di Léon si rivolge poi a me. Mi bacia il dorso della mano sinistra e faccio appello alla mia forza di volontà per trattenere un conato di vomito e l'istinto impellente di colpirgli i genitali con una ginocchiata. Saluta poi Corey e torna nuovamente a concentrarsi su Chris. Gli stringe una spalla e lo conduce ad un tavolo intorno a cui si trovano già seduti altri otto giocatori. Faith resta ferma a guardarci. Io e Corey seguiamo il poliziotto e ci accomodiamo insieme a lui. Mi siedo fra loro per non trovarmi vicino a degli estranei. Non giocherò. Il rosso e il cugino di Adam, invece, sì. Ares ci presenta e poi si allontana per raggiungere la mia collega. Schiocca le dita e il cameriere, intento a preparare un cocktail dietro ad un bancone situato all'estrema destra del luminoso e rettangolare salone dal pavimento in lucido marmo rosso, abbandona il suo lavoro per correre da lui e Faith con un vassoio con dentro due calici fra le mani. Lo porge alla castana che si dirige verso un tavolo per consegnare le bevande a degli ospiti. Abbasso la testa e inizio a guardare le carte che vengono distribuite ai giocatori. La partita è iniziata. Come da piano, resto ferma e in silenzio per una decina di minuti. Mi limito ad osservare il luogo in cui mi trovo; le vetrate che ricoprono interamente la parete, bianca come le altre, sul fondo della sala e gli altri dieci tavoli che ci circondano. Ares raggiunge il bar e si siede a chiacchiere con alcune persone. E' il momento di agire.
«C'è un bagno?» Sussurro appena, spaventata.
Un robusto uomo dai capelli corvini si volta a guardarmi. Urla il nome di Faith che, subito, ci raggiunge.
«Accompagnala alla toilette» , le ordina.
La mia collega annuisce e, insieme, ci allontaniamo dal salone. Ci ritroviamo in un corridoio totalmente bianco che si dirama in tre direzioni. Batto una mano sul microfono che ho nascosto nella scollatura del vestito e chiedo ad Adam come procedere. La sua voce mi raggiunge attraverso l'auricolare. Mi dice di aprire la terza porta che incontrerò percorrendo la strada alla mia sinistra. Lo ascolto e mi allontano da Faith che inizia a guardarsi intorno per farmi da palo. Cercherà di spiegare a Chris e a Corey dove mi trovo. Potrei aver bisogno di aiuto. Entro nella stanza che mi ha indicato Adam. Mi ritrovo davanti uno schermo di vetro suddiviso in almeno una ventina di riquadri che riprendono diverse parti della villa. C'è una sedia, ma nessuno a controllare la camera. Approfitto della situazione e blocco la porta spostandoci davanti, con fatica, l'armadietto che trovo alla destra dell'ingresso. Il custode della stanza tornerà. Devo sbrigarmi. Mi volto per guardare le sale inquadrate dalle telecamere. Scorgo corridoi, camere da letto, una cucina, il salone in cui si stanno svolgendo le partite di poker e una cantina. Cattura la mia attenzione una stanza tetra e quadrata. C'è un lungo tavolo di legno, imbrattato di sangue, su cui si trovano delle manette, al centro di essa. Mi porto le mani sulle labbra. E' forse la camera delle torture di Ares? Ho bisogno dei filmati delle telecamere. Mi guardo intorno, ma non vedo niente. Mi coglie un lampo di genio e mi avvento contro l'armadietto che avevo precedentemente usato per chiudere la porta alle mie spalle. Apro le ante e dentro ci trovo dei DVD. Li afferro e noto che ciascuno di essi è contenuto in una pellicola trasparente su cui è scritta una data. Sono sicuramente le riprese delle telecamere di sicurezza. Nascondo nella mia borsetta nera quelle delle ultime due settimane e la richiudo con fatica. Sistemo i DVD restanti nell'armadio che mi preparo a rispostare. Sussulto quando qualcuno inizia a colpire con dei pugni la porta. Il custode è tornato. E adesso? Non so se aprire e tentare di tramortirlo o restare nascosta e pregare che non vada a chiamare aiuto. Sospiro. Se chiamasse i rinforzi, salterebbe anche la copertura di Chris. E quella di Corey. Se uscissi allo scoperto, potrebbe uccidermi e i miei amici rischierebbero ugualmente la vita. C'è da considerare, però, che potrei riuscire a difendermi. La possibilità è minima, ma vale la pena tentare. Sposto l'armadio e lascio che il custode spalanchi la porta d'ingresso. E' alto all'incirca un metro e novanta ed è robusto. Ha la testa rasata e un drago cinese tatuato sul collo.
«Chi sei?» , ringhia, furioso.
Terrorizzata, indietreggio. «Cercavo il bagno» , mento, tentando di sembrare innocente.
Si porta le maniche della camicia bianca e della giacca scura fin sopra ai gomiti. Chiudo gli occhi e mi preparo ad un suo pugno. Mi romperà le ossa, lo sento.
«Non ti hanno mai detto che non si tratta così una ragazza?»
Apro di scatto le palpebre. L'omone ruota il capo verso sinistra, ma non riesce a schiavare la manata di Corey che lo spinge di testa contro il muro. Crolla a terra, tramortito, come un birillo. Di slancio, abbraccio il rosso e lo ringrazio. Ci separiamo soltanto per trascinare il corpo del guardiano dentro la stanza. Ci chiudiamo la porta alle spalle e Corey si toglie il papillon per imbavagliare il nostro ostaggio. «Ti avevo preso ad una svendita e sei anche un po' bucato, ma mi mancherai comunque» , afferma, guardando con fare nostalgico l'accessorio.
Roteo gli occhi. «Dobbiamo andare» , gli ricordo. Mi dirigo verso l'uscita, ma il rosso mi afferra per un polso e mi spinge delicatamente verso la parete alle mie spalle prima che possa lasciare la camera. «Che stai facendo?» , domando, confusa e, allo stesso tempo, imbarazzata, vedendolo avvicinarsi a me. Si passa una mano fra i capelli per scompigliarseli e si sbottona un po' la camicia bianca.
«Ci do un pretesto per non essere presenti alla partita che si sta svolgendo nell'altra sala.»
Sorride in modo beffardo e si china in avanti per baciarmi il collo. Avvampo, deglutisco e mormoro il suo nome.
«Che sta succedendo?»
Mi porto una mano sull'auricolare e Corey, spaventato, si allontana da me di scatto. Riconosco la voce squillante di Thomas. Il rosso ricorda la posizione del mio microfono e china appena la testa, ma non lo sguardo, per avvicinarlo alle sue labbra.
«Se non ti piace quello che sta accadendo, non ascoltare» , afferma con aria strafottente. Si rialza e mi sorride. Avvicina la sua bocca al mio orecchio. «Non sarebbe successo nulla, amore, ma i criminali presenti nel salone devono, invece, credere che sia accaduto qualcosa fra noi. Tutti amano i drammi.»
Il cugino di Chris e Thomas, intanto, continuano a discutere. «Adam, non era prevista una situazione del genere, vero?»
«Credi che mi piaccia assistere a certe cose? E non rispondere di sì! Certo che non era nei piani! Stanno improvvisando.»
Tossisco per schiarirmi la voce. «Spengo il microfono, ci vediamo fuori.»
E così faccio, ignorando i loro richiami. Esco dalla stanza con il rosso e torniamo da Chris e dagli altri giocatori. Come da programma, il poliziotto e Corey perdono la partita per smettere di giocare. Faith ci accompagna all'ingresso.
«Torno dentro» , mi informa.
Scuoto la testa e la prendo per mano. «Andiamo via tutti insieme. Starai a casa nostra fino a quando non sbatteranno Ares in prigione.»
Prima che possa protestare, la trascino via con me e gli altri. Corriamo verso la macchina e ci infiliamo dentro. Mi siedo sulle ginocchia di Corey perché non c'è tempo per infilare Thomas nel portabagagli. Adam mette in moto.
«Infrangi ogni limite di velocità, te lo consento, ma riportaci al nostro appartamento prima che qualcuno capisca che cosa stiamo facendo» , gli dice il cugino.
Il moro, su di giri, parte a razzo. Supera il parcheggiatore e lascia la villa. Accelera di colpo e sorpassa due auto. Arriviamo a casa sani e salvi. Thomas apre lo sportello, si porta una mano sulle labbra, assalito da un conato di vomito, e si tuffa sul marciapiede. Scendo anche io con gli altri dalla vettura. Prendo dalla borsetta i DVD e li consegno a Chris.
«Corro a portarli in commissariato. Ares sarà in carcere fra meno di quarantotto ore, te lo prometto.»
Gli sorrido. Prende le chiavi della macchina di Adam e offre a Thomas un passaggio. Prima che possa risalire in auto, mi avvicino al moro e lo ringrazio. Inarca un angolo della bocca e vedo il suo sguardo illuminarsi. Forse, un giorno, le cose fra noi si aggiusteranno. Mi saluta e va via con il poliziotto. Adam inizia a salire di corsa la scalinata esterna al palazzo con Faith per arrivare alla nostra abitazione. Mi chiede se voglio seguirli, ma guardo Corey dirigersi verso la parte posteriore dell'edificio e scuoto il capo. Affretto il passo e affianco il rosso. In silenzio, raggiungiamo il retro del cortile e ci andiamo a sedere su due lettini da spiaggia situati un po' dietro la piscina. Ci guardiamo senza proferire parola. Abbiamo completato la nostra missione e, adesso, mi sento vuota e la tristezza mi sta assalendo più del solito. Il pensiero di vendicare Léon non c'è più. E' rimasto soltanto l'incolmabile dolore lasciato dalla sua perdita.
«Come ti senti?»
Un applauso a me per questa domanda stupida. «Non sto bene. Grazie per non avermi abbandonato.»
Forza un sorriso e io faccio lo stesso. «Credi che lo supereremo?»
«Non lo so, ma, adesso, non voglio pensarci. Dormiamo un po', Evie.»
Annuisco e tendo una mano verso di lui. Guarda, confuso, le mie dita. «Ho letto da qualche parte che le lontre, per non perdersi, dormono tenendosi per mano. Certo, non rischiamo mica che la corrente di un fiume ci divida, ma quando mi sono svegliata l'ultima volta non ti ho trovato accanto a me e non voglio che capiti di nuovo.»
Mi guarda per un po', serio, e poi scoppia a ridere. La sua risata è cristallina e contagiosa. Faccio lo stesso senza mai smettere di guardarlo. Sta al gioco e mi stringe la mano. La porta accanto al suo viso e mi sorride.
«Non voglio andare via, ma, se può farti stare tranquilla, passeremo la notte così.»
Rasserenata, chiudo gli occhi e mi addormento.
•••
«Evie, svegliatevi!»
Apro di scatto le palpebre. Guardo alla mia sinistra e noto Corey, addormentato, che mi sta ancora stringendo le dita. Sorrido e gli accarezzo i capelli per fargli aprire gli occhi. Li schiude lentamente e, sereno, inarca un angolo della bocca.
«Ciao, amore. Hai dormito bene?»
«Evie, è pomeriggio inoltrato! Correte a casa! Ares è stato arrestato!»
Sollevo la testa e noto Chris sul balcone. Si sta sbracciando per farsi vedere. Ci metto un po' per metabolizzare la notizia, ma, quando realizzo ciò che ha detto, scatto in piedi e inizio a correre verso il mio appartamento. Corey mi raggiunge dopo poco. Faith ci apre la porta per farci entrare. Felice, mi abbraccia e io sorrido. Guardo la tv alle sue spalle. Sullo schermo scorrono le immagini dell'arresto di Ares. La voce del giornalista informa i telespettatori che il commissario capo della stazione di polizia di Nottingham, durante l'operazione, è stato ferito gravemente e, per questo, verrà temporaneamente sostituito.
«E' tutto finito?»
Mi volto verso Corey. Incredulo, sorride e io faccio lo stesso. Abbiamo vendicato Léon.
«Temo sia soltanto l'inizio.»
Ruoto, confusa, la testa verso Christopher. Ha gli occhi incollati alla televisione. Adam, la mia collega e il rosso puntano lo sguardo su di lui. Rivolgo un'occhiata alla tv e, sbigottita, schiudo le labbra e mi faccio spazio fra i miei amici per raggiungere Chris.
«Resterà a Nottingham per molto?»
Percepisco in modo ovattato la voce della giornalista che sta intervistando il nuovo superiore di Christopher.
«Resterò qui fino a nuovo ordine.»
Mi gira la testa e vado a sedermi sul divano. Non sta accadendo realmente. Mark non è davvero qui in città. Non lavorerà con Chris. Non lo incontrerò. Non ci siamo lasciati in cattivi rapporti, è vero, ma non ci vediamo da un po'. Sarebbe imbarazzante rincontrarlo? Non ci tengo a scoprirlo.
Mi pizzico un braccio e mi rendo conto che no, questo non è un sogno. Il cameraman continua ad inquadrare il mio ex fidanzato. Continua ad inquadrare i suoi occhi verdi, la sua mandibola squadrata e le sue labbra carnose. Lui cerca di evitare il più possibile i paparazzi. E' sempre stato una persona riservata. Raggiunge l'auto della polizia e, prima di entrarci dentro, mostra , involontariamente, al telegiornale locale la sua schiena muscolosa, che si intravede anche dalla divisa. Sospiro e Chris spegne la tv. Mi rivolge uno sguardo e io, ancora sconvolta, inizio a scuotere la testa.
«E quello chi è?» , chiede, confuso, Corey.
«E' Mark, il suo ex fidanzato» , risponde il poliziotto.
«Era anche il tuo migliore amico» , gli ricordo.
«Abbiamo perso i rapporti» , mi fa presente.
«Vale lo stesso per me» , affermo.
«E, comunque, adesso è un mio superiore.»
Sospiro. «Ho bisogno di una tisana» , informo i presenti.
Corey alza la mano. «Posso preparartene una. Andiamo a casa mia.»
Annuisco e mi alzo dal divano. In silenzio, lo seguo fuori dall'appartamento. Raggiungiamo la sua abitazione ed entriamo. Strani rumori provengono dall'altra metà della casa. Spaventata, sussulto.
«Non ho con me la pistola» , mi informa il rosso. Mi spinge dietro di sé. Corro verso la cucina per prendere una padella sporca dal lavandino. «Che cosa vuoi fare con quella?»
«Non sottovalutare l'efficacia degli utensili da cucina.»
Lo supero e raggiungo, con passo felpato, l'altra metà dell'appartamento. I rumori provengono dalla camera di Léon. Deglutisco e, facendomi coraggio, apro la porta della stanza con un calcio. Tendo in avanti la padella, pronta a colpire, ma urlo quando mi ritrovo davanti il coinquilino di Corey che, fino a qualche secondo fa, credevo morto.
«Evie, sei viva!»
Non smetto di gridare nemmeno per un attimo. Colpisco la parete con l'utensile da cucina e, agitata, saltello sul posto. Corey accorre e, alla vista del suo amico, spalanca la bocca e inizia ad urlare.
«Tu sei morto!»
Mi strappa l'arnese dalle mani e si prepara a lanciarlo. Il castano, terrorizzato, tende in avanti le mani.
«Ragazzi, sono io!» , cerca di convincerci.
«Non è vero!» , grida il rosso. Solleva in alto la padella.
«E' un fantasma! Lo trapasserà!»
«Non mi importa!»
Continuiamo ad urlare. Corey lancia l'utensile da cucina allo spettro e lo colpisce sulla fronte. Il fantasma si accascia al suolo. Mi porto le mani sulle labbra.
«Era davvero lui» , sussurro, incredula.
Probabilmente, questa volta ci è rimasto secco per davvero. Spaventata dall'idea, impallidisco e, in poco, svengo.
•••
Riapro gli occhi e mi ritrovo accanto Corey. Lo scuoto per svegliarlo.
«Che cosa è successo?» , domando.
«Non lo so, ho perso i sensi» , afferma.
Il corpo di Léon è sparito. E se fosse stato soltanto un sogno?
«Alzatevi, devo spiegarvi un po' di cose.» Ci giriamo e ci ritroviamo davanti Léon con del ghiaccio premuto contro la fronte e la padella incriminata nella mano sinistra. Prima che uno fra me e il rosso possa gridare, ce la punta contro. «Fate silenzio o vi fracasso il cranio» , ci minaccia.
Mi metto seduta e mi massaggio una tempia con due dita. «E' davvero lui» , sussurro.
Mi soffermo ad osservarlo in silenzio. Quando realizzo che, effettivamente, non è morto, ma si trova a pochi passi da me, mi alzo in piedi e corro verso di lui. Presa da un moto di felicità, gli salto in braccio e lui, per non farmi cadere, lascia precipitare al suolo gli oggetti che, fino a qualche secondo fa, stava reggendo, e mi sostiene. Mi avvinghio, come farebbe un koala con un albero, al suo torace e gli sfugge un sorriso.
«Vacci piano, ragazzina. Mi hanno suturato l'addome meno di quarantotto ore fa.»
Il rosso alle nostre spalle si rialza e corre ad abbracciarci. E' un miracolo.
•••
«Non sono stupido. Ares aveva una guardia del corpo. Se non erro, si chiamava Roger. Per non so quale motivo, lo ha ucciso. Dave, suo amico e tirapiedi del mio vecchio patrigno, presente al casale il giorno della mia presunta morte, ha deciso di vendicarlo. Ci ha seguiti la sera della nostra fuga dal bar e ha controllato ogni angolo del quartiere, su ordine del suo capo, per trovarmi. Mi ha visto uscire di casa e mi ha raggiunto al casale. Mi ha proposto un accordo. Voleva, come me, che Ares fosse arrestato. Avevamo bisogno di una prova di un suo crimine da consegnare alla polizia. Ho accettato di fare l'esca. Dave mi ha fornito un giubbotto antiproiettile che ho indossato sotto i vestiti. Non era previsto che mi facessi male. Dovevo soltanto riprendere l'aggressione per far finire Ares in prigione. Il tuo arrivo non era nei piani, ragazzina. Ho temuto più per la tua vita che per la mia, anche dopo l'inaspettata pugnalata all'addome. Dave doveva liberarsi del mio corpo, ma, in realtà, mi ha portato da sua moglie. E' una dottoressa e mi ha curato. Avevo programmato di tornare al casale per riprendere il mio cellulare, ma Ares lo ha incendiato. Ho pensato a te costantemente, Evie. Non riesco ancora a credere che tu sia viva. Mi sembra quasi un miracolo. Volevo contattarvi, ma Marcia, la moglie di Dave, non me lo ha permesso. Mi ha suggerito di tornare a casa, per sicurezza, dopo l'arresto di Ares e di far perdere, fino a quando non sarebbe arrivato quel momento, le mie tracce. Sapeva che, in qualche modo, suo marito lo avrebbe incastrato. In realtà, per quanto ho sentito al telegiornale, è finito in galera grazie a voi, ragazzi. Dave si è costituito e io sono qui. Sono entrato nell'appartamento usando un mazzo di chiavi che ho trovato nascosto nell'orribile vaso azzurro sul pianerottolo. Ho una ferita, ma non importa. Si rimarginerà.»
Léon sorride, felice. Corey, sconsolato, scuote il capo. «Dovevi avvertirmi» , lo ammonisce.
«Scherzi? Avresti cercato di aiutarmi. Non volevo che rischiassi la tua vita per me. Era tutto calcolato.»
Piena di gioia, mi mordo il labbro inferiore per non mostrarmi troppo euforica. Non voglio dare soddisfazioni a Léon, neanche adesso. Ho sofferto, in questi giorni, per colpa sua. «E tu, ragazzina, non dici nulla?»
Sorrido in modo beffardo. «Sei un imbecille, abbiamo pianto a causa tua» , sentenzio. «E mi sta seriamente venendo voglia di prenderti a padellate fino a farti perdere i sensi.»
Corey scoppia a ridere. Léon, invece, incrocia le mani sotto il mento e appoggia i gomiti sul tavolo. «Ho decisamente fatto braccia nel tuo cuore» , afferma, ghignando.
Gli do un buffetto su una guancia e poi mi sfugge un sorriso. Sono felice che sia qui.
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Salve! Vi informo che la seconda parte della storia si conclude con questo capitolo. È stata decisamente breve, ma intensa. Le altre tre saranno molto più lunghe di questa.
Mark potete trovarlo nella pagina dedicata al cast.
Partirò domani per le vacanze e, come già vi avevo detto, aggiornerò di nuovo la storia fra due settimane. Se avrò un po' di connessione al mare, magari, posterò, la settimana prossima, il teaser della terza parte della storia.
Mi raccomando, fatemi sapere se i capitoli postati in questi ultimi giorni vi sono piaciuti. A presto e buone vacanze a tutti!
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