Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo Dieci

Frammenti di magia

Quella notte gli Spiriti sarebbero comparsi sul cielo di Asdenar. Era la notte tra Congedo e Saluto, al ricominciare dei giorni. Maed si affacciò dal cornicione del Faro, cercando con gli occhi la scura vastità sopra di lei. Ma la luce del fuoco era troppo brillante, inghiottiva persino le stelle.

Devo andare più in alto.

Si aggrappò a un pilastro e strisciò verso il tetto appuntito. Non era tanto differente da scalare le mura della Villa: anche lì l'aria era viziata dall'odore di magia. Di diverso, c'era ciò che l'aspettava dopo l'impatto. Maed cercò di non guardare in basso. Là, nel buio, la roccia frastagliata le avrebbe squarciato le membra e sbriciolato le ossa. Alla Villa, invece, un servitore avrebbe potuto frenarla con qualche incantesimo, e adagiarla lentamente tra le fronde di un cespuglio. Ma gli Spiriti erano una visione troppo spettacolare. La sola prospettiva di rimanere ammaliati dai loro colori mutevoli annullava ogni timore.

Magia pura. Ecco cos'erano. Frammenti dell'arte che gli Astrali avevano donato agli uomini, dispersi nel cielo e incastonati nell'atmosfera per sempre.

Maed si protese indietro, superando il bordo del tetto e issandosi sulla sommità del Faro. Osservò il cielo. Il bagliore era ancora fastidioso, ma almeno le stelle erano un poco più visibili. Guardò verso le ville, gemme squadrate abbarbicate sulle colline. Un debole chiarore rossastro le avvolgeva da dietro, come una coperta incandescente. Troppo presto, ancora. Gli Spiriti attendevano l'oscurità totale per affacciarsi agli occhi degli uomini. Allora sì, avrebbero danzato nel cielo, fermando il tempo per qualche ora.

Maed piegò il collo verso l'alto, abbracciando con tutta se stessa la volta celeste. Sarebbero apparsi anche quella notte? Sempre. Se anche gli scienziati avessero sterminato tutti i nobili, non avrebbero mai sconfitto la magia. Alcune cose, come gli Astrali, e ciò che essi avevano lasciato nel mondo, non sarebbero morte mai.

Ma quella notte Maed l'aveva dedicata alla scienza. Si calò nuovamente in basso, ritornando nel bagliore accecante del fuoco nobile. Chissà se gli scienziati avrebbero mai scalfito Tumenor così in profondità come gli Astrali. Maed voleva farne parte. S'infilò nella profondità del pozzo con le scale, cercando l'odore di fumo.

"La prova è già cominciata" aveva detto Andelus. "Ti conviene prestare più attenzione."

Doveva cercare Tadon. Lui, di certo, la prova l'aveva già superata. Si ritrovò di nuovo nel corridoio, immersa nella penombra. La grande sala rimbombava e tremava ancora. Si diresse verso la stanza colma di vapori, ma non si fermò, proseguendo in una zona del tutto nuova.

Svoltò un angolo e si ritrovò un uomo ai piedi. Prono a terra, strisciava lateralmente, facendo ballare un gessetto tra le dita. Maed lo superò, attenta a non calpestare le strisce polverose che aveva lasciato sul pavimento. Quando scavalcò il suo disegno, l'uomo le scoccò un'occhiata. Aveva gli occhi annebbiati e due grosse occhiaie.

Qualcuno le tirò una spallata, da dietro. L'individuo sembrò non accorgersi di nulla, continuando a barcollare. Si accostò alla parete, accanto a una donna.

«... già marcio a quest'ora?» gli chiese lei, tirandogli una pacca sulla spalla. Lui si accasciò a terra, strisciando con la schiena sul muro, trascinandosi appresso del gesso. Si portò le dita alle tempie e chiuse gli occhi.

Una mano scacciò la caviglia di Maed. Il tizio disteso a terra strisciò ai suoi piedi, in cerca di altro spazio per disegnare. Lei tirò un calcio a un gessetto, mandandolo in frantumi contro uno spigolo, e si dileguò camminando all'indietro.

Lo scienziato era ubriaco, non si accorse di nulla.

Si voltò per continuare la sua ricerca, ma quando imboccò un'altra traversa vide una ragazza, la prima in tutta la Combriccola. D'istinto, Maed si accucciò dietro allo spigolo. Lei aveva i capelli biondi, un vestitino grigio, di buona fattura. Non era figlia di un nobile, no. Maed le conosceva tutte di vista. Probabilmente aveva rubato l'abito a qualche ingenua ragazzina. Anche lei era china a terra. Strisciò contro la parete, avvicinandosi a un gruppo di scienziati alle prese con un disegno. La ragazza si bloccò. Maed si tuffò dietro alla parete, liberando il fiato. Attese qualche secondo, poi si protese ancora, afferrando con le dita la pietra fredda dello spigolo.

Uno degli scienziati adagiò a terra una damigiana colma di un liquido scuro. Non si accorse che la ragazza allungò un braccio e la fece sua. Si guardò attorno. I suoi occhi incrociarono quelli di Maed. Il suo cuore si risvegliò. Aveva imparato a ignorarlo, quasi ad addormentarlo, da quando aveva iniziato a fuggire dalla Villa, per correre e accucciarsi sui tetti, e dentro le case di altri nobili. La ragazza avvicinò a sé la damigiana, stringendola al petto. Si spostò, mantenendo il contatto visivo, infine scomparve alle spalle della parete.

Alla sua mente ritornò quel giorno nella capitale. Alla Reggia. Anche lì, nascosta dietro uno spigolo, a spiare quello strano maggiordomo dalla pelle troppo chiara. Situazioni del genere avevano sempre portato fortuna. Quella volta, anni fa, aveva conosciuto un dio.

Seguì la ragazza col vestito grigio, visibilmente affaticata dal peso che trasportava. Lei si fermò, l'appoggiò a terra e si voltò. Maed si bloccò a metà corridoio. Era inutile nascondersi. Attese in piedi che la ragazza riprendesse a camminare, poi continuò a tallonarla.

«Ehi, tu.» Una donna fermò la ragazza per la spalla. «Che ci fai con questa?» Strattonò l'impugnatura della damigiana. «Dammi qui.» Maed si tenne a distanza.

«Mia madre è l'Ambrata» rispose la ragazza, lasciando la presa e strofinandosi l'orlo del vestito. «Mi ha detto che se non concludi quella cosa dell'elettricità ti butta fuori.»

La donna nascose malamente un sussulto. Porse di nuovo la damigiana alla ragazza e si fece indietro. Lei guardò un'ultima volta Maed, si voltò e proseguì.

S'inoltrarono in una fessura scura, simile a un vicolo di Asdenar. Pareti alte e pendenti. Ben presto la luce scomparve del tutto. Maed continuò a camminare, sguazzando con i piedi nell'acqua. Ogni tanto sbatteva contro un muro scivoloso e fradicio, allora restava immobile, e tendeva l'orecchio per cercare i passi della ragazza. Ci fu un tonfo sordo, poco più avanti.

«... mi senti?» Era la sua voce, confusa tra i rimbombi e il gocciolio dell'acqua.

Maed avanzò. Percepì un lieve bagliore. La ragazza emise un sospiro lamentoso.

«Vuoi aiutarmi o no?» Un tintinnio riverberò nella strettoia. «Questa cosa è pesante.»

Maed appoggiò una mano alla parete, guidandosi in avanti. Tastò un rivolo d'acqua che ruscellava fuori da una fessura tra due mattoni. Per un attimo temette che l'intero corridoio potesse implodere sotto al peso dell'oceano. Ma si fidò dell'arte degli scienziati, e continuò a camminare.

«Ma dove vai?» La ragazza bisbigliò a pochi centimetri dal suo orecchio. Ora che erano vicine, sentì la sua voce secca e roca. «Sono accanto a te.»

