62 - 𝑼𝑝 𝑎𝑙𝑙 𝑛𝑖𝑔𝒉𝑡
{Ne sono assolutamente innamorata}
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"Scorpius..." mormorai, gli occhi chiusi e il respiro pesante. "Avanti, faremo tardi a lezione..."
Rafforzò la stretta sulla mia vita, e lo sentii sorridere sul mio collo. Smise per un attimo di baciarmi la pelle. "Non posso avere un regalo di compleanno come si deve, Weasley?"
Mi venne da ridere. "Te ne stai un po' approfittando."
"È questo che significa compiere gli anni," replicò, testardo. "Nessuno ti dice mai di no."
Mancavano meno di dieci minuti all'inizio della sua seconda ora di lezione e della prima mia, dato che il mercoledì avevo un'ora di buco; peccato che Malfoy aveva deciso di rapirmi e portarmi al terzo piano, precisamente nella Sala Trofei.
Lasciai che le dita mi si intrecciassero pigramente con i capelli sulla sua nuca, sentendo le sue braccia avvolte attorno a me, racchiudendo il mio corpo tra il suo e l'angolo di parete che ancora non ospitava alcun riconoscimento. Ritornò a sfiorarmi la bocca con la propria, un movimento leggero, quasi impalpabile, ma al quale avevo anelato con tutta me stessa.
Tirò indietro il viso per guardarmi. Alla fioca luce delle nostre bacchette abbandonate su una mensola là accanto, i suoi lineamenti erano più belli che mai: la chioma mossa che gli incorniciava il volto, la pelle chiarissima, arrossata sulle gote dalla mancanza di ossigeno, il naso minuto incurvato appena all'insù, eredità di sua madre Astoria, e le labbra dalla forma perfetta, e ancora gli zigomi affilati, la mascella tagliente, e infine quei meravigliosi occhi grigi che ogni volta mi facevano battere il cuore più forte.
Anche lui mi fece un check-up completo, la punta del naso che sfiorava la mia, e un lievissimo sorriso che faceva comparire una delle due fossette sulle sue guance. Dato che non rideva quasi mai di gusto, era difficile che comparissero, altrimenti le avrei notate molto prima, però la loro bellezza risiedeva anche nella rarità con cui si presentavano.
Allontanò la mano dal muro accanto alla mia testa, e mi portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Nel sentire il contatto delle sue dita con il mio orecchio chiusi gli occhi, istintivamente.
Solamente percependo il suo respiro profondo, e il suo calore, e il profumo di menta e lavanda che mi circondava, mi venne da sorridere. Per la prima volta da quando eravamo tornati mi sentivo davvero contenta, più di quanto avrei creduto fosse possibile. Il Lord Protettore era stato sconfitto, papà stava bene, Shacklebolt era ancora al potere, e Scorpius e io stavamo insieme. Niente più ansia, paura di essere scoperti, gelosie immotivate.
"Mi piace quando sorridi," dichiarò, accarezzandomi l'angolo della bocca con il pollice, "sembri felice."
Aprii gli occhi, trovando subito i suoi fissi sul mio viso. "Perché lo sono."
Non disse nulla, dato che ormai avevo capito che il suo modo migliore di comunicare era non tanto con le parole, ma attraverso i gesti. Portò una mano dietro la mia nuca e mi lasciò un bacio sulla fronte.
Per qualche secondo mi crogiolai nella sua stretta, nel suo tocco così meraviglioso, nella presenza che mi faceva sentire a casa; poi sospinsi piano il suo petto all'indietro, scivolando via dal minuscolo posto ricavatomi tra il suo corpo e la parete.
"Non farai tardi a causa mia, Scorpius Malfoy," dichiarai, perentoria, iniziando ad aggiustarmi la gonna, alzatasi pericolosamente.
Vedendo che stava fermo a fissarmi, con le mani in tasca, sospirai e decisi di pensare io a rassettarlo, per evitare che qualcuno facesse commenti sul suo aspetto. Gli sistemai la cravatta e il colletto della camicia che spuntava da sotto il maglione. "Che disastro," borbottai.
Fece spuntare un sorrisetto. "Menomale che ci sei tu, allora."
Gli lanciai un'occhiataccia, passandogli i palmi delle mani sul petto in modo da levare ogni piegatura dal capo di abbigliamento. "Sì, be', non starò in giro per sempre, quindi è ora che impari a sistemarti i vestiti spiegazzati per conto tuo—"
"Non starai in giro per sempre?" ripeté, scettico. "Che c'è, ci siamo appena messi insieme e hai già fretta di lasciarmi?"
Per quanto avesse parlato in modo scherzoso, dal cipiglio che indossava capii che non era una domanda retorica a tal punto da non volerne una risposta.
Lasciai per un attimo perdere la mia camicia, e ridacchiai. "Paura, Malfoy?"
"Ti piacerebbe," replicò, con una smorfia contrita.
Mi alzai sulle punte dei piedi per lasciargli un bacio sulla guancia, che gli sfiorai poi con le nocche. "Tranquillo, non vado da nessuna parte. Non possiamo durare meno di un giorno, sarebbe patetico."
"Per adesso siamo a nove ore," mi fece notare, con le mani infilate in tasca e l'angolo della bocca alzato. "Pensi di riuscire ad arrivare a ventiquattro? Sei ottimista."
Feci spallucce, e aprii la porta della Sala dei Trofei. Era quasi deserta, tranne per un ragazzino del terzo anno che allargò gli occhi come una rana nel vederci uscire insieme dalla stessa stanza. "Non lo so, onestamente mi stai già iniziando ad annoiare..."
"È il mio compleanno!" evidenziò, per l'ennesima volta quel giorno. "Non ti puoi neanche sognare di lasciarmi oggi."
"Avanti, basta dire stupidaggini," lo rimproverai, spingendolo con entrambe le mani sullo stomaco perché si avviasse verso le scale. "Abbiamo un minuto di tempo, e poi saremo ufficialmente in ritardo."
Ridacchiò, passandosi le dita tra i capelli. "Non sia mai, vero?"
Roteai gli occhi, fingendo di non essere allietata e divertita da quello scambio di battute. "Non farmi entrare in modalità Caposcuola, altrimenti ti tolgo venti punti per lo stare nei corridoi saltando le lezioni," lo minacciai, continuando a spingerlo via.
"Potrei fare lo stesso," mi ricordò, indifferente, "e poi sei sexy quando detti legge, sai?"
"Io sono sempre sexy," replicai, "e ora vai via, prima che ci veda qualcuno."
Lui sbuffò. "Non stiamo facendo niente di male, per il momento."
"Bravo, continuiamo così," dissi, ironica, alzando i pollici.
"Me ne vado," ammise, sconfitto, e con un'aria disdegnosa addosso. "A questo punto anche Rosebud risulta più simpatico di te."
Scoppiai a ridere, e salii di un paio di gradini. "Buona lezione di Babbanologia, mio prode."
Neanche a dirlo, mi diede il tempo di salire a malapena mezza rampa di scale prima di prendermi per il polso e farmi girare. Mi ritrovai esattamente nel cerchio delle sue braccia, e a questo punto fu per me impossibile non sfruttare l'altezza datami dai gradini in più per avvicinare il volto al suo e far unire con energia le nostre bocche, già arrossate dai baci precedenti.
Temetti che il cuore mi sarebbe scoppiato di gioia quando racchiuse la mia guancia con la sua mano, per tenermi più vicina a sé.
Si allontanò lui, con uno schiocco sonoro. "Ci rivediamo tra un'ora?"
"Io ho buco," lo avvertii, sapendo che dalla settimana successiva avrei riempito quell'ora con il prestigiosissimo corso di Alchimia.
Scorpius mi stupì con uno dei suoi ampissimi e stupefacenti sorrisi, di quelli grandi e felici, quelli da fossetta, quelli che quando li ricevevi ti facevano sentire immensamente fortunata. "Anch'io," disse, lasciando che poggiassi le mani aperte sul suo petto per distendere anche le ultime pieghe minuscole del suo maglione.
"Perfetto," esclamai, portandole ora sulla sua chioma per eliminare l'effetto di post-incontro-segreto-nei-bagni - anche se lui la teneva abitualmente in questo modo. "Allora possiamo—"
"Mica tanto," fece una smorfia poco entusiasta, nervoso come se se lo fosse appena ricordato, interrompendomi prima che potessi offrirgli la possibilità di andare nel nostro dormitorio. "I ragazzi hanno detto di voler stare tutti insieme, anche con voi. Me l'ero dimenticato."
Mi stampai un sorriso in faccia anche se avrei di gran lunga preferito avere un po' di tempo per stare da soli. "Allora faremo come dicono loro," ghignai, "dopotutto, è il tuo compleanno."
Si accigliò, per niente soddisfatto, le braccia che mi cingevano la vita tenendomi stretta e il labbro tra i denti. Una visione celestiale, insomma. "Per la prima volta, questa frase non suona bene come dovrebbe. Sai cosa possiamo fare per rimediare?" aggiunse, gli occhi che brillavano.
"Cosa?" chiesi, dandogli corda ma con una lunga occhiataccia. "Non salterò le lezioni, Scorpius."
