Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

65 - 𝐶'𝑚𝑜𝑛 𝑐'𝑚𝑜𝑛

{A lezione di Alchimia}

^^

Avviso:
Si informano gli studenti della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts che martedì 31 gennaio inizierà il corso dedicato all'antica arte dell'Alchimia. Tutti gli iscritti sono pregati di trovarsi, in data odierna, alle ore 11.15 presso l'aula al quarto piano. Si ricorda, inoltre, che il corso è facoltativo.
Cordiali saluti.

Professor Leonardo Lazzari

"Santo cielo, non sto più nella pelle!" gridai, entusiasta, leggendo l'avviso lasciato in bacheca dalla professoressa di Alchimia.

Finalmente era martedì, finalmente veniva aperto quel corso così particolare...

Albus, al mio fianco, indossava un sorriso pigro, e le mani in tasca. "Sembra interessante."

Gli puntai un dito addosso. "Non ti perdonerò mai il fatto di non esserti iscritto con me!"

Lui alzò le spalle. "Dai, sai bene che l'Alchimia non è per me. Anzi, sono piuttosto sorpreso che Scorpius abbia deciso di seguire le tue orme."

Roteai gli occhi, e riprendemmo il nostro cammino verso la Sala Grande, dove il resto del gruppo ci aspettava per la colazione. "Non ha seguito le mie orme," borbottai. "Non sapeva che sarei andata anche io." 

Lezione di Alchimia era qualcosa che avevo sempre anelato fare. Da quando mia madre, da piccola, mi raccontava di averlo seguito durante il suo settimo anno ad Hogwarts, dopo la Grande Guerra, era rimasto un vero e proprio tarlo nella mia testa, che non sarei riuscita a scacciare in nessun altro modo. Mi era capitato spesso di sognare di una meravigliosa aula, di vedere come quella materia così misteriosa si collegasse con le altre discipline, di studiare la così celebre e proibita Pietra Filosofale, che zio Harry era riuscito a tenere tra le dita a soli undici anni.

I miei amici, d'altro canto, come me non desideravano altro che iniziasse questo corso così particolare - ma non per puro amore del sapere, come la sottoscritta, più perché per una settimana non avevo fatto altro che parlarne, e la loro pazienza era giunta agli sgoccioli. Noah era arrivato al punto di portarsi appresso dei tappi per le orecchie, gesto che aveva attirato l'attenzione di Malfoy, che aveva riso, sinceramente divertito.

Adesso, però, ci aspettavano due lunghissime ore di Cura delle Creature Magiche con Hagrid prima di poterci dirigere al quarto piano. Anche questa era una lezione che, insieme a Pozioni, Difesa e Storia della Magia, trascorrevamo con i Serpeverde, per la gioia di Noah Zabini.

"Non dirò una parola!" esclamai, intuendo il suo diffidare di me dai suoi occhi, che aveva socchiuso non appena mi aveva vista. "Giuro."

"Stai attenta a te," mi ammonì, sospettoso, "perché oggi sono così di malumore che potrei strangolarti. E non me ne pentirei neanche guardando il tuo bellissimo visino sofferente."

Mi venne da ridere, e gli avvolsi la vita sottile con un braccio. Lui posò la tempia sulla mia testa, e ci incamminammo verso il prato davanti la Capanna di Hagrid. "Che succede?" domandai sottovoce. "Hai litigato con Livia?"

Noah sospirò, e il suo respiro mi smosse i capelli sciolti. "Quando mai riusciamo a passare un giorno senza litigare?" borbottò, amareggiato.

Izzy, che aveva finito prima di fare colazione per potersi fare una doccia calda, ci aspettava sulla soglia del Castello; Kalea e Livia si erano già avviate, perché entrambe volevano parlare con Neville prima riguardo un voto che si erano ritrovate sul tema del Pugnacio da consegnare per la fine delle vacanze; Malfoy era sparito, e così i suoi altri due amici.

Noah passò un braccio attorno alle spalle di Isabelle, che notò la sua espressione contrita e corrugò le sopracciglia eleganti. "Cos'è quel muso lungo?"

"Inutile girarci intorno," sbottò Noah, sempre più nervoso. "Lo so che lo sapete: io e Livia non abbiamo più alcun contatto da settimane."

Io e Izzy ci scambiammo un'occhiata esitante. Sì, lo sapevamo. Livia ce l'aveva accennato la settimana prima, il giorno della festa per Scorpius, e quella confessione ci era valsa l'ira della professoressa Keynes. Era stata piuttosto triste nel dircelo, nel confessare che era già da qualche tempo che lei e Noah non avevano più incontri di tipo sessuale.

Le guance mi presero a bruciare nel pensare che invece con Scorpius era tutto tranne che spento, da quel punto di vista. Un improvviso calore si concentrò nella parte bassa del mio ventre—

"Invece di pensare alla robaccia che fate te e Scorp, perché non mi aiuti?" mi rimproverò Noah, che bene aveva interpretato il mio rossore. "La situazione qui è più che tragica!"

Izzy trattenne un sorriso. "E perché tu non inizi con lo spiegarci che cosa sta accadendo veramente?" chiese, con il suo solito tono gentile e comprensivo, il quale ti portava naturalmente ad esternare ogni preoccupazione, anche quelle che non pensavi di avere.

Noah si strinse addosso la sua sciarpa, sciogliendo la presa attorno a noi. "Io e Livia non stiamo fisicamente insieme da quando siamo tornati a scuola, quindi da un mese. Lo sapete, è questo, il problema."

"Non vi trovate più bene come fidanzati?" chiesi io, sinceramente non capendo il punto. Avevo sempre creduto che l'attrazione fisica fosse fondamentale in un rapporto amoroso, già prima che io e Malfoy ci avvicinassimo, perché costituiva un modo per conoscersi molto profondamente. Non avrei mai pensato che in una relazione felice potesse essere un tassello mancante, anche se forse la mia era un'osservazione da bigotta, o semplicemente da persona innamorata e attratta dal proprio compagno. Alla fine esistevano tanti tipi di amore, ma quello tra quei due non riuscivo ad interpretarlo positivamente, perché faceva soffrire entrambe le parti.

Un barlume di esasperazione balenò nello sguardo di Noah. "No, lo vedi? È proprio questo il punto. Io e Livia stiamo benissimo insieme, ci piace stare soli, ridere, scherzare, abbiamo più o meno lo stesso senso dell'umorismo... è proprio per questo che non riesco a spiegarmi quello che mi sta succedendo!" mi parve quasi disperato; non sembrava in grado di ricavare la minima motivazione convincente che giustificasse quella strana situazione.

"Quindi..." Izzy si schiarì la gola, forse pensando velocemente ad un modo non troppo brusco per esporre la sua domanda, "sei tu che hai perso il desiderio? Fosse per lei le cose sarebbero come prima?"

Livia era davvero una delle ragazze più belle che conoscessi, e non lo dicevo solo perché era una mia cara amica; con i suoi capelli biondi, l'altezza vertiginosa e il sorriso smagliante, c'erano pochissime persone che riuscivano ad eguagliarla - ad esempio, Isabelle e Kalea se la cavavano egregiamente. Solo mia cugina Victoire si stagliava venti gradini sopra chiunque altro.

Se Noah diceva di aver perso interesse dal punto di vista sessuale ma non intellettuale - ovvero, aveva ancora una perfetta intesa con lei ma non era più attratto, - be', non riuscivo a trovarne la minima spiegazione.

"Sì," rispose lui in un filo di voce alla precedente domanda di Izzy, "sono io. Ragazze, non capisco il perché, ma sono arrivata a vedere Livia più come una sorella che come la mia fidanzata! Eppure è assurdo," continuò, assorto, "quando ci siamo messi insieme non facevamo altro che—"

Mi schiarii la gola, imbarazzata ma anche con una risatina. "Hai reso l'idea. Ti ricordi per caso se c'è stato un preciso momento in cui hai capito di non desiderarla? Ad esempio, non lo so, la prima volta che non ti è andato di—di farlo?"

Lui prese seriamente in considerazione il problema che gli avevo posto, tanto che rimase in silenzio per qualche istante. Intanto, visto che mentre parlavamo ci stavamo anche avvicinando verso la Capanna, eravamo già quasi arrivati da Hagrid; certo, non sarebbe stato difficile discuterne durante la lezione, dato che Cura delle Creature Magiche non era particolarmente impegnativa, né il nostro insegnante integerrimo, però volevo stare attenta, sia in vista dei M.A.G.O., sia per non dare un dispiacere ad Hagrid stesso.

