La riunione
Capitolo 3
Pov's Mark
- In ogni caso, non credo che dovreste uccidermi. Io faccio parte di una delle famiglie degli Antichi - dichiarò Mark con un sorriso beffardo stampato sulla faccia.
Il licantropo era rimasto immobile e con gli artigli ancora sfoderati. Cameron, invece arretrò di qualche passo come se avesse ricevuto un forte schiaffo.
- Gli Antichi sono tornati a Los Angeles? - chiese il licantropo.
- Soltanto la mia famiglia, i Blackburn - rispose Mark.
Il licantropo fece una smorfia di disgusto, poi disse: - Allora avvertirò la congrega delle streghe e il mio branco per una riunione.
- Certamente - assentì Mark in tono derisorio. - Saremo lieti di ospitarvi nella nostra tenuta di famiglia. Sapete dov'è, giusto?
- Ovviamente - ribattè il licantropo.
- Bene, ora devo andare - replicò Mark sorridendo in maniera sarcastica. - Ho una fame da lupi. - Rise beffardamente.
Dopodichè, oltrepassò Cameron e il licantropo e con un balzo atterrò sul sedile del conducente, poi accese il motore e premette a tavoletta il pedale dell'acceleratore.
Pov's Kevin
Il tramonto era una lunga striscia rosso sangue all'orizzonte. Kevin era tornato a casa dopo essere andato alla biblioteca e aver svolto alcune commissioni. La casa sembrava apparentemente vuota. Almeno il salotto lo era. Quindi, si chiuse la porta alle spalle e si avviò verso le scale che portavano al piano superiore.
- Kevin. - Era Mark fermo sui gradini delle scale a braccia conserte.
Kevin alzò gli occhi e vide che vicino al fratello c'era la loro mamma, Elizabeth. Quest'ultima aveva lo stesso aspetto da più di duecento anni: alta, magra, ma con le curve al punto giusto come Maia, capelli lunghi biondi e occhi grigi e freddi come il cielo invernale. Inoltre, aveva un naso piccolo e liscio come quello di una bambolina, sopracciglia sottili, zigomi alti e labbra sottili che la facevano apparire stupenda e allo stesso tempo terrificante.
Indossava un tailleur nero elegante e scarpe nere con i tacchi alti. Mark, invece indossava una maglietta nera, spruzzata di oro, rosso e bianco e un paio di pantaloni neri.
- Ciao - salutò Kevin con un gesto della mano.
- Dove vai? - domandò Elizabeth, con voce fredda.
Ma Kevin ci era abituato. Quella voce, sua madre la utilizzava con tutti, compresi i suoi figli. Solo con Arya era più dolce, forse perchè ai suoi occhi era sempre la sua bambina.
- Vado a farmi una doccia - rispose Kevin. - Ho trovato un lavoro, inizio domani. Quindi, vorrei riposare. - Non che gli mancassero le energie, ovviamente. I vampiri avevano il triplo dell'energia di un umano in fase adolescenziale.
- Non puoi - dichiarò Elizabeth, scendendo i tre gradini sui quali stava in piedi. Si mise di fronte a lui. - Abbiamo una riunione con il branco e la Congrega delle Streghe di Los Angeles.
- Adesso? - chiese Kevin, sbuffando.
- Adesso. - La voce di Elizabeth era categorica e metteva i brividi a chiunque non la conoscesse. E quegli occhi sembravano pronti a tranciare ogni cosa che gli si fosse parato davanti ostacolando i suoi interessi.
- Cosa è successo? - chiese Kevin, aggrottando la fronte e incrociando le braccia al petto.
Mark scese i gradini e fiancheggiò la mamma. - Ho avuto uno spiacevole incontro con un licantropo e una cacciatrice di vampiri.
- Davvero? - Kevin alzò le sopracciglia nere, incredulo.
- Già - annuì Mark con la sua solita aria divertita. - Stavo per bere il sangue della cameriera del bar quando il licantropo del Los Angeles Bar mi ha tirato fuori dalla macchina e in un attimo la ragazza è scesa puntandomi un'arma contro.
Kevin ascoltava con interesse e divertimento il racconto del fratello. Non capitava spesso sentire che Mark avesse avuto dei problemi. Tra i cinque fratelli era quello più spietato.
- Comunque sia, adesso stanno arrivando - li interruppe Elizabeth. - Quindi, gradirei che ci fossi anche tu.
- Va bene - rispose Kevin. - Nathaniel, Arya e Maia dove sono?
- Io sono qui - Era Maia che scendeva le scale. Anche quando doveva fare una cosa semplice come scendere semplicemente i gradini era sensuale.
- Arya è in camera sua, tra poco scenderà - aggiunse Mark.
- Nathaniel, invece è irreperibile - commentò Elizabeth con una smorfia schifata.
Il campanello suonò e Kevin andò ad aprire la porta. Si ritrovò di fronte una decina di persone.
- Salve - disse, leggermente a disagio.
Tre donne vestite di nero entrarono lanciandogli un'occhiata bieca e tre uomini le seguirono. Poi entrò una ragazza bella e alta con lunghi capelli color nocciola. Chiuse la porta lasciando gli altri cinque uomini fuori. Evidentemente li avevano portati solamente per sicurezza. Dei tre uomini, soltanto uno era basso e pelato, gli altri erano giovani. Per quanto riguardava le donne, invece si avvicinavano più alla quarantina che alla cinquantina.
La donna al centro lo colpì particolarmente. Aveva i lineamenti duri e severi come quelli di Elizabeth e la pelle scura come quella di Roman. Le labbra erano talmente sottili da risultare quasi inesistenti. Era una bella donna. Inoltre aveva degli azzurri stupendi e capelli neri leggermente striati di grigio che le scendevano sul petto e sulle spalle.
- Benvenuti, signori - cominciò Elizabeth con un sorriso appena accennato. - Io sono Elizabeth Benson Blackburn. E questa è la mia famiglia - finì con un ampio gesto.
- Salve! - esclamò una vocina. Kevin vide che era Arya, che aveva appena sceso i gradini e guardava intimidita i signori di fronte a lei.
Elizabeth continuò con le presentazioni. - Questa è la mia seconda figlia, Maia - riprese indicando con un cenno la figlia che gli stava accanto. - Lui è il mio terzo figlio, Mark, poi c'è Kevin alle vostre spalle e infine la mia piccola, Arya.
I membri della congrega e del branco restarono immobili con occhi privi di ogni espressione.
- Veniamo al dunque, Elizabeth - disse la strega al centro con gli occhi azzurri. Fece due passi avanti. - Le regole le conoscete, non vogliamo morti a Los Angeles. Altrimenti si scatenerà una guerra. - La voce della donna era dura come la pietra.
Elizabeth sorrise. - Posso sapere il tuo nome? - chiese con finta gentilezza alla strega.
- Susan.
- Susan, credi davvero che io voglia una guerra? I nostri popoli vivono in pace da più di duecento anni ormai.
- Bene, allora tieni alla larga quel succhiasangue dal branco e dalla congrega - sbottò l'uomo calvo e basso.
Mark fece per scattare in avanti, ma Elizabeth gi pose una mano sul braccio.
Il campanello suonò ancora e Kevin tornò ad aprire la porta. Era Nathaniel, vestito elegantemente come suo solito. Guardò per un attimo stupito la scena che gli si presentava davanti agli occhi, poi disse: - Abbiamo ospiti, a quanto pare. - Si incamminò verso gli altri fratelli e si mise di fronte agli "ospiti". Kevin lo imitò.
- Cosa succede, Elizabeth? - domandò Nathaniel senza distogliere lo sguardo dalle persone che aveva di fronte.
- Ti abbiamo chiamato, dov'eri? - ribattè Elizabeth.
- A bere sangue umano - urlò l'uomo pelato.
Elizabeth rise sonoramente. Era una risata fredda e odiosa. - Nathaniel non beve sangue umano - replicò.
- Impossibile! - affermò Cameron.
- Oh, certo che è possibile. Vedi, cacciatrice, Nathaniel è...come dire...vegetariano - rispose Elizabeth, con un'espressione di velato disgusto. - Tre dei miei figli in realtà lo sono.
- Un vampiro non può resistere all'odore del sangue - ingiunse un'altra donna, accanto a Susan.
- Invece, può - disse Nathaniel muovendo qualche passo in avanti. - Io ne sono la prova vivente, anche se il termine vi farà un pò ridere. -
Kevin e Arya trattennero una risata.
- Comunque sia - riprese la strega con gli occhi azzurri - io e gli altri membri vogliamo assicurarci che non tocchiate i nostri membri.
- E lo stesso vale per il mio branco - aggiunse l'uomo calvo, che evidentemente era il capobranco.
- Certamente - assentì Elizabeth. - Tuttavia, per i cacciatori di vampiri non potrà essere lo stesso, a meno che non si arrivi a un compromesso.
- E quale sarebbe? - domandò Cameron.
- Se voi promettete di non toccare la mia famiglia, allora manterrò la pace. Altrimenti, provvederò personalmente a uccidere ogni singolo cacciatore di vampiri di Los Angeles.
Cameron indietreggiò di qualche passo, impaurita. - Va bene - annuì infine.
- Comunque non vogliamo morti a Los Angeles. Così facendo attirerete l'attenzione - dichiarò il capo-branco.
- Ah, noi siamo anche capaci di trattenerci e non uccidere le nostre prede - rispose Maia, liquidando il discorso con un gesto vago della mano. - Non siamo come voi, lupi incotrollabili, quando c'è la luna piena.
- Come osi... - Il capo-branco scattò in avanti, ma Susan lo fermò, cingendogli un braccio.
Maia sorrise in modo beffardo. In quel momento era il ritratto di Elizabeth, perfida e spietata.
- E' stato un piacere avervi ospitati - disse Elizabeth. - Arrivederci.
Kevin aprì nuovamente la porta e i membri del branco e della congrega uscirono uno alla volta. Poi richiuse la porta e tornò in salotto, intuendo subito che a Los Angeles, lui e la sua famiglia non sarebbero stato tranquilli.
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