86 - 𝐻𝑖𝑠𝑡𝑜𝑟𝑦
{But we always find a way to make it out alive
One Direction - History}
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Inutile negarlo: le cose stavano andando male.
Molto male.
Ormai ovunque vedevo studenti cadere come birilli, trascinandosi con sé grida e pianti e dolore infinito. Il braccio di Scorpius non la smetteva di sanguinare, e l'instabilità emotiva - aveva appena saputo che la madre era stata uccisa, chi non sarebbe stato quantomeno instabile? - iniziava a pesare sulle sue spalle, rendendo ogni azione più fiacca e lenta.
Non appena Shaw aveva capito che per quanto potesse impegnarsi non avrebbe mai portato Scorpius dalla sua parte - minacce, ricatti, persuasione, aveva provato di tutto - gli scagnozzi che aveva tenuto a proteggerlo fino a quel momento furono richiamati. All'inizio avevano avuto, in ben otto persone, il compito di separare noi quattro dal resto della calca, ma adesso erano aizzati contro me e Malfoy. Io ero ancora salda sui piedi, non avevo riportato alcuna ferita, ma iniziavo ad essere non poco preoccupata per lui.
Quattro prigionieri a testa... saremmo durati quanto il battito d'ali di una farfalla.
"Occupati tu di lui," disse un uomo tarchiato davanti a me, rivolto verso il compagno al suo fianco. "Non sarò io ad uccidere un Purosangue." Poi fissò gli occhi su di me, sui miei capelli, e sulla mia somiglianza con i miei genitori, e levò il labbro superiore in un ghigno. "La Mezzosangue, d'altro canto..."
Scorpius portò il braccio sano, quello sinistro che reggeva la bacchetta, davanti a me. "Devi solo provarci," il suo ringhio mi richiamò alla memoria i documentari naturalistici che tanto piacevano a Izzy. Era selvatico, un vero e proprio lupo con le zanne scoperte.
"Oh, non solo ci proverò, ma ci riuscirò anche," ribadì l'uomo, avanzando verso di noi con la bacchetta sguainata.
"Stupeficium!" feci io, superando la difesa offerta dal corpo di Scorpius. Preso alla sprovvista, nel mezzo delle sue frasi crudeli, il mago non solo perse l'arma ma anche l'equilibrio, finendo appeso per le caviglie diversi metri sopra le nostre teste.
Gli altri sette prigionieri, allora, divennero meno inclini a parlare e più a passare ai fatti. Ci circondarono come prede e predatori, il che costrinse me e Scorpius a fronteggiarli, dando la schiena l'uno all'altra.
"Sono troppi," osservai, tenendo la bacchetta tesa in avanti, "non ce la faremo mai."
Riuscii a castare un Sortilegio Scudo appena in tempo, prima che una prigioniera colpisse il fianco di Malfoy. Cercai di estenderlo il più possibile, rinforzandone le pareti perlacee fino a coprire entrambi.
Il sudore mi iniziò a imperlare le tempie, e più tentavo di renderlo stabile più la pressione sulla mia testa aumentava, fino a rendermi difficile distinguere con chiarezza i contorni delle figure davanti a me. Almeno, e qui un'ondata di soddisfazione mi fece sorridere, lo scudo funzionava abbastanza da impedire agli incantesimi degli avversari di coglierci di sorpresa.
La spossatezza aumentava esponenzialmente, ma almeno stavo proteggendo me e Scorpius con successo. Lui riuscì a disarmare un avversario e a Schiantarne un altro, ma quando una Maledizione Senza Perdono venne scagliata contro la cupola persi del tutto la concentrazione, e questa andò in pezzi come una lastra di vetro. Se non venni colpita fu solo grazie a Scorpius, che mi spinse via con dei riflessi pronti, e rotolai nell'erba fino alla riva del Lago.
Affondai le dita nella sabbia, sentendo il capo pulsare fastidiosamente. Respinsi un conato di vomito - nella nebbia che mi avvolgeva sentii confusamente Shaw ridere, spietato. Dovetti fare leva sulle braccia, ignorando il mio stomaco sottosopra, per alzare gli occhi sulla scena.
Scorpius era indietreggiato verso di me, non riuscendo ad affrontare sei prigionieri da solo ma desiderando comunque frapporsi fra me e loro. Il sangue colava giù sul braccio destro, macchiando la sabbia umida mischiata agli ultimi ciuffi di erba; se lo teneva contro il petto, ma la mano sinistra gli serviva per tenere la bacchetta.
Avevo fatto male a prolungare così tanto l'utilizzo di uno Scudo potente come il Protego Horribilis, la forma più avanzata di Protego che mi aveva permesso di contrastare, almeno all'inizio, la loro Magia Oscura. Quel sortilegio mi aveva completamente privata delle energie, eppure la vista di Scorpius in difficoltà bastò per farmi racimolare gli ultimi bricioli di forze rimaste, e a convertirli in un'altra forma, una forma che ci avrebbe dato un vantaggio sugli avversari.
Dopo l'essere riuscita a trasformarmi durante l'inseguimento con Caleb, a dicembre, era come se fossi riuscita a superare quella soglia che mi teneva ancorata al mondo umano. Ci vollero pochi istanti perché sentissi il corpo essere invaso da un grande calore, e mi bastò chiudere gli occhi e concentrarmi.
Sapevo che la forma da Animagus avrebbe sorpreso e destabilizzato i miei nemici, e fu esattamente quel che accadde: prima che potessero metabolizzare la trasformazione spiccai un balzo, avvalendomi della potenza dei muscoli delle zampe, e riuscii a superare Scorpius, frapponendomi tra lui e i prigionieri.
Schivai velocemente uno Schiantesimo e mi avventai sul mago più vicino a me. Esso provò a indietreggiare, ma non potendo più contare sulla bacchetta, essendo stato Disarmato da Scorpius, non poté difendersi. Gli saltai addosso, inchiodandolo al suolo, e con uno scatto mi gettai sul suo compagno, azzannandogli la gamba e gettandolo lontano da noi.
Ero pronta a finire anche gli altri, quando un lamento perforò le mie orecchie; mi voltai così velocemente da sentire i muscoli dolere, e vidi che Scorpius era caduto in ginocchio, la bacchetta a terra, e si reggeva l'arto ferito con un'espressione così sofferente che il cuore mi balzò nello stomaco.
Per quanto tempo hai finto che non fosse grave, stupido?
Non ci fu tempo per rimproverarlo, perché la sua caduta aveva attirato gli sguardi dei nemici rimanenti. L'unica cosa che potei fare su gettarmi davanti a lui per intercettare i colpi con il mio corpo. Sarei morta volentieri, se avessi potuto dare la mia vita per lui.
Un ruggito rimbombò nel mio petto, pronta ad affrontare i maghi e le streghe con tutti i mezzi che avevo a disposizione. Ero rimasta però a corto di idee: se avessi abbandonato la posizione di fronte a lui, per poterli attaccare direttamente con artigli e zanne, sicuramente l'avrebbero colpito. Se invece fossi rimasta lì... non potevo utilizzare la bacchetta. Contro la magia c'era poco che potessi fare.
Mi accucciai contro il suo corpo, sentendo il suo respiro smuovermi il pelo rossastro. Mandai un ringhio, ma in risposta ricevetti solo delle risate di scherno.
"Che bel leoncino," mi sbeffeggiò una delle prigioniere, "se ti tiro un bastone vai a prenderlo?"
"Quello lo fanno le piovre," ribatté Scorpius, in un filo di voce.
La strega rimase interdetta. "Cosa hai detto?"
Il biondo alzò la testa, un accenno di sorriso sul volto dolente. "Ho detto che sono le piovre, a prendere gli oggetti. Non i leoni."
Prima che i maghi potessero capire cosa intendesse, Scorpius si portò due dita alla bocca e fischiò forte, due volte.
Per un attimo non accadde nulla, tanto da farmi dubitare che quel suono fosse servito a qualcosa; poi la terra sotto i nostri piedi - o zampe - iniziò a tremare violentemente. Se fossi stata umana la mascella mi si sarebbe dislocata, poco ma sicuro.
Fissai con i miei nuovi occhi, capaci di vedere mille volte meglio, la superficie del Lago Nero incresparsi, ribollire, fumare. L'ultima creatura che mi sarei mai aspettata intervenne nella situazione in nostro soccorso. I tentacoli di Queenie, la Piovra del Lago Nero, schizzarono come fulmini dall'acqua e si avventarono sui nostri avversari, che iniziarono a gridare e dibattersi furiosamente. Più loro si contorcevano, più Queenie serrava la presa.
Quando ebbe afferrato anche l'ultimo mago, che aveva provato a fuggire, la Piovra sollevò i tentacoli in aria, facendo pendere a testa in giù i nostri avversari, e senza indugiare li gettò nel Lago. Vidi distintamente le code e le chiome d'alghe delle Sirene intervenire, a quel punto, e bloccarono i loro prigionieri trascinandoli nei meandri del Lago.
Avrei voluto esultare di gioia, ringraziare Queenie e baciarla fino allo sfinimento per averci completamente liberati degli evasi, ma il rantolo di Scorpius mi distrasse. Ormai la sua camicia era impregnata di sangue, e quella scena mi ricordò così vividamente ciò che avevamo vissuto con il Sectumsempra che mi sfuggì un uggiolio, verso che sarebbe equivalso ad un singhiozzo terrorizzato.
La paura fu tale che, benché non ne avessi avuto intenzione, ritornai alla mia forma umana. "Scorpius, non ti azzardare," dissi, permettendogli di passare il braccio sano attorno alle mie spalle per sorreggersi.
"Non ti azzardare a fare che?" chiese lui, stringendo i denti. Stava provando con tutto se stesso a non mostrare dolore, come faceva sempre, come aveva sempre fatto.
"A fare come la scorsa volta," replicai, prendendogli il viso fra le mani. Un velo di sudore, dallo sforzo di tenersi in piedi, gli imperlava la pelle, macchiata di terra e sangue.
I suoi occhi però, quelli erano intatti, e ardevano, ardevano come non mai. Fui folgorata dal modo in cui l'argento delle sue iridi parve dotato di vita propria.
"Stavolta non ti lascio sola, Weasley," mi assicurò con fervore. "Non ti lascerò più."
Posò la fronte sulla mia, ansimando per il malessere, per la fatica, per la stanchezza. Chiusi forte gli occhi, stringendo la presa attorno al suo collo. "Bene, perché non te lo permetterò."
Un singulto lo attraversò, simile ad una risata che doveva essere un vero supplizio.
Vuol dire che le anime gemelle hanno poteri particolari?
Oh, sì. Quando combattono fianco a fianco, la loro - la vostra - magia è speciale. Siete più potenti di qualsiasi altra coppia di maghi.
Se Lumacorno aveva ragione... quel potere doveva manifestarsi. Noi dovevamo riuscire a farlo manifestare.
Lo amavo così tanto.
Non avrei mai permesso a nessuno di fargli del male.
"Rose...?"
"Shh. Mi sto concentrando."
"Concentrando a fare cosa—"
Poi, sotto le mie mani, lo sentii sobbalzare. Aprii gli occhi in tempo per vedere un alone rosso circondare le mie mani, il mio corpo, e uno nero scaturire da lui; mi resi conto le avevamo manifestato le nostre Aure, senza pozioni, senza incantesimi, senza aiuto di nessuno tranne che di noi stessi.
Le Aure si fusero, assumendo colori brillanti, vividi. La mia, rosso fuoco, invase il suo corpo ferito. Non lo guarì come avevo sperato, ma almeno fermò l'emorragia, e restrinse il diametro della lesione di pochi centimetri.
Le sue braccia mi circondarono quando sentii un lieve mancamento; dovetti chiudere gli occhi per far smettere alla mia testa di girare, ma eventualmente ci riuscii, e Scorpius mi aiutò ad alzarmi in piedi. L'Aura l'aveva abbandonato, ma l'energia che fluiva nel suo sguardo era nuova, era potente. Era viva.
"Tu... ma come hai fatto?" chiese, stupefatto, tenendomi a sé.
Sorrisi appena. "Anime gemelle, tesoro. Ricordatene, la prossima volta che credi a un minorenne psicopatico e che mi lasci senza motivo."
Alzò un angolo della bocca, divertito. "Me lo rinfaccerai per tanto tempo, ancora?"
"Comportati bene, e non sarà per sempre."
Soffocò un risolino. "Del resto, quando mi sono innamorato di te avevo già ben chiaro il guaio in cui mi stavo andando a cacciare. È colpa mia."
Gli diedi una leggera gomitata. "Perché non affrontiamo un problema per volta?" chiesi, sarcastica, nonostante quelle parole mi avessero scatenato le farfalle nello stomaco. Indicai il nuovo manipolo di prigionieri che ci stava venendo in contro.
Scorpius tese la mano destra verso la mia, impugnando la bacchetta con l'altra. "Te l'ho detto. Li affronteremo insieme."
"Mi dispiace," dissi all'improvviso, gli occhi puntati sui maghi che si stavano avvicinando. "Per—per la tua dichiarazione."
Aggrottò le sopracciglia. "Eri sotto effetto del filtro d'amore."
Deglutii. "Avrei dovuto dirti comunque qualcosa."
"E cosa?" rise lui. "Non potevi—"
"Che ti amo," risposi energicamente. "Che ti amo con tutta me stessa, e che il mio cuore ti appartiene, come il tuo appartiene a me. Avrei dovuto dirti che da quando sei nella mia vita anche io penso al futuro, e a noi."
Mi rivolse un sorriso luminoso, con tanto di fossetta. "Per quanto mi sarebbe piaciuto ricevere anch'io la mia dichiarazione melensa, non c'era bisogno che mi dicessi tutto questo. Da quando siamo stati nel Bagno dei Prefetti ho capito che anche tu provavi la stessa cosa. Le parole sono superflue."
Roteai gli occhi. "Quanto sei pieno di te."
"Sbarazziamoci di questi infami," rispose lui, "e poi ti mostrerò quanto posso essere pieno di me."
Con un occhiolino che mi fece ridere come un'idiota si gettò in avanti, pronto ad affrontare i nostri avversari. Lo seguii, mettendo tutto da parte - l'omicidio di sua madre, a preoccupazione per i nostri amici, la sua parentela con quei due, che si erano spostati più in là ad osservare quella che credevano sarebbe stata la nostra fine. Be', si sbagliavano di grosso: non sarebbe stato tanto facile farci fuori.
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Possibile che le cose potessero degenerare così in fretta?
Era come se l'universo avesse deciso di rivoltarsi contro me, il mio biondo e l'intera Hogwarts. L'arrivo degli Schiopodi Sparacoda, per quanto non riguardasse noi due direttamente perché usciti dalla Foresta Proibita, dall'altro lato del Giardino, mise in seria difficoltà ogni studente rimasto in piedi per combattere.
Io e Malfoy eravamo partiti bene, coordinati, colmi di rinnovata energia, ma il numero dei prigionieri era semplicemente troppo superiore al nostro perché avessimo la meglio. Avevo guadagnato tempo, appiccando un fuoco tutto intorno a noi per impedire ai maghi di raggiungerci, ma con il passare del tempo i nemici, invece di stancarsi, sembravano incrementare la brutalità degli attacchi.
Ormai contavo una ferita alla gamba che mi obbligava a zoppicare e un taglio sulla guancia, mentre Malfoy, oltre il braccio lesionato, si era beccato un occhio nero e il labbro inferiore sanguinante.
"Dobbiamo ritirarci," mi fece presente, prima di scaraventare via un nemico con un Incantesimo di Dispersione, e mandarlo a finire nel Lago Nero.
"E dove?" risposi, e con un colpo di bacchetta incrementai la fiammata laddove una strega aveva provato a superarla. "Abbiamo il Lago alle spalle."
"Avanti, Weasley, usa il cervello," mi spronò, parando uno Schiantesimo, "ci deve essere qualcosa che possiamo fare per non morire."
Mi lanciai disperata un'occhiata attorno. Nel Giardino, che vantava parti che andavano a fuoco, corpi disseminati ovunque, i rimasugli di Acromantule e Schiopodi sventrati, la battaglia stava continuando imperterrita. Gli studenti erano come noi, spossati, distrutti emotivamente, per la maggior parte feriti, ma non si fermavano un attimo, pronti a sacrificare tutto l'uno per l'altro, e per la loro scuola. Vedevo un grosso tronco levitare per magia e abbattersi contro i portoni, cercando di penetrare all'interno del Castello, e più in là una serie di esplosioni colorate, forse opera di James.
"Io..." stavo per dire che non mi veniva in mente niente, quando accaddero due cose: la prima, gli evasi trovarono il modo di spegnere il mio cerchio di fuoco, e si avventarono su di noi; la seconda, una macchina che cascava a pezzi fece capolino dal passaggio da Hogsmeade, e di gran carriera - sembrava che al volante ci fosse un ubriaco - attraversò tutto il Giardino, sbaragliando creature magiche, maghi e qualsiasi cosa si trovasse sul suo cammino.
La riconobbi all'istante: era la Ford Anglia di nonno Arthur, la vettura che aveva fatto sì che papà e zio Harry raggiungessero Hogwarts al loro secondo anno.
Sgranai gli occhi, la bocca praticamente a terra, quando la macchina si diresse verso di noi, e senza grandi cerimonie investì la metà dei prigionieri di Azkaban che ci stava attaccando. Alla guida, nientemeno che Isabelle Parker, con un'aria molto incazzata e tanto di grido selvaggio.
"Aaaaah!" urlò, premendo senza pietà sull'acceleratore. Bastarono pochi istanti perché non ci fosse più alcun nemico in piedi. Scorpius la fissava con così tanta ammirazione da essere paragonabile solo a Hugo di fronte al polpettone di tonno e maionese della nonna, e io provai un moto di affetto illimitato per quella ragazza dal coraggio incredibile.
All'improvviso sentii una mano afferrarmi per il collo, e impedirmi di respirare, levandomi ogni gioia datami dall'apparizione di Izzy. La mano strinse attorno alla gola, sollevandomi da terra. Cercai di graffiarla, piantarvi le unghie, ma nulla sembrò smuoverla.
"Ben fatto, Will," sentii dire da Shaw, sbucato al mio fianco. "Vedremo se hanno ancora voglia di ridere, adesso."
Isabelle smontò dalla macchina e fece per avventarsi su Brierley, che mi stava stritolando, ma Scorpius la fermò per il braccio, un'espressione spaventosa in volto. "Tu vuoi me," disse, con tono basso e minaccioso. "Lasciala andare, e verrò con te."
"No," mi dibattei, generando un gemito strozzato, e Brierley in tutta risposta strinse più forte, facendomi letteralmente vedere le stelle.
"Lo farei," fece Shaw, con le mani dietro la schiena, camminando avanti e indietro fra me e i due ragazzi. "Ma sai che non posso. Se la lasciassi, so che non la abbandoneresti mai per passare dalla mia parte. L'unico modo..." sorrise. "L'unico modo è tagliare i ponti, Scorpius. Come con tua madre."
"Ti ho detto di lasciarla andare," fece Scorpius, serrando la mandibola. "Non lo ripeterò ancora, Shaw."
Se non fosse stato dalla mia parte avrei iniziato ad avere seriamente paura di lui. Non era granché terrificante quando si arrabbiava, ma non appena utilizzava quella maschera di imperturbabilità, con una ruga tra le sopracciglia bionde... lì incuteva sul serio timore.
Shaw si aprì in un sorriso colmo di derisione, poi si girò verso di me, gli occhi luccicanti di una luce malata. "Perché non dici le tue ultime parole, Rose Weasley?"
Ci avrei quasi pensato su, se quella montagna di muscoli non avesse deciso di stritolarmi e di impedire il corretto afflusso del sangue al cervello; dedussi però che non era il giusto momento per fare del sarcasmo, quindi mi limitai a scoccargli un'occhiataccia—
"Perché non le dici tu?" intervenne una voce familiare, una voce che mi avrebbe fatta scoppiare a piangere dall'emozione se solo non avessi avuto la mente annebbiata e un filo di aria nei polmoni.
La scena che mi si presentò davanti aveva dell'irreale: Draco Malfoy e lo zio Harry, in tenute da Auror, le bacchette tese e le arie più terrificanti che avessi mai visto.
Bastò voltare appena il capo, per quanto possibile con la mano di Brierley serrata attorno alla mia gola in fiamme, per vedere un'altra invasione - quella degli Auror. Fu bellissimo, un'immagine che non mi sarei mai dimenticata, in tutta la mia vita. Gli studenti rimasero bloccati, immobili come statue di ghiaccio, e i maghi del Ministero si presero cura di tutto al posto loro. Acromantule, Troll, Schiopodi, in pochi istanti tutti i rimanenti caddero a terra, e i prigionieri di Azkaban tornarono in catene.
"Mia figlia no, bastardo," sentii dire alle mie spalle.
Con un grido di dolore Brierley lasciò la presa su di me, che caddi a terra come un sacco. Mi portai automaticamente le mani al collo, sentendo i polmoni e la gola e la pelle andare a fuoco.
Mi voltai in tempo per vedere papà, mio papà, con la divisa nera rinforzata degli Auror, disarmare Brierley. Senza troppe cerimonie, e senza ulteriore uso della magia, lo vidi caricare un pugno che avrebbe fatto invidia pure alla tecnica di Scorpius, il migliore che conoscessi nell'arte di spaccare il naso della gente. Brierley crollò sulla sabbia, e zio Harry si adoperò per mettergli le manette, lo stesso che Draco aveva appena fatto, insieme a Scorpius, con Shaw.
Papà cadde in ginocchio e mi prese fra le braccia, stringendomi al petto. Il suo calore, il suo amore, solamente la sua presenza, bastarono per farmi scoppiare in lacrime come una ragazzina, e gli circondai il collo, seppellendo il volto nella sua spalla. Il profumo familiare, il profumo di casa, che altro avrei potuto desiderare dalla vita? Sparì ogni dolore, ogni preoccupazione, ogni malessere.
"Amore mio," fece lui, stringendomi con altrettanta forza, la voce che tremava. "Perché piangi, Rosie? Ti ha fatto molto male? Dio, lo ammazzo," ringhiò poi, "ti giuro che lo ammazzo."
"Sto bene," singhiozzai io, asciugandomi le lacrime con il palmo della mano, "è solo che sono contenta di vederti."
Anche lo zio si chinò accanto a me, e mi diede un bacio sulla fronte. "Non sarebbe mai successo senza l'aiuto di Isabelle. Ha avuto il fegato di guidare quella macchina oscena fino al Ministero! Se l'avesse vista Freddie..."
Izzy sembrò sul punto di replicare - era già arrossita a causa del complimento dello zio - quando sbiancò in volto: "Albus!" gridò, e iniziò a correre su per la collina, diretta al Castello.
Lo zio Harry assunse il colorito del gesso e si gettò al suo inseguimento; io, con il cuore tremante, provai a fare lo stesso. "Hugo... Albus... oh Dio, papà, dobbiamo andare..."
"Andate voi," fece Scorpius, chinandosi perché passassi un braccio attorno al suo collo, "noi vi raggiungiamo con più calma. Dovete aiutare i feriti."
Draco e papà si scambiarono un'occhiata poco convinta, soprattutto per le nostre condizioni fisiche, che di certo non erano ottimali. "Ha ragione," intervenni, sebbene il mio animo fosse lacerato all'idea di non poter andare subito anch'io da mio fratello e dalla mia famiglia. I due Auror avevano sicuramente un repertorio di incantesimi più forti cui attingere, e i feriti potevano averne bisogno.
Non mi sarei mai perdonata se qualcuno fosse morto a causa della mia lentezza.
Papà si sporse per darmi un ultimo bacio, e Draco fece lo stesso con Scorpius; poi si rivolsero un cenno del capo a vicenda e in sincronia ripresero la loro corsa verso il Castello.
"Ce la fai, Posie?" domandò Scorpius, sorreggendomi la vita con il braccio sano. Il suo corpo ebbe sul mio lo stesso effetto di quando mi aveva abbracciata mio padre: un gran senso di familiarità e di tenerezza mi invase, scacciando, almeno per il momento, pensieri negativi.
Gli posai una mano sulla guancia, sporgendomi cautamente fino a far unire le nostre bocche in un bacio tenero e delicato. I suoi occhi tradirono sorpresa ma anche enorme piacere, quando mi allontanai di nuovo per guardarli.
Azzardai un passo in avanti, e quando realizzai che le gambe mi reggevano gli rivolsi un sorriso ottimista. "Sì, ce la faccio. Ora andiamo dai nostri amici."
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{Scorpius}
Vi starete chiedendo, a questo punto, come sia finita la cosa.
Ebbene, tutto si era risolto per il meglio, anche se a caro prezzo. Gli Auror erano stati tutto il giorno a dare una mano, ricostruendo le parti distrutte della scuola e soccorrendo i feriti: avevano accettato di andare via solo quando la Preside McGranitt aveva fatto il suo ingresso nella scuola, furiosa come poche volte l'avevo vista, con al seguito l'intero corpo docenti.
Anzi, non intero: Edward Lupin aveva combattuto con noi, e il professore di Difesa, Hector Sanguini, ci aveva lasciati.
Le perdite non erano ingenti, grazie agli espedienti perpetrati da noi studenti, ma erano tutte persone che conoscevamo, e con cui avevamo condiviso una parte importante della nostra vita. Ad esempio, Troy, l'amico di Walker, aveva perso la vita contro il suo più caro amico, privo di scrupoli. Alvin Lee, il sagace commentatore di Grifondoro, e Amanda Finch-Fletchley, una delle mie vecchie amanti, avevano avuto la peggio contro degli evasi. Anche Norah, la aspra e ombrosa Norah, era in bilico fra la vita e la morte; si sarebbe salvata solo se avesse avuto la forza di superare la notte al San Mungo.
Walker stesso era stato ritrovato ai limiti della Foresta Proibita, sventrato completamente da quelle che sembravano le zanne di un'Acromantula.
C'era mancato poco che James perdesse un braccio contro uno Schiopodo, ma Edward l'aveva salvato; Lily e Hugo erano riusciti, con l'aiuto dei Fantasmi, a tenere serrate le porte della scuola, salvando la vita di decine di ragazzi feriti e degli studenti dei primi anni, subito fatti uscire dal Giardino Botanico. Mi ero beccato un calcio da Ben, prima di ricevere un grande abbraccio preoccupato.
Di noi nessuno era rimasto ucciso, ringraziando il Cielo, e nemmeno gravemente ferito, tranne Albus. Madam Pomfrey aveva espressamente detto che era stupita che non fosse collassato prima del suo arrivo, ma gli aveva rifilato senza esitazione un qualche intruglio, e messo a dormire nell'Infermeria.
La stessa sorte, a dire il vero, era toccata a me. Avevo concentrato tutta la mia attenzione sull'aiutare in giro ovunque potessi, fino a che mio padre era intervenuto e mi aveva preso da parte.
Non era un uomo di molte parole, e quell'aspetto del suo carattere l'aveva passato a me, senza dubbio. Mi aveva chiesto cosa fosse successo, e io, con la Maschera che esprimeva compostezza ma che in realtà ululava un dolore insopportabile, avevo dovuto raccontargli tutto.
Quando aveva saputo non solo della mia parentela con quegli esseri spregevoli, ma anche che erano stati loro ad aver ucciso la mamma, avevo visto un lampo di malessere profondo attraversargli gli occhi. Non era durato, però, e questo mi aveva sorpreso non poco. Tutto quello che aveva fatto era stato abbracciarmi, stretto, e quel contatto aveva di poco alleviato la confusione di emozioni che portavo dentro.
"L'abbiamo lasciata andare molto tempo fa, Scorp," mi aveva detto, prendendomi per le spalle. "Questo non cambia il ricordo che abbiamo di lei." Aveva poi inclinato appena il capo, guardandomi con orgoglio. "Sarebbe fiera dell'uomo che sei diventato."
"Non ce l'avrei mai fatta senza aiuto," avevo replicato, sospirando.
La sua gioia mi aveva colto alla sprovvista. "Lo so," si era aperto in un sorriso. "Tu hai trovato il tuo girasole."
Poi mi aveva dato una lieve pacca sulla spalla. "Ci vediamo a casa fra qualche giorno, e parleremo meglio di tutta la situazione, va bene? Adesso cerca di goderti gli ultimi momenti qui, con i tuoi amici."
Io, Rose, Isabelle, Hugo, Lily e James eravamo rimasti a guardare i nostri genitori mentre uscivano dal Castello, pronti a ritornare alla normalità. Alcuni riportavano brutte notizie, altri buone, ma ognuno di loro avrebbe detto alla comunità magica che almeno era tutto finito, e che adesso la strada sarebbe stata in discesa.
Era stato a quel punto che Madam Pomfrey mi aveva accidentalmente urtato il braccio ferito, e la scossa che mi aveva fatto gridare fu più di sorpresa che di vera sofferenza. La donna, tuttavia, non aveva voluto sentir ragioni, e aveva combattuto con le unghie e con i denti per farmi ricoverare in Infermeria, fino a chiedere alla Preside di costringermi. Sapevo che lo scambio doveva essere risultato ilare, una strega minuta e arrabbiata che mi sbatteva l'indice contro la punta del naso nel tentativo di farmi ubbidire agli ordini. Avevo almeno cercato di protestare dicendo che i letti servivano per i feriti più gravi, ma erano tutte state obiezioni vane.
"E così hai perso contro Madam Pomfrey," fece Rose, nel silenzio dell'Infermeria, accucciata sotto le lenzuola con me. Teoricamente quello sarebbe dovuto essere un letto singolo... teoricamente. Lei non aveva nemmeno pensato di andarsene, e io di chiederle di farlo.
Alzai gli occhi al cielo, gesto che la fece ridacchiare. "Ti prego, Weasley. Sappiamo entrambi che gliel'ho data vinta."
"Secondo me hai avuto paura," ribatté lei, divertita. "Sa essere molto spaventosa."
Una risata echeggiò attraverso la nostra stanza, distraendoci. Sapevamo tutti e due a chi apparteneva: Albus e Isabelle erano nella stessa nostra situazione, dall'altro lato dell'Infermeria, e non la smettevano di chiacchierare fittamente, i cuori leggeri e innamorati.
La notte era scesa da diverso tempo su Hogwarts, ma non per quello eravamo riusciti a chiudere occhio. Le immagini di quel che avevamo passato quella stessa mattina erano marchiate a fuoco nelle nostre menti, e si sommavano a quelle dei funerali allestiti quella sera, dei corpi distesi in fila nel Giardino, avvolti in teli bianchi, e di amici in lacrime che avevano scoperto di aver perso qualcuno.
Era tutto troppo. La Maschera non reggeva, la mia testa non reggeva.
Rose si stirò appena, con uno sbadiglio. La fascia che le avvolgeva la coscia risultò ruvida a contatto con la mia gamba. Passò un braccio attorno alla mia vita, attenta a non toccare il mio, ferito, e posò la bocca sulla pelle del mio collo. "Dovremmo dormire."
Automaticamente mi sfuggì un sospiro. Fui all'improvviso consapevole di come il suo corpo toccasse il mio in più punti, e i baci che mi stava lasciando bastarono a farmi perdere la concentrazione. "Mh?"
Sorrise contro la mia spalla, nuda a causa del bendaggio che mi fasciava. "Che succede, signor Malfoy?" chiese sottovoce. La sua mano si allontanò dal proprio fianco per scorrere lungo il mio petto, morbida, lasciva. Con la punta dell'indice percorse il solco dei miei addominali, fino alla parte bassa del torace, e sfiorò l'orlo dei pantaloni.
Risi nervosamente. "Niente, signorina Weasley," risposi, soffocando nel tentativo di far suonare normale la mia voce.
"Niente, eh?" ripeté lei, infilandosi sotto l'elastico dei boxer. Con le labbra salì lungo il mio collo fino a baciarmi la gola, scatenando una vera e propria vampata di calore che mi destabilizzò.
La mia mano bloccò la sua prima che si spingesse troppo oltre perché riuscissi a fermarla. Tirai indietro la testa, fissandola severamente. "Che c'è, vuoi farmi morire?" chiesi, con chiara ammonizione nello sguardo.
I suoi occhi mi rimandarono un bagliore nell'oscurità della notte. "Siamo sopravvissuti, Scorpius," disse, seria. "Molti non hanno avuto lo stesso privilegio. Adesso dobbiamo vivere, anche per chi non può più farlo."
La guardai per un solo istante in più, poi gettai un'occhiata attorno a noi - gli studenti nei lettini che ci circondavano erano immobili, e alcuni russavano pure. Mi ci volle meno di quanto avrei creduto a cedere: "Al diavolo," sbottai, e con una sua risatina tirai le lenzuola sopra la nostra testa, prendendola fra le braccia e cercando le sue labbra.
Tutto ciò che ricavammo furono pochi minuti. Il tempo di sentire il respiro divenire più pesante e il sangue correre in luoghi in cui non sarebbe dovuto andare, e uno scricchiolio bucò la nostra bolla d'intimità.
Quando tirai fuori la testa per trucidare chiunque fosse entrato, disturbandoci, vidi l'ultima persona che mi sarei mai aspettato avvicinarsi al nostro letto.
"Teddy?" fece Rose, i capelli in mille direzioni e l'aria confusa. Si abbassò la maglia, tirandosi a sedere. "Che ci fai qui?"
Teddy Lupin sembrò veramente in difficoltà - non ci voleva un genio a capire che aveva interrotto qualcosa. I capelli alla luce della Luna gli diventarono di un rosso intenso, segno del suo cocente imbarazzo. "Io—lo so che è tardi, ma volevo parlare con te, Scorpius. Posso ritornare," aggiunse subito, già iniziando a indietreggiare.
Rose sgranò gli occhi e balzò giù dal letto. "No, no, resta. Vado a vedere come stanno le ragazze, nel frattempo," disse, e si sporse frettolosamente per darmi un bacio sulla fronte. "Torno dopo."
Avrei voluto pregarla di restare, ma lei si volatilizzò prima che potessi farlo. Perché di tutti quel tipo voleva parlare proprio con me?
Mi allungai per chiudere le tende attorno al lettino per poter accendere la luce della lampada ad olio senza svegliare nessuno. Edward si sedette alla fine del letto, torturandosi le mani posate in grembo. La chioma gli ritornò di una particolare sfumatura di blu, tendente al viola.
"Allora?" chiesi io, accigliato. "Che devi dirmi?"
Il mio tono duro lo scosse. "Volevo scusarmi."
"All'una di notte?" obiettai. "E comunque non serve, l'hai già fatto."
Sembrava prossimo alle lacrime, il che mi convinse a sospendere il mio atteggiamento acido. Il solo fatto che si trovasse di fronte a me, tuttavia, mi destabilizzava. Da quando mia madre era morta mi aveva evitato come la peste, incapace di rimanere persino nella mia stessa stanza. All'inizio ero rimasto ferito da questo comportamento, ma con il tempo avevo imparato a smettere di farci caso.
Comunque, prima della battaglia non aveva esitato a venirmi incontro e scusarsi per la bugia che aveva portato alla rottura fra me e Rose. Se l'avevo perdonato non era perché ormai eravamo tornati insieme e non mi interessava più, ma per la consapevolezza che Shaw l'aveva manipolato e ricattato, ed essere arrabbiato non sarebbe servito a nulla.
"Non per quello," rispose.
Attesi con la fronte aggrottata che si spiegasse, desiderando sempre di più che Rose ritornasse e che con la sua parlantina rendesse il tutto meno imbarazzante.
Alla fine Edward si decise a prendere un respiro. "Scusa per l'ora," ribadì, "ma questa battaglia ha cambiato ogni cosa. Ho capito che non potevo permettermi di morire senza prima darti una spiegazione, almeno per tenere fede alla memoria di Astoria, capisci?"
"Non proprio," risposi, sincero.
"C'era un motivo se mi sono allontanato da te quando lei è morta. Non so cosa tu abbia pensato, ma non devono essere stati ragionamenti simpatici."
"Ho pensato che fossi troppo codardo per rimanere in giro e condividere il tuo dolore con noi," dissi senza mezzi termini. "E il fatto che tu tutt'oggi non riesca a guardarmi in faccia non fa che darmene la prova."
"No!" fece lui, con più veemenza di quanto mi sarei aspettato. "No, non è andata affatto così. Io ti volevo bene, Scorpius, e te ne voglio tuttora."
Inarcai entrambe le sopracciglia, scettico. "E scappare è il tuo modo di dimostrarlo? Mi fa pena James, allora."
Il mio commento sembrò ferirlo, ma almeno ottenni di vedere i suoi occhi sollevarsi dal proprio grembo e piantarsi nel mio volto. "Da quando lei è morta, io non ho avuto il coraggio di rimanere al tuo fianco, sapendo dell'odio che provavi nei miei confronti. Era troppo per me, vedere il ragazzino che consideravo un fratello alla stregua di James, Albus e Lily, riservarmi un atteggiamento rabbioso ogni volta che mi vedeva."
"Rabbioso?" ripetei, disorientato.
"Non c'è bisogno che fingi. Ho accettato questa cosa molto tempo fa," disse.
Mi passai le dita fra i capelli, sentendo crescere la confusione. "Senti, è arrivato il momento di parlare chiaramente. Questo tuo essere così criptico non ci farà arrivare da nessuna parte, e io voglio tornarmene a dormire."
"Non sono criptico," ribatté, quasi offeso dal termine. "Affatto. Sto solo cercando di capire come affrontare questo argomento, il quale, che tu ci creda o no, per me è importante."
Sospirando appoggiai la schiena alla testata del letto, e gli rivolsi un cenno del mento. "Fa' con comodo."
Trascorsero alcuni attimi in silenzio, durante i quali lui racimolò le parole adatte e io cercai di intuire dove volesse andare a parare. Alla fine Edward - già non avevo familiarità con i soprannomi in generale, come vìstosi con la mia incapacità di chiamare Isabelle con quel nomignolo orribile, poi figurarsi identificare lui con Teddy - si decise a parlare.
"Mia nonna Andromeda mi crebbe per tutta la mia infanzia," disse, "e quando morì fui adottato, come ben sai, da Harry e Ginny. Astoria venne a sapere che mia nonna era la sorella di Narcissa e Bellatrix, e che perciò io e Draco eravamo imparentati. A quel punto i Potter erano impegnati con James, che stava per nascere, e Astoria convinse Draco a prendersi cura di me nel tempo libero. All'epoca ancora non erano sposati, e avevano appena iniziato a frequentarsi. Astoria mi diceva sempre che il loro amore era nato con me, dato che lei si offriva sempre per aiutarlo, nei pomeriggi in cui ero sotto la custodia di Draco."
Edward mi rivolse un sorriso triste. "Grazie a lei furono degli anni meravigliosi, quelli. Mi sentivo parte di due famiglie, e avevo anche una specie di fratello, James, nonostante fosse troppo piccolo per averci un bel rapporto. Poi nascesti tu, e Albus, e Rose, ed era tutto così bello - ero pieno di nuovi amici, e non per questo mi venne mai a mancare l'affetto degli adulti."
Poi lo sguardo gli si incupì, e capii subito quale argomento stava per toccare. "Quando morì avevo ventuno anni, e avevo passato tutta la mia vita con lei. Mi aveva portato al parco, aveva giocato con me, mi aveva riempito di amore e di attenzioni, e mentirei se dicessi che non la consideravo al pari di Ginny, e della madre che non ho mai conosciuto. Tu, invece," quasi ringhiava, "tu sei stato con lei per quanti, tredici anni? Ora capisci perché non sono mai stato in grado di guardarti in faccia? Perché suo figlio, colui che amava più di ogni cosa al mondo, ha avuto meno tempo con lei di tutti gli altri - di me, persino, un completo estraneo per la vostra famiglia, che però è stato riempito di amore dal primo istante."
Rimasi a fissarlo, senza sapere cosa dire. Conoscevo già quella storia, perché quel ragazzo, tra capelli colorati e sorrisi teneri era stato in giro per praticamente tutta la mia infanzia. Quando io ero entrato ad Hogwarts lui era appena uscito, e mi aveva accompagnato a prendere per la prima volta il treno alla stazione. Era stato colui che mi aveva introdotto ad Albus, che era poi diventato ben più del semplice figlio di amici dei miei genitori. E non appena aveva saputo della malattia della mamma era stato accanto a lei, a me e a papà, fino a girare ogni ospedale dello Stato per trovare una cura.
Lo fissai candidamente. "Mi avresti fatto comodo, sai. Quando è morta."
"Mi dispiace," ripeté ancora, sofferente. "Se Astoria sapesse che ti ho abbandonato..."
"No, non intendo quello, non intendo me," chiarii, spostando gli occhi sulla tenue fiamma della lampada ad olio. "Questa è una cosa che ho detto solo a Rose e Albus, quindi non farmi pentire di avertene parlato. Al mio terzo anno non volevo tornare ad Hogwarts," continuai, "perché avevo paura che mio padre si potesse suicidare."
Vidi la sua ombra, proiettata sulle tende che ci separavano dal resto dell'Infermeria addormentata, sobbalzare e poi raggelarsi. Con Rose avevo fatto in modo di dosare i termini, di essere più delicato, ma quel ragazzo doveva sapere.
"Se ci fossi stato tu con lui, io avrei dormito le mie notti serene. Invece mio padre ha perso in un colpo solo una moglie e un figlio, ed ero convinto che la mia esistenza non sarebbe bastata a tenerlo qui."
Poi alzai gli occhi e li pianta nel suo volto colmo di rammarico. "Se l'avesse fatto, se si fosse tolto la vita, allora sì che ti avrei odiato, Edward. Ti avrei odiato con tutto me stesso, perché la mamma non aveva potuto scegliere di lasciarlo, e invece tu hai deciso con consapevolezza di farlo. Però non l'ha fatto," continuai con calma glaciale. "È rimasto con me, e insieme abbiamo superato il lutto. Adesso hai l'occasione di rimediare, di fare ammenda per tutto il male che hai fatto, a noi e a James e all'intera Hogwarts."
Mi sporsi in avanti e gli posai una mano sulla spalla, sorprendendo lui quanto me stesso. "Non sprecare questa possibilità, Edward. Potresti non averne delle altre."
Quella conversazione si ripeté nella mia testa finché non uscì dall'Infermeria. Sentii oltre la porta accostata la sua voce e quella di Rose. Non si parlarono a lungo, ma colsi solo poche parole, fra cui Antico Egitto. Scelsi di non indagare: quello che Edward - Teddy - non era stato per me lo era stato per Rose e Albus, ed era giusto che chiarissero per conto loro.
Rose entrò nella stanza poco dopo, e scostò le tende con un sorriso malizioso che mi fece ridere solo a guardarlo. "A pensarci bene, queste non sono una cattiva idea," commentò, sfiorandole con la mano. "Che dici, le teniamo?"
Le tenemmo tutta la notte.
Da quel momento in poi capii che la vita al fianco di Rose non sarebbe stata facile - pensarlo sarebbe stata un'illusione, considerando ciò che avevamo passato - ma comunque fenomenale. Non vedevo l'ora di svegliarmi e di trascorrere l'intera giornata al suo fianco, vederla ridere e parlare con i nostri amici, e di addormentami con lei fra le braccia. Ogni volta che mi dava un bacio sulla fronte sentivo l'amore che mi era stato sottratto da quando mia mamma era mancata, e così il mio cuore risanava una delle milioni di crepe accumulate nel corso degli anni.
Forse non ero ancora capace di capire il passato, ma quella era un'avventura che mi riservava il futuro - un futuro che volevo esplorare grazie a lei, che attendevo con trepidazione. Ne avevamo passate di tutti i colori, e il nostro legame non aveva fatto che diventare più forte, unendoci indissolubilmente.
Non sarebbe stato semplice, vero; però con lei avevo voglia di provare.
^^
{Rose}
Il funerale era stato l'ennesimo colpo al cuore.
Anche chi non era crollato prima della battaglia o durante, si era ritrovato in lacrime, stretto agli amici rimasti, a pensare a quelli che non c'erano più.
Per fortuna Scorpius non c'era stato, rinchiuso nell'Infermeria dalle cure dell'attentissima Madam Pomfrey, altrimenti non sapevo come avrebbe reagito di fronte ciò che avevo fatto. Io... io sapevo che Julian aveva fatto molte cose orribili, e che la colpa delle morti che stavamo ricordando era anche sua, ma non me la sentivo di gioire di fronte quel che gli era successo.
Vedendo che tutte le pire funerarie avevano avuto le proprie decorazioni sopra, e che soltanto quella sua era completamente spoglia, mi ero allontanata dalle ragazze e inginocchiata davanti al suo corpo. Quel ragazzo, pur per i suoi scopi, mi aveva comunque aiutata ad uscire da un brutto periodo, e la sua vicinanza aveva avuto degli effetti positivi su di me. Lo conoscevo da quando eravamo al primo anno, perciò mi rifiutavo di credere che non ci fosse del buono in lui.
I fiori che avevo fatto comparire ai suoi piedi, bianchi, indice di purezza, erano il simbolo di quel ricordo che avrei portato sempre nel cuore, e che neanche la più terribile delle azioni mi avrebbe portato via: io ero meglio di così.
Io, Izzy e Kalea ci eravamo abbracciate per tutta la funzione, che si era svolta in religioso silenzio. Il cielo limpido e assolato era sembrato in netto contrasto con l'oscurità che ci animava, con le lacrime che scorrevano e i singhiozzi che ci aprivano il petto. Forse l'aspetto peggiore era stato vedere Noah distrutto, che si disperava di fronte il lenzuolo che copriva Troy, con una catenina in mano e Livia e Dave ai suoi fianchi che lo stringevano senza dire nulla.
Livia, nella speranza che potessimo aiutarlo, ci aveva velocemente raccontato del legame che li univa, e nessuna di noi era stata sorpresa dal sapere che non solo non stavano più insieme da diversi mesi, ma anche che Noah non era attratto dalle ragazze. L'unica cosa di cui mi dispiaceva era che non avesse avuto il coraggio di aprirsi con noi, ma capivo come quella fosse una decisione difficile, e la rispettavamo.
Dopo il funerale, cui avevano partecipato anche le famiglie dei caduti, il nostro gruppo aveva scelto di ritirarsi nella Sala Comune dei Grifondoro, lasciando Albus e Scorpius in Infermeria per far sì che riposassero e preferendo non affollare ulteriormente la Sala Grande, che al momento stava ospitando Auror, dipendenti del Ministro, insegnanti e studenti.
"Come ti senti?" chiesi a Izzy, accucciata al mio fianco con un succo di frutta in mano e lo sguardo distante.
Sapevo dai racconti di Albus che Sanguini era morto davanti ai suoi occhi, e considerando la sua sensibilità non osavo immaginare quanto ciò l'avesse ferita. Anche a me dispiaceva, nonostante tutto, della dipartita del nostro docente, perché alla fine era stato uno dei migliori che potessimo avere.
"Confusa," rispose, alzando le spalle. "Non riesco a credere che sia successo davvero."
Pensai a Shaw e Brierley, i cugini di primo grado di Scorpius, ridotti in manette da loro zio e trascinati di nuovo ad Azkaban insieme alla loro banda di fuorilegge. "A chi lo dici."
"È successa una cosa, sai," disse lei, cogliendomi alla sprovvista. "Mentre combattevamo."
Spostai gli occhi su di lei. "E cosa?"
Izzy sospirò, fissando il succo alla mela nel suo bicchiere. "Una donna. Ha praticamente accettato di farsi uccidere da me, senza nemmeno provare a ribellarsi."
Mi tirai su, facendo leva sul gomito. "Ma che dici?"
"Non so il motivo, e non so cosa intendesse di preciso, ma almeno sono riusciti ad estrarla viva e vegeta dalle macerie, e ora è dentro Azkaban. Ho la sensazione che sia qualcosa di importante, Rose, ma non capisco il perché," aggiunse. Poi fece una risatina. "È assurdo pensare a questa cosa quando dovrei essere grata che nessuno dei nostri amici più cari sia morto, lo so."
Le posai una mano sulla spalla, decisa. "Non è assurdo. Se ti farà sentire meglio le andremo a far visita ad Azkaban, okay?"
"Okay," accettò, finalmente riuscendo a guardarmi negli occhi, "ma non voglio che Albus ne sappia nulla. Non solo perché è rimasto ferito e non deve stressarsi, ma perché si preoccuperebbe per me, e c'è ogni probabilità che questo sia un vicolo cieco. Me lo prometti?"
Glielo promisi. A dire la verità, le avrei promesso qualsiasi cosa: non c'era nulla che non avrei fatto, o dato, o detto, per far stare più serena quella ragazza. Isabelle si meritava il mondo, e vederla inquieta, nonostante avesse salvato tutta la scuola con il suo coraggio, era qualcosa che non potevo tollerare.
Ci separammo soltanto la sera, quando io andai nell'ala est dell'Infermeria per dormire con Scorpius, e lei in quella ovest per trascorrere la notte con Albus.
Dopo la breve parentesi con Teddy eravamo rimasti abbracciati per tutto il tempo, parlando fino a che il Sole non aveva fatto capolino dalle finestre. La notte precedente non avevamo chiuso occhio per la paura e per l'agitazione, non volendo sprecare tempo prezioso a dormire; stavolta, fu per la felicità di esserci ritrovati, e il desiderio di non perderci mai più.
Inoltre, i ricordi degli orrori della battaglia erano impressi dietro le nostre palpebre, e si ripresentavano ogni volta che chiudevano gli occhi. Fu solo in nome dell'enorme spossatezza che ci aveva catturati se alle sei del mattino cedemmo al richiamo del Sonno.
Quando ci svegliammo Madam Pomfrey scelse di ignorare l'avermi beccata nel lettino singolo, e dopo una veloce visita fasciò con bende pulite il braccio di Scorpius e lo dimise. Lui, ovviamente, che non poteva sopportare di essere visto come debole o in difficoltà, fu veloce come un fulmine a lasciare la sua ala per raggiungere quella di Albus. Nel giro di un'ora si unì a noi tutto il gruppo, stretto sul minuscolo letto di mio cugino, e rimanemmo abbracciati lì per una quantità di tempo indeterminata.
Non servì parlare di ciò che era successo, perché le ferite erano troppo fresche. Soprattutto Noah, credevo che ognuno di noi avesse piacere semplicemente nello stare l'uno in compagnia dell'altro, raccontarsi aneddoti divertenti, fare qualche battuta, e ridere insieme.
Tutto sommato, non avevamo bisogno di molto per stare bene. Potevamo anche non fare letteralmente nulla, avere solo un amico accanto, e la giornata sarebbe risultata già migliore di prima.
Era una grande cosa, l'amicizia. Strana, anche. Poteva risollevare spiriti affranti e guarire anime rotte, e farlo in modo molto più efficace di pomate o incantesimi. Alla fine, non fu più un mistero per nessuno: era davvero la magia più potente di tutte.
^^
"Faremo tardi!"
"Perché non ti calmi, Iz? Con quelle ginocchia rovinate rischi di volare giù dalle scale senza scopa—Ouch! Mi hai appena tirato una cuscinata o sbaglio?"
"Livia Campbell, giuro che se non ti dai una mossa invece di blaterare a vanvera ti trascinerò in Sala Grande con la forza!"
Io e Kalea ci scambiammo un sorriso di fronte quella scena così... familiare. Isabelle che ci metteva pressione per non arrivare in ritardo, Livia che rispondeva con una battuta ironica - questa era la nostra normalità, nel piccolo dormitorio della Torre.
Non volevo pensare che a breve avremmo dovuto lasciarlo, il luogo dove eravamo cresciute, dove la nostra relazione era fiorita fino a diventare forte come l'acciaio. Avevo già nostalgia di abbandonare quelle quattro mura, con i letti a baldacchino e la vista sul Campo da Quidditch, per ritornare alla mia camera da letto, in completa pace e solitudine e silenzio.
Come avrei fatto senza di loro?
"Se siamo le ultime la McGranitt ci uccide," fece Kalea, finendo di legare i miei capelli in due trecce alla francese, che partissero dall'alto sulla testa. Mi diede un bacio sulla guancia. "Avanti, ritardataria. Sai che Scorpius odia quando lo fai aspettare."
"Meglio," ribatté Livia, "almeno si ingegnerà nell'uso dei frustìni da cavallerizza—ouch! Un'altra cuscinata? Ma che ho detto?"
E con quella perla, che aveva portato ad una risata collettiva, abbandonammo il nostro covo confortevole per scendere in Sala Grande. Erano passati tre giorni dalla battaglia, tre giorni di completo riposo e recupero delle energie. Albus era stato dimesso dall'Infermeria, per gioia dei tre ragazzi, così come la maggior parte dei feriti.
Quella... quella era la nostra ultima sera.
La Preside aveva indetto un'assemblea alle otto in Sala Grande, e sapevamo che avrebbe annunciato il vincitore della Coppa delle Case e della Coppa del Quidditch. Quando noi Capiscuola le avevamo riferito che tutti gli studenti avevano insistito nel mantenere quella tradizione, aveva spalancato la bocca: possibile che dopo una battaglia, con sfortunati decessi, gli alunni fossero interessati in un annuncio del genere?
E invece lo erano, lo eravamo. Non era ammissibile che Shaw e i suoi seguaci ci togliessero l'unica gioia dell'arrivare alla fine dell'anno. E comunque, Hugo e Lily avevano delle scommesse che erano partite già da maggio, e le scommesse non si sospendevano mai.
Quando entrammo vidi che nessuno era seduto al suo posto. La stragrande maggioranza degli studenti era in piedi, seppur in file ordinate accanto ai tavoli imbanditi, e aspettava che la Preside parlasse. Il posto vuoto di Sanguini, al fianco di Lumacorno, attirò subito la nostra attenzione. L'intera stanza sembrava un po' più vuota senza tutti gli studenti che non ce l'avevano fatta.
"Eccoti, finalmente," commentò Malfoy come raggiunsi il suo fianco al tavolo dei Grifondoro. Mi lanciò un'occhiata di sufficienza, che si trasformò nell'accenno di un sorriso. "Bei capelli."
"Oh, lo so, lo so," ribattei io, togliendomi gli elastici e lasciando che scivolassero sulle mie spalle, "le trecce di Kalea si sono sfatte nella corsa."
"Hai addirittura corso, e sei comunque riuscita ad arrivare in ritardo?" mi rimbeccò, sempre più divertito. "Che coraggio, Weasley."
Gli diedi una gomitata, sbuffando. "Perché non stai zitto, sapientone? Non sento la McGranitt, sennò."
Scorpius mi sorprese passandomi un braccio attorno alle spalle, e si sporse per lasciarmi un bacio sulla testa. "Tanto abbiamo vinto noi, quest'anno. Sentirlo annunciare ti brucerà soltanto."
Roteai gli occhi. "Come no. Aspetta e spera, Malfoy."
"Dovete discutere anche adesso?" chiese Albus, accigliato. "Non potete dimostrarvi affetto come le coppie normali?"
"Tu hai dedicato a Izzy un haiku porno, Al. Direi che non sono così disperata da prendere lezioni da te," obiettai, e sia Isabelle che Scorpius scoppiarono a ridere, mentre mio cugino arrossì e basta.
Hugo si sporse verso di noi, gli occhi che brillavano. "Albus scrive porno per la sua fidanzata e io non ne sapevo niente?"
Lily replicò con un ghigno. "Aspetta che lo sappia la mamma!"
La Preside a quel punto ci distrasse, amplificando la propria voce perché giungesse in ogni punto della Sala Grande. Immediatamente calò il silenzio: il discorso quell'anno sarebbe stato diverso dal solito, più maturo, più consapevole. Ci sarebbero state meno risatine distratte e più occhi lucidi, meno battute mordaci e più serietà nei cuori.
Forse era questo quello che voleva dire maturare.
"Quest'anno," iniziò la Preside, alta ed elegante, le mani nodose posate sul leggio davanti a sé, "abbiamo sperimentato qualcosa di nuovo. Ognuno di noi ha trovato un lato del proprio io che non avrebbe pensato di possedere. Quest'anno," ripeté, "vi siete battuti per salvare la vostra casa, e per salvare i vostri amici, oltre che voi stessi."
Prese un respiro, poi con fierezza ci guardò. "Pazienza, bontà, modestia, correttezza, duro lavoro, dedizione, lealtà, tolleranza, giustizia."
Alzò la bacchetta verso il soffitto, decorato con il solito cielo stellato, e rimanemmo tutti sorpresi quando dalla punta si librarono milioni di piccole luci color canarino, che andarono a formare lo stemma dei Tassorosso proprio sopra la sua testa. Il tasso, circondato da giallo e nero, fissava un punto lontano con orgoglio.
La Preside continuò, non lasciandosi toccare dal nostro stupore infantile. "Accettazione, acutezza, saggezza, originalità, intelligenza, peculiarità, conoscenza, arguzia, creatività."
Stavolta dalla bacchetta scaturirono luci celesti, e l'enorme aquila dalle ali spiegate troneggiò sopra di noi, maestosa nel suo sfondo blu e bronzeo. Lo stemma dei Corvonero prese posto accanto a quello della Casa di Tosca, vivido e brillante.
"Determinazione," riprese, e con un brivido di eccitazione mi resi conto che stava parlando di noi. Izzy e Kalea mi presero la mano oltre il tavolo, e Livia, seduta accanto a me, posò la testa sul mio stomaco essendo io in piedi con Malfoy. "Cavalleria, sangue freddo, fiducia, coraggio, passione, audacia, temerarietà, ardimento."
Dal nostro tavolo si levò un coro - facendoci distinguere dai composti Tassorosso e Corvonero - che accompagnò lo stagliarsi sul cielo stellato del leone rampante dei Grifondoro, mozzafiato nell'essere circondato da fiamme rosse e oro. Sembrava che nei suoi occhi fieri fossero dipinte tutte le caratteristiche di cui aveva appena parlato la McGranitt: e ognuna di esse era riflessa dentro di noi, dentro i nostri animi.
Per la prima volta, poi, quando si parlò dei Serpeverde nessuno di noi fischiò in modo avverso. "Auto-conservazione, ambizione, determinazione, tradizionalismo, furbizia, intraprendenza, leadership, fratellanza, ingegnosità."
La serpe verde e argento della Casa di Salazar Serpeverde presentò scaglie rilucenti e lingua biforcuta nel sollevarsi e accompagnare il nostro leone. Quando si avvicinarono, i rispettivi sfondi mandarono scintille, facendoci sorridere.
Vedere l'orgoglio di appartenere a qualcosa di così grande stampato negli occhi di tutti fu meraviglioso.
La Preside si esibì in un minuscolo sorriso. "Ognuno di voi ha dimostrato di possedere queste qualità nel momento in cui più è stato necessario. Avete deciso di mettere da parte la paura, e di affrontare a testa alta qualsiasi avversità la vita vi stesse presentando. Questo giugno, studenti, io sono capace di poter dire che avete tenuto alto il nome della scuola, che vi siete scoperti uniti e forti e compassionevoli."
Alzò entrambe le mani, e i quattro stemmi roteando si ingrandirono a dismisura, avanzando fino a comparire sopra di noi.
"Hogwarts è fiera di voi," annunciò la Preside, "come tutto il Mondo Magico. Quando tornerete a casa e penserete a questo giorno, non sarà un ricordo pregno esclusivamente di tristezza e nostalgia, ma anche di vanto, di coraggio, di amore. Siete andati oltre l'essere degli studenti e avete trovato la vostra forza nell'unione. Non c'era insegnamento più grande che questa scuola potesse farvi, e anche noi docenti abbiamo appreso dalla vostra umanità e audacia. Ma non vanifichiamo gli sforzi fatti da chi non è più tra noi," ci avvertì, "perché il lavoro non è finito qui. Abbiamo riscoperto una parte perduta di noi stessi: adesso sta a noi non lasciare che sprofondi negli abissi della nostra coscienza."
Scorpius mi sfiorò la tempia con un bacio. "Credo che con il tuo caratterino avrò qualche difficoltà a chiudermi in me stesso."
Risposi con una risata sommessa. "Non avrai neanche voglia di provarci."
La Preside batté le mani per riavere l'attenzione. "Adesso però non è il momento di guardare al passato, ma di prepararsi al futuro. Prendiamo a cuore le lezioni che ci hanno dato a costo della vita i nostri compagni, e sfruttiamole al meglio, cosicché da essere pronti ad abbracciare qualsiasi ostacolo o gioia ci aspetta. Noi siamo qui," dichiarò con fervore, "e lo dobbiamo a chi non ce l'ha fatta. Non chiudiamoci all'inaspettato, allo sconosciuto, perché la vita ci può riservare grandi bellezze." Poi un sorriso le imperlò la bocca, un sorriso nostalgico e malizioso. "La felicità la si può trovare anche negli attimi più tenebrosi, se solo uno si ricorda... di accendere la luce."
Dal modo in cui aveva parlato credetti che quella frase non fosse interamente farina del suo sacco, ma il suo effetto si riverberò dentro di noi, scaldandoci da capo a piedi.
Mi scambiai uno sguardo con Albus, di fronte a me, che aveva, come Scorpius, un braccio attorno alle spalle della sua ragazza. I nostri sorrisi furono uguali, pieni di speranza per il futuro, di amore, di ottimismo. Avevamo vissuto cose orribili, ma la vostra vita stava solo per iniziare.
"Poesia," commentò Livia, con gli occhi a forma di cuore. "Pura poesia."
Fu solo a fine cena, dopo che le tovaglie erano state sparecchiate e i nostri stomaci erano rigonfi di cibo, che la Preside si alzò per fare il grande annuncio. Con le ore che passavano, la nostra sezione di tavolo era stata ricoperta da bigliettini e di galeoni che indicavano le scommesse, e Hugo era in fibrillazione nell'attesa di sapere chi avesse vinto. Ero sicura che la McGranitt avesse chiuso un occhio su quel che stava accadendo, ma con uno sguardo perentorio aveva fatto capire a mio fratello che era ora di sbaraccare il suo stand illegale.
"E ora, solo per le richieste insistenti che mi sono state presentate," alle sue parole io e Malfoy ricevemmo pacche sulle spalle e sorrisi entusiasti, "è arrivato il momento di annunciare il Vincitore della Coppa delle Case, e della Coppa del Quidditch."
Gli studenti, in pieno spirito di festa, allungarono le mani davanti a sé e iniziarono a farle tremare, con un coro di "oooh" che attraversò l'intera stanza e fece ridere anche i professori.
Allora la Preside, infondo divertita dalla nostra leggerezza, puntò la bacchetta sugli stendardi appesi lungo le pareti, che dal nero più cupo - segno del lutto profondo che ci aveva segnati - divennero di un profondo, meraviglioso, colorato, splendente rosso e oro.
Il tavolo dei Grifondoro esplose in un boato capace di far tremare persino i denti; l'anno precedente aveva vinto di un soffio Tassorosso, facendoci rimanere a bocca asciutta, e questa volta potevamo dire di esserci presi la nostra meritata rivincita. Izzy praticamente si gettò oltre il tavolo per abbracciarmi, e strapparmi alle grinfie di Malfoy che aveva già storto il naso. Livia iniziò, sportiva come al solito, a rimbeccare ad Albus e Dave tutti gli errori che avevano fatto durante l'anno, e che aveva impedito loro di vincere la Coppa.
Hugo, invece, con l'aria di un vero imprenditore di successo, alzò entrambe le mani in modo pacato. "Ragazzi, ragazzi," fece, con gli occhi che luccicavano, "non vi affannate. Questi bei galeoni non vanno da nessuna parte."
"Vorrei sottolineare," intervenne la McGranitt, che fissava Hugo e i soldi ammucchiati sul tavolo con un sopracciglio alzato, "che quest'anno Grifondoro non si è aggiudicato anche la Coppa del Quidditch. Il titolo di Vincitore, infatti, va a... Serpeverde."
Tutti i Serpeverde seduti al nostro tavolo iniziarono a sorridere e scambiarsi pacche e sorrisi e congratulazioni. In particolare vidi l'orgoglio stampato negli occhi di Scorpius, il Capitano della squadra, e riflesso in quelli di Albus, che sarebbe stato sempre il primo nel festeggiare i successi del suo migliore amico.
Le grida e i cori andarono avanti per un po', finché anche i Tassorosso e i Corvonero, che quell'anno non avevano vinto alcun premio, furono trascinati nell'esultanza e l'esaltazione. Per la prima volta vedere le braccia di Scorpius attorno a Norah e Wilhelmina non mi diede fastidio, e anzi ci ritrovammo anche con Lily per scambiarci i complimenti a vicenda.
La Preside si ritirò poco dopo, lasciandoci campo libero per rimanere quanto volessimo nella Sala Grande, e quella festa improvvisata andò avanti per ore. Quella gioia che non avevamo provato appena conclusasi la battaglia ritornò prepotente a fluire nelle nostre vene, ubriacandoci di adrenalina e di felicità.
Non era sbagliato, mi aveva detto Neville quella mattina, provare contentezza per l'essere sopravvissuti: era un tributo a chi aveva dato la vita per noi. E tutti, ogni studente e docente e creatura magica, erano grati per questo sacrificio.
Quando mi ritrovai con Malfoy era già passato del tempo. Entrambi eravamo stati impegnati nella pura euforia del momento con i nostri amici più cari, specialmente quelli che avevano condiviso quel traguardo con noi, quindi rispettivamente Grifondoro e Serpeverde.
Il ragazzo incrociò le braccia al petto, e mi rivolse uno sguardo altero. "Pare che alla fine abbiamo vinto entrambi."
Io replicai con una risata sfacciata. "Veramente la Coppa delle Case è più importante di quella del Quidditch, Malfoy."
Lui roteò gli occhi e mi afferrò per la vita, alzandomi perché potessi allacciare le gambe attorno al suo bacino, e le braccia al collo. "Perché non stai zitta, per una volta, e mi baci?"
Scoppiai a ridere, e gli racchiusi la guancia con il palmo della mano, sfregando il naso contro il suo. "Abbiamo tutta la vita per farlo," chiarii, sorridendo. "Ma credo di poterti accontentare."
Osservai il suo volto, glorioso di una luce nuova, e sentii il cuore traboccare di viscerale gioia. Le sue fossette, quel tratto distintivo del suo sorriso che avevo visto sempre più spesso negli ultimi tempi, e le poche lentiggini sugli zigomi spigolosi, e la mascella dal taglio affilato, e la chioma biondissima che, come ogni volta che faceva la doccia, gli si arricciava sulla nuca - tutto questo era il mio futuro.
Mi bastò unire le nostre labbra, scatenando i risolini e gli applausi della gente attorno a noi, per capire la lezione più importante di tutte.
Non avrei più detto che sarebbe andato tutto bene, perché ogni volta succedeva qualche disastro che mi costringeva a ricredermi; l'ottimismo però era parte di me, del mio modo di essere, della mia capacità di vedere il mondo, e non vi avrei rinunciato.
Etichettare una situazione, mentire a me stessa che le cose stessero procedendo per il verso giusto quando invece andavano a catafascio, questo non mi aveva mai portata da nessuna parte. Magari dovevo semplicemente smetterla di preoccuparmene, e di aprire gli occhi.
Con i miei amici, con quel ragazzo eccezionale al mio fianco, non avevo più bisogno di dare un nome al futuro, ma di capire come affrontarlo.
Non sarebbe andato tutto bene, forse, ma non mi importava più: adesso la priorità era un'altra.
Adesso la priorità era iniziare a vivere.
^^
🌻Ciao ragazzi, vi lascio questa nota qui perché credo che alla fine dell'epilogo saremo tutti troppo emozionati per leggere le mie informazioni. Ebbene sì: questo è stato l'ultimo capitolo vero e proprio, quello conclusivo del libro. Come avete visto, molte cose sono state lasciate in sospeso, e nel prossimo incontro ciò sarà ancora più evidente. Non mi dilungo sul valore che questa avventura ha avuto per me, o davvero non la finirei più. Volevo solo dirvi di rimanere sintonizzati anche dopo LOVE YOU GOODBYE, l'epilogo, perché ci sarà un breve speciale, e poi un annuncio. Un annuncio che dipende da voi, in realtà, e che secondo me può essere fatto solo leggendo anche l'epilogo: sequel o non sequel?
Per il resto niente, non mi rimane che ringraziarvi ancora per il supporto e per tutta la gioia che mi avete dato, sperando di essere anch'io riuscita a farvi staccare un minimo dalla frenesia di tutti i giorni per immergervi nel mondo eccezionale di questi ragazzi.
Grazie di cuore, vostra
lilymystic🌻
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