«Guarda che l'ho già presa.» Maed cercò di sollevare la damigiana, stringendo le dita sull'impugnatura. Aveva passato gli ultimi due anni della sua vita a rubare. Anche in piena oscurità. La ragazza sbuffò, sollevando a sua volta il grosso recipiente. Proseguirono insieme per qualche minuto, senza scambiarsi una parola.

D'un tratto, alcune deboli voci iniziarono a farsi spazio tra il gocciolio e lo sguazzare dell'acqua sulla pietra.

«... non potranno rifiutarsi di darci un nome...»

«... meglio scoprire qualcosa, un po' come tutti.»

«Idiota, ma se sappiamo a malapena come si muovono i pianeti!»

«Secondo te il Temprato sapeva già che raffreddare il ferro bollente l'avrebbe reso più duro di prima? Forse ha combinato un casino col fuoco e si è dovuto buttare in acqua per evitare di bruciarsi la testa e perdere tutti i capelli. Ma li ha persi lo stesso. Ed è diventato più testardo.»

«Non ci voglio parlare con te. Sei troppo stupido.»

La ragazza lasciò cadere a terra la damigiana. Il vetro tintinnò per una decina di secondi.

«Shara?» chiamò tremolante una delle due voci, non appena ritornò il silenzio.

«Sì, sono io. Accendete il fuoco.» La ragazza trascinò a terra il recipiente di vetro. Maed percepì la presenza di due ragazzi seduti a terra. Forse tre.

«Shara... mi sono caduti i fiammiferi nel tombino.»

«Allora chi è lo stupido, eh?» bisbigliò infuriato l'altro.

Uno dei due ragazzi mugolò. Shara doveva avergli tirato un calcio.

Maed strisciò contro le pareti umide. Tirò fuori dalla tasca il suo Fiammerino. Colpì la rotellina, e una fiammella rischiarò le sue dita.

«Chi è quella lì?» Alle sue spalle, qualcuno si alzò di scatto.

Maed si avvicinò a una fiaccola e l'accese.

«Ne basta una.» Shara allungò un braccio verso di lei. «Altrimenti facciamo troppo fumo.»

Aveva indovinato. Oltre alla ragazza c'erano altri tre presenti. Uno stava in piedi, aggrappato a Shara, uno era seduto e l'altro sdraiato in posizione fetale.

«Bene, ora sediamoci.» La ragazza si scrollò dalla presa del compagno e prese posto al centro della stanza quadrata. Le pareti erano chiazzate di licheni. C'era odore di muffa e di pioggia.

«Shara, è nuova questa?» domandò il ragazzo in piedi, indicando Maed.

«Lei ci aiuterà a rubare il lampadario.» Incrociò le gambe e avvicinò a sé la damigiana. «Haon, prendi i bicchieri. Tu, siediti pure.»

«Come fai a essere così convinta che vi aiuterò?» chiese Maed, sedendosi e squadrando la ragazza. I due ragazzi svegli si bloccarono e la fissarono.

«Come?» Shara distese le braccia all'indietro, mettendosi comoda. «Una ragazza che si aggira furtiva per la combriccola o è una spia, o una novellina che non ha idea di quello che cerca.»

Maed cercò di ribattere, ma Shara fu troppo rapida.

«Se tu fossi una spia potremmo ucciderti ora e portarti da Andelus, tu avresti perso e d'un tratto Andelus sarebbe in debito con noi.» Il ragazzo che era in piedi, Haon, si rilassò e prese posto accanto a Shara. «Ma sei una novellina, e scommetto che hai un disperato bisogno di un posto dove dormire. Ti conviene ascoltarmi.»

«Come fai a sapere che sono una novellina e non una spia?» Maed valutò di mostrare il tatuaggio, ma ci ripensò. Si limitò a protendersi in avanti.

«Oh, chi potrebbe spiarci se non un nobile?» Shara ridacchiò. «I nobili odiano il fuoco rosso. Non sarebbero mai disposti ad accendere una fiaccola come hai appena fatto tu.»

«Non hai messo in conto che potrei essere una spia disposta a tutto pur di distruggervi. Anche a fare ciò che odio.»

«Non credo proprio, so come sono fatti i nobili. Tre anni passati a derubarli e a studiarli, e non ho mai visto nulla del genere. Troppo convinti, i nostri nemici.»

«Anche io ho molta esperienza con i furti ai nobili» ribatté Maed. Si accorse solo dopo di essersi appena tradita.

«Io in giro non ti ho proprio mai vista» s'intromise uno dei due ragazzi seduti. «Comunque piacere, Cran.» Le porse una mano. Maed allungò la propria titubante, poi strinse la sua con vigore e il ragazzo sobbalzò.

«Si vede che sai muoverti.» Shara la studiò nella penombra. «Per questo ci aiuterai a trafugare quell'enorme lampadario.»

Cran afferrò un bicchiere e si versò un po' del liquido scuro. «Non capisco cosa vuoi fare con questo lampadario.» Ne prese un altro e lo riempì. «Vuoi?» Lo porse a Maed. Lei stette immobile, fissando Shara e attendendo la sua risposta. Dal bicchiere giunse un forte odore che Maed aveva sentito poche volte. Qualcosa che beveva sua sorella Tanesin.

«Tu, bevi pure quel vino.» La ragazza incrociò le braccia. «Un furto attira l'attenzione molto più facilmente. Ubriacarsi non ci regalerà alcuna idea geniale. È tutto culo quello.»

Cran bevve un sorso e deglutì a fatica. «Perché hai preso questa damigiana, allora?» Tossì.

«Per farti stare zitto. E poi ho trovato lei.» Shara guardò Maed. «E nel frattempo possiamo sempre provare e vedere se funziona. Ma il furto rimane la nostra priorità.» Prese anche lei un bicchiere e lo riempì. Lo sollevò verso Maed e bevve tutto insieme. Si piegò e fece una smorfia.

Maed provò un sorso. Sentì il palato e le guance irrigidirsi, e la gola avvampare. «Quindi la prova consiste nel rubare qualcosa d'importante per Andelus?» chiese.

«Abbiamo imparato a smettere di tormentarci sugli indovinelli di Andelus» disse Haon, l'altro ragazzo, agitandosi sul suo posto. «Nessuno ha mai saputo qual è la prova. Poi, dal nulla, ti dice che sei diventato Adepto. È per questo che stiamo ideando questa cosa del furto.»

«Vogliamo stupirlo.» Shara tracannò un altro bicchiere.

«E volete stupirlo con un lampadario?» chiese Cran, tossendo ancora. «Piuttosto uccidiamo qualche nobile e portiamogli la testa.»

«Ho fatto le mie ricerche. Quel lampadario nasconde qualcosa d'importante.» Altra lunga sorsata.

Maed mandò giù un altro pochetto di vino. «Cos'è un Adepto?»

«Uno scienziato a metà» disse Cran. «Prima ci sono i Ladri, come te e come noi. Poi gli Adepti, e infine gli Scienziati veri. Quelli con un nome.» I suoi occhi scintillarono. «Loro vogliono rubare qualcosa di grosso e fare colpo su Andelus. Io...» Finì il suo bicchiere. «Preferisco scoprire o inventare qualcosa, e avere un nome. Uno importante.» Lanciò un'occhiata alla fiaccola alle spalle di Maed.

«E ubriacarsi col vino fa parte del tuo piano?» Maed pensò di bere un altro sorso, ma si limitò a studiare Cran. Intravide nella penombra dei capelli ricci e un viso tondo.

«Là sopra si ubriacano per perdere la testa.» Cran afferrò la damigiana. «Fanno così per aiutarsi a trovare le idee. Sì, perché le idee esistono già tutte, vanno solo trovate.» Riempì fino all'orlo il suo bicchiere e ne osservò il contenuto. «È come se d'un tratto ti trovassi un po' da un'altra parte. La tua mente è più aperta, e allora le migliori follie iniziano a comparirti davanti. Se sei stato un po' fortunato, alla fine, avrai trovato qualcosa di geniale, qualcosa che nessuno aveva visto mai. Allora—»

«Basta dire cavolate.» Haon gli tirò una spallata.