"Forse un momento c'è stato," lo sentii borbottare, ma lui non parve avere intenzione di spiegare cosa intendesse, e io ormai mi ero irrimediabilmente distratta.

I miei occhi allenati trovarono subito Malfoy - non che fosse difficile, considerata la chioma biondo chiaro e il fatto che lui e Albus svettassero di una buona testa su chiunque gli stesse nelle immediate vicinanze. Il problema era che attorno alla sua vita stretta, sfidando il maglione pesante e il mantello, era spiacevolmente avvinghiato il braccio di Amanda Finch-Fletchley.

Avrei creduto che dopo la scena nell'aula di Pozioni della settimana prima, in cui la sua Aura si era presentata del colore dell'invidia e della gelosia, Scorpius avesse capito una volta per tutte che era una compagnia tossica e non adatta, ma evidentemente mi sbagliavo. Avevo imparato ad accettare Norah e Wilhelmina, perché ragazze a posto, nonostante le loro cotte nei confronti dei ragazzi che le portavano spesso ad essere acide e scontrose - questo riferito più alla prima che alla seconda, la quale in realtà risultava piuttosto calma rispetto a Norah, - e ad andarci quasi d'accordo: avevamo organizzato insieme la festa di Malfoy, la scelta del regalo, e via dicendo.

Il ribrezzo che però avevo nei confronti di Amanda non si era mai attenuato, e sospettavo che non l'avrebbe mai fatto.

"Eccoli, eccoli," sentii dire da Hagrid, quando ci vide arrancare tutti e tre in direzione del folto gruppo di studenti radunato davanti la sua casa.

Malfoy a malapena ci lanciò un'occhiata, impegnato a discutere con Amanda di chissà quale argomento da decerebrati. Albus, al contrario, letteralmente si illuminò nel vedere Izzy, che lo raggiunse con un sorriso entusiasta. Quei due erano terribilmente carini insieme: potevano trascorrere anche solo venti minuti separati, e poi quando si riunivano era come se il Sole fosse tornato a splendere, o qualche altra idiozia del genere.

Io, con l'umore già sul punto di sprofondare, evitai di raggiungere i nostri gruppi uniti - Livia, Kalea e Dave stavano poco più in là, - e preferii la compagnia degli altri Grifondoro, piazzandomi al fianco di Julian, che mi sorrise amichevole.

L'avevo fatto per ripicca nei confronti di Malfoy? Forse, ma Julian era una persona che apprezzavo sinceramente, e su cui potevo sempre contare. Nell'ultima settimana la gente, vinta la superstizione e l'irrazionale paura che li aveva posseduti durante la lezione di Lumacorno, aveva visto che il comportamento mio e dei suoi amici e della squadra non era affatto cambiato, e gradualmente ripreso ad avvicinarsi al ragazzo. Non riuscivo neanche a immaginare come dovesse essere stato, venire tagliato fuori dal resto della comunità studentesca per una stupidaggine del genere, però io avevo fatto del mio meglio per farlo sentire sempre incluso e voluto. Adesso le cose erano tornate più o meno come prima, e lui si era sempre mostrato affabile, gentile e disponibile come al solito, nonostante il comportamento degli altri.

"Cap," mi salutò con un cenno del capo e un sorriso, "pronta per la lezione di Alchimia?"

Nel solo sentire quelle parole assunsi un'espressione estasiata, adorante, emozionata, e lui scoppiò a ridere, contento di aver colpito nel segno, reazione che fece ridere anche me.

"Tranquilli, tranquilli, per favore..." sentii dire da Hagrid per farci stare in silenzio. Mi accorsi che già tutti gli altri avevano smesso di parlare, per cui le nostre risate si erano sentite benissimo in tutto il prato.

Fu istintivo per me guardare Malfoy, e non perché volessi sapere se fosse arrabbiato o altro, ma perché era diventato del tutto normale per me cercare il suo sguardo. Lo trovai, già fisso su me e Julian, con un sopracciglio alzato e la mascella serrata, affilata come un rasoio; Amanda non aveva più il suo fastidioso braccio addosso a lui, e ne sembrava anche scontenta.

Io decisi di rivolgergli il migliore dei miei sorrisi, cercando di lasciare la sfrontatezza al di fuori di questo, ma se possibile quel mio gesto lo indispose ancora di più, tanto che serrò le labbra e si voltò in direzione di Hagrid, interrompendo la nostra interazione.

Geloso.

Io ero abbastanza certa del suo affetto nei miei confronti, e per questo, superato l'immediato fastidio che la vista di Amanda appiccicata a lui mi conferiva, non ci prestavo attenzione più di tanto, ma lui era a dir poco ossessionato da Julian. Sapevo che lo faceva anche per la mia sicurezza, perché credeva che fosse una cattiva compagnia e che potesse farmi del male, ma c'era anche una buona dose di invidia personale nella faccenda.

La lezione con Hagrid passò abbastanza velocemente, perché fu di teoria, sulla figura del Centauro, una bellissima creatura dalla testa, il torso e le braccia umane su un corpo di cavallo, dal manto di vari colori. Una grande popolazione abitava la Foresta Proibita, ad esempio. Il Centauro Fiorenzo, oltre ad aver salvato zio Harry da Voldemort, aveva anche ricevuto una cattedra ad Hogwarts, di Divinazione, nel 1996.

Man mano che si avvicinava la fine delle due ore, però, la mia capacità di concentrazione calava sempre di più, e non fui in grado neanche di stare ferma sul posto dalla tremenda eccitazione che mi stava pervadendo. Il mio cervello era un'instancabile ripetizione di "oh mio Dio" e "lezione di Alchimia", insieme alle solite "Malfoy oggi è da bava" e "santo Cielo quanto è figo" e "dovrei proprio portarmelo in dormitorio".

Per questo, non appena Hagrid ebbe decretato la fine della lezione, la mia impazienza raggiunse il massimo livello, e scattai verso il Castello senza neanche aspettare i miei amici, che da dietro ridacchiavano di fronte la mia impazienza. Compiei una corsa per prendere in camera il libro della nuova materia, fiammante e bellissimo, con un nuovo set di piume, inchiostro e un bel quaderno Babbano per prendere appunti, insieme ad una penna biro normalissima. La mia calligrafia quando scrivevo velocemente sapeva essere molto disordinata, per cui avevo sempre un quadernone per le brutte copie.

Mi rassettai in fretta la divisa, e legai i capelli in uno chignon alto sulla testa, che, in mancanza di qualcosa di migliore, fermai con la mia bacchetta; e poi di nuovo, un'altra corsa, per scendere al quarto piano, con cinque minuti di anticipo, per l'attesissima lezione.

Non stavo più nella pelle, avevo i brividi dall'emozione. Mi sarebbe piaciuta la materia? E l'insegnante? Sarebbe stato capace di spiegare, di appassionare? Sarei stata delusa, le mie speranze vanificate, tutta quell'eccitazione ingiustificata, oppure sarei uscita da quell'aula, un'ora dopo, ancora fuori di me dalla gioia?

Alla fine delle scale mi sorpresi di trovare tutti i miei amici radunati lì, all'inizio del corridoio. Il quarto piano era occupato dalla biblioteca, che avevo sempre creduto lo riempisse completamente; invece, a quanto pareva, mi ero sbagliata.

"Siamo venuti ad augurarti buona fortuna," mi disse Izzy, venendomi incontro con un sorriso smagliante.

Livia annuì. "Ci hai rotto così tanto con questo corso che era il minimo che potessimo fare."

Albus mi mise le mani sulle spalle, gli occhi verde intenso incastonati nella pelle chiara, resi brillanti dal contrasto con i capelli corvini. "Vai, e rendici fieri."

Mi ritrovai circondata da sorrisi, pacche sulle spalle e risatine sparse, soprattutto da Noah, contento perché l'avrei finalmente lasciato stare, e non più tormentato con i discorsi sull'Alchimia. Alla fine io rivolsi a tutti un sorriso enorme, dei più grandi che avessi mai fatto, e alzai i pollici; loro risero, e salutai tutti, e procedetti per il corridoio.

Vidi Malfoy, e il mio cuore saltò un battito. Fare questa cosa senza di lui sarebbe stato dieci volte peggio. Mi stava aspettando, nella sua posa consuetudinaria, le spalle appoggiate al muro, le braccia al petto, le caviglie incrociate, e il capo piegato in modo che la chioma chiara scendesse sui suoi occhi. Come si accorse della mia presenza lo alzò.

Essendo in anticipo, ancora di qualche minuto, non c'era nessuno per il quarto piano, perché non ospitava alcuna aula; allora io, che non volevo affatto permettere a nulla al mondo di rovinarci quell'esperienza, gli andai incontro, e senza esitare gli posai le mani sul petto e mi alzai sulle punte per lasciargli un bacio sulla bocca.

Lui si irrigidì per la sorpresa, ma non mi lasciai scoraggiare, e gli portai le braccia al collo, stringendomi a lui. Socchiuse le labbra, permettendo alle nostre lingue di unirsi, e ai nostri corpi di surriscaldarsi come se fossimo stati accanto ad un caminetto acceso.

Forse non avrebbe voluto farlo, ma l'istinto fu troppo forte, e quindi mosse le mani, dapprima abbandonate lungo i fianchi, e adesso a circondarmi la schiena, una tra i miei capelli, stringendoli tra le dita. Il suo sapore era indescrivibile, intenso, ogni volta nuovo, ma allo stesso tempo del tutto familiare. Avrei pensato che il baciarlo, dopo un poco di tempo, sarebbe diventato quasi di routine, un'esperienza sempre meravigliosa, ma che non mi avrebbe più tolto il fiato dai polmoni; e invece ogni volta era come la prima, accucciati in un corridoio secondario del Castello, nascosti al mondo.

"Non essere arrabbiato," sussurrai, la fronte contro la sua, accarezzandogli il labbro inferiore con il pollice.

Lui ansimò, gli occhi chiusi, e rafforzò la presa attorno a me, mandando scariche elettriche lungo le mie terminazioni nervose. "Lo odio. E odio vederti con lui."

"Lo so," risposi, con voce soffice. "Ma ci siamo battuti con tutti noi stessi per ottenere quella giustizia che ci veniva negata. E adesso tagliare i rapporti con lui sarebbe ingiusto."

Sospirò, indietreggiando di un passo. Mi sistemò una ciocca di capelli sfuggita allo chignon dietro l'orecchio, e ne colse l'occasione per accarezzarmi la guancia con la sua mano grande. "Certe volte vorrei che tu fossi più egoista," mormorò, con apprensione. "Poi però mi ricordo che non saresti più la stessa persona di cui—" si interruppe bruscamente, e un istante dopo svoltò l'angolo un gruppetto di studenti del settimo anno, tra cui Anthony Goldstein e Julian e Simon.

Scorpius sospirò, scontento, e si appoggiò di nuovo alla parete con aria sconfitta. I ragazzi ci circondarono, e per me fu impossibile chiedergli a cosa stesse pensando, e che cosa avrebbe detto se non fossero comparsi gli altri, anche se l'avrei voluto ardentemente.

... di cui mi sono innamorato?

^^

L'aula era meravigliosa. Sontuosa, luminosa, sembrava un angolo di paradiso.

Al quarto piano del Castello, qualche passo dopo la porta della biblioteca, trovava il suo spazio la classe di Alchimia. Il suo ingresso era composto da un ampio arco a tutto sesto alto due metri e mezzo circa e lungo due. La cornice dell'arco era divisa in tre parti, le quali erano composte da altrettanti materiali: partendo da sinistra, il primo era fatto di sale, il secondo di mercurio liquido, ed il terzo di zolfo.

Ognuna delle parti era animata in modo tale da mettere in scena le divinità rappresentative dei tre passaggi alchemici: nigredo, albedo, rubedo.

Nella colonna di sale era rappresentato Saturno, mentre catturava e divorava i suoi figli; sulla superficie liquida del mercurio danzavano ninfe leggiadre, tutte raccolte attorno ad una grande conchiglia che schiudendosi dava alla luce Venere. Ancora, sulla colonna di zolfo un Marte tutto bardato in armatura oplitica trafiggeva, soddisfatto, e polverizzava orde di nemici.

Nei punti d'intersezione dei diversi materiali questi s'intrecciavano l'un l'altro. Tutte e tre le parti erano incantate in modo tale da perdurare nel tempo e non disperdersi nell'aria del corridoio - difatti, nessuno era mai morto sotto quel mercurio, un elemento notoriamente tossico, e mai si sentiva l'olezzo di zolfo.

Non c'erano porte, perché tutti erano i benvenuti, essendo il corso facoltativo per gli studenti del settimo anno; tuttavia, erano presenti dei guardiani.

Il primo lo si trovava appena si sorpassava la porta. Sopra l'arco, che all'interno era fatto di comune pietra, era incastrato in una nicchia del muro il busto di uno scheletro umano, nero come la pece, le braccia incrociate sul petto ed impossibilitate al movimento. Nig - questo era il suo nome, come portava scritto l'etichetta lì accanto, - era sempre in silenzio, ma la sua vigilanza perenne. Con i suoi grandi occhi verdi controllava sempre la stanza, ed in caso vedesse tentativi di furto o violazioni alle regole, cacciava un urlo fortissimo che risuonava per tutto il piano ed oltre.

Ad ogni modo, una volta superato l'ingresso ci si trovava nel mezzo dell'aula, con davanti la seconda delle quattro file orizzontali di massicci banchi di pietra, ed ogni fila ne contava tre. Ognuno di tali banchi era dotato di un propria panca di legno, ed era largo e spazioso a sufficienza per essere utilizzato confortevolmente da due persone. Agli estremi laterali di ogni banco c'erano due piccoli bracieri su cui poggiavano due piccoli calderoni. Il resto del piano era liscio e levigato, a parte due fori in cui era possibile inserire il proprio calamaio.

Ad entrambi i lati dell'aula, erano presenti prima un grande mobile di legno diviso per scompartimenti, che contenevano strumenti alchemici. Poi un altro mobile per lato, totalmente identico al precedente, solo che gli scompartimenti erano composti di gabbie metalliche: quello di destra avrebbe dovuto contenere mammiferi di piccola taglia, mentre quello di sinistra rettili, ma quegli strumenti barbarici erano da tanto tempo in disuso, tanto che non mi sarebbe dispiaciuto vederle del tutto tolte. Addirittura si intravedevano ciuffi di peli e qualche piuma rovinata, che mi mandarono i brividi lungo la schiena.

Poi, due grosse gabbie su ogni lato che partivano dal pavimento ed arrivavano al soffitto; dentro ciascuna di esse si trovava un tronco nodoso e ramificato che arrivava fino al soffitto. Li vi erano, sempre in precedenza, state racchiuse diverse specie di uccelli. Tra le due gabbie di sinistra si ergeva l'arco d'ingresso.

Infine, in fondo all'aula, vi era un grande spazio vuoto e lungo, e in quasi tutte le pareti erano presenti delle scaffalature ricolme di metalli e sostanze. Quasi, perché proprio sul fondo, sul lato destro, c'era una teca ricolma di fiale e vasi che conservavano le parti organiche necessarie per la creazione di qualcosa denominato Homunculus, che mi fece piegare lo stomaco in due dal disgusto; mentre su quello sinistro c'era un forno in pietra necessario per la lavorazione dell'argilla per comporre il guscio esterno dei nuclei dei Golem, mitiche creature antropomorfe della mitologia ebraica, giganti d'argilla dotati di forza sovrumana.

Affianco alla teca, lungo la parete laterale di destra, c'era un quadro incantato; lì raffigurata vi era una donna angelica. Si chiamava Alba, ed era il dipinto animato che conduceva alle stanze del professor Lazzari, e le sorvegliava. Una ragazza sui vent'anni, bellissima, bionda, con ali da angelo, occhi rossi ed una corona di fiori di Alchemilla Alpina alla testa. Molto timida e gentile, in caso di ospiti avvisava il professore, qualora fosse in ufficio, ed apriva a chi era concesso. Quando non c'era nessuno a parte Rubin e Nig, i guardiani, tendeva a cantare.

Dall'altro lato dell'aula c'era un rialzo di pietra al cui centro c'era la cattedra, che era esattamente identica ai banchi degli studenti. Affianco ad essa una lavagna per lato, e dietro una grande vetrata priva di tende che dava sul parco del Castello, e sul Campo del Quidditch.

Dall'alta volta a botte, di pietra, che permetteva una buona sonorità, si calava un grande orologio dorato e sferico dal quale si poteva leggere l'ora in qualsiasi posizione ci si trovasse nell'aula.

Rubin, infine, era l'ultimo dei sorveglianti: una piccola statua animata di diavoletto rosso dalle corna nere e dagli occhi azzurri. Terribilmente logorroico, stava zitto solo durante le lezioni, ed era lui a seguire, principalmente, gli studenti. Si arrampicava spesso da una scaffalatura ad un altra, ed era sempre in movimento.

Fu lui a darci il "benvenuto": io, che ero la prima in fila, al fianco di Malfoy, mi stavo guardando intorno con aria stupefatta, incredula di fronte l'evidenza dell'esistenza di quella stanza così particolare. Trasudava da tutti i pori una magia ancestrale, ben più potente e antica di quella che studiavamo noi, un piano più in su. Stavo, quindi, gettando occhiate tutte attorno con avidità, quando quel piccolo diavolo, che prima era appeso ad una parete, tanto da farmi pensare di essere una statua comune, si risvegliò improvvisamente, e mi volò incontro, facendomi gridare dalla sorpresa.

Malfoy mi afferrò il braccio tirandomi dietro di sé, e gli puntò la bacchetta sfoderata, irrigidendo le spalle. Quel diavolo, in barba ad ogni forma di cortesia, gli scoppiò a ridere in faccia, e agitando il piccolo dito in pietra gliela strappò di mano, e la scaraventò dall'altra parte della classe.

"Ohi ohi, non ci siamo proprio," esclamò la statua, incredibilmente divertita, "dove hai lasciato le buone maniere, caro giovanotto?"

"Nello stesso posto in cui l'hai lasciate tu," rispose Malfoy piccato, incrociando le braccia al petto. "Stavi per attaccare una ragazza indifesa."

Mi piazzai le mani sui fianchi, riacquistando la sua sinistra. "Io non sono affatto indifesa, caro mio!" gli puntai un dito contro, "me la sarei cavata perfettamente."

Il diavoletto, che si era fermato a mezz'aria davanti a Malfoy, si spostò davanti a me, e mi fissò con i suoi occhi blu, sfolgoranti, inumani, e poi scoppiò a ridere. "Ma sì, tu mi piaci. Sai che," continuò, svolazzando con quelle sue ali troppo sottili per sollevare il suo corpo tozzo, "io sono uno dei tre guardiani dell'aula? Eh, sì - roba seria, ragazza. Ti farò entrare, e farò entrare anche il tuo amico, se potrai assicurarmi che non farà danni! Ci sono cose preziose, qui, sì, assai preziose..."

Io e Malfoy ci scambiammo un'occhiata, io non trattenendo una risata, e lui, come ogni volta che qualcuno di troppo euforico o con la parlantina facile gli si presentava davanti, del tutto scocciato. Il resto della classe, una decina di ragazzi, guardava la scena a bocca aperta, e tra questi Julian era profondamente divertito.

"Diglielo, Nig!" procedeva imperterrito il diavolo, volando per tutta l'aula, "diglielo che sono un grande guardiano!"

Nig, il secondo sorvegliante, ovvero lo scheletro nero che non poteva muoversi, spostò gli occhi verde antigelo su di lui, e uno sbuffo nervoso uscì dalla sua bocca, simile ad un lamento esasperato.

Rubin si illuminò. "Esatto! Esatto, è quello che dico anche io—"

"Basta così," intervenne una voce autoritaria, spuntando da fuori il dipinto incantato di Alba, che ci sorrise con fare gentile. Lei era davvero bellissima, e vidi Simon guardarla con tanto d'occhi; anche Malfoy le lanciò uno sguardo di troppo, ma spostò presto la propria attenzione sull'uomo che era appena uscito dalle proprie stanze.

Sarà stato sui trent'anni, sicuramente più grande di Teddy. La chioma corvina era piuttosto ordinata, non come quella di Albus e dello zio Harry, e la pelle più scura delle nostre, olivastra, ma più chiara di quella di Kalea; aveva un bel naso, dritto, e un sorriso smagliante. Non era alto, meno di un metro e ottanta, e dalle spalle larghe. La cosa che più attirava l'attenzione era, sicuramente, la sfumatura dei suoi occhi: erano viola, ametista, profondo, avvolgente. Mi chiesi se fosse del tutto umano.

Con un solo gesto della mano ci fece cenno di accomodarci; io afferrai Malfoy per il braccio e lo feci sedere al primo banco, di fronte all'insegnante. Il mio ragazzo ridacchiò, ma non obiettò; e non mi importava neanche degli sguardi confusi e stupiti del resto dei miei compagni, Julian compreso, nel vederci seduti vicini. Comunque, non volava una mosca, perché anche il guardiano, Rubin, si era fatto silenzioso di fronte l'avvertimento del professore.

Quando i più ebbero preso posto, il nuovo professore si schiarì la voce e cominciò a presentarsi. Non c'era nessuno che non pendesse dalle sue labbra, me per prima.

"Buongiorno, maghi e streghe di Hogwarts," iniziò, con voce calda, invitante, "mi chiamo Leonardo Lazzari, e per questo anno sarò il vostro docente dell'affascinante arte dell'Alchimia."

Qualche buongiorno, dal tono poco convinto, aleggiò nella grande aula. Solo il mio si sentì forte e chiaro, e parve divertire il professore: del resto, il sospetto che quella potesse essere una perdita di tempo era grande e radicato nelle menti dei giovani maghi e streghe, ed era compito di Lazzari quello di convincerci del contrario.

Be', non me, perché io ero già del tutto affascinata. Già il mettere piede in quella classe così bella aveva del tutto soddisfatto le mie aspettative.

"Prima di cominciare con questa prima lezione," riprese il professore, non lasciandosi scoraggiare, "vi chiedo di essere così gentili da alzare la mano prima di intervenire, e di lasciar fuori dall'aula tutte le convinzioni che avete su questa materia. Se avete qualche dubbio non esitate a chiedere ma nel profondo rispetto gli uni degli altri."

Annuii, seria, sperando di avere un'aria un minimo professionale. Non volevo semplicemente distinguermi - volevo che Lazzari capisse che non eravamo tutti così superstiziosi e scettici e prevenuti. Ci sarebbe sempre stato qualcuno, tipo me e Malfoy e Julian, che avrebbe ascoltato a prescindere prima di farsi un'idea.

Messa in chiaro quella postilla a cui sembrava tenere particolarmente, Lazzari osservò i volti dei suoi interlocutori, quindi noi. A nostra volta, lo scrutavamo in attesa di sapere come avrebbe articolato quella lezione. Io ero già in fibrillazione, ma mi obbligai a rimanere ferma il più possibile, benché per me fosse impossibile non battere nervosamente il piede per terra. Ogni volta che mi sentivo così bastava guardare Scorpius per calmarmi - e così gli lanciai un'occhiata con la coda dell'occhio. Lui era l'unico a star guardando me invece del professore; alzò appena un angolo della bocca, gli occhi grigio chiaro tranquilli, sereni. Automaticamente smisi di battere la scarpa sul pavimento, e lui mi regalò un sorriso mozzafiato, che mi fece girare la testa.

"Bene," stava dicendo Lazzari, non curandosi o non accorgendosi del nostro scambio, "partiamo con le basi che vi potranno sembrare noiose, ma che sono assolutamente necessarie per comprendere a pieno questa disciplina. Alcuni di voi associano la parola alchimia alla Pietra filosofale, l'artefatto realizzato dal mago Nicolas Flamel - e non sbagliano nel farlo, ma essa non si riduce solo a questo. Il termine," continuò, camminando avanti e indietro tra i banchi, "deriva dall'arabo al-kimiyah, al-kimiyà o al-khimiyah (الكيمياء o الخيميا ), vocabolo composto dell'articolo al- e della parola kimiyà che significa Pietra Filosofale. A sua volta, kimiyà sembrerebbe discendere dal termine greco khymeiα (χυμεία), che significa fusione, liquefazione (dal participio khumatos, che è stato colato, quindi lingotto).

L'insegnante aveva iniziato a scribacchiare, con una calligrafia imprecisa e frettolosa, i nomi che pronunciava sulla lavagna di gesso accanto alla scrivania. Io riuscii a capire tutto perché ero al primo banco, e potevo vederci meglio, ma non ero sicura che per i miei compagni più indietro fosse lo stesso. Malfoy, dal suo canto, aveva ricopiato tutto sull'angolo di pergamena che ospitava gli appunti della lezione precedente, azione che gli veniva facilitata solo dalla chiarezza della propria scrittura.

"Inoltre," riprese Lazzari, "il termine Alchimia trova anche un interessante collegamento coi vocaboli Al Kemi, - l'arte egizia - e kim-iya, termine cinese che significa succo per fare l'oro."

"Già dall'etimologia del termine è possibile comprendere che questa materia permette il collegamento non sono con la praticità nel realizzare la Pietra Filosofale o il tramutare i metalli in oro, ma è anche un complesso ed affascinante percorso interiore che permette la purificazione dello spirito."

Lazzari prese un profondo respiro, scrutando attentamente l'aula ed i suoi studenti. Mi voltai anch'io per vedere cosa ci fosse di così particolare: alcuni ai primi banchi, come noi, si apprestavano a prendere appunti copiando le parole vergate sulla grafite nera della lavagna, e altri invece continuavano ad osservare scetticamente l'insegnante. L'Alchimia era una materia difficile da insegnare quanto da apprendere, con tutti i legami che aveva con il misticismo, per questo la gente continuava ad essere fortemente scettica nei suoi confronti.

Quell'atteggiamento mi dava non poco sui nervi. Perché la gente si sarebbe dovuta iscrivere al corso se non aveva intenzione neanche di dare una possibilità a quella materia? Che urto.

"Per oggi ci limiteremo a dare un'infarinatura," fece Lazzari. "Cominciamo con suddividere l'Alchimia in due strade, diverse ma assolutamente complementari tra loro, ossia l'Alchimia esoterica e quella essoterica."

Per ben illustrare quella minuscola differenza tra le due parole, che consisteva in una semplice S, Lazzari agitò la bacchetta permettendo al gesso posto accanto alla lavagna di sollevarsi e tracciare le forme delle due parole in modo tale che noi studenti avremmo potuto ricopiarle sulle nostre pergamene. Nel mio caso, e Lazzari se ne accorse, sul quadernone.

"Nell'Alchimia esoterica, l'alchimista utilizza tale disciplina con il fine di migliorare se stesso sotto tre sfaccettature: nel corpo, attraverso il benessere fisico e la longevità; nella mente, attraverso un pensiero consapevole, basato sulla conoscenza, l'osservazione e l'intuito; nella psiche, attraverso l'espulsione delle sensazioni emotive dannose che si cristallizzano in ognuno di noi, se circondati da avvenimenti nefasti. Lo scopo più alto dell'Alchimia esoterica," proseguì, facendo scorrere il polpastrello sulla pagina di carta del mio quaderno e regalandomi un sorriso, "consiste nella creazione del corpo d'oro, anche detta Pietra Filosofale. La capacità di realizzare questo corpo glorioso, secondo la tradizione alchemica, non è innato nell'essere umano, ma la si può sviluppare durante la vita, seguendo gli insegnamenti e le pratiche alchemiche."

L'aspetto più particolare di quegli occhi color ametista, viola intenso, era che risultavano così affabili che ti sembrava di conoscere di già il loro proprietario. Erano spettacolari. Lazzari riprese a camminare, sotto gli occhi attenti degli studenti - anche dei meno convinti, perché curiosi, - e dei guardiani dell'aula.

Rubin svolazzò a scatti nell'aria, staccandosi dagli scaffali dove si era appostato, fino al nostro banco, dove si abbandonò, con un tale livello di melodramma che avrebbe fatto concorrenza a qualsiasi soap opera argentina. Non riuscii a non farmi scappare una risatina, e lui mi fece l'occhiolino.

"Nell'Alchimia essoterica, invece," disse Lazzari, guardando il diavoletto ma senza fare nulla in proposito, "l'alchimista prende l'insegnamento alla lettera: infatti, vuole trasformare la materia che sta al di fuori di sé. Leggendario sono il tentativo e le pratiche utilizzate da alcuni alchimisti nei secoli scorsi per trasformare il piombo in oro."

"Altri utilizzarono gli insegnamenti alchemici per creare pozioni guaritrici, combinando essenze ed estratti naturali di piante e minerali. L'alchimista essoterico, di fatto, è quello che i Non-Maghi chiamerebbero un chimico, ossia colui il quale combina essenze e modifica la materia attraverso l'utilizzo dei quattro elementi terrestri, per amplificare e velocizzare i processi di trasformazione della materia alla quale vengono applicati. Molti sono, ancor oggi, i termini usati nella chimica Babbana che derivano dagli antichi alchimisti, come ad esempio alambicco, alcol, oppure elisir."

Neppure il tempo che le labbra della docente tornarono chiuse che una mano svettò in aria, richiedendo l'attenzione di Lazzari. Con un balenio negli occhi viola che mi parve piuttosto compiaciuto, l'uomo si rivolse a lei con un sorriso.

"Dica, signorina Casterwill."

La Tassorosso, la fidanzata di quel Lucian Diggory, Prefetto della stessa Casa, abbassò la mano prima di prendere la parola e, con voce ferma e delicata, espose la sua titubanza davanti l'intera classe.

"Mi scusi, professore, ma a me sembra che lo scopo ultimo delle due strade, come le ha definite lei, sia lo stesso. Alla fine entrambe anelano alla trasformazione di un materiale in un altro."

Io mi mordicchiai appena il labbro, riflettendo sulla sua domanda, ma mi venne naturale scuotere appena la testa. Non mi sembrava affatto giusta la conclusione cui era giunta Elena. Del resto, se il fine ultimo fosse stato il medesimo, allora perché fare due strade per arrivarci?

"Così potrebbe apparire, signorina," rispose il professor Lazzari, "ma la differenza tra le due branche dell'Alchimia sta nell'applicazione di essa. Una prevede un cammino interiore, un percorso spirituale da affrontare, per poi ottenere il manufatto più importante - la Pietra Filosofale, che permette di modificare tutti i materiali vili in oro ed ottenere l'Elisir di Lunga Vita. L'altro, invece, è un processo meccanico, una mera combinazione di elementi per far sì che solo il piombo si possa tramutare in lucente oro."

Nonostante l'ultima affermazione di Lazzari, il volto della ragazza, così come quella di altri nostri compagni, non era del tutto convinto. L'uomo decise, perciò, che una sorta di comparazione pratica avrebbe consentito di comprendere meglio quello che voleva intendere.

"Proviamo in questo modo: signorina Casterwill, saprebbe dirmi cosa è l'Erbologia?"

L'espressione della ragazza mutò improvvisamente, da curiosa divenne alquanto scettica. Forse non si aspettava quel cambio di argomento così radicale, ma non si perse d'animo, e rispose immediatamente.

"È lo studio delle piante, magiche e non, in cui si comprende come coltivarle al meglio e a cosa possono servire."

Lazzari annuì. "Ottima risposta. Quindi nell'Erbologia non troviamo nessun componente emotivo che non sia la passione verso il mondo vegetale, giusto?" domandò alla classe, e in molti annuirono. Malfoy, dal mio fianco, lo osservava, forse con un accenno di interesse, ma sempre addosso quella maschera di indifferenza e freddezza che indossava in pubblico.

"Bene. Invece, signorina... Hunter," scelse la Grifondoro due banchi dietro di me, "potrebbe condividere con i suoi compagni cosa sono le Rune?"

La diretta interessata, seduta in terza fila, si schiarì la voce e, con la tipica fierezza che avevo imparato la caratterizzava, rispose alla domanda di Lazzari.

"Le Rune sono dei glifi, delle incisioni, dei simboli che permettono a chi vi scruta, ed ha una pratica con l'interpretazione di esse, di comunicare con l'Inconscio dello spirito, in quanto le energie cosmiche si manifestano attraverso le Rune, ampliando la conoscenza della Divinità Interiore, presente in ogni forma vivente del pianeta."

"Esattamente. Per cui, per poter scrutare le Rune, c'è bisogno di addentrarsi nella sfera emotiva. Vi ho posto questi due quesiti per poter paragonare le due materie citate con l'Alchimia esoterica ed essoterica: l'Erbologia, infatti, per quanto sia una pratica affascinante, sfrutta le capacità materiali dell'individuo, e può essere accomunata all'Alchimia essoterica, perché permette di seguire delle indicazioni ben precise per raggiungere l'obbiettivo. Le Antiche Rune, invece, sono assimilabili all'Alchimia esoterica, dato che, oltre alla parte materica, sfruttano delle componenti emotive ed interiori. Inoltre, va ricordato che sono due strade diverse ma profondamente legate tra loro. Adesso vi è più chiaro?" chiese Lazzari spostandosi dall'altro lato dell'aula, ed osservando le teste degli alunni annuire.

Sperò vivamente che se il concetto non fosse stato chiaro, qualcuno avrebbe esposto la sua ulteriore titubanza - ma dato nessuno lo fece, continuò con la lezione.

"Ottimo. Cinque punti verranno assegnati a Grifondoro e a Tassorosso, per le impeccabili risposte della signorina Casterwill e della signorina Hunter."

Le due ragazze sorrisero, fiere di se stesse, prima di riconcentrarsi per non perdere il filo del discorso.

"Adesso che ci è chiara la natura dell'Alchimia, passiamo a vedere le fasi che permettono di comprendere come avvengono le trasformazioni alchemiche. Cercate di prestare attenzione, perché cominciamo ad addentraci nella parte pulsante della materia e non sarà così semplice come potrebbe sembrare," ci avvertì l'insegnante, infilandosi le mani in tasca e appoggiandosi con il bacino alla cattedra. Rubin, che si era addormentato sul nostro banco, prese a russare, scalciando con un piccolo piede palmato in aria. "Sapete, ogni argomento dell'Alchimia è strettamente legato tra loro. Ciò che apprenderete oggi si ricollegherà con quello che studieremo assieme nelle future lezioni."

"Come per ogni materia," borbottò Scorpius sottovoce, per niente impressionato. Non aveva quell'atteggiamento fastidioso proprio dei miscredenti, però si stava iniziando ad innervosire. Forse avrebbe voluto entrare più nel vivo della lezione - come me, d'altronde. Temevo che con la domanda di Elena avessimo perso tempo prezioso.

"Per comprendere le fasi, è necessario ricollegarsi ad uno dei libri alchemici più importanti dell'antica Grecia: il Magnum Opus. Conosciuto come la Grande Opera, in esso è espletato l'itinerario alchemico di lavorazione e trasformazione delle materie prime, al fine di realizzare la Pietra Filosofale. Questi passaggi che sto per spiegarvi conducono gradualmente alla metamorfosi personale e spirituale dell'alchimista, ai quali corrispondono, secondo la tradizione ermetica, altrettanti processi di laboratorio."

Le espressioni di molti dei miei compagni si fecero vuote: Lazzari non parlava in modo facile, e si esprimeva in un inglese molto forbito e con una pronuncia impeccabile, per quanto non americana, né britannica come la nostra. Del resto, anche il suo nome indicava come fosse italiano. Non avevo difficoltà a capirlo, né ad assimilare le pillole di Alchimia che ci stava fornendo, ma sapevo che non doveva essere facile per chiunque.

Intanto, lui aveva incrociato le caviglie e aveva ripreso a parlare. "Le fasi alchemiche sono quattro, e presero il nome dai colori fondamentali adoperati nella pittura classica, per poi essere correlati con i quattro elementi, le quattro stagioni e le quattro fasi del giorno. Prestate attenzione alla lavagna, gentilmente."

Appena il docente terminò di parlare, sulla grafite nera comparvero delle scritte che riassumevano e concretizzavano le sue parole in un'ordinata tabella. Come preannunciato da Lazzari, si divideva in quattro colonne, sotto il grosso titolo "Fasi alchemiche": Fasi, Elementi, Stagioni, e Fasi della Giornata. Rispettivamente, sotto ognuno, Opera al Nero - Opera al Bianco - Opera al Giallo - Opera al Rosso; Terra - Acqua - Aria - Fuoco; Inverno - Primavera - Estate - Autunno; Notte - Aurora - Pieno giorno - Tramonto.

"Come possiamo leggere," riprese Lazzari, con il suo tono di voce gentile e coinvolgente, "l'Opera al nero, chiamata anche Melanosi, Annerimento, Nigredo o Putrefactio si lega all'elemento della Terra, alla stagione invernale ed alla notte. Questa è la prima fase del processo alchimico e rappresenta la morte iniziale e la successiva putrefactio, ed è il momento più cruciale, in cui occorre "far morire" tutti gli ingredienti alchemici, macerandoli e cuocendoli a lungo in una massa uniforme nera. Questa decomposizione permetterà di riportare gli elementi alle loro forme originali per poi essere ricomposti in una sintesi superiore. È correlata all'inverno ed alla Terra perché se si vuole che il seme fruttifichi, esso deve essere infatti sepolto nel terreno per tutta la stagione invernale, senza poter vedere la luce del sole, come accade di notte. A livello macrocosmico la Nigredo è governata dal pianeta Saturno, pianeta della pesantezza e della gravità, associato ai colori scuri e tenebrosi, e tra i metalli al piombo. Questa fase veniva spesso simboleggiata da un corvo o un teschio."

Io fissavo a bocca spalancata quell'insegnante così peculiare, che sembrava riuscire a formulare solo nozioni interessanti; per fortuna ero in possesso di una biro, altrimenti con la piuma di gufo non sarei mai riuscita a trascrivere tutto quello che diceva. E non mi importava che ci potesse essere scritto il discorso anche sul libro: non volevo perdermi neanche una parola.

Rubin, ancora immerso nel sonno, si girò per mettersi a pancia in giù, russando sonoramente come Albus e Izzy. La sua ala mi sfiorò il braccio. Era gelida, e squamosa come la pelle di un serpente. Considerata la sua apparente narcolessia, doveva essere un guardiano molto bravo.

Lazzari sorrise appena nel vedere la scena offerta dal piccolo diavolo, ma non si lasciò distrarre. "L'alchimista si ritrova ad affrontare se stesso e l'Ombra che possiede, quindi le paure e le insicurezze che hanno caratterizzato la sua vita, accorgendosi di possedere dei difetti che spesso aveva proiettato su altri, detestandoli, mentre con questa fase di profonda solitudine si dovrà confrontare con questi. Come vedete, ogni fase è collegata a molteplici argomenti, riconducibili ad altre materie che studiate nella scuola, sebbene visto in maniera differente. Non temete, ragazzi, nelle successive lezioni tratteremo ogni nozione dal punto di vista alchemico e, se sarà possibile, cercheremo di fare delle esercitazioni così da analizzare ogni aspetto nella sua integrità."

Già questa introduzione bastò per intimorirmi. Non tutti era capace di fare come annunciato da Lazzari, confrontarsi con i propri difetti, con le paure, con gli spiriti del passato. Improvvisamente dubitai di poter avere la stoffa della buona Alchimista - al contrario di mia madre, che doveva essere stata perfetta in questo.

Malfoy, accasciato sulla sedia, si tirò più su, assumendo una posa più elegante. Fissava Lazzari, forse adesso più curioso di prima. Il professore notò quel cambiamento, e gli lanciò un'occhiata.

"Passiamo adesso," disse distogliendo gli occhi color ametista dal ragazzo al mio fianco, "alla seconda fase, chiamata Opera al bianco, o anche Leucosi, Sbiancamento, Albedo o Purificatio. Si lega all'elemento dell'Acqua, alla stagione primaverile ed all'Aurora. In questa fase la materia morta e putrefatta viene riportata in vita, e prima di arrivare al colore bianco - Albedo, infatti, ha la medesima radice di Albus, che in latino indica questo colore, - si passava ad un graduale mutamento di tonalità. Infatti vi è un momento, denominato "cauda pavonis", in cui si verifica l'unione dei sette colori dell'Iride, che assemblati formano il bianco. Durante la Nigredo, quindi, la materia imputridisce, disintegrandosi e precipitando nel caos, come abbiamo appena detto, ma, a partire dalla fase di Albedo, la massa informe che scaturisce dalla trasmutazione precedente viene sottoposta a un processo di distillazione e lavaggio della materia. Attraverso questa operazione, che traduce il motto alchemico "solve et coagula", la materia disciolta durante la Nigredo viene ricomposta. Quindi si ha un fenomeno di rinascita, viene recuperata l'energia e la speranza, la coscienza si espande e l'immaginazione creativa comincia a manifestarsi."

Questa fase già mi piaceva di più: speranza, rinascita, purificazione. Elementi con cui io sarei stata molto più a mio agio rispetto a morte e putrefazione.

Lazzari, che era stato fino a quel momento appoggiato alla cattedra, si voltò, e ci diede le spalle. Iniziò a trafficare con un grande tomo appoggiato sul ripiano in legno.

La classe non perse tempo, e ciascuno prese a chiacchierare con il proprio compagno di banco - chi per chiedere qualche parola persa durante la spiegazione, chi per scambiarsi un parere su quella prima lezione. Io mi voltai, e Julian, dal secondo banco della fila centrale, mi rivolse un sorriso. "Che dici, Cap?" chiese, forse sinceramente interessato nel sentire una mia opinione.

"La adoro!" esclamai, entusiasta. "Già solo il posto mi aveva convinto - quest'aula è bellissima!, - ma quello che sta dicendo... credo di essermi innamorata!" dichiarai, facendo ridacchiare sia Julian che i vari compagni accanto a me, tra cui Simon, che si aggiustò gli occhiali scivolati sul naso, Elena, Anthony e Catarina Finnegan, con cui avevo affrontato l'Hevardan settimane prima.

Lazzari, con un'esclamazione soddisfatta, aveva intanto trovato la pagina che stava cercando, e per questo sollevò il grosso tomo con entrambe le mani, mostrando a noi studenti la stampa di un famoso quadro italiano di straordinaria bellezza.

"Buoni, tornate silenziosi come prima," ci intimò morbidamente. "Ora vi faccio vedere la celebre Nascita di Venere, il dipinto a tempera del maestro del Rinascimento Sandro Botticelli. Questo perché la creazione della Dea dalla bianca spuma del Mar Mediterraneo, è uno dei simboli dell'Albedo."

Mi piacque all'istante il mondo in cui, nel pronunciare i nomi italiani - aveva chiamato il quadro sia con quello originario che con la traduzione inglese, - scelse di abbandonare del tutto la pronuncia anglosassone per adottare quella della sua patria. Le parole in italiano scivolarono sulla sua lingua con enorme facilità, e con una musicalità che forse alla nostra lingua natia mancava. Sentii, inoltre, vari sospiri per la classe, primo tra tutti quello di Elena, che doveva aver ceduto già per quel professore così particolare.

"A livello stagionale, questa fase corrisponde alla primavera, da sempre considerata come la rinascita della Natura, ed al sorgere del Sole. Il colore associato a questa fase, quindi, è il bianco, simbolo di purezza e forza benefica e simboleggiato dalla figura femminile, da un cigno bianco o da una rosa del medesimo colore. L'elemento dell'Acqua, che ha valenza purificatrice, viene assimilata all'Albedo. A livello macrocosmico il bianco di questa fase è associabile alla Luna, immagine del candore e della femminilità, e tra i metalli all'argento."

Improvvisamente, con una naturalezza che mi prese in contropiede, Malfoy, che non aveva detto una parola fino a quel momento, puntò il gomito sul tavolo e alzò la mano chiara, da pianista. Sapevo, e intuivo dalla flemma di quel gesto, che dover fare così per prendere parola gli recava grande insofferenza, perché creava un rapporto di insubordinazione tra insegnante e studente che lui, voglioso di comandare com'era, non riusciva a sopportare.

Lazzari lo guardò, e una lieve ruga si disegnò tra le sue sopracciglia scure. "Mi dica, signor Malfoy."

"Io sapevo che l'Albedo è legata al pianeta Venere," dichiarò il biondo, ignorando il russare di Rubin steso tra di noi. "Non alla Luna."

Stupefatta sia dal suo intervento che dalla sfacciataggine che, come al solito, aveva dimostrato, voltai gli occhi sul professor Lazzari. Questo, se fu colpito dalle parole di Scorpius, non lo diede a vedere. Si avvicinò a noi, e si mise in piedi di fronte al nostro banco, davanti a Rubin.

Lo sguardo dei ragazzi in aula, che si era posato su Malfoy, presi in contropiede come me, ritornò sul docente, interessati da quella breve interruzione.

"Ha ragione," concordò Lazzari, senza fare una piega. "Anticamente l'Albedo era correlata con Venere, dato che questo pianeta era chiamato con il nome Lucifero, cioè 'Portatore di Luce', dall'unione latina dei sostantivi lux, 'luce', e fero, 'porto'. Essendo l'Albedo caratterizzato dalla purezza e dalla femminilità, spesso veniva associato al secondo pianeta del nostro sistema solare, che richiama anche il nome della Dea romana della bellezza e dell'amore. Si è successivamente associato al satellite del nostro pianeta a causa della molteplici influenze che esso ha sulla Terra. Chiaro a tutti?"

Lazzari, malgrado le sue parole, parve rivolgersi solo a Malfoy, e rimase a guardarlo finché questo non gli diede un cenno del mento. Quando il professore si fu girato, io gli diedi un piccolo calcio con la punta della scarpa.

Lui alzò gli occhi, sorpreso. "E questo per che cos'era?" chiese.

"Per aver cercato di metterlo in difficoltà!" risposi sottovoce, arrabbiata. Non poteva già fare così dopo un'ora di lezione, era da maleducati.

Contro ogni mia aspettativa, si aprì in un sorriso, uno di quelli veri, da seccare la gola. "Come mi conosci bene, Posie."

Ciò che mi impedì di rispondergli fu solo Lazzari, che si girò di nuovo verso di noi; peccato che questo non mi evitò anche di arrossire, e Malfoy sorrise ancora di più, compiaciuto.

"Direi di dare anche cinque punti alla casata di Serpeverde per la giusta intuizione del signor Malfoy. Proseguiamo. ll passaggio dalla Nigredo all'Albedo viene anche rappresentato alchemicamente attraverso l'immagine della trasmutazione del piombo in argento. L'alchimista diviene consapevole di se stesso e di ciò che lo circonda, in seguito all'incontro con l'Ombra avvenuto durante la Nigredo. Si noti a questo proposito l'analogia tra la pratica della consapevolezza e il processo alchemico della distillazione. In questo modo sarà consentita un'osservazione delle emozioni più distaccata e obiettiva, e la liberazione dell'anima dai lacci della corporeità, stato che si raggiunge grazie a una più alta consapevolezza di sé. In altri termini, durante questa fase si assiste al graduale risveglio dell'Uomo che si trova sopito dentro ogni individuo. E questo non avviene per mezzo della repressione, bensì attraverso la realizzazione della sua vera natura."

"La terza fase," proseguì, parlando veloce quasi come la professoressa di Antiche Rune, la Keynes, "è Opera al giallo, detta Xantosi o Citrinitas o Ingiallimento, si lega all'elemento dell'Aria, alla stagione estiva, e corrisponde al pieno giorno. È la parte della combustione ad alte temperature della materia per renderlo incandescente. Prima di divenire rosso fuoco la materia assumerà i toni del giallo da cui ne deriva il colore principe, il giallo citrino, simbolo del dinamismo della coscienza e della volontà. Ciò che prima era vago e confuso, ora diventa chiaro e luminoso. Ciò che prima era putredine adesso è un composto distillato, pronto per essere sublimato. I simboli per eccellenza di questa trasmutazione alchemica sono l'Aria, l'estate e l'oro. Il suo simbolo nel regno animale è l'aquila."

Questa, se possibile, mi piaceva ancora di più: ordinata, colorata, luminosa. Era incredibile pensare che attraverso queste fasi la materia, da oscura e difficile, poteva diventare così.

Concluso anche con la terza fase, mancava solo quella relativa all'Opera del Rosso, che come disse il docente, era la più difficile da raggiungere e da comprendere. Anche Lazzari stesso nel suo percorso di apprendimento degli argomenti Alchemici aveva avuto maggiori difficoltà con esse, per cui, cercò di spiegarlo nel modo più semplice e coinciso possibile.

"Ultima fase alchemica che consente la realizzazione degli obiettivi dell'Alchimia, è Opera al Rosso, chiamata anche Iosi, Rubedo o Arrossamento, che si lega all'elemento del Fuoco, alla stagione autunnale e alla fase in cui il sole tramonta. Se la Nigredo consisteva nella putrefazione e l'Albedo nella distillazione, la Rubedo avviene per sublimazione sotto l'effetto del Fuoco, ed è per questo simboleggiata dalla fenice, ed analogamente, come la Nigredo corrispondeva al corpo fisico dell'alchimista, e l'Albedo alla sua anima, ora la Rubedo ne identifica lo spirito, la parte più elevata dei tre organi costitutivi dell'essere umano."

"L'effetto principale della sublimazione della materia, durante la Rubedo, è il ricongiungimento finale degli opposti. Ciò che per ragioni contingenti era separato, adesso torna ad essere unito. Durante questa fase si assiste dunque al ricongiungersi di spirito e materia, di Sole e Luna. E non a caso il colore di questa operazione è il rosso, un colore che si pone a metà tra bianco e nero, tra luce e oscurità."

"Lo yin e lo yang," esclamò Catarina, seduta nelle ultime file interrompendo il flusso di parole di Lazzari. Questo la guardò per un paio di secondi, leggermente infastidito dall'atteggiamento incurante della ragazza: tutti gli altri si erano premurati di alzare la mano per intervenire, come all'inizio della lezione il professore aveva richiesto, mentre lei aveva preso parola senza la medesima cortesia.

"Esattamente anche tra Yin e Yang, signorina Finnegan. La prossima volta, però, è pregata di sollevare la mano come hanno fatto i suoi colleghi prima di intervenire. Si rende conto che se ognuno di voi cominciasse ad intervenire a ruota libera questa non sarebbe più una lezione."

Inevitabilmente la ragazza, tra gli sghignazzi della classe - compreso quello di Malfoy - si imbarazzò per le parole di rimprovero, e chinò la testa sulla pergamena posata sul banco.

Dopo un momento di muto silenzio, in cui ogni rumore, eccetto il russare del diavoletto, si era placato, l'insegnante continuò con la spiegazione come se nulla fosse accaduto.

"Il compito finale dell'alchimista, ad un tale stadio di sviluppo, diventa non solo quello di elevarsi al di sopra della materia, ma di ricongiungersi con essa e di redimerla, dopo averla resa fertile e ripulita dagli aspetti grossolani; la sua anima, cioè, dopo essersi liberata dalla corporeità, deve morire a sua volta per cedere il passo alla discesa dello spirito, realizzando la fusione dell'Io con il mondo, ad un livello superiore di consapevolezza, e come risultato di una sua libera volontà. La Rubedo è, per cui, l'evaporazione, ossia l'operazione che trasforma la materia solida in sostanza gassosa, vista come il momento del movimento dinamico degli opposti."

"A livello simbolico l'unione degli opposti a cui si assiste durante la Rubedo è rappresentata dal serpente Ouroboros nell'atto di mordersi la coda, che rappresenta il compimento del ciclo alchemico. A livello planetario la Rubedo è associabile al Sole, simbolo del fuoco e dello Spirito, astro ritenuto governatore dell'oro, e nel quale il pianeta Terra sarebbe destinata a ricongiungersi in futuro al termine della sua evoluzione."

L'uomo camminava tra i banchi, soffermandosi qui e lì ad osservare il viso di noi alunni. Alcuni, come me, trascrivevano febbrilmente quello che appariva, magicamente, sulla lavagna, arricchendo i proprio appunti con le parole della docente, mentre altri preferivano ascoltare e basta. Lazzari poi lanciò una rapida occhiata al semplice orologio che portava al polso, accanto ad un bracciale di cuoio consunto. L'ora di tempo che aveva a disposizione stava ormai per concludersi, mi accorsi, stupefatta.

Di già?

"Mi rendo conto che al momento potrebbero sembrarvi tutte nozioni alquanto complesse, ma se seguirete le prossime lezioni tutto vi sarà più chiaro. Un'ultima precisazione prima di concludere il nostro tempo assieme," procedette, e un lievissimo sospiro di sollievo lasciò le mie labbra. Stranamente, di fronte a tali parole una classe normale sarebbe stata percorsa da lamenti, ma nessuno fece un fiato. "Anche la comunità non magica, nei tempi passati, si avvicinò all'arte dell'Alchimia, ottenendo risultati alquanto interessanti, almeno fino al XV-XVI secolo. In questo periodo, a causa di questioni legate al credo religioso l'Opera al giallo, o Citrinitas, venne inclusa nell'Albedo per esigenze trinitarie. Ciò comportò uno snaturamento delle fasi alchemiche che, come abbiamo visto sono ben specifiche e definite. I Babbani si allontanarono così dall'esoteria dell'Alchimia, seppur avvalendosi di essa in alcuni campi come la filosofia naturale. Carl Gustav Jung, uno psichiatra svizzero, si addentrò inconsapevolmente nella materia nel momento in cui strutturò gli Archetipi, nozioni che avrete sicuramente appreso studiando Antiche Rune con la rispettiva docente."

Il tempo era ormai agli sgoccioli, ma Lazzari non era della stessa idea: fece levitare davanti ad ogni banco due pergamene arrotolate con un colpo di bacchetta. La mia urtò - forse di proposito - Rubin, che accusato il colpo si svegliò subito, e gridò: "Non stavo dormendo!"

"Sì, invece," borbottò Malfoy. "Hai sbavato sulla mia pergamena."

"E se vuoi ti ci faccio anche altro—"

L'insegnante roteò gli occhi, e, spuntato alle spalle di Rubin, lo afferrò per le ali e lo mise sulla scrivania come se fosse stato pesante quanto una piuma. "Non importunare gli studenti," sentimmo, "quante volte te l'ho ripetuto?"

"Ha iniziato lui," replicò Rubin con una linguaccia, ma Lazzari lo ignorò, rigirandosi verso di noi. "Vi ho appuntato personalmente i compiti da svolgere per domani, augurandomi che la lezione sia stata chiara ed esaustiva. In caso contrario siete pregati di raggiungermi nel mio ufficio per dialogare insieme delle vostre perplessità."

Capii che ci stava congedando: in quel momento il grande orologio a pendolo appeso alla parete iniziò a battere i rintocchi della fine dell'ora, mezzogiorno e mezza. I ragazzi ringraziarono, salutarono e iniziarono ad andarsene. Io ficcai tutto nella mia borsa, ma toccai appena il polso di Malfoy, già pronto, per dirgli di aspettarmi un attimo.

Lazzari si stava sistemando un cappotto marrone addosso, e mi dava le spalle. Mi schiarii appena la gola, e lui si voltò.

"Professore... mi chiedevo se potessi parlarle di una cosa—" mormorai, ma fui interrotta dallo stesso insegnante, che infilò il collo sotto la cinta del suo borsone di pelle e mi mise una mano sulla spalla.

"Rose, vorrei poter restare, ma devo scappare. Pensi che possa aspettare domani?" senza aspettare risposta, il docente mi sorrise, affabile, e si ritirò oltre il ritratto di Alba, che sventolò la mano nella nostra direzione.

Ritornai da Malfoy, delusa, ma lui indossava un'aria di scherno. "Che c'è, la secchiona già prova ad accattivarsi le simpatie del nuovo professore?"

Roteai gli occhi, prendendolo per la mano e tirandolo in avanti, verso l'uscita. Salutai i due guardiani e il quadro prima di varcare l'arco in pietra e decidermi a parlare. "Non essere stupido. Non l'hai sentito parlare?"

"Cioè?" fece, ancora divertito. "L'unico insegnante che non ha ancora ceduto al tuo fascino, e tu vuoi abbindolarlo?"

"Scorpius!" sbottai, sferrandogli un pugno negli addominali che lo fece solo ridere di più. "Lui è italiano!"

Malfoy si massaggiò la zona colpita, senza smettere di sorridere. "E noi inglesi, e allora?" chiese, non prestandomi la necessaria attenzione.

"E allora," risposi io, infastidita, "vuol dire che deve aver frequentato l'Istituto Leonardo DaVinci, in Italia, dove si studiano le Aure."

La sua espressione passò di colpo dall'essere sciolta e divertita a quella seria. "Dici che—"

Annuii vigorosamente. "Dico, chi meglio di lui può dirci se possiamo fidarci di Julian?"

^^

🌻reveliohogwartsharrypottergdr.forum🌻

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro