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1 - Adam e Thomas

Christopher, con fare gentile, mi porge una mano per aiutarmi a scendere dalla volante della polizia. Riserva, per caso, lo stesso trattamento a tutte le persone che ha intenzione di arrestare?

«Questo edificio non sembra affatto un commissariato» , affermo, visibilmente perplessa, dopo aver squadrato il palazzo a pochi passi da me.

E non lo dico certo per la muratura esterna arancione o per il fatto che è immerso in un rigoglioso prato verde. E' il gatto nero che dorme sullo zerbino di quella che, dalle persiane marroni di legno e dal cartellino di ceramica bianca con sopra dipinto il numero '001' in blu, sembra decisamente un'abitazione ad insospettirmi.

Il mio amico ridacchia. «Non ho intenzione di arrestarti, Evie» , mi rassicura. «O almeno, non adesso» , precisa.

Deglutisco e abbasso il capo. Estrae dalla tasca dei pantaloni scuri della divisa un mazzo di chiavi ed apre il cancelletto verde d'ingresso. Percorriamo un sentiero di ciottoli e raggiungiamo il gatto. Sotto ai miei piedi, adesso, ci sono delle piastrelle rosse. L'animale, seccato, si mette seduto e con una zampa inizia a graffiare la porta di casa in attesa che qualcuno gli apra per farlo entrare. Tossisco.

«Scusami, piccolo, non volevamo disturbarti» , sussurro poi, cercando di farmi sentire soltanto da lui.

Christopher ruota il capo. «Hai detto qualcosa?»

Scuoto la testa. «Nulla» , mento.

Potremmo continuare a girare intorno allo stabile svoltando l'angolo alla nostra sinistra che si trova poco più avanti rispetto al punto in cui sono adesso, ma il poliziotto, invece, inizia a salire i gradini della scalinata di pietra alla nostra destra, esterna all'edificio, che si scorge anche dalla strada. Lo seguo e mi costringo a non guardare in basso. Sono terribilmente maldestra e il pensiero di inciampare e cadere giù mi spaventa. Ogni pianerottolo sembra uguale all'altro. Stesse piastrelle rosse a terra e stesse porte e persiane di legno per ogni abitazione. Cambia soltanto il numero dipinto, rigorosamente in blu, sul cartellino di ceramica appeso accanto all'ingresso di ogni appartamento.
Raggiunto il terzo ed ultimo piano del palazzo, ci fermiamo. Ho contato dodici abitazioni in tutto. Per la precisione, tre per ogni pianerottolo.

«Eccoci qui.»

303. Chris apre la porta di casa e mi lascia passare per prima. Una volta dentro, trovo subito alla mia destra una cucina. Davanti a me, invece, c'è una sala da pranzo o un soggiorno? Difficile stabilirlo. Ci sono un tavolo di legno chiaro con quattro sedie intorno, ma anche una tv, un tavolino di vetro su un tappeto beige ed un divano grigio. Il mio amico mi affianca.

«Alla tua sinistra, c'è la mia camera. La finestra al suo interno dà sul pianerottolo. La porta che vedi in soggiorno, invece, conduce al bagno e quella stanza lì» , dice, indicando con l'indice della mano sinistra la superficie in legno che si trova fra il tavolo e la tv appesa al muro, «è la camera da letto di mio cugino.»
Non credo ci sia altro da vedere. Il minuscolo balcone che si trova dietro la "sala da pranzo" si scorge bene anche da qui.
Il poliziotto si accorge subito della mia delusione. «E' un po' piccola» , afferma, come se non lo avessi già notato da sola.

«E' una topaia» , mi lascio sfuggire.

Mi fulmina con lo sguardo e gli rivolgo un sorriso innocente. «Se non ti piace, puoi tornare a dormire per strada» , sentenzia, offeso.

Si morde il labbro inferiore per un istante e aggrotta le sopracciglia. Un momento, mi sta invitando a vivere con lui? Spiazzata, resto a bocca aperta e trattengo a stento l'impulso di saltargli addosso per abbracciarlo. La casa, adesso, per la felicità, inizia a sembrarmi addirittura carina. La cucina blu, le pareti color avorio e il parquet sono decisamente di mio gradimento. I mobili sembrano abbastanza nuovi e moderni. Mi volto verso il mio amico per ringraziarlo, ma, prima che possa dire qualcosa, la porta davanti a noi si spalanca e, sorpresa, resto in silenzio. Un individuo decisamente assonnato ci raggiunge. Sbadiglia e, quando si accorge della nostra presenza, si porta le mani all'altezza delle mutande per coprirsi. Indossa unicamente dei boxer grigi e una maglietta verde su cui si nota fin troppo bene una chiazza bianca.

«Abbiamo ospiti» , constata il giovane sciatto, che deduco sia il cugino del poliziotto, squadrandomi da capo a piedi. Si stropiccia gli occhi con una mano e si passa le dita fra i capelli corvini e spettinati per ravvivarseli.

Il poliziotto, schifato, arriccia il naso. «Evie, lui è mio cugino Adam. Adam, lei è la mia amica Evie» , ci presenta.

Accenno da lontano un saluto con la testa. L'idea di stringergli le dita mi spaventa. La macchia sulla t-shirt non promette nulla di buono. Inoltre, ha una faccia da maniaco. Il moro mi sorride. Si avvicina di più a noi e, spontaneamente, indietreggio. Ha gli occhi verdi come Christopher. Un po' più scuri dei suoi, se proprio vogliamo essere precisi. Verdi con alcune striature marroni, per scendere nel dettaglio.

«Che lavoro fai, Adam?» , gli domando, agitata, la prima cosa che mi passa per la mente.

Mi porto una mano sotto il mento e fingo un atteggiamento disinvolto.

«Me la cavo bene con i computer.» Non mi riesce difficile immaginare i siti che potrebbe solitamente frequentare. «Ne riparo qualcuno ogni tanto» , aggiunge.

Inarca leggermente gli angoli della bocca. Ha un sorriso dolce. E se non fosse un pervertito? Potrei averlo giudicato male.

«Scarichi anche film?» , chiedo.

«Continuamente» , risponde. Non oso comunque domandargli quale sia il suo genere preferito. «Ti interessa vederne qualcuno? Posso trovartelo subito» , aggiunge.

Chris si tappa le orecchie e scuote il capo.

«Smettetela di essere così illegali! Cavoli, sono un poliziotto!» , ci fa notare.

Mi volto verso di lui. «Guardo le serie tv in streaming» , gli rivelo, irritandolo ulteriormente.

«Basta!» , grida.
Roteo gli occhi. Non può davvero arrestarmi per così poco. Adam inizia ad elencargli, per indispettirlo, i film che ha scaricato recentemente e Chris, in preda ad una crisi isterica, ci supplica di fare silenzio. «Ti lego al termosifone con le manette!»
Il moro non sembra scosso dalla minaccia. Probabilmente, ha già immaginato una situazione del genere in una della sue fantasie bondage. No, Evie, smettila. In ogni caso, Adam si zittisce e Christopher si tranquillizza.
Guardo i due cugini a confronto e il moro mi sembra più grande del poliziotto di almeno una decina d'anni. E non lo dico certo per la barba che a Chris, invece, manca. Ha dei lineamenti, seppur dolci, decisamente più marcati di quelli del mio amico. «Comunque, ho il turno di notte. Puoi dormire sul divano e girare per la casa, Evie» , inizia a dire Christopher, distogliendomi dalle sopracciglia folte di Adam. Mi prende in giro? Girare per la casa? E' praticamente tutta racchiusa in questa stanza. «Ma non entrare nella mia camera. Ci sono tutti i miei documenti lì e non voglio che nessuno li tocchi» , aggiunge.

Annuisco con poca convinzione. Adam entra in bagno e Chris si dirige verso la porta d'ingresso. Mi saluta con un cenno della mano ed esce. La finestra che si trova in cucina, andando ad intuito, dà sul pianerottolo. Corro a spalancarla e, accidentalmente, colpisco Christopher in volto. Mi scuso e mi impietosisco vedendolo massaggiarsi il naso. Mi fulmina con lo sguardo. 

«Volevo soltanto salutarti» , affermo. 

Sorrido in modo innocente e chiudo nuovamente le persiane. Mi dirigo verso il divano e poi mi ci stendo sopra. Inizio a guardare il soffitto e sento già di annoiarmi. Porto lo sguardo sulla stanza davanti a me e sospiro.  Ci entrerò per poco e Chris non lo noterà. Mi alzo in piedi e mi dirigo verso la porta. Abbasso la maniglia di metallo ed entro. La camera ha le pareti marroni, una totalmente coperta da un armadio di legno chiaro, ed è decisamente piccola. Ci sono due letti ed un comodino. Un momento, ha due letti e mi fa dormire sul divano? Egoista da parte sua. Chiudo la superficie in legno alle mie spalle e mi siedo sul materasso addossato alla parete sinistra. Allungo la mano verso una cartellina gialla adagiata su un cuscino azzurro alla mia destra e l'afferro. La apro e dentro ci trovo delle foto un po' sfocate. Sembrano fotografie di fotografie. Una ritrae un taglio all'altezza, per quel che mi sembra, della nuca. Mi porto una mano sulle labbra e getto via lo scatto. Sono debole di stomaco e quando vedo un po' di sangue rischio di svenire. Specialmente quando si tratta del mio. La foto successiva ritrae il volto di una donna. Ha dei lunghi capelli biondi ed un colorito decisamente pallido. Deduco che la ferita della fotografia precedente sia la sua. Riduco gli occhi a due piccole fessure e osservo meglio la ragazza. Mi sfugge un gridolino quando la riconosco. Frequentava il mio stesso liceo. Era una compagna di classe di Christopher, più grande di me di un anno.
Ripongo le foto all'interno della cartellina e la richiudo per poi lasciarla sul comodino. Poso la testa sul cuscino azzurro e mi porto entrambe le mani accanto al viso. Non riesco a credere che sia morta. Non le avevo mai rivolto la parola, ma la conoscevo di vista e, davvero, faccio fatica a pensare che le sia accaduto qualcosa di brutto. Inizio a guardare la parete marrone di fronte a me e a riflettere sul senso della vita.

•••

«Ti avevo chiaramente detto di lasciare in pace la mia stanza!»

Apro di scatto gli occhi e mi metto seduta. Christopher è accigliato. Una ciocca di capelli gli cade al centro della fronte e gli fa perdere credibilità. Soffia per spingerla verso l'alto, ma non ottiene il risultato sperato. Rinuncia e si dirige a passi spediti verso di me. Mi afferra per un polso e mi costringe ad alzarmi.

«Che cosa è successo alla ragazza delle foto?» , domando.

Sembra infuriarsi ulteriormente. «Evie, non dovevi controllare i miei documenti!» , mi rimprovera.

Faccio per ribattere, ma lui non mi dà ascolto. Mi porta entrambe le mani alla base della schiena e prova a spingermi fuori dalla camera. E' visibilmente agitato. «L'ho già vista» , insisto. «Veniva in classe con te» , aggiungo.

Frustrato, sbuffa. «Devi uscire immediatamente da qui. Sono le sei e cinquantotto e fra due minuti riceverò una videochiamata da Selene. Se ti vedesse nella mia stanza, darebbe di matto.»

Potrei chiedergli molte cose. Come mai, ad esempio, stia ancora insieme a quella possessiva e gelosa ragazza dai lunghissimi e liscissimi capelli rossi che, lo ammetto, le invidio tanto. Potrei chiedergli come mai non si sia stancato di questa relazione a distanza che, secondo i miei attuali calcoli, dura da almeno tre anni, quasi quattro. Potrei, ma non lo faccio. Mi limito a porgli la domanda più intelligente che si possa fare in questi casi.

«Come può essere così precisa? Ha per caso un timer impostato?»

A denti stretti, Chris sibila un 'fuori'. Il suo telefono inizia a squillare. Sembra terrorizzato. Con poca grazia, mi spinge verso il soggiorno e si sbatte la porta alle spalle. Non la chiude bene.

«Bambolina, sono appena tornato a casa.»

«Orsacchiottino dolce, mi sei mancato tanto.»

Sto per rigettare il panino con cui ho cenato, ma mi è anche venuta in mente la Gummy Bear Song, a causa del nomignolo che Selene ha affibbiato al mio amico. Chiudo gli occhi e inizio ad ondeggiare il capo.

«Va tutto bene?» Schiudo appena le palpebre.
Adam, preoccupato, mi sta osservando. Serro le labbra e spalanco gli occhi. Sto sprofondando nella vergogna. Lo conosco da qualche ora e già pensa che io sia totalmente folle. «Ti apro il divano letto?»

Continuo a rimanere in silenzio e mi limito ad annuire.

•••

«Non farlo mai più.»

Mi stropiccio le palpebre ed apro gli occhi. Chris mi sposta le gambe con una mano e si siede accanto a me.

«Smettila di svegliarmi!» , protesto, dandogli le spalle.

Mi porta le dita su un fianco e mi gira nuovamente verso di lui per permettermi di guardarlo.

«Non entrare mai più nella mia stanza senza il mio permesso, non spiare mai più i miei documenti e no, Selene è una persona incredibilmente precisa e non imposta timer per chiamarmi. O almeno credo che non lo faccia.»

Cerco di concentrarmi sulle sue parole e faccio fatica a non prendere sonno. Mi metto seduta e mi porto una mano davanti alla bocca per sbadigliare. «C'è altro?»

Annuisce. «Domani hai un colloquio di lavoro con un mio amico. Prima avrai uno stipendio e prima potrai lasciare questa casa.»

«Non ti ho chiesto io di ospitarmi» , gli faccio notare, offesa.

«Ti tengo qui con me perché sei la ragazza di Mark. Non posso lasciarti dormire per strada.»

Gli rivolgo un'occhiataccia. «Non sto più con Mark da quasi quattro anni e lo sai benissimo.» O forse no. Forse non ci era davvero arrivato da solo.

Si porta una mano sul labbro inferiore e schiude un po' la bocca. «Non lo sapevo» , afferma.

Roteo gli occhi. «Anni fa siamo andati tutti e tre insieme ad una festa e già ci eravamo lasciati. Ti costa tanto ammettere che mi vuoi bene e che mi stai tenendo qui con te per questo motivo?»

Sembra pensarci seriamente. «Non lo avevo capito e, comunque, sì» , risponde dopo poco. Sbuffo. «Fatti bastare la motivazione che ti ho dato e dormi. Domani ti voglio allegra, pimpante e professionale» , dice.  Si alza dal divano e si dirige verso la sua stanza. Inarca un angolo della bocca. «Dormi bene.»

Gli do le spalle quando si chiude nella sua camera e sorrido.

•••

«Fancuore!»

Schiudo controvoglia le palpebre. Adam è seduto a terra e si sta tenendo la caviglia con entrambe le mani. Geme e si morde il labbro inferiore.

«Fancuore?» , domando, assonnata.

«Ho semplicemente scelto una parte diversa del corpo, non sono strano. Non mi piace usare un linguaggio colorito» , mi informa, ancora ad occhi chiusi.

Lo fisso in silenzio, cercando di capire se sia frutto di un'allucinazione prodotta dalla mia mente non completamente sana o se sia reale. La porta d'ingresso dell'appartamento si spalanca e Christopher entra in casa con un sacchetto marrone di carta fra le mani.

«Che ore sono?» , chiedo, confusa.

Il castano porta lo sguardo sull'orologio appeso alla parete che, fino a qualche secondo fa, non avevo notato. «Le otto e mezza del mattino» , risponde con naturalezza.

«E perché siete già svegli?» , piagnucolo. «Ho bisogno di almeno altre tre ore di sonno.»

«Io volevo soltanto andare in bagno, ma ho urtato il divano e mi sono fatto male» , si giustifica Adam.

Christopher lo sorpassa e raggiunge il tavolo da pranzo. Lascia il sacchetto sulla superficie in legno e, con un gesto energico, spalanca la tenda azzurra che copre la porta a vetri scorrevole che dà sul balcone. La luce mi colpisce il volto e, infastidita, nascondo la testa sotto al cuscino.

«Chiudila!»

Chris sbuffa. «Vieni a fare colazione» , mi chiama. Fingo di non sentirlo e serro nuovamente gli occhi per tornare a dormire. «Ti ho preso un cornetto al cioccolato. Ricordo bene che mangi qualsiasi cosa ti capiti a tiro.»

«Non è vero!» , protesto. Rotolo verso di lui e gli rivolgo un'occhiataccia. Accenna un sorriso e scuote il capo. «E, comunque, preferisco la crema. Al secondo posto ci metto la marmellata e poi, all'ultimo, il cioccolato.»

Il poliziotto rotea gli occhi. «Prendi il mio» , sbuffa. «Sei fastidiosa» , commenta subito dopo.

«Non ti ho chiesto io di darmelo» , gli faccio notare.

«Te lo cedo soltanto perché sei la ragazza di Mark.» Mi fa un occhiolino e mi sfugge un sorriso. "Sei la ragazza di Mark" è il suo nuovo modo di dirmi che, nel profondo, mi vuole bene. Mi alzo e vado a sedermi a tavola. Ci raggiunge anche Adam. «Mangia in fretta, come al tuo solito, e corri a prepararti. Voglio farti presente che hai un colloquio di lavoro.»

«Fra quanto?» , domando, curiosa.

«Fra circa due ore.» Lo fulmino con lo sguardo. «Se non ricordo male, ci metti sempre tanto a vestirti.»

Ha ragione e non voglio ribattere. Addento il cornetto e abbasso il capo. Soddisfatto, Christopher sorride.

•••

Un colloquio di lavoro per ottenere un posto come commessa nell'enoteca di Thomas Wilson, un vecchio compagno di classe di Chris. Se l'avessi saputo prima, probabilmente mi sarei vestita in modo più carino. Thomas è sempre stato uno dei ragazzi più ambiti del liceo e, ancora oggi, è incredibilmente bello.

«Non lo so, Chris. Non mi serve un'altra commessa, identica a Faith, oltretutto.»

Deduco che Thomas si stia riferendo alla ragazza intenta a pulire uno scaffale. Ha dei lunghi e lisci capelli castani e, per quel che posso intravedere dal buco della serratura, ad occhio e croce è alta quasi quanto me. Forse due o tre centimetri in più. Entrambe, comunque, non dovremmo raggiungere il metro e settanta. Si volta e posso osservarla meglio. Ha la pelle abbastanza chiara e il naso sottile come le labbra. Il taglio degli occhi è simile al mio e deduco, se mi assomiglia in tutto e per tutto, che, come me, abbia le iridi scure. Sì, è decisamente la mia doppelgänger.

«Ha bisogno di un lavoro. E' stata licenziata e sfrattata.»

Il proprietario del negozio sbuffa. «Che cosa sa fare?» La domanda mette Chris in difficoltà.
Oh, non ci credo! Ha davvero una scarsa considerazione di me.
Thomas sospira. «L'assumo soltanto perché ti voglio bene.»

Chris esulta e lo abbraccia. Si dirigono nuovamente verso lo studio in cui mi hanno rinchiusa per parlare e, per non farmi scoprire intenta ad origliare la loro conversazione, corro verso la sedia girevole nera che si trova accanto alla scrivania di cristallo posta davanti alla finestra. Afferro una penna e inizio a giocarci.
La porta alle mie spalle si spalanca ed i due amici entrano. Incrocio le gambe per fingere un atteggiamento disinvolto e mi tiro la gonna nera in giù per coprirmi meglio. La parte inferiore della penna scatta via e colpisce la parete alla mia destra. Imbarazzata, spalanco gli occhi. Chris mi rivolge un'occhiataccia. Thomas, invece, si porta una mano sulla fronte spaziosa, sospira e abbassa lo sguardo.
Mimo uno 'scusa' al mio amico poliziotto e avvampo, imbarazzata. Sposto lo sguardo sul mio futuro capo e mi soffermo ad osservarlo. I suoi tonici bicipiti sono fasciati da una camicia chiara e i suoi capelli castani, invece, sono tirati, nella parte anteriore, in alto in un ciuffo. Ha un naso piccolo, un po' all'insù, che trovo decisamente adorabile, e gli occhi color nocciola. Non ha la barba, proprio come Christopher. Probabilmente, è una peculiarità dei ventitreenni.

«Sei assunta. Ci vediamo domani mattina.» La sua voce è leggermente profonda. Sorrido e lo ringrazio. «Ora, però, sparisci dal mio campo visivo, prima che possa cambiare idea» , aggiunge.

Forse non gli ho fatto una buona impressione. Christopher deglutisce.

-
Salve! Volevo ringraziare, prima di tutto, le persone che hanno letto/votato/commentato le parti precedenti e quelle che sono arrivate a leggere anche questo piccolo spazio che mi sono presa a fine capitolo per dirvi un po' di cose. Spero che questa parte vi piaccia! Potete trovare Faith nella pagina del cast.
Pubblicherò il prossimo capitolo mercoledì. A presto!

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