«Cretino!» Cran si agitò per terra, mentre il bicchiere tintinnava sulla pietra. «Mi hai fatto cadere il vino addosso!»

«Fermi voi due.» Shara sbatté il proprio bicchiere a terra. Gli altri ammutolirono. «Dobbiamo organizzare il piano per il furto.»

Ci fu un attimo di silenzio. Poi Cran riprese la parola. «Shara.» Si alzò in piedi e dondolò per un attimo. Le puntò il dito contro. «Se tua madre è diventata l'Ambrata e ha scoperto l'elettricità è solo perché era una gran ubriacona. Quindi ho ragione io.»

Shara si alzò in piedi. Maed sorrise nell'oscurità e finì di bere il suo vino. Represse un accesso di tosse. Lei e Tanesin non potevano essere davvero sorelle, se a lei piaceva quella roba.

Cran diede un calcetto al ragazzo sdraiato a terra. «Pems è d'accordo con me. Niente furto. Troviamo un'idea, invece.»

«Non è vero, idiota!» Haon si alzò in piedi. «Pems aveva detto che avrebbe partecipato al furto del lampadario.»

Shara raccolse il suo bicchiere e lo fracassò contro la parete. Si avvicinò minacciosa a Cran, e Maed si sposto per osservare meglio. «Tu...»

Un rumore metallico giunse alle spalle di Maed. Tutti si fermarono a guardare. Lei ruotò su se stessa, mentre qualcosa tremava per terra, poco più in là.

«È il tombino» esclamò Haon.

Il ragazzo sdraiato a terra si risvegliò. «Cosa...»

Il tombino tremò per un attimo, poi si sollevò. Delle braccia muscolose sbucarono da sotto e mollarono la grata con un tonfo. Un uomo emerse dal fosso, grondante d'acqua e con le vesti appiccicate sulla pelle.

«Chi siete?» disse, indietreggiando un attimo. Rimase impassibile per qualche secondo.

«È il Vaporoso, ragazzi...» sussurrò Cran.

«Ma va.»

«Sì, è lui» disse Shara, con la sua voce graffiata.

«Stupidi ragazzini.» Il Vaporoso li aggirò, cercando di togliersi di dosso il vestito fradicio. Poi corse nel corridoio buio. Lo sguazzare dei suoi piedi sull'acqua divenne sempre più debole.

«Aspetta!» Cran si diede una spinta contro la parete e partì all'inseguimento.

«Ma dove va?» urlò Haon.

«Andiamo anche noi» disse Shara. «Forse è giunto veramente il momento.» Prese per il braccio Maed e la tirò a sé. «Haon, sveglia per bene Pems. Ci vediamo fuori nel corridoio.» Poi si avviò nella strettoia, portandosi appresso Maed.

«Ci sto» disse lei ad un tratto, staccandosi dalla presa e continuando a correre.

«Ci stai a cosa?» fece Shara.

«Al furto. Se davvero ci farà entrare nella Combriccola...»

«Oh,» rispose lei, svoltando e slittando sulla pietra «quello non è sicuro per niente. Ma almeno sarà divertente.»

Maed l'afferrò per la spalla e si affiancò a lei. «Dove ruberemo questo lampadario?»

«Dovevo deciderlo prima, ma...» Prese fiato. «È tornato il Vaporoso. Penso che la guerra stia per iniziare. Non posso perdermelo.»

Nemmeno io, in realtà.

Shara parlò un'ultima volta. «Fra tre giorni gli scienziati andranno al Cratere per una spedizione. Siamo agli sgoccioli per davvero. Ruba qualcosa per me, incontriamoci là e saprai tutti i dettagli sul furto.»

Svoltarono ancora, e una luce comparve in fondo al tunnel.

«Come faremo con il furto, se ci sarà la guerra?»

La domanda di Maed non ebbe risposta. Sbucarono di nuovo nel corridoio illuminato dalle fiaccole. Alla sua sinistra vide gli scienziati riversarsi in massa dalla sala. Cran era appoggiato a una parete, qualche metro più in là. Aveva gli occhi sgranati.

Il Vaporoso trascinò in mezzo al corridoio uno di quei focolari con le gambe di metallo. Una fiamma imponente nascondeva la sua figura. Sollevò qualcosa verso l'alto e la lasciò cadere sul fuoco. Uno sbuffo accompagnò la nascita di una nube di vapore. Tutti si zittirono, mentre volute dense e bianche si arricciavano nell'aria. Delle braccia le dissiparono, e il Vaporoso comparve in piedi sul focolaio. Svettava sulla folla.

«Ci hanno catturati» annunciò. «Jamson lo hanno fatto volare e poi schiantare sulla piazza fracassandogli il cranio.» Inalò un residuo di vapore, chiudendo gli occhi. Li riaprì. «Ma io sono qui. E la nostra battaglia può davvero iniziare.» Allargò le braccia e la folla esultò battendo i pugni sulle pareti.

Maed cercò Tadon tra la moltitudine, ma riuscì a scorgere solo Andelus, nascosto qualche metro più là. Scuoteva le mani, aveva gli occhi lucidi.

«Abbiamo il vetro, l'acciaio, il vapore. Abbiamo l'idea.» Fece spaziare lo sguardo sulle teste di tutti. «Siamo pronti a uscire e a far vedere al mondo la nostra prima creazione.» Prese fiato, preparandosi a un ultimo urlo potente.

Uno scoppio violento ruppe la tensione che si era venuta a creare. A lato della folla, un'esplosione scagliò delle mattonelle contro l'altra parete, sbriciolandole in mille pezzi.

Maed si accucciò a terra, schiacciata dai presenti. Rimase qualche secondo in balia di un fischio che gli ronzava nelle orecchie. Si sollevò, facendosi spazio tra le braccia e i corpi, barcollando. Fumo bianco aleggiava intorno a loro. Maed sentiva tutto ovattato. I presenti ondeggiavano confusi attorno a lei. Per un attimo le parve di essere dentro una nuvola.

Le arrivò una manata sulla guancia. Il tempo riprese a scorrere normalmente, mentre qualcuno si faceva spazio a spintoni di fronte a lei. Riconobbe dei capelli color sabbia.

È lui.

Maed partì all'inseguimento, tirando spallate a destra e a sinistra.

La voce di una donna squarciò il debole e confuso chiacchiericcio dei presenti. «Fermati!»

Di fronte a Maed incominciò ad aprirsi un corridoio di persone, facce indefinite e corpi di scienziati a fare da pareti. Ma non c'era più nessuno davanti a lei. Stava inseguendo il nulla. Pensò di fermarsi, di voltarsi indietro e cercarlo, quando delle dita le afferrarono il braccio e la tirarono sulla sinistra.

Si ritrovò nel buio, sudata e affannata. «Forza, veloce» le sussurrò Tadon all'orecchio, con una voce altrettanto stanca. Le cinse la vita e la sollevò. Maed si appese alla scala e incominciò a salire. Ben presto, i loro fiati e il battito del cuore sostituirono il baccano sottostante.

Arrivarono sulla cima del Faro.

Maed le vide. Le ombre fluttuanti degli Spiriti, danzanti sul cornicione.

«Saliamo» disse lei.

«Cosa vuoi fare?» Tadon si appoggiò contro la parete. «Qui siamo già al sicuro.»

«Ci sono gli Spiriti.» Maed non gli diede tempo di ribattere e salì la scalinata che portava sotto al fuoco. Si arrampicò come aveva fatto in precedenza, e si ritrovò sulla punta metallica e fredda del Faro.

Danzavano tra le stelle. Lunghe sciarpe di luce che si attorcigliavano e si piegavano, scivolando come seta tra le dita di un mercante. Azzurre, viola, verdi. Ma non c'era vento ad agitarle.

Maed poteva finalmente chiedere a qualcuno. «Cosa sono, esattamente?»

Tadon emerse da sotto, e si sdraiò a pancia in su, adagiando la testa sulle braccia. «So solo che anche questa è scienza. Del tipo più misterioso.»

«No.» Maed ne era convinta. «Questa non può essere scienza. Guardali.»

Uno degli Spiriti s'illuminò più intensamente, prima di strisciare lontano nel cielo.

«Uno di quelli che studia il cielo, qui sotto, la chiama aurora.»

«Siete arroganti. Vi volete appropriare di qualcosa che non è vostro.» Maed non riusciva a rimanere sdraiata. Si mise seduta. Quelle luci l'agitavano. «Quella è la magia che hanno smarrito gli Astrali mentre stavano crollando dalle stelle.»

«Forse è il contrario, sai?» Tadon si voltò sorridente, ancora sdraiato. «Siete voi nobili che con la scusa della magia fate vostro quello che non comprendete.»

«E tu lo comprendi?» Maed si ritrovò a parlare troppo forte. Passò a un sussurro deciso. «Dài, spiegami perché questa dovrebbe essere scienza.»

Il sorriso di Tadon si spense. «Se Andelus sentisse cosa stai dicendo...»

«Non direbbe nulla. Voi scienziati dovreste ringraziare il fatto che questa qui sopra sia magia, e non altro.» La danza sinuosa sopra di loro catturava i suoi occhi. «Se gli Astrali non l'avessero persa, a quest'ora sarebbe nelle mani dei nobili, rendendoli molto più potenti di voi.»

«La battaglia sta per iniziare.» Tadon si alzò in piedi, barcollando un attimo prima di riacquistare l'equilibrio. «Ho interrotto il discorso del Vaporoso con quel disastro. Ma in ogni caso, stanotte gli scienziati incominceranno a riversarsi fuori dal Faro. Tu sei ancora in tempo per tornare alla tua villa.»

«Oh, Tadon.» Gli afferrò il polpaccio, scuotendolo un poco. Lui rischiò di cadere. «Non può essere tutto vostro. Senza magia non vi divertireste così tanto. Ammettilo.»

Lui cercò di parlare, ma serrò all'istante la bocca, troppo impegnato a rimettersi dritto.

Maed continuò. «E comunque, non tornerò mai più alla Villa. Parteciperò a un furto, insieme ad altri ragazzi. Stiamo cercando un modo per fare colpo su Andelus.» Maed gli prese la mano. «Vuoi... vuoi venire anche tu?»

«Non posso.» Tadon si girò e cercò un punto per scendere dalla cima del Faro. «Sarò impegnato in altro, nei prossimi giorni.» Incominciò a calarsi.

«Tadon!» Maed si allungò per terra, sbucando con la testa dall'orlo del tetto. Lo vide scendere le scalette. Allungò una mano verso il basso. «Aspetta.»

«Non posso.»

«Ha a che fare con quel disastro di prima? Cosa volevano quei due? Eri con la Magnetica e l'Esplosivo, vero?»

Tadon annuì. «Non posso sperare davvero di volare senza conoscere alla perfezione il cielo. Deve essere mio.» Maed colse un luccichio provenire dal mare. Le ombre degli Spiriti sull'acqua. Perché si ostinava a credere che fossero scienza?

«Non mi vedrai, per qualche giorno» aggiunse, voltandosi. «Buona fortuna... con quel furto.» Poi se ne andò.

Maed restò da sola. Come molte sere prima di quella, distesa sul tetto della Villa a studiare le movenze delle luci. Si sdraiò. Cercò uno schema nella danza degli Spiriti. Ma non trovò nulla. Un'unica fluttuazione, sinuosa, strisciante. Mai uguale.

Perché?

Maed scosse il capo. Avrebbe fatto meglio a pensare ad altro, per esempio cosa rubare per Shara. E fece mente locale sull'ubicazione del Cratere. Tre giorni e avrebbe saputo ogni cosa sul furto del grande lampadario. Aveva bisogno anche di un vestito nuovo. Quello che indossava era troppo sporco.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro