Rabbia
Capitolo 6
Il corpo giaceva ancora a terra. Le braccia e le gambe erano posizionate innaturalmente. La gamba destra era piegata verso l'interno e il braccio e il polso sinistro sembravano fatti di gomma, a causa delle ossa spezzate.
Mark aveva assistito a spettacoli ben più raccapriccianti in tutta la sua esistenza da vampiro. Quello però lo colpì profondamente. Quel corpo apparteneva ad uno dei suoi più cari amici, che tra l'altro aveva trasformato lui stesso. Scott Bailey. Mark lo aveva trasformato all'età di venticinque anni e Scott lo aveva ringraziato con la sua amicizia. Scott adorava essere un vampiro, infatti aveva chiesto lui stesso di essere trasformato.
Mark ricordava ancora quel giorno, quando nel 1915 aveva trasformato Scott, mentre la prima guerra mondiale imperversava in tutto il mondo.
Però, adesso, vederlo lì, a terra...non riusciva a muoversi, a reagire. Non aveva mai avuto problemi di questo genere, mai. Mark era sempre stato forte e sapeva sempre cosa fare e cosa dire in qualsiasi situazione. Non rinnegava la propria natura, come invece facevano i suoi fratelli, Arya, Kevin e Nathaniel. Nathaniel. Il solo pensare a lui gli procurava fastidio e i nervi si tendevano come corde fino a farlo arrabbiare, e non era una cosa piacevole vederlo in quella situazione.
Nathaniel credeva di sapere sempre tutto e aveva cercato di cambiare anche lui e Maia, ma senza risultati. Adesso, non li ostacolava più, non cercava più. di convincerli a resistere al sangue umano, a fare sempre e a tutti i costi, la cosa giusta. Però, Mark riusciva sempre a cogliere il disgusto, nello sguardo del suo fratello maggiore.
Le sirene della polizia e dell'ambulanza suonavano in lontananza, stridule.
Mark si riscosse a fatica dal torpore e tirò fuori dalla tasca del giubbotto nero che indossava, il suo cellulare. Scattò una foto al cadavere del suo amico defunto, cercando di non farsi notare da nessuno dei presenti al macabro scenario, ed entrò nel locale a cercare Maia.
Ci mise qualche attimo per individuare sua sorella, che stava ancora ballando e saltellando a ritmo di musica.
Mark si fece strada tra folla, a spintoni. Poi, quando arrivò di fronte alla sorella, la tirò per un braccio e fece per trascinarla fuori dal locale.
- Ma che fai? - Maia si liberò con uno strattone.
- Maia dobbiamo andare a casa.
Maia fece un'espressione disgustata e arrabbiata al tempo stesso. - Non voglio andare a casa.
Mark alzò gli occhi al cielo, poi tirò fuori dalla tasca il cellulare e mostrò a sua sorella la foto di Scott Bailey.
L'espressione di Maia si incupì improvvisamente. - Siamo in pericolo, giusto?
Mark non disse nulla, annuì solamente, e questo bastò a convincere Maia che quella situazione non era tra le migliori che poteva capitare loro.
-
Arya e Rachel arrivarono al Los Angeles Bar con cinque minuti di ritardo. James aspettava fuori del locale con le mani nelle tasche dei jeans che indossava. Al suo fianco c'erano una ragazza bassa e in carne e un ragazzo alto e magro.
Rachel aveva parcheggiato la sua macchina nel parcheggio adiacente al locale.
Adesso Arya seguiva Rachel che camminava avanti a lei. Si fermarono di fronte ai tre ragazzi.
Arya notò che James sorrise appena la vide e lei cercò di evitare il suo sguardo. Doveva fargli capire che lei non provava alcun interesse per lui, nonostante fosse un ragazzo molto attraente. Soprattutto adesso, era carino. Indossava una camicia bianca aderente che gli metteva in risalto i muscoli guizzanti delle braccia e la tonicità del petto e degli addominali.
Arya si costrinse a guardare gli altri due nuovi ragazzi. La ragazza bassa era più che in carne, ora che la vedava più da vicino, però aveva un viso carino, a forma di cuore, le gance paffute e occhi azzurri. I capelli biondi ondulati le scendevano lungo le spalle.
Indossava dei pantaloni scuri e una camicetta blu elettrico. Invece, il ragazzo alto e magro non era di bell'aspetto, però non era neanche brutto. Aveva la pelle scura, capelli rasati e occhi marroni, dello stesso colore del caffè nero. Indossava semplici jeans e una t-shirt celeste.
Rachel glieli presentò entrambi e ad Arya piacque molto Summer. Era una ragazza solare e in un certo modo gli ricordava suo fratello Kevin.
Jay, invece, si era mostrato più schivo, però non scortese. Arya arrivò alla coclusione che fosse un ragazzo dal carattere più introspettivo. Si chiese cosa ci facesse in mezzo agli altri tre, che invece non era introspettivi, per niente. Pensò che magari stava dando soltanto un giudizio affrettato, perchè sapeva che quello era un suo grande difetto. Non poteva farne a meno. Kevin glielo faceva notare spesso, ma non per questo non era in grado di ricredersi. Molte volte si era ricreduta su diverse persone, nel bene o nel male.
Entrarono nel locale tutti insieme e occuparono un tavolo ampio vicino alle grandi vetrate che davano sulla strada. Il locale era quasi completamente pieno. I tavolini era praticamente tutti occupati e anche il bancone era affollato.
Arya osservò la cameriera zigzagare tra la folla e portare un vassoio in fondo alla sala, vicino a una porta che aveva un cartellino attaccato sopra che indicava: MAGAZZINO. Anche il barista dalla testa calva si stava sbrigando a preparare cocktail ai clienti.
Pensò che magari un aiuto non sarebbe guastato. In due erano pochi in quel locale.
- Arya, ti piace Los Angeles? - chiese Summer, che aveva una voce squillante, ma non stridula.
- Oh, sì, molto - rispose Arya.
-
Mark era furioso. Chissà cosa avrebbe pensato la polizia, cosa avrebbero detto i giornali. Sicuramente, che era stato un attacco di qualche animale o roba del genere, perchè alcuni umani potenti erano a conoscenza dell'esistenza di esseri soprannaturali.
Però, Mark sapeva cosa era accaduto al suo amico Scott. Era stato assassinato da streghe, licantropi e cacciatori di vampiri. Un attacco combinato contro un vampiro.
Mark cercò di immaginare la sofferenza provata dal suo amico, ma non ci riuscì. Era una morte atroce, questo sì. Decisamente atroce. E non avrebbe permesso che accadesse di nuovo e soprattuto non avrebbe permesso che accadesse a un membro della sua famiglia.
- Ma perchè Scott era qui a Los Angeles? - chiese Maia, mentre enrava dall'abitacollo in macchina.
Mark mise in moto il motore. - Gli avevo chiesto io di venire - ammise. - Volevo che stesse un pò con me. In fondo è uno dei miei migliori amici.
- Povero Scott - disse Maia, appoggiando il gomito sulla portiera con il finestrino abbassato e toccandosi la fronte con la mano. - Era carino.
Mark sfrecciava a tutta velocità in direzione della villa di famiglia.
- Tutto quello che sai dire è "carino"?
Maia scrollò le spalle, indifferente. - Era uno stronzo, lo sai anche tu. Però non meritava neanche lui una morte come quella.
Mark lanciò alla sorella una fugace occhiataccia, poi fermò la macchina di fronte alla tenuta di famiglia. Le luci erano accese nel salotto. Per il resto, la casa era immersa nella più completa oscurità. Gli alberi ai lati della villa erano immobili. Non una sferzata d'aria infrangeva quel silenzio.
Mark scese dalla macchina, infilandosi le chiavi in tasca e sfilando quelle di casa. Maia lo seguiva a breve distanza, in silenzio.
Quando Mark varcò la soglia dell'ingresso, individuò subito sua madre seduta sulla poltroncina di fronte al camino spento, con un libro rilegato in cuoio rosso, aperto tra le mani. Il lampadario era acceso ed emanava una luce gialla molto intensa.
Maia chiuse la porta con uno scatto e fu soltanto in quel momento che Elizabeth alzò lo sguardo verso di loro.
- Già di ritorno? - chiese un pò stupita.
- Sì - rispose un pò troppo bruscamente Mark. - Madre, hanno fatto alla nostra famiglia un grave affronto.
Elizabeth alzò le sopracciglia. - Spiegati meglio - lo incitò.
Mark controllò la rabbia che crescava dentro di lui. - Le streghe, i licantropi e i cacciatori di vampiri hanno ucciso il mio amico, Scott Bailey.
Elizabeth annuì. - Capisco - disse dispiaciuta. - Mi dispiace Mark, ma non hanno fatto niente di male alla nostra famiglia.
- Quindi, questo significa che staremo a guardare mentre i lupi mannari, le streghe e i cacciatori di vampiri uccidono tutti quelli della nostra specie? - sbottò Mark.
- Madre, Mark ha ragione - concordò Maia. - Non possiamo permettere che cose di questo genere accadano, non possiamo.
- Sono stato io a trasformare Scott, madre - aggiunse Mark. - Era una mia creatura e loro l'hanno distrutta. - Sfilò dalla tasca il cellulare e mostrò a Elizabeth la foto.
- Capisco - ripetè Elizabeth in tono solidale.
- Oltretutto, hanno infranto il patto che abbiamo fatto quest'oggi, durante la riunione.
- Figlio - replicò Elizabeth - loro non erano a conoscenza del fatto che Scott era in qualche modo legato a te.
- Non mi interessa, madre - ribattè Mark. - Non mi importa quanti sono. Li ucciderò tutti, dal primo all'ultimo.
- Tu non farai un bel niente - tagliò corto Eizabeth, alzandosi in piedi. - Ci penserò io.
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