Lui emise un lamento da cucciolo ferito. "Dai, Rose."
"Assolutamente no," e così mi divincolai dalla sua presa, facendo un passo all'indietro. "Vai in classe."
"Ultima richiesta?" azzardò, non muovendosi di un millimetro, con fare speranzoso.
Roteai gli occhi, e mi piazzai le mani sui fianchi. "Che c'è, adesso?"
"Prima della festa clandestina di stasera, voglio venti minuti per farti vedere una cosa," dichiarò, e io avrei anche voluto concentrarmi su cosa volesse mostrarmi, ma in realtà ero già rimasta a bocca spalancata dopo aver sentito la prima metà della frase.
"Come—come fai a saperlo? Della festa?" chiesi, stupefatta, e lui si mise a ridere, scendendo le scale che portavano al primo piano.
"Non lo sapevo," mi spiegò, "sei tu che me ne hai appena dato la conferma."
E con questo, seguito da una risatina vivace, sparì dalla mia visuale, lasciandomi impalata in mezzo alla rampa di scale come una stupida.
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"Vuota e bianca, la fine e l'inizio, questa è la runa della totale fiducia
la stimolante esperienza con il vero destino.
L'inconoscibile illusorio si informa
su ciò che è in movimento nella vita;
in questo biancore è racchiuso il potenziale puro,
che denso e vuoto,
allo stesso tempo comprende la totalità dell'essere,
tutto quello che deve essere attuato.
[...]
è il potere creativo di ciò che è ignoto.
L'estrazione della runa bianca fa affiorare le più profonde paure,
ma anche il bene supremo e le possibilità più vere
sono rinchiuse in quel biancore.
[...]
Rappresenta il cammino dell'evoluzione,
la somma totale delle azioni e delle loro conseguenze.
Nello stesso tempo la runa bianca insegna che
molti obblighi antichi mutano e si evolvono
proprio come si cambia e si evolve.
Nulla è predestinato,
gli ostacoli lungo il sentiero possono diventare
le porte di ingresso verso nuovi inizi."
[...]
Soggiogare la percezione altrui con la propria,
anteponendo la propria conoscenza all'altrui ignoranza."
La professoressa Keynes continuava a camminare avanti e indietro per l'aula, leggendo dal nostro libro di testo: la sua voce potente si riverberava per tutta la stanza, raggiungendo - e zittendo - persino quelli più lontani. "Questa è una citazione di Venerabile Aristarcus, vissuto nel 730 dopo Cristo. Immagino che qualcuno di voi abbia capito di cosa tratta l'argomento di oggi, o sbaglio?"
La nostra docente, al contrario di Sanguini, relativamente nuovo, insegnava Antiche Rune ad Hogwarts dall'anno in cui era finita la guerra, quindi dal settembre del 1998. Era una donna alta e slanciata, di un'età indefinita ma che si aggirava sui cinquant'anni, dai capelli neri come il carbone lunghi fino alla vita; era dotata di un'estrema intelligenza, ed era una vera maestra nella sua materia, tanto da aver ricevuto, e rifiutato, incarichi di una certa importanza anche all'estero. L'unica pecca che riuscivo a trovare era nel suo atteggiamento, dei più freddi mai visti. In quattro anni di insegnamento, dato che Rune si poteva prendere come materia facoltativa dal terzo anno, non l'avevo mai vista fare un sorriso.
Izzy non mancava mai di farmi notare che era la copia sputata di Morticia Addams.
"La Runa Bianca, forse?" azzardai, e lei mi guardò con i suoi occhi neri. "Cinque punti a Grifondoro," disse solamente, prima di riprendere la spiegazione.
"Da quel momento, l'utilizzo della Runa Bianca si è andato spostando sempre di più dall'esoterismo e dal misticismo più prossimo alla religione alle pratiche illusorie. La capacità di far affiorare le più profonde paure, di penetrare nella mente del bersaglio senza conoscerlo a fondo o di influenzare la sua percezione della realtà, costituiscono alcuni degli aspetti applicativi della Runa Bianca - chiamata anche Whotan, o Wodan; questi tendono ad obbedire ed assecondare l'intenzione del mago che la evoca, permettendogli di agire direttamente sulla mente del bersaglio, facendogli percepire delle sensazioni positive o negative che il mago castatore "conosce". Di contro, è impossibile far illusoriamente percepire dolore o gioie che non sono mai stati provati su se stessi," continuava, imperterrita, ignorando le nostre difficoltà nell'appuntare quel che diceva.
Izzy sbuffò. "Farebbe invidia anche ad Eminem."
"Speriamo che ci sia scritto qualcosa sul libro," intervenne Kalea, da dietro di noi. "Altrimenti siamo finite."
"Signor Anderson," sibilò poi la Keynes. Mi girai verso Logan, come fecero tutti gli altri. Lui, che prima stava scrivendo, si immobilizzò, diventando un blocco di marmo. "Sì?"
La professoressa agitò la bacchetta, e i nostri libri si fermarono a pagina trecentodue. "Mi farebbe il piacere di leggere ciò che dice il Venerabile Phileon, dell'850, nel suo De Rerum Magiae?"
Tutta la classe tirò un sospiro di sollievo, primo tra tutti Logan stesso. "Certo," mormorò.
"Ganthu mutò la pietra in demoni
e i rami divennero serpenti
e mentre tentai di liberarmi dalla morsa
un albero mi azzannò alle spalle.
Urlai di vero dolore, ma del rosso del mio sangue
alla fine non ce n'era traccia."
"Possibile che non ti faccia alcun effetto?" sentimmo bisbigliare da Livia a Kalea. "È stato il tuo ragazzo per più di un anno."
Kalea si prese un attimo per rispondere, poi sorrise. "Assolutamente nessuno."
"Signorine," le riprese la Keynes, affatto contenta. "Posso chiedervi di prestare attenzione?"
Le nostre due amiche si scusarono, e lei iniziò di nuovo a camminare avanti e indietro. "Non è, inoltre, possibile ricreare delle illusioni ambientali con l'evocazione dominica di Whotan, ma ci si limita ad alterare l'identità degli esseri viventi e non viventi presenti davanti agli occhi del bersaglio. Più è forte l'illusione e la padronanza con la quale il mago castatore evoca il dominio della Runa Bianca - tramite l'incantesimo Dominium Evoco - e maggiore sarà il numero di oggetti alterabili dall'illusione e la "realtà apparente" della stessa," spiegò, parlando velocemente e sicura di sé.
"Che vuol dire che non ti fa effetto?" chiese Izzy, rinunciando a prendere appunti, voltatasi verso la nostra amica. La Keynes ci diede il compito di provare ad evocare l'incantesimo, ma la vita sentimentale di Kalea era troppo interessante per lasciar perdere.
Lei si esibì in un sorrisetto vago, che praticamente equivalse allo sganciare una bomba. Io mi portai una mano alla bocca, Livia imprecò e Izzy si prese l'incarico di dare un filo logico ai nostri pensieri: "Ti sei innamorata di qualcun altro?!" esclamò, basita, e, nonostante avesse pronunciato quel quesito con un filo di voce, Kalea si guardò attorno nervosamente per assicurarsi che nessuno avesse sentito.
"No, non mi sono innamorata di nessuno," disse infine, e ignorò i nostri sospiri scontenti. "Ho solo avuto modo di confrontarmi con qualcuno che è riuscito ad aprirmi gli occhi, ecco."
"E chi è?" feci io. "Lo conosciamo?"
L'altra annuì, e i suoi ricci castani seguirono il movimento della sua testa. "Lo conoscete."
Livia sbuffò con forza. "Ti prego, non dirmi che è un altro maniaco assassino perché non lo reggerei," commentò, "tipo quando Izzy è andata al Ballo d'Inverno con Thomas."
Izzy le diede un colpetto sull'avambraccio con il proprio gomito, offesa. "Se ci tieni a saperlo, è stato un ottimo accompagnatore."
"E che ne puoi sapere tu?" replicai io, ridacchiando. "Non hai avuto occhi che per Albus, tutta la sera."
La mia migliore amica fece un ghigno. "E da che pulpito viene la predica? Te sei stata tutto il tempo con il caro Scorpiuccio."
Inorridii. "Non chiamarlo mai più così."
"Pronto?" si intromise Livia, schioccandoci le dita davanti al volto per riportarci alla conversazione. "Invece di parlare di Scorpiuccio e Rosellina, possiamo concentrarci sull'amante segreto di Kelz, qui? Perché io trovo estremamente interessante che questa santarellina si sia trovata un nuovo ragazzo nel giro di due settimane—"
Kalea sbuffò. "A parte che questa santarellina," e rimarcò il nomignolo affibbiatole con sarcasmo, "ha fatto tutte le possibili esperienze sessuali prima di ognuna di voi, Dave Nott non è il mio maledetto ragazzo!"
La guardammo tutte e tre, basite, senza dire una parola. Dave Nott? Il nostro Dave?
Lo stesso Dave fidanzato con mia cugina?
"Ma—ehm—Kelz," balbettò Izzy, "Dave non sta con Lily?"
Kalea si mise a ridere. "Infatti ho detto che non stiamo insieme. È solo divertente averci a che fare, ogni tanto."
"Non capisco," borbottò Livia. "Hai detto che ti ha aperto gli occhi, riguardo Logan."
Lei annuì. "Infatti è così. Vedendo quanto è facile parlarci e starci insieme, ho capito che tutta la storia con Logan è stata un continuo sforzo, un rapporto che noi cercavamo con tutti noi stessi di mandare avanti, anche se era finito da tempo. Tutto qui," aggiunse, divertita nel vederci così allibite.
"Quindi niente relazione segreta? Niente nuovo fidanzato?" chiesi, nervosa. In che posizione sarei stata altrimenti? Sapere che il fidanzato di mia cugina stava con una delle mie migliori amiche alle sue spalle? No, grazie. Avevo appena risolto con Malfoy, non volevo che tutto si complicasse da capo.
"Assolutamente no," ribadì, serena.
Kalea era una delle persone più care e rispettose di questo mondo, non ce la vedevo proprio a mettersi in mezzo tra Dave e Lily. Non avevo la minima idea di come stesse procedendo la loro storia, ma se fosse stata in rotta di collisione credevo che ne sarei venuta a conoscenza. Non c'era possibilità che decidesse di essere un'amante, non era da lei. E poi conosceva Lily da una vita, e le voleva bene e la stimava. Non l'avrebbe mai pugnalata alle spalle così, ci avrei scommesso tutto.
"Menomale," asserì Livia, tirando un sospiro di sollievo. "Sennò saremmo diventati uno di quei gruppi terribili dove tutti sono fidanzati tra di loro e che poi non riescono più a guardarsi in faccia quando le coppie si lasciano."
Izzy le fece segno di stare in silenzio quando passò la Keynes, e da brave studentesse quali eravamo facemmo finta di essere impegnate nel produrre l'incantesimo richiesto. "A proposito di fidanzati," fece la mia compagna di banco, "tu e Noah come procedete?"
Livia fece spallucce. "Bene, credo."
"Credi?" le feci eco. "Ahia."
"No, no, stiamo sempre bene insieme," disse, quasi frettolosamente. "Parliamo, scherziamo, giochiamo, ogni tanto studiamo, insomma, quello che fanno i fidanzati."
Kalea aggrottò la fronte. "Sento che sta per arrivare un ma."
Livia alzò gli occhi al cielo. "Nessun ma, cara mia. Semplicemente, se vogliamo andare a trovare il pelo nell'uovo, sarebbe da specificare che ultimamente le cose tra di noi si sono raffreddate, dal punto di vista... sessuale."
Non credetti alle mie orecchie. "Avete solo diciassette anni e già avete già esaurito la carica?"
Izzy mi rivolse un'occhiata poco contenta, poi mise la propria mano su quella di Livia, gentile. "Vuoi parlarne?"
Lei si scostò i capelli chiari e lisci dalla spalla, poi agitò le dita con fare disinvolto. "Non c'è molto di cui parlare, Iz. È solo che non stiamo più avendo incontri erotici, tutto qua."
"Ma perché?" domandò Kalea. "Insomma, deve pur esserci un motivo, no?"
"Neanche a dire che sono ingrassata come un tacchino," replicò la bionda con una smorfia. "Magari si è semplicemente stancato, ragazze, cosa posso saperne io?"
"Secondo me dovresti chiederglielo," suggerii, preoccupata. "Siete una coppia, Camp, sesso o non sesso. Vedi che come ne parlerete tutto si sistemerà—"
Fui interrotta all'improvviso dalla professoressa, che riuscì a formare un boato pazzesco soltanto nello sbattere le mani sul nostro tavolo. "Adesso basta," dichiarò, fredda come un cubetto di ghiaccio. "O ci pensate voi quattro a dividervi, oppure vi butto fuori dalla classe. A voi la scelta."
Sentendomi imbarazzata e in colpa come non mai, con la testa bassa trascinai le mie cose vicino a Simon, da solo in banco, che mi accolse con un sorriso dolce, senza fare commenti. "Pronta?"
Il resto dell'ora passò in assoluta serietà, e anche con un silenzio quasi religioso, interrotto solo da occasionali consigli della Keynes su come leggere una parola in Runico oppure su come lanciare l'incantesimo giusto. Io, sebbene fossi in realtà concentrata sul mio compito e mi impegnassi per non essere un peso morto per Simon, sempre così ligio al dovere e paziente e rispettoso, stavo da tutt'altra parte.
Adesso ci si metteva anche un possibile casino tra Kalea e Dave a complicare le cose? E che significava che Livia e Noah non avevamo più incontri intimi? La passione si era spenta? Si stavano lasciando? Che cosa ne sarebbe stato di tutto il gruppo se non si fossero più voluti vedere?
Uscimmo dalla classe mezz'ora dopo, ma il morale ormai non era più alto come prima. Io, più delle altre, ero incredula - che cosa aveva in mente l'universo? Perché appena riuscivo a sistemare una mia faccenda personale, sorgevano problemi per altre persone a me care?
Era molto meglio quando l'unica interazione con il mondo maschile era quella del disgusto: innumerevoli volte, quando zia Ginny mi chiedeva che ne pensassi su un dato ragazzo, a dieci anni le avevo risposto che schifo!
Ecco, io volevo tornare alla fase del "che schifo".
Adesso però non c'era tempo per crogiolarsi nella sofferenza, perché avevo mille cose da fare, ed era il compleanno di qualcuno che per me era importante. Non avrei permesso al malumore di buttare tutto al vento.
"Riassumendo," fece Izzy velocemente, unendosi alla folla che portava ai piani inferiori per cambiare aula. "Adesso passiamo l'ora di buco con lui, poi che dobbiamo fare?"
Decisi di non dire che Scorpius era venuto a sapere della festa, o avrei davvero rovinato la giornata a tutto il Castello, che non vedeva l'ora che arrivasse sera per combinare il disastro più grande che si fosse mai verificato ad Hogwarts.
"Appena finite le lezioni, io, Albus e i gemelli Flint ci vediamo al passaggio della Strega Orba per prendere la Firebolt," dichiarai, anche a Kalea e Livia, che stavano ascoltando con attenzione. "Poi porterò la scopa nel nostro dormitorio, dove Scorpius non la troverà, e Noah e Dave, con il resto dei Serpeverde si occuperanno di portare tutti i dolci da Mielandia, e l'alcool dai Tre Manici di Scopa."
"Lily e Hugo," ripresi, non smettendo di camminare, "hanno il compito dei fuochi d'artificio, che spareremo come ultimissima cosa, quando avremo ripulito ogni traccia della festa, in modo che la Preside non possa incolparci di nulla. Hugo ha detto di aver il modo per tenere Gazza impegnato tutta la notte, ma non so - e non voglio sapere - di che cosa si tratta. Voi due," indicai Livia e Kalea, "siete le addette alla musica. Avete già trovato tutto?"
Kalea annuì. "Il mio iPod è pronto per l'uso, signore," affermò con tono scherzoso, simulando il gesto del saluto militare.
Mia madre e zia Ginny avevano passato almeno due giorni a cercare di capire come incantarlo perché funzionasse insieme alle casse, nonostante fossero apparecchi tecnologici.
Ridacchiai. "Bene," continuai, "Izzy, tu e Albus mi aiuterete, insieme ad altri ragazzi di varie Case, a circondare la Sala Grande di incantesimi protettivi, in modo tale che nessuno si accorgerà di niente. Norah e Wilhelmina devono trovare un modo per farci uscire ed entrare in sicurezza. La Presidenza è al settimo piano, è vero, ma la Sala Professori è al piano terra, a pochi passi da dove saremo noi, e non possiamo farci beccare."
"E James Sirius?" chiese Livia, che come da brava testarda non rinunciava mai alla sua occasione di chiamarlo con primo e secondo nome. "Che ruolo ha? Ci viene, alla festa?"
"Viene, e starà con Fred," risposi, "porta dei nuovi tipi di scherzi dai Tiri Vispi Weasley. Uno per colorare l'aria, l'altro per rendere le bevande luminescenti, e così via."
Izzy scosse la testa con un sorrisetto. "Non si sarebbero mai persi l'occasione di partecipare alla festa clandestina più rischiosa di Hogwarts, vero?"
"È pur sempre di James e Fred che stiamo parlando," replicai, scrollando le spalle.
Una volta arrivati in Sala Grande, però, non parlammo più di questo argomento. Ci furono almeno un paio di occhiate d'intesa con Norah, che con il suo bel caratterino si occupava, appunto, della sicurezza generale - una branca abbastanza vicina alla mia, quella degli incantesimi di protezione.
Scorpius avrà anche potuto sapere della festa, ma non poteva neanche immaginare che cosa le nostre menti brillanti stavano architettando.
Scivolai al tavolo dei Serpeverde, dove stavano quasi tutti i ragazzi del settimo anno, Grifondoro inclusi, tra Noah e Scorpius.
Lui sollevò gli occhi dal proprio scritto di Erbologia e mi sorrise. "Sopravvissuta alla Keynes?"
"Lascia stare," sbottai, incrociando le gambe. "È stato un suicidio come al solito."
"Ti avrò detto mille volte di non prendere Rune," ribatté, ritornando a leggere il suo prezioso lavoro, ma stavolta con il solito angolo della bocca alzato in una smorfia divertita.
Appoggiai il gomito sul tavolo, e mi sorressi la testa con la mano. "Dovresti sapere ormai che se mi dici di non fare una cosa, per me è solo un incentivo a farla."
"Certo che lo so," ridacchiò, scuotendo la testa. "Ti conosco, sai."
"No, scusate," intervenne Albus, facendoci alzare gli occhi su di lui. Aveva assunto un colorito color melanzana, che si accompagnava bene con i capelli neri e l'iride verde smeraldo, se solo non fosse stato indice di una congestione. "Non volevo interrompervi, perché già che vi stiate rivolgendo parola mi sembra un miracolo, ma... precisamente... quando e cosa cazzo è successo?"
Io e Scorpius ci scambiammo un'occhiata. Non ci eravamo ancora accordati su come agire, cosa dire a chi: ma sarebbe stata una vera ingiustizia nascondere tutto ad Albus.
"Ehm—abbiamo fatto pace."
"Ho visto," fu la risposta, basita ma anche un tantino risentita. Ci squadrò, contrito. "Posso sapere che cosa è successo?"
Santo cielo, non era affatto il momento giusto per raccontargli di noi. Non il giorno del compleanno di Scorpius, non in mezzo alla Sala Grande.
"Niente," subentrò allora Scorpius, "ieri siamo stati costretti a fare la ronda insieme, e abbiamo semplicemente deciso che è meglio per tutto il gruppo se smettiamo di discutere, tutto qui."
Albus inarcò entrambe le sopracciglia, scettico. "Ah, sì?"
"Cosa vuoi sentirti dire, Al?" chiesi. "Se hai una spiegazione migliore della nostra, esponila."
Lui mi guardò male. Avevo lasciato la parola a Scorpius: quello aveva deciso di inventare l'ennesima cazzata cui ormai non credevano neanche i muri, e io avrei rispettato la sua decisione. Mio cugino alla fine scosse la testa, e forzò un sorriso. "Se è la verità, ci credo."
Peccato che non lo era, non era la verità, e mentire in quel modo non aveva più alcun senso ormai; dovevamo solo affrontare la questione con Scorpius, magari il giorno dopo, e poi avremmo potuto dirlo ad Albus.
Le cose erano così ovvie a quel punto che non si poteva neanche più parlare di assoluta sorpresa - Al era brillante, e non solo avrebbe accettato la situazione, ma sicuramente l'aveva già intuita. Poteva essere fuorviato dai nostri dinieghi, ma non mentivamo abbastanza bene per togliergli ogni dubbio.
"Quindi, che ti ha regalato Draco?" chiese vivace Isabelle, sempre pronta a toglierci dall'impaccio. "Lui fa ogni anno cose bellissime."
Scorpius chiuse il libro, probabilmente avendo capito che sarebbe stato alquanto difficile combinare qualcosa quel giorno. Non aveva, però, la solita aria scocciata che indossavo io ogni volta che mi veniva impedito di studiare. Sembrava, anzi, piuttosto rilassato. "Mi ha mandato una lettera," rispose. "Dice che lo aprirò quando tornerò a casa, dopo il diploma."
"Che cosa?" fece, basito, Noah. "Vuoi dire che saprai che cosa ti ha fatto con sei mesi di ritardo?"
Scorpius sorrise appena. "A quanto pare sì."
"Ma è assurdo," brontolò Livia. "Fossi in te sarei abbastanza scocciata."
"Non mi importa dei regali," replicò lui con semplicità.
Guardai Albus, l'unico che non sembrava affatto stupito dalla rivelazione del suo amico. Probabilmente già sapeva che cosa Draco avesse in mente. La mia curiosità mi stuzzicò come al solito: avrei voluto chiederglielo, ma non potevo farlo davanti a tutti, e poi, teoricamente, quelli non erano affari miei.
"Allora cosa vuoi fare?" insistette Izzy, emozionata. "È il tuo gran giorno, Scorpius—"
"Be', il pomeriggio starà con voi," intervenne Wilhelmina, appena giunta al tavolo. Accanto a lei c'era Norah, e dietro i gemelli Flint. La prima mise le mani sulle spalle di Noah, e lasciò un bacio sulla sua guancia. "Almeno quest'ora dovete concedercela."
Norah scoppiò in un risolino, e le sue labbra dipinte di nero - stessa tonalità di capelli e occhi - si resero in un sorriso stranamente festoso. Si avvicinò a Scorpius e gli cinse il collo con le braccia, rimanendo alle sue spalle, e posò il mento sul suo capo. "Avanti, abbiamo una sorpresa."
Il ragazzo posò le mani grandi sulle sue, molto più piccole e ossute, e sorrise. "Norah, non abbiamo più cinque anni. Possiamo stare tutti insieme senza litigare."
Lei alzò un sopracciglio corvino, e si piazzò le mani sui fianchi sciogliendo la presa su di lui. "Che c'è, hai compiuto diciotto anni e improvvisamente sei tutto maturo e responsabile?"
Dal canto mio, io fissavo la scena guardandomi bene dal mostrare ogni tipo di sentimento. Sentii la punta della scarpa di Izzy sfiorarmi la caviglia, un gesto pensato per darmi conforto, ma non riuscivo a distogliere lo sguardo da quei due.
"Dai, amico," si intromise Kevin Flint, circondando con un braccio le magre spalle della sorella. "Un'ora. Non chiediamo tanto. Vero, ragazzi?"
Noah e Dave, che dovevano essere, ovviamente, a conoscenza di quanto e come le cose fossero cambiate tra me e il loro amico, mi guardarono, come a chiedermi il permesso di accettare. Io non mi sarei mai sognata di essere il tipo di fidanzata che proibisce alla propria metà di vedere gli amici, perché avevo sempre detestato quel tipo di persona - quindi mi stampai un'espressione allegra.
"Mi pare un'ottima idea!" intervenni io. Mi impegnai al massimo per non lasciar trasparire neanche un accenno di gelosia, che invece mi stava letteralmente divorando lo stomaco. "Voi andate, noi abbiamo ancora il testo per Vitious da consegnare."
Chi non sapeva della nostra relazione credette che avessi parlato per poterci portare avanti i preparativi; chi invece lo sapeva pensò che fosse stato per dimostrare che non ero affatto invidiosa; e infine Scorpius dovette prenderlo come un via libera, perché annuì e si alzò in piedi.
"Ci vediamo a pranzo?" domandò, rivolto a tutte e quattro noi. I suoi amici, Albus compreso, si alzarono, mentre io e le ragazze rimanemmo sedute.
"Certo," rispose in fretta Izzy, come vide che io non lo stavo facendo. "Divertitevi."
Scorpius non intuì nulla, e, consapevole di non poter fare altro, mi rivolse un sorriso brillante, con tanto di fossette, così raro che riuscì ad alleviare un poco il dolore opprimente che avevo al petto.
Guardai uscire il celebre gruppetto di Serpeverde dalle porte della Sala Grande, Norah e Wilhelmina attaccate a Dave e Scorpius, tenendoli a braccetto o stuzzicandoli con gomitate o strizzate di guancia.
Appena furono usciti, io mi voltai di nuovo verso le mie amiche, che mi stavano già fissando, in attesa che dicessi qualcosa.
"Non dire nulla di fronte al mio ragazzo che esce con la sua storica amica e compagna di scopate?" chiesi, ironicamente. "Alla faccia dell'essere progressista."
"Secondo me non hai motivo di essere gelosa," dichiarò Livia, che però indossava anche lei un cipiglio stranito. "Quel ragazzo non ha occhi che per te."
"Oh oh," commentò Kalea, "percepisco gelosia nell'aria."
In effetti, Livia sembrava poco contenta della scena tra Noah e Wilhelmina, sentimento accentuato dai problemi di coppia che stavano avendo, ed Isabelle era stranamente silenziosa - era davvero l'ultima di noi che potesse essere preoccupata, considerando che Albus praticamente la venerava - mentre io invece non osavo aprire bocca per non iniziare a dire cattiverie su quelle ragazze.
Kalea allora si alzò in piedi, e iniziò a raccogliere le sue cose. "Va bene, allora prendo le redini io," esclamò. "Andiamo, stasera abbiamo la festa più importante dell'anno ad attenderci."
"E allora?" fece Livia, sempre piuttosto giù di morale. "Lo sappiamo benissimo, siamo noi a prepararla."
L'altra sorrise vivacemente. "Infatti, ragazze mie, i gentilissimi Serpeverde ci hanno fatto un gran favore a lasciarci libere."
"Perché?"
"Perché, cara Rose," replicò lei, non trattenendo l'entusiasmo, "non possiamo presentarci a nessuna festa se non abbiamo l'assoluta certezza di essere le più belle."
^^
Il passaggio segreto per Hogsmeade che decidemmo di utilizzare era forse il meno conosciuto dell'intero Castello. Del resto, quello per Mielandia non era affatto sicuro: con l'enorme ordinazione che James aveva fatto per quella sera, spuntare nel loro magazzino significava avere un'alta probabilità di essere beccate.
Di conseguenza, la nostra meta era il corridoio accessibile dalla Sala d'Ingresso, dove era presente il quadro di Mumblus Kingdorr II, famoso aritmanta dell'epoca Rinascimentale. Aveva basato tutta la sua vita sullo studio del numero sette, che era diventato per lui una vera e propria ossessione. Era, infatti, proprio il soggetto del quadro a dare la possibilità, solo in determinate condizioni, di oltrepassare il quadro stesso che si apriva mostrando un cunicolo in pietra. Il passaggio portava al magazzino di Zonko's, dove venivano conservati tutti gli scherzi difettosi.
"Quindi oggi possiamo entrare, giusto?" chiese Izzy, una volta che fummo di fronte al quadro.
Mumblus Kingdorr, un uomo così anziano che la sua pelle sembrava fatta di cartapesta, aprì gli occhi al suono della voce della mia amica. "Quanti ne abbiamo?" gracchiò.
"È il venticinque gennaio," risposi, e lui fece un movimento impercettibile con il capo. "Allora potete venire."
"Si può accedere al passaggio segreto solo nei giorni sette, sedici e venticinque di ogni mese, cioè in quei giorni che danno come somma il numero sette," spiegai sottovoce.
Il mago mi fissò, come se mi avesse sentita perfettamente. "Vi consiglio di rientrare sempre entro l'alba, laddove si esca di sera, in quanto il passaggio di ritorno non si aprirà più allo spuntare del sole."
"È mezzogiorno meno dieci," lo informò Livia.
Mumblus Kingdorr roteò gli occhi al cielo. "Le streghe di oggi. Ho detto laddove, ragazza, sei per caso sorda, o analfabeta?"
"Né l'una né l'altra," replicò la mia amica, contrita. "Adesso può farci passare?"
Così il mago si spostò, e il quadro si aprì, rivelando un passaggio segreto alto più o meno come me, che ero la più bassa del gruppo. Le altre tre - Livia e Izzy erano tra il metro e settanta e il metro e settantacinque - parvero ancora meno contente.
"Prego," ghignò quello.
Livia borbottò un'imprecazione sottovoce e decise di avventurarsi per prima. L'angusto ambiente si rivelò meno spiacevole e meno lungo di quanto avessimo osato sperare, e in dieci minuti riuscimmo a vedere la porta del magazzino dell'Emporio degli Scherzi di Zonko.
Kalea aveva programmato per noi un'uscita interessante: sfruttando l'ora di buco - o meglio, quel che ne rimaneva - e le due ore che costituivano la pausa pranzo, aveva deciso che per la festa di quella sera non potevamo non metterci in tiro.
"Ecco qua, la prima tappa," dichiarò, fermandosi davanti al negozio di abbigliamento più famoso di Hogsmeade, - tanto da avere anche filiali a Londra e a Parigi: Stratchy & Sons. In vetrina erano esposti i capi più alla moda, indossati da dei manichini di un mago ed una strega di bell'aspetto, che a volte facevano l'occhiolino ai passanti come per convincerli a comprare qualcosa. L'interno era piuttosto ampio, abbastanza da contenere paia di scarpe, di calzini colorati o con messaggi di auguri, gonne, pantaloni, mantelli, cappelli. Vicino all'entrata c'era un bancone, dove una ragazza poco più grande di noi stava leggendo un libro, mentre sorvegliava le altre persone presenti pronte ad acquistare qualcosa, e in fondo al locale c'erano diversi camerini.
"Quindi dobbiamo comprare dei vestiti?" fece Livia con una smorfia.
Isabelle, che per il tragitto aveva parlato poco e niente, ritornò piena di vita come al solito nel capire che avevamo tutto il tempo del mondo per fare shopping. "Dobbiamo? No," rispose, contenta. "Lo faremo? Assolutamente sì!"
Così la febbre dello shopping contagiò anche Kalea, e lei e Izzy si gettarono alla ricerca di possibili abiti da indossare quella sera. Livia, per quanto paresse essersi chiusa in un mutismo di protesta, decise comunque, insieme a me, di accodarsi alla loro, nella speranza che quella tortura finisse presto. Quelle due, forse pervase dallo spirito di un demone maligno, non riuscirono a fermarsi neanche un minuto, schizzando qua e là alla velocità della luce, ad ogni passo mettendo nei piccoli carrelli più vestiti.
"Io andrei sul rosso," mi disse Isabelle, con in mano ben tre stampelle. "Il fatto è che, insomma, corto o lungo? Perché il rosso non è un colore qualunque, se lo metto corto poi può risultare volgare, ma se lo prendo lungo sembra troppo formale, no?"
"In tutta onestà, Iz, tu sei quel tipo di persona che risulterebbe la più bella anche con addosso un sacco della spazzatura," commentai, disinvolta. "Se lo vuoi corto e temi di essere eccessiva, magari prendilo con una scollatura moderata, e senza tacchi alti..." ma lei non mi stava già ascoltando più.
Si era fermata davanti a un manichino, insieme a un capannello di ragazze di Tassorosso del quinto anno che dovevano aver sfruttato la loro ora di buco come noi. Stavano tutte fissando, estasiate, un abito color rosso cremisi, una tonalità intensa, con lo scollo a cuore, senza maniche, e una gonna che arrivava a qualche centimetro più in su del ginocchio. Se solo il rosso non fosse stato un colore cui io, per i miei capelli, dovevo stare piuttosto attenta, ci avrei fatto un pensiero.
"È mio," sussurrò Izzy, gli occhi scuri grandi come monete di fronte quell'abito. "È mio, io sono nata per metterlo."
"Sbrigati," le risposi a mezza bocca, "prima che te lo freghino da sotto il naso."
Non le servì altro: girò velocemente sui tacchi e si gettò alla ricerca di una commessa in grado di darglielo.
Gironzolai nei dintorni senza trovare nulla di particolarmente attraente, fino al momento in cui rimasi letteralmente l'unica che non aveva in mano un vestito: Isabelle era riuscita ad arraffare quello rosso, che secondo me le sarebbe stato un incanto, Livia ne aveva preso uno nero come al solito - per quanto la sua personalità fosse esplosiva, non indossava ma nulla al di fuori di quel colore - e Kalea uno verde bottiglia, che faceva letteralmente brillare sia i suoi occhi ambrati che la pelle scura.
Davvero, invidiavo quel loro dono, l'essere tutte e tre bellissime con qualsiasi cosa addosso.
Izzy era, neanche a dirlo, quella più interessata a cercarmi qualcosa da mettere. Diceva che in quanto fidanzata del festeggiato non potevo certo risultare inferiore a Norah o le altre che gli sbavavano dietro, e che perciò avrei dovuto trovare qualcosa di assolutamente strabiliante.
Fino a quel momento, le avevo bocciato circa una dozzina di vestiti, e mentre Kalea e Livia si erano perse d'animo, la mia amica ad ogni rifiuto diventava sempre più ostinata.
"Kelz!" fece a un certo punto, da dietro un camerino. "Vieni un attimo?"
Kalea lanciò un'occhiata al grande orologio bianco appeso alla parete, e sospirò. "Addio pranzo. Abbiamo a malapena tempo per farci i capelli, ora."
"Se non prendo almeno un panino mi metto a protestare," ci minacciò Livia, accasciata su una poltroncina tolta con la forza ad un manipolo di ragazze più piccole. "Faccio un casino."
"Non servirà!" trillò Izzy, con un sorriso che andava da orecchio a orecchio, rispuntando da dietro il camerino con le mani nascoste dietro la schiena. "L'ho trovato. È perfetto."
Sbuffai, sfregandomi con forza gli occhi stanchi. "L'hai detto anche per gli ultimi tre vestiti."
"Questo lo è davvero, quindi lo prenderai, che ti piaccia o no. Anche perché io ho già le scarpe da abbinarci..." aggiunse, parlando tra sé.
Io, Livia e Kalea ci mettemmo in cerchio attorno a lei, pronte a vedere questo miracolo.
Lei, con l'aria da perfetta promotrice televisiva, tirò fuori da dietro la schiena un abito che dovevo ammetterlo, era assurdamente bello.
Era corto fino a metà coscia, non particolarmente aderente, color argento, composto da strass luccicanti, e dotato di una scollatura non troppo preoccupante sul davanti e di spalline minuscole. Era davvero carino, però avevo timore che potesse sembrare eccessivo.
"Non fare quella faccia," mi ammonì la mia amica. "So che in genere non metti cose così scoprenti, e per questo non ho certo intenzione di farti mettere i tacchi, altrimenti avrei potuto benissimo mandarti in uno strip club. Calcola, ho questi stivaletti neri che arrivano a metà polpaccio, e—"
"È bellissimo," la interruppi, prendendolo tra le mani. Era morbido, e rifletteva ad ogni movimento la luce all'interno del negozio. "Speriamo mi stia bene."
Livia annuì vigorosamente, e mi prese per le spalle, iniziando a spingermi verso i camerini. "Ne sono certa! Adesso provatelo, così noi ti facciamo i complimenti e poi possiamo uscire di qui, che mi sto sentendo male."
Kalea mi accompagnò, e una volta messomelo addosso decisi di prenderlo. Era vero, non era troppo nel mio stile, perché le braccia e le gambe erano completamente nude e anche il seno si vedeva più di quanto intendessi, senza però sfociare nella volgarità, eppure era interessante cambiare genere ogni tanto.
E poi, dovevo ammettere di non vedere l'ora che Scorpius me lo notasse addosso - come non vedevo l'ora di scoprire cosa avrebbe indossato lui.
"Libertà!" gridò Livia, come se fosse stato un grido di battaglia, una volta che fummo fuori Stratchy & Sons, e quindi fuori dal calore opprimente, dal sudore e dall'eccitazione di quindicenni e cinquantenni pronte a fare spese folli.
Isabelle si scostò una ciocca di capelli dal collo, rabbrividendo per lo sbalzo di temperatura tra l'interno del negozio e il gelo di gennaio inoltrato. "Però sono soddisfatta."
"Anch'io," risposi, affondando il viso nella sciarpa. "Adesso che facciamo?"
"È l'una e mezza... se proseguiamo qui dietro ci possiamo fare i capelli—" stava dicendo Kalea, pronta con la sua iper organizzata tabella di marcia, quando Livia le puntò un dito contro.
"Io invece di farmi i capelli voglio farmi un panino," ribadì. "Sono esausta, un minuto di pausa dovete concedermelo!"
E così dovemmo accontentare la più scorbutica del gruppo, e fare una deviazione ai Tre Manici di Scopa. Kalea ci permise una pausa di massimo dieci minuti, altrimenti non saremmo riusciti a tornare in tempo al Castello per le due ore di Trasfigurazione con Teddy; e alla fine riuscimmo ad arrivare da Grindylocks.
Inaugurato nel novembre del 1971, Grindylocks era situato dal lato opposto di High Street, proprio di fronte a Mielandia. Si presentava dall'esterno su due piani e una sola vetrina, dove levitavano a mezz'aria due manichini realistici a mezzo busto: uno di una Megera, con in testa una montagnola rosa di sapone da cui si sollevavano ed esplodevano bolle, e a fianco quello di una Veela, come zia Fleur, a cui venivano sapientemente acconciati i capelli da forbici e pettini incantati. L'insegna era composta da un paio di forbici e una bacchetta, incrociate.
All'interno, il locale risultava di dimensioni piuttosto modeste, e si dislocava su due piani: pianoterra per le streghe, superiore per i maghi. Grindylocks offriva un servizio di rasatura e barberia magica, acconciature delle più disparate, taglio/crescita capelli a piacere, e persino lo Streghet! MagiColor Special, per avere ciocche o l'intera chioma sfumate. Inoltre, aveva anche pozioni che facevano cambiare il colore dei capelli in base all'umore, un po' come faceva Teddy in quanto Metamorfomagus, per la durata di due settimane.
Quando entrammo, il posto si rivelò favoloso. Parlando del piano terra, prevalevano le tinte pastello quali il rosa e il lavanda sulle pareti, e alle finestre le tende presentavano disegni di forbici animate e - a completare, - gli arredi erano in total white. Difatti, mentre una fila di tre comode poltroncine bianche occupava il lato sinistro del locale - con davanti uno specchio incantato che commentava e suggeriva il taglio o il colore da fare - il lato destro offriva un salottino d'attesa con tavolini e divanetti, riviste e giornali di qualsiasi sorta, con tanto di teiere incantate che versavano tè nelle tazze dei clienti, e vassoi sempre pieni di pasticcini. Graziose fatine svolazzavano di tanto in tanto, sebbene la loro natura le spingesse a tirare i capelli di chi le criticava o offendeva. La parete di fondo, di fronte all'entrata, era occupata da uno scaffale con mensole e piccoli cassetti ricolmi di boccette di pozioni di ogni tipo. Una magi-radio trasmetteva le frequenze di Radio Strega Network come sottofondo al chiacchiericcio delle donne presenti.
Ero già stata, invece, al primo piano una volta, l'anno precedente, quando avevo accompagnato Albus e Dave a tagliarsi i capelli, divenuti ormai troppo lunghi. La stanza era praticamente identica a quella del piano inferiore, ma i colori viravano su un elegante grigio perla sulle pareti e un blu scuro per poltroncine e arredi. Non mancavano neanche qui gli specchi incantati, riviste e giornali, tè e pasticcini, le onnipresenti fatine e le frequenze della radio.
Ad occuparsi dei clienti erano sei elfi, tre per piano, istruiti personalmente dalla proprietaria del locale per assecondare le richieste su tagli e acconciature, dirigendo l'opera di rasoi e forbici, ognuno con una graziosa divisa formata da una tunica scura, impreziosita da una serie di bottoni dorati e dal logo di Grindylocks.
Non dovemmo aspettare neanche dieci minuti perché tutte e quattro passassimo al lavaggio. Essendoci solo due uomini di sopra, un quarto elfo dotato di un gran sorriso si unì alla squadra femminile in modo da aiutarci ad uscire di lì il prima possibile.
"Come li vogliamo fare questi pazzeschissimi capelli?" chiese, quasi su di giri, l'elfo alle mie spalle. Aveva gli occhi azzurri grandi come palle da tennis, e si vedeva proprio che amava ciò che faceva.
Mi venne da ridere. "Solo una messa in piega, perché alle due e mezza abbiamo lezione!"
Lui ridacchiò a sua volta, passandovi le lunghissime dita nodose per districare le ciocche. Sembrava ammaliato dal colore della mia chioma, continuava a guardarlo stupefatto. "Oh, mia cara. Piega come? Riccia, mossa, liscia? Chignon, sciolti, trecce... dimmi tu!"
"Con il tuo vestito ci sta bene tutto," intervenne Livia, che aveva dato l'indicazione di farli ricci. Non li avevo mai visti in alcun modo al di fuori del liscio, come era lei naturalmente, perciò ero abbastanza curiosa del risultato.
"Molto utile," commentò Kalea. Esattamente come per Livia, lei a sua volta aveva optato per un cambio di look, e voleva averli piastrati.
Come per ogni situazione in cui io non ne sapevo abbastanza, mi voltai verso il mio spirito guida, Isabelle Parker. Lei ci pensò su. "Mossi li hai sempre... perché non provi con il riccio selvaggio? Ci sta bene con il modello del tuo abito."
Mi sfregai le mani, pronta, e voltai lo sguardo sull'elfo alle mie spalle. "Riccio selvaggio sia!"
Grazie all'aiuto della magia, essendo gli elfi dotati di enormi poteri, non ci volle che una mezz'ora perché tutte fossimo pronte. Dato che però era l'ora di pranzo, per non far guastare la piega appena pronta, i capelli ci vennero legati in acconciature alte sulla testa, e fermate con un incantesimo - quando fosse arrivata la sera, le avremmo semplicemente dovute sciogliere, e i capelli sarebbero stati in perfetta condizione.
Avevamo dieci minuti di tempo per tornare indietro, quindi ci bardammo nei nostri mantelli pesanti e lasciammo il negozio caldo e pieno di risate - gli elfi erano di estrema simpatia, eravamo state benissimo, senza contare le fatine che ci raccontavano le barzellette e offrivano dolci - per avventurarci nel gelo scozzese.
Dovemmo, poi, fare una corsa assurda per posare nel dormitorio le buste contenenti gli abiti, perché ovviamente non avevamo fatto una cosa legale nello scappare ad Hogsmeade durante la settimana scolastica - per fortuna Madama Rosmerta e gli altri c'erano abituati.
Arrivammo nella classe di Teddy con solo cinque minuti di ritardo, il che fu un enorme e soddisfacente successo. Lui si era appena seduto alla cattedra, con un ginocchio piegato e l'altra gamba che dondolava oltre il ripiano, e stava leggendo qualche foglio nell'attesa che si presentassero tutti. Come al solito, non poteva non essere circondato dai risolini e dalle occhiate interessate di tutte le ragazze del corso. Quel giorno aveva i capelli argentati, dello stesso colore del piccolo drago tatuato sulla spalla, e gli occhi verdi risaltavano sulla pelle abbronzata, creando un contrasto quasi etereo. Alto come una casa, eredità del padre Remus, e dalla costituzione sottile e slanciata come era stata quella della madre, Tonks, Teddy risultava una vera e propria bellezza, cui non erano immuni neanche le professoresse della scuola, e forse neanche qualche professore, come Sanguini, che si diceva essere bisessuale, oltre che alla miriade di studenti.
I Grifondoro infatti seguivano Trasfigurazione con i Corvonero, un'ottima Casa con la quale affrontare una materia tanto impegnativa, perché silenziosi, rispettosi e studiosi, al contrario dei Serpeverde; peccato che neanche le loro ragazze si risparmiavano commenti sul suo innegabile bell'aspetto.
Nei circa venti giorni da quando eravamo tornati a scuola dalle vacanze di Natale, le lezioni con Teddy erano state strane. All'inizio, eravamo preoccupati, almeno noi di famiglia, soprattutto io e Al, che la sua incostanza nel lavorare in un certo settore più a lungo di qualche mese potesse avere risvolti negativi sul nostro rendimento scolastico e, ancora di più, sui M.A.G.O. finali.
Teddy aveva davvero fatto di tutto, dal lavorare con i draghi insieme a zio Charlie, alla professione di Auror con zio Harry, al giornalista con zia Ginny, fino ad aiutare zio George e zia Angelina negli affari dei Tiri Vispi Weasley. Come facevamo a sapere che insegnare Trasfigurazione - al posto della McGranitt, poi, una vera e propria istituzione in quella materia così difficile - sarebbe stata la sua vocazione? Che non avrebbe mollato all'ultimo, lasciandoci nei guai?
E invece, come al solito, ci aveva sorpresi. Sapevo che doveva essere bravo, perché la Preside non avrebbe mai preso il primo malcapitato per strada a insegnare ad Hogwarts, però non mi aspettavo neanche che fosse così capace. Sembrava non ci fosse al mondo un solo argomento che non conoscesse a menadito, e riusciva ad aiutare chiunque in qualsiasi cosa. A scuola non solo giravano voci sulla sua stupefacente bellezza, ma anche su quanto fosse disponibile, buono, gentile, altruista, caritatevole.
Io, Albus, Lily e Hugo in particolare ascoltavamo quelle conversazioni senza sapere che dire. Parevano tutti profondamente innamorati di lui, era quasi imbarazzante.
Mentre da un lato avremmo dovuto essere solo contenti - migliore insegnante nella preparazione per i M.A.G.O. non ci sarebbe potuto capitare, e poi era pur sempre di famiglia - dall'altro ci sentivamo quasi traditi. Non ci aveva mai detto nulla sulla volontà di diventare professore, né ci aveva avvertiti quando la McGranitt l'aveva preso.
"Oggi parleremo di un argomento ben conosciuto in tutto il Mondo Magico," iniziò il ragazzo, una volta alzato lo sguardo su di noi, tutti diligentemente seduti ai nostri posti. Chissà che cosa pensava, nel vedere la folla adorante che non riusciva a levargli gli occhi di dosso. Riprese a dondolare la gamba oltre la scrivania, e si appoggiò con i palmi delle mani dietro di sé, trasmettendo serenità da tutti i pori.
"Fa parte della branca della Trasfigurazione Umano-Animale, che avete studiato già con la Preside nel corso del primo semestre," continuò, indisturbato - non volava una mosca in tutta l'aula. "Avete visto la Trasfigurazione Sensoriale, quindi. Secondo il Ministero della Magia, dovrei prima farvi studiare il Fermuto, ma io sono di un'altra idea."
Tipico di Teddy. Non insegnava neanche da mezz'ora e già pretendeva di fare di testa sua.
Basta essere così velenosa, mi rimproverai. È soltanto perché sta facendo stare male James. Tu non pensi queste cose.
"Avete tutti assistito, all'incirca dieci giorni prima che iniziassero le vacanze di Natale, ad una trasformazione in particolare, quella che studieremo per il prossimo paio di mesi. Rose," mi chiamò poi, facendomi sobbalzare sulla sedia. "Vuoi spiegare di cosa sto parlando al resto della classe?"
Presi un respiro. "Della trasformazione in Animagus."
"Perfetto. Vi sembrerà di sapere tutto quello che vi dirò sull'argomento, ma tenete bene a mente che l'Animagus e il Metamorfomagus sono i due pilastri portanti dell'esame M.A.G.O. di Trasfigurazione che affronterete a giugno. Ascoltatemi bene, e avrete una possibilità in più di passare con bei voti rispetto a chi non lo fa," ci avvertì Teddy, forse non accorgendosi del fatto che la sua schiera di ammiratori aveva già le orecchie ben aperte.
Agitò una mano, e il gesso si sollevò dalla scrivania per andare a scrivere sulla lavagna. "Definiamo Animagus una strega, o un mago, che abbia la capacità di trasformare sé stesso in un animale, e di tornare umano a suo piacimento. È un'abilità che si può acquisire, al contrario del gene del Metamorfomagus, che è ereditario," spiegò, senza fare una piega nel citare la propria condizione.
"Per diventare tale, occorrono abilità, pratica e pazienza. Il processo per essere un Animagus è lungo e arduo, e c'è la possibilità di fallire, vedendo la propria trasformazione andare terribilmente male. Molte streghe e maghi semplicemente credono che il loro tempo possa essere impiegato in maniera differente, più produttiva, dato che questa abilità è di uso abbastanza limitato, a meno che non si abbia bisogno di essere sotto copertura, o di nascondersi."
"Parte del processo per acquisire questo dono, è di tenere in bocca per un intero mese una foglia di Mandragora, poi usare la foglia per la creazione di una pozione, recitando tutti i giorni un incantesimo," e allora andò a scrivere quattro parole alla lavagna: Amato Animo Animato Animagus. "La pozione dovrà essere bevuta durante una tempesta con tanto di tuoni e saette. Quando l'addestramento iniziale sarà completato, un Animagus potrà cambiare la propria forma a piacimento, con o senza l'uso della bacchetta. Gli Animagi che assumono le sembianze di specie capaci di volare possono godere della sensazione del volo senza l'uso della scopa, o del tappeto volante, o del cavalcare animali di questo genere. È dibattuto, ma tendenzialmente creduto possibile, che qualcuno possa assumere la forma di un animale magico, mentre è ritenuto impossibile che un Animagus possa essere un Dissennatore."
"Il processo," riprese, una volta datoci il tempo di appuntare tutto, al contrario della Keynes, "è estremamente difficile, e può risultare un disastro, ad esempio rimanendo in modo permanente ibridi metà umani e metà animali, se fatto incorrettamente. Abbiamo già detto che la strega o il mago in questione devono genere un'unica foglia di Mandragora in bocca per un intero mese - da luna piena a luna piena. Se la foglia viene rimossa, o masticata, si dovrà iniziare da capo. Alla successiva, visibile luna piena, il mago dovrà sputare la foglia in una fiala nel raggio d'azione dei raggi lunari. A questo punto, si dovrà aggiungere uno dei propri capelli, e un cucchiaino d'argento di rugiada che non ha visto la luce del Sole, né è stata toccata da piede umano, per sette giorni, e anche una crisalide di una Sfinge Testa di Morto, una falena. La mistura deve essere tenuta in un luogo tranquillo e buio, e non deve essere disturbata."
Io avevo messo via la piuma: avevo fatto quel rituale con tutte le precauzioni possibile l'anno precedente, sotto la sapiente guida della McGranitt in persona, perciò lo sapevo già a menadito.
"Lo step successivo prevede che il mago aspetti per una tempesta elettrica, non importa quando arriverà," fece Teddy. "Durante questo periodo di attesa, il mago deve, al sorgere del sole e al tramonto, intonare l'incantesimo, Amato Animo Animato Animagus, con la punta della bacchetta posata sul cuore. Quando, infine, c'è questa tempesta, ci si dovrà dirigere subito in un posto largo e sicuro, recitare l'incantesimo per l'ultima volta, e poi bere la pozione."
Avevamo due ore di lezione con lui, ma passarono veloci come un battito d'ali. Avrei dovuto trascorrere il quarto d'ora che ci separava dall'ultima ora con Sanguini recuperando i miei libri e dirigendomi verso la classe di Difesa, ma mi fu impossibile ignorare l'aria sconsolata che aveva assunto Teddy non appena gli studenti avevano iniziato ad andare via.
Vedendolo di fronte a me, di spalle, la testa china, mi assalì un moto di tristezza difficile da scacciare. Non avevo nascosto la mia maggiore simpatia per James da quando loro avevano discusso e si erano allontanati; non perché fosse mio cugino, perché anche Teddy lo consideravo di famiglia, ma perché avevo capito che era stato James quello ad essere stato ferito, tra i due. Anche se non sapevo su cosa di basasse quell'infinita discussione, la mia empatia non poteva che portarmi dal lato del più debole, del maltrattato.
Mio cugino generalmente sarebbe stato tutto tranne che debole, lui era una vera roccia... proprio perché in questo caso lo era, debole, mi faceva capire che aveva bisogno di me e del mio sostegno incondizionato.
Ciò non significava però che non avessi il cuore di preoccuparmi anche per Teddy, che mi aveva vista crescere, e che insieme a quello zuccone di Jay mi aveva fatto da fratello maggiore.
"Ted?" chiesi a bassa voce, azzardando un paio di passi nella sua direzione. Riuscivo a vedere solo la sua schiena curva e i capelli argentati da quella posizione, ma era abbastanza per capire che non era affatto felice.
"Verrà qui, oggi, non è vero?" mi chiese, con tono piatto.
Di sicuro Teddy non era tipo da mandare a monte la nostra festa, quindi non vedevo motivi per cui non avrei dovuto dirgli la verità.
"Sì."
"Puoi—" la voce gli si spezzò; dovette prendere un respiro prima di continuare. "Puoi dirgli che—che vorrei parlare con lui?"
Quanto erano brutte le cose tra lui e James se dopo un mese ancora non si parlavano? Letteralmente stavo morendo dalla curiosità, volevo sapere che cosa fosse successo tra quei due, ma nessuno aveva intenzione di dirlo.
"Perché non glielo dici tu?" replicai con gentilezza, avvicinandomi alla scrivania e posandogli una mano tra le scapole. "Qualsiasi cosa sia accaduta tra voi la risolverete, esattamente come risolvete ogni litigio da quando avete tre anni."
Teddy si girò, permettendomi di vedere quello che da lontano mi era totalmente sfuggito, o che forse aveva abilmente nascosto - una tristezza nello sguardo capace di farmi sentire male, delle occhiaie violacee molto evidenti, gli angoli della bocca piegati all'ingiù.
"Non stavolta, Rose. Tu non sai cosa è successo."
Prima che potessi dirgli che forse era il caso di raccontarmelo, cosicché potesse aprirsi con qualcuno e non dovesse sopportare da solo tutto quel peso che evidentemente lo stava distruggendo, lui si voltò di nuovo. "Ed è meglio che tu non lo sappia mai."
"Teddy..."
"Non ha un'altra lezione da attendere, signorina Weasley?" ribatté, interrompendomi prima che potessi aprire bocca.
Rimasi a fissarlo per qualche istante, sperando che alla fine sorridesse o che mi dicesse qualcos'altro, ma aveva ripreso a darmi le spalle, e io non potevo vedere la sua espressione facciale.
Sospirai, e presi la mia borsa. "Ti voglio bene, Teddy. Ti vogliamo tutti bene. Non avere paura ad aprirti con noi."
E dato che ancora non mi rivolgeva parola, non mi rimase che andare via, nonostante il cuore mi gridasse di non lasciarlo solo.
^^
"Al mio tre!" gridai, in modo che tutti gli studenti sparsi per la Sala Grande potessero sentirmi.
Erano le dieci di sera: il coprifuoco per i ragazzi dal primo al quarto anno era iniziato da oltre due ore, mentre quello per gli studenti dal quinto al settimo da una soltanto; quindi ognuno di noi si era iniziato ad occupare dei propri compiti.
Io, Albus, Noah, Dave e i gemelli di Serpeverde, appena finita l'ora di Difesa che avevamo avuto insieme, eravamo corsi al passaggio della Strega Orba, Gunhilda Gorsemoor, e avevamo incontrato James nelle cantine di Mielandia. Lui ci aveva portato la Firebolt Last, tutta impacchettata e infiocchettata in modo che non si rovinasse, e mentre io tenevo quel carico prezioso tra le braccia gli altri ragazzi avevano preso gli scatoloni dei prodotti del negozio di dolciumi.
Io avevo raccontato ad Albus quello che era successo con Teddy, ed espresso le mie preoccupazioni, e lui aveva concordato sul chiedere a James di dirci qualcosa, o almeno di parlarne con il nostro amico. Lui, ovviamente, di contro, si era rifiutato di farlo, ed era praticamente scappato dicendo di avere da fare.
"Avanti, avanti, che ci fate ancora là?" sentii dire da Norah, appostata davanti alla porta della Sala Grande per evitare che qualche professore ci beccasse.
Tutti gli studenti migliori nella classe di Incantesimi dal quinto anno in su erano stati riuniti da me, Albus e Izzy, e divisi in gruppi in base alla magia che avrebbero dovuto svolgere.
Al era a capo del gruppetto che avrebbe lanciato il Muffliato, Isabelle quello dell'Incantesimo Imperturbabile, per non far sentire nulla oltre una data superficie; io gestivo il Salvio Hexia, un incantesimo difensivo per nasconderci dagli occhi di chiunque fosse esterno alla festa.
All'interno della stanza, invece, iniziavano i preparativi veri e propri: Lily, con il Depulso, si occupava di accatastare tutti gli oggetti come i lunghi tavoli di legno e le panche che Troy aveva precedentemente rimpicciolito con il Reducio; tramite l'Incantesimo Sensore Segreto, Norah poneva un allarme che ci avvertisse dell'eventuale arrivo di Gazza o di un insegnante; Kalea e Livia, grazie al Sonorus, potevano far sì che la musica, proveniente dalle casse ingrandite da Hugo con l'Engorgio, venisse ben udita; ancora, Julian e Dave e Noah facevano cambiare il colore delle bevande e del cibo incantandoli con il Multicorfors.
Non c'era nessuno di noi che non fosse all'opera, che non stesse pensando alla sicurezza, alle decorazioni, alle vivande; James e Fred, appena arrivati, erano nelle cucine, ammaliando gli elfi nella speranza che preparassero la torta di compleanno su cui ci eravamo messi d'accordo.
In tutto ciò, l'unica persona che si premurava di tenere lontano Scorpius da questa nostra operazione, era Amanda Finch-Fletchley, che io per questo avrei voluto uccidere.
"Che ne dici, Rose?" ghignò Noah, gettandomi il braccio oltre le spalle. "Facciamo tutto di un bel rosa shocking?"
"Conoscendo Scorpius, se colorate tutto di nero apprezzerà di più," replicò Norah, facendo una smorfia. "Comunque, l'Incantesimo Sensore Segreto è pronto."
Albus si unì a noi. "Anche il Muffliato. Dave è uscito, ha detto che non si sente nulla."
"La scopa?" chiese Izzy, che come me, Kalea e Livia aveva ancora i capelli legati in alto nello chignon incantato dagli elfi.
"Ce l'ho," risposi. Mi lanciai un'occhiata attorno, e mi venne da sorridere. "È tutto perfetto, ragazzi. Ottimo lavoro!"
"Se il signorino non apprezza lo cacciamo fuori a calci," commentò Norah, e Wilhelmina ridacchiò. "È il suo compleanno, non puoi cacciarlo."
"Faccio quello che voglio—"
"Va bene, va bene," le interruppe Dave, prima che iniziasse una conversazione infinita. "Allora ci andiamo a preparare, e torniamo dopo?"
Riuscimmo appena ad uscire tutti dalla Sala Grande prima che sentissimo le voci di Amanda e di Malfoy risuonare per il corridoio del piano terra.
"Amanda, per favore, devo andare," stava dicendo il ragazzo, con una nota impaziente nella voce. "Devo vedere una persona, sono già in ritardo—"
Sgranai gli occhi, e affondai le unghie nei palmi delle mie mani per non trasalire. Ero io la persona che doveva vedere, e me n'ero dimenticata: quella mattina mi aveva chiesto una ventina di minuti di tempo per mostrarmi una cosa, richiesta alla quale io avevo risposto affermativamente.
Pregai che non si lasciasse sfuggire nessun commento o rivelazione importante, perché loro due ci stavano bloccando il passaggio, facendo rimanere buona parte degli studenti degli ultimi anni all'interno del corridoio.
"Dai, Scorpius," ribatté lei, instancabile, con della vera e propria malizia nella voce. "Perché non ci divertiamo un po'? Oggi è il tuo compleanno."
Resta calma. Resta calma, Rose.
Per un attimo, un attimo interminabile e orribile, non ci fu altro che silenzio; un silenzio assordante, raccapricciante.
Una delle ragazze con cui era abituato ad andare a letto gli stava proponendo di ripetere l'esperienza, e noi stavamo insieme da meno di un giorno. Non volevo trarre le somme di una situazione così potenzialmente catastrofica.
"No," rispose finalmente lui, perentorio. "E ora scusami, ma ho da fare."
"Se vuoi chiamo anche Norah e Mina," propose Amanda, con un che di disperato. "La scorsa volta ti è piaciuto."
Calmacalmacalma.
Izzy mi prese la mano e la strinse forte. Da un lato era imbarazzante che tutti stessero ascoltando una conversazione che gli interlocutori ritenevano privata, dall'altro invece, ero così concentrata sul sentire io stessa che neanche ci facevo caso.
Scorpius sbuffò. "È stato l'anno scorso, Amanda. Sono cambiate tante cose."
Izzy allentò la stretta.
"Tipo?" chiese lei, petulante come al solito.
"Troppe per dirle adesso. Ci si vede, Amanda," concluse il ragazzo, e sentimmo distintamente i suoi passi avvicinarsi; a quel punto io afferrai Albus e lo spinsi in avanti, oltre la svolta del corridoio, come vittima sacrificale.
I passi si arrestarono. "Al? Che ci fai qua?"
Albus ridacchiò. "Ehm, bella domanda. Ti stavo cercando!" esclamò subito dopo. "Dobbiamo andare."
"Andare dove?" chiese l'altro, confuso. "Io avrei da fare..."
Mi si strinse il cuore nel vedere quanto ci tenesse ad incontrarmi.
"Oh, non importa, non importa! Ti stanno tutti aspettando, andiamo!" e sentimmo lo stropicciare di vestiti, come se mio cugino avesse afferrato il ragazzo per il braccio e lo stesse tirando via.
"Tutti? Tutti chi?"
"Oh, Noah, Dave, Izzy, Rose... i soliti."
"Capisco," fu l'ultima cosa che fummo in grado di udire, prima che il rumore delle loro scarpe attutisse il suono delle loro voci.
Che ci fosse, per caso, rimasto male?
Si voltarono tutti verso di me, che mi stampai un sorriso in faccia. "Che aspettiamo? Abbiamo una festa cui partecipare!"
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