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55 - 𝑆𝑡𝑒𝑎𝑙 𝑚𝑦 𝑔𝑖𝑟𝑙

{Scorpius e Albus - trovatemi dei migliori amici più belli di loro...}

{Sempre Scorpius, sono in vena}

^^

"Bentornati!" esclamò Neville, nella sua solita camicia azzurra con le maniche rimboccate fino ai gomiti, seduto sulla sua scrivania. I capelli biondi avevano già qualche filo grigio, ma persino quel tocco scolorito stava bene su di lui, e comunque nulla avrebbe mai potuto rendere i suoi occhi verdi meno luminosi o il sorriso meno accogliente.

Il lunedì era il giorno peggiore della settimana, per il semplice fatto che avevamo ben tre ore insieme ai Serpeverde – Storia della Magia, Difesa ed Erbologia. Rispondemmo tutti in coro al suo saluto, e i minuti successivi li passammo a toglierci tutti gli indumenti che ci proteggevano dal freddo, perché nelle Serre faceva troppo caldo per tenerci sciarpe, guanti, cappelli e mantelli.

Eravamo ancora tutti abbastanza scossi dopo la lezione di Sanguini, e Madama Pomfrey aveva fatto del suo meglio per rimetterci in sesto dopo le ferite provocate dall'Hevardan, ma c'era ancora chi zoppicava con difficoltà o chi aveva un occhio nero, adesso più sul violaceo, come Malfoy.

Noi due e Izzy e Albus eravamo gli unici non di pessimo umore, e sospettavo che avessimo tutti lo stesso motivo: io mi sentivo rilassata e felice come non mi succedeva da giorni, e vedevo che anche Scorpius non voleva togliersi il sorrisetto soddisfatto che aveva stampato in faccia, e ciò non faceva che accrescere la mia contentezza.

Adesso che ci eravamo riuniti con i nostri amici e che eravamo tornati a frequentare le lezioni, e soprattutto adesso che non avevo più di fronte i suoi occhi limpidi, potevo riflettere con attenzione su quello che ci era successo, su ciò che avevamo fatto, e non potevo che giungere alla conclusione che avevo fatto bene a lasciarmi andare. E che già non vedevo l'ora che accadesse di nuovo.

Come vide le facce smunte dei suoi studenti, Neville aggrottò la fronte. "Ragazzi miei, che vi è successo?" chiese preoccupato, mettendo una mano sulla spalla di Noah e guardando stupito il profondo taglio sulla sua guancia.

"Lezione con Sanguini," borbottò una Serpeverde, "si è divertito a guardarci mentre un Hevardan ci prendeva a morsi, signore."

Stavolta neanche le più accanite fan dell'insegnante di Difesa si fecero sentire.

Neville scosse la testa con aria di disappunto. "È terribile. Volete che gli parli io?" si offrì, sporgendosi all'indietro per rovistare nel cassetto della scrivania. Ne estrasse una ciotolina, e con una spatola applicò un po' di uno strano unguento verde sulla ferita di Noah, che prese a rimarginarsi all'istante.

E poi ancora mi chiedevano come potessi essere innamorata di Neville, con tutto l'amore e l'affetto che ci dimostrava. Se fossi nata quando stare con lui poteva essere socialmente accettabile, quindi una ventina d'anni prima, avrei fatto di tutto per guadagnarmi un posto al suo fianco. E pensare che era stato trattato così male, anche dal padre di Scorpius. Volevo bene a Draco, lo stimavo, ma se fossi stata una sua compagna di scuola a quel tempo gli avrei dato una sprangata sui denti nel sentirlo ferire il mio professore preferito.

"Non preoccuparti," risposi scrollando le spalle, levandomi la sciarpa e appendendola vicino a quella di Izzy. "Dovremmo aver finito con quel demone. E comunque sai che a Sanguini una chiacchierata del genere entrerebbe da un orecchio e uscirebbe dall'altro," conclusi sconsolata.

Scorpius, appoggiato con la parte bassa della schiena al primo banco, smise di parlare con Albus e ci prestò attenzione. "Certo, guarisce così in fretta che neanche si accorge di essersi ferito. Il problema è che non per tutti funziona così," brontolò acido, tastandosi con una smorfia amareggiata la zona violacea attorno al suo occhio destro. Secondo me quel tocco di colore gli donava, ma doveva fargli un male terribile.

"Detesto vedervi così," commentò Neville, e riprese in mano la ciotola con l'unguento. "Vieni, Scorpius?"

"Non c'è bisogno," disse lui, educato e anche un po' timoroso. Sapeva bene che la sua famiglia era sempre stata scortese - un eufemismo - con l'insegnante, e come per ogni altro misfatto dei Malfoy credeva che ne avesse una colpa pari a quella dei suoi parenti. Per questo aveva sempre cercato di parlarci il meno possibile, di non dare troppo fastidio durante la sua classe e di prendere bei voti con lui.

Mi aveva sempre fatto tenerezza questo aspetto di lui, questo suo disgusto verso le malefatte dei suoi familiari ma allo stesso tempo la convinzione che fosse anche suo dovere espiarle.

Neville sorrise, rassicurante. "So che alle ragazze risulti ugualmente attraente, se non di più, con un occhio nero, ma non ce la faccio a vederti così. Deve farti molto male. Vieni, avanti."

Scorpius senza replicare si alzò dal banco e si chinò perché l'insegnante applicasse sulla zona colpita quell'unguento verdastro. In pochi istanti il colore si rischiarò, e mi chiesi cosa mai potesse esserci dentro.

"Bene, ragazzi," Neville richiamò l'attenzione generale, e velocemente ogni studente riprese il suo posto.

Io mi sedetti insieme a Izzy, Kalea e Livia dietro di noi. Dal fondo della fila di sinistra, riuscivo a vedere chiaramente la testa bionda di Malfoy al primo banco, i capelli ancora ricci dalla doccia in modo adorabile.

"Devi dirmi che cosa è successo," bisbigliò Izzy, mentre tiravamo fuori le piume e la pergamena per prendere appunti.

Aggrottai la fronte. "Che intendi?" sussurrai in risposta.

"Oh, non farmi iniziare - tutto, dai vostri sorrisetti stupidi ai graffi sul collo che spuntano dal colletto della camicia di Scorpius, grida che vi siete dati da fare," rispose lei con gli occhi che brillavano. "Allora, siete arrivati fino in fondo?"

Ormai neanche mi sorprendevo più per le doti da osservatrice di Isabelle. Riusciva a notare qualsiasi cosa, dal più piccolo dettaglio.

"Sì," mormorai, già arrossendo.

Lei proruppe in un gridolino eccitato che fece distrarre Neville. Sorrise bonariamente. "Isabelle, che ne dici di rimandare la vostra conversazione entusiasmante a più tardi? Pensi che possa aspettare un'ora di lezione?" non parlò in tono sgarbato, anzi, con tutta la dolcezza del mondo.

Io ero innamorata di lui.

"Mi scusi, signore," rispose la mia amica, ma era impossibile non notare l'eccitazione nei suoi occhi scuri, e ciò fece ridere anche Neville.

Wilhelmina in quel momento alzò la mano, e lui le diede la parola. "Aspetti, professore - credo di non aver capito. Questa rosa rientra tra le Pericolose? Ma cosa sono?"

"Giusto. Vorrei che adesso mi ascoltaste tutti, ragazzi, perché le Pericolose sono le piante che più probabilmente vi capiteranno in sede d'esame, a giugno. So che i M.A.G.O. sembrano ancora lontani, ma questo semestre volerà via velocemente, ve lo assicuro," introdusse Neville, sedendosi di nuovo sulla scrivania. Ora tutti gli occhi erano puntati su di lui: difficilmente qualcosa attraeva l'attenzione di un maturando come la parola 'esame'.

Neville incrociò le caviglie, le mani posate dietro di sé per sorreggersi. "Le Pericolose sono quelle piante che presentano caratteristiche che vanno a nuocere in maniera grave alla salute del mago al quale si approcciano, se non trattate accuratamente. Si possono dividere in quattro gruppi," alzò la bacchetta e, sventolandola, sulla scrivania alla sua destra il gesso si alzò e prese a scrivere delle parole, che mi affrettai a ricopiare sulla pergamena.

"Uno, le Dipendenti," lesse il professore. "Comprende tutte quelle piante che possono essere riconosciute come funghi o parassiti. Due, le Mnemoniche, quindi quelle che agiscono direttamente sulla mente dei maghi in modo aggressivo e potenzialmente mortale. Tre," continuò, ignorando le nostre facce ora pallide, "le Velenose, con un tasso nocivo che va da alto a letale. E infine le Fisiche, che agiscono fisicamente sul mago e in modo violento, tramite rami, radici e qualsiasi tipo di parte flessibile."

Sapevo a cosa stavano pensando tutti: Sanguini aveva appena finito di strapazzarci con i demoni, e ci pensava Neville con le sue amate piante a farci definitivamente fuori. Ottimo.

"Oggi," riprese, "affronteremo una pianta specifica, una Pericolosa. Ci staremo per diverse lezioni, quindi ci dedicheremo alla teoria, almeno per il momento. Si chiama Rosa dell'Oblio, o, com'è più nota, Oblìo Rosa."

Una bellissima rosa multicolore, grande quanto due Pluffe, si alzò dalla scrivania di Neville e iniziò a scorrere tra i banchi. "Non avvicinatevi," ci avvertì, vedendo Georgia già con il busto teso in avanti, ammaliata.

"L'Oblìo Rosa fa parte della famiglia delle Imprentarie. Come potete vedere, è una rosa molto più grande del normale. I suoi petali sono robusti, e di sei sfumature differenti: verde, azzurro, giallo, rosso, viola ed arancio. Il fiore sembra composto da placche e nella sua complessità appare allettante agli occhi di tutti," indicò Georgia e il suo istinto di avvicinarsi. "Sotto alla corolla, però, possiede dei tentacoli, estremamente resistenti, che entrano in atto solamente con la vicinanza. Perciò vi prego di starvi lontani, almeno finché non passeremo alla pratica." 

"Per quanto riguarda gli aspetti più tecnici, è una sempreverde, abituata ad un clima temperato, diffusa in Europa e Australia. La sua tossicità è media, e il suo tempo di lavorazione dipende a seconda dell'utilizzo."

Neville si alzò dalla scrivania e prese a camminare anche lui tra i banchi. "Il colore dei petali equivale ad un sentimento diverso: l'amicizia è il verde, la famiglia azzurro, l'intelletto giallo, l'identità rosso, la routine viola e l'attualità arancio. Come Imprentaria da contatto, l'obiettivo della pianta è quello di far toccare uno dei petali."

Sulla lavagna vennero scribacchiati i colori e i sentimenti corrispondenti.

"La sua bellezza è un sistema di difesa," riprese, "seppur attragga lo sguardo non si ha la minima necessità di toccarla spontaneamente, ma solo di guardarla da più vicino. Una volta avvicinati abbastanza i tentacoli afferrano la parte del corpo più vicina e tentano di far avvenire un contatto tra questa ed il petalo. Se il contatto avviene provoca un'amnesia momentanea a seconda del colore del petalo. Ad esempio," si fermò accanto a Kalea. "Se la signorina Kalea adesso fosse costretta a toccare il petalo verde, quindi quello dell'amicizia, accadrà una cosa molto interessante."

"Cosa?" intervenni io, curiosa.

A Neville sfavillarono gli occhi in un modo che generalmente mi avrebbe riempita di orgoglio, ma stavolta temetti per la nostra incolumità.

"Vieni, Kalea," mi disse allora l'insegnante, e guardai dal mio posto, non senza una certa agitazione, Kalea alzarsi e seguire il professore.

Lui non si sedette, ma chiamò a sé la rosa che levitò fino a porsi davanti a loro due.

"Per quanto riguarda amicizia e famiglia, l'effetto è molto più interessante e peculiare. Sono sentimenti non si possono cancellare, ma solamente alterare od offuscare momentaneamente; non verranno dimenticati l'affetto verso gli amici o la famiglia, semplicemente, per un breve periodo di tempo, si scatenerà una reazione di repulsione, associata al ricordo di determinate persone," spiegò, con il solito entusiasmo che lo caratterizzava.

Poi le mise una mano sulla spalla. "Vuoi provare?" chiese, gentile. "Se non te la senti chiederemo a qualcun altro, stai tranquilla."

Vidi la mia amica piuttosto combattuta, tra il non voler sembrare una codarda di fronte alla classe e non vivere un'esperienza sicuramente spiacevole, però parve lasciarsi convincere dalla prima.

Si sforzò di sorridere. "Va bene, lo faccio."

"La pianta ti obbligherà a toccare uno dei petali," la informò, "tu scegli o quello blu o quello verde. Lasceremo che sia qualcun altro, la prossima volta, ad affrontare un colore diverso, e poi proseguiremo con i diversi usi che la Rosa può assumere e come preparare degli infusi."

Kalea deglutì, preoccupata, e alzò gli occhi verso di noi per cercare conforto. Noi tre le rispondemmo con i pollici alzati e un sorriso incoraggiante, nonostante avessimo più paura di lei, e la nostra amica prese coraggio e allungò la mano verso l'Oblìo Rosa.

Dalla pianta fuoriuscirono dei tentacoli che si avvinghiarono al suo polso stringendolo con forza; sussultò e istintivamente cercò di sottrarsi alla sua presa, ma con uno strattone la costrinse a fare un passo in avanti, e il suo indice entrò in contatto con il petalo verde.

Per un attimo non successe niente, poi avvenne la più strana delle cose. La sua aria, solito così tranquilla e serena, saggia e pacifica, anche se in quell'occasione velata dall'ansia, lasciò spazio ad un volto del tutto irriconoscibile.

La rabbia dovette invaderla con una tale violenza che indietreggiò di un paio di passi, e si dovette sorreggere con la mano alla scrivania per non cadere.

I suoi lineamenti si indurirono dal furore, la bocca a forma di cuore deturpata in un ghigno iracondo, gli occhi colmi di rabbia accecante. Mi fece una tale impressione che il respiro mi si spezzò, e Izzy si portò una mano alla bocca, attonita.

"Kalea? Come ti senti?" le domandò Neville, indietreggiando per lasciarle spazio.

Per un attimo la nostra amica sembrò riassumere una parvenza di lucidità, e mormorò: "Io—non lo so, sono così... così..."

"Furiosa?" suggerì lui, e una nuova, intensa onda d'ira accecante la fece ripiombare in un mondo rosso.

"Kalea, cosa—" provò a dire Albus, allungando la mano verso il suo braccio. Come la sua pelle entrò in contatto con quella di lei, Kalea si ritrasse con un ringhio. La guardai, terrorizzata, scoprire i denti come un animale selvatico.

"Lasciami!" gridò, e la sua voce rimbombò in tutta la serra. Albus si paralizzò di fronte la sua reazione, lasciando cadere la mano, e la fissò con gli occhi fuori dalle orbite.

Non aveva chissà quale rapporto con lei, ma si conoscevano da tantissimo tempo, e spesso e volentieri erano le uniche due menti sagge del gruppo che facevano comunella per evitarci di finire in qualche guaio serio. La reazione di lei mi parve così esagerata da risultare agghiacciante.

Scorpius alzò un sopracciglio, per niente impressionato. "È questa la reazione? Rabbia?"

Neville rise. "Magari," ribatté allegro, "tutti i sentimenti positivi che si provano verso qualcuno vengono completamente ribaltati. Tutto l'amore, l'affetto, l'attrazione, vengono trasformati dalla tossina che si attiva con il contatto nell'esatto opposto. Kalea vi ama con tutta sé stessa? Vi odierà con la medesima intensità."

Conoscevo già alla perfezione l'effetto della Rosa: era stato quell'ingrediente che nella Pozione Vulnerante aveva permesso alla quarta dose di rovesciare ogni mio sentimento, portandomi a gridare contro papà, Scorpius, Albus.

"Ma è pericoloso?" insistetti quindi, memore dell'effetto che aveva avuto su di me. "Si farà male da sola? Oppure—"

Kalea al suono della mia voce scattò come una molla, facendomi bloccare. Un latrato profondo e selvaggio si generò dal fondo della sua gola, e girò il capo verso di me. "Rose Weasley," scandì lentamente, piena di odio. "Meraviglioso. E Isabelle, e Livia. Di bene in meglio."

Era dall'altra parte della serra, vicino Neville e davanti Scorpius e Albus, che ora guardavano noi, insieme a tutto il resto della classe, mentre lei si avvicinava con il passo di un ghepardo. "Amiche come voi non si trovano tutti i giorni, non c'è che dire. Amiche così false, schifose, opportuniste..." sguainò la bacchetta e ce la puntò contro.

Le cose a questo punto si stavano facendo abbastanza pericolose, perché noi eravamo disarmate - o comunque se ci avesse lanciato un incantesimo non avremmo avuto il tempo di rovistare nelle nostre borse per recuperarle. E poi, sì, stavamo in una scuola di magia, ma non eravamo tenuti ad armarci in tutte le materie, dato che con alcune, come appunto Erbologia, Cura delle Creature Magiche o Aritmanzia o Pozioni, non ce n'era il motivo.

Alzai le mani. "Ehm - okay, Kelz. Perché non metti giù la bacchetta e ne parliamo come persone civili?" tentai di suonare il più rasserenante possibile, con un bel sorrisone.

Lei ringhiò, avvicinandosi, continuandoci a tenere la bacchetta all'altezza degli occhi. Se non avessi saputo che era tutto finto e che la sua reazione era solo il segno del suo affetto per noi, mi sarei sentita male. "Di cosa dovremmo parlare? Di quanto le vostre vite siano perfette in confronto alla mia, sedotta e abbandonata da un ragazzo, il genitore che mi è rimasto in un altro Stato? Della vita di Livia, ad esempio, sempre appoggiata da Noah in tutto? Lo sapevate, che i suoi genitori sono gli ambasciatori americani a Londra? Oppure di quella di Izzy, il suo fidanzato che la ama incondizionatamente, bella come poche, amata da chiunque la conosca?" la sua voce era puro veleno, che ci colpiva duramente lasciandoci quasi paralizzate. Izzy, dal mio fianco, mi teneva forte la mano, stringendola fino a farla diventare bianca per il dolore causatole dalle parole della nostra amica.

Kalea poi spostò gli occhi verdi su di me. "E ancora la tua, Rose, Dio, non saprei neanche da dove iniziare. Sei letteralmente il gioiello della tua famiglia, hai i riflettori puntati addosso ovunque vada, sei famosa, Capitano di Quidditch dei Grifondoro, la migliore del tuo anno nei voti, e un ragazzo che morirebbe per te, che quando ti guarda sembra che non veda nessun altro. Perché voi sì e io no, eh? Perché," riprese, ormai gridando a squarciagola, "a voi è stata data l'occasione di essere felici, e a me no?"

Izzy aveva le lacrime agli occhi, e si nascose il viso tra le mani. Mi accorsi che Livia, alle nostre spalle, stava tremando. "Basta così," sbottai, alzandomi. La guardai severamente. "Capisco che sei influenzata da questa pianta, ma non per questo ti è permesso insultarci così." 

E non voglio che tu dia spettacolo del tuo dolore, amica mia.

Kalea si avvicinò finché non ebbe l'estremità della bacchetta che premeva contro la pelle della mia gola. Non distolsi lo sguardo, ricambiai la sua occhiata senza far trasparire quanto le sue parole mi avessero ferita, quanto fossi dispiaciuta che si sentisse così e quanta paura avevo che mi facesse del male. Alle sue spalle, vedevo Albus terrorizzato, Neville con una mano alzata a fermare gli altri studenti - Julian ad esempio era balzato in piedi, Noah stava litigando con il professore sulla necessità di intervenire - e Malfoy con una mano sulla sua bacchetta.

"Che c'è, mi ucciderai?" chiesi, tagliente. "Avanti, fallo."

"Rose, che diavolo dici," sbottò Izzy, alzandosi in piedi anche lei, e Kalea spostò l'attenzione su di lei. "Non fare stupidaggini."

"Stupidaggini?" intervenne Livia, guadagnando il mio fianco, "pazzesco! Io sono nata, per fare stupidaggini."

Kalea ci guardò, spaesata ma determinata. "Siete davvero ridicole, tutte e tre. Pensate di potermi affrontare, disarmate?"

"Neanche se avessimo la Bacchetta di Sambuco ti faremmo del male, Kelz," disse dolcemente Izzy, allungando una mano e posandola sulla sua spalla. Quella se la scrollò di dosso, ma lo stesso fece Livia, e allora in contemporanea ci gettammo ad abbracciarla.

Kalea si dibatté con insistenza sotto di noi, e io, che avevo il mento nell'incavo del suo collo, sentii i suoi muscoli contrarsi nel tentativo di scrollarci di dosso. Incrociai lo sguardo di Livia, che aveva gli occhi rossi ma una grande fermezza nelle vene. La capivo: se fosse stato necessario, avrei tenuto Kalea stretta tra le mie braccia finché non fosse svanito l'effetto di quella pianta malefica.

Con il passare del tempo sentimmo il suo corpo rilassarsi, smettere di muoversi, anche se non ricambiò il nostro abbraccio.

Era possibile che soffrisse così tanto? Quello che ci aveva detto lo pensava davvero, oppure era solo frutto dell'incantesimo dell'Oblìo Rosa? E se fosse stata la prima ipotesi quella corretta, allora perché non ci eravamo accorte prima del suo dolore? Che amiche eravamo?

Certo, non le avevamo ancora raccontato della storia del Lord Protettore e del resto, sia per non farla sentire in colpa per non aver potuto aiutare, sia per non pensare noi stesse a qualcosa di tanto orribile, e poi durante le vacanze non ci eravamo sentite tantissimo, ma non riuscivo a credere che pensasse che noi avessimo una vita perfetta, e lei invece no.

Ci aveva detto che Logan l'aveva lasciata, e che gli ultimi tre o quattro giorni prima di tornare a scuola li aveva passati insieme alla famiglia, per non rimanere a casa da lui, ma poi sul treno aveva detto che non era niente di che e che stava benissimo. Sapevo che non avrei dovuto crederle, ma ero stata così impegnata con Malfoy da non vedere ciò che era chiaro come il Sole, ovvero che lei stava ancora uno schifo.

Per di più, con la madre morta da piccola e il padre che viveva in Francia doveva esserle risultato difficile sentirsi amata e non sola, con le amiche lontane, senza fidanzato e senza genitori a supportarla.

"Ci siamo noi ora," le assicurai, sfregandole la mano tra le scapole. "Ci saremo sempre per te."

^^

"Quindi..." mormorò Julian, seduto al tavolo dei Grifondoro al mio fianco, più tardi a cena. "È stato coraggioso quello che hai fatto per Kalea, nonostante tutto quello che ha detto a te e alle altre."

Aveva parlato a bassa voce, in modo che le ragazze, impegnate in una conversazione con Troy - dalla testa bendata, appena dimesso dall'Infermeria - e gli altri amici di Julian.

Io alzai le spalle. "Non è la prima volta che sento dirmi queste cose. Ormai credo di aver imparato come reagire."

"Comunque è un attacco da una tua amica stretta," replicò lui. "Fa più male che da qualsiasi altra persona. Ti ammiro molto, sai."

Avendo la sensazione che non si stesse riferendo solo all'episodio con Kalea - per cui io non avevo davvero nessun merito, non avendo fatto nulla di concreto o di mirabile - voltai il viso verso di lui. Aveva il gomito poggiato sul tavolo, e si sorreggeva la testa con il palmo della mano, scrutandomi al di sotto dei suoi chiarissimi occhi verdi. Alzai le sopracciglia, confusa. "Sì? E perché?"

Lui mi rivolse un sorriso sbilenco. "Sei immensamente talentuosa. Riesci a fare qualsiasi cosa ti prefiguri, prendere voti eccellenti. Puoi giostrarti gli impegni più importanti, quali fare il Capitano dei Grifondoro e il Caposcuola, senza sottrarre tempo agli studi o agli amici. Non hai bisogno di esibire le tue doti, né lo fai volentieri, il che si è visto con la faccenda dell'Animagus, per cui nessuno, neanche Potter o Isabelle, sapevano che cosa sei in grado di fare. E poi mi ha sorpreso molto quanto tu sia buona," continuò, imperterrito, ignorando il calore sulle mie guance e la condizione di lieve disagio in cui mi stava mettendo. "Non penso mi dimenticherò mai quello che hai fatto per Caleb."

Risi nervosamente, per stemperare la tensione. "Mi dipingi molto migliore di quanto in realtà non sia, Julian. Tutte queste cose... davvero, non è niente di che. E non lo dico per fare la modesta," aggiunsi frettolosamente, "lo giuro. È che credo soltanto che la maggior parte della gente abbia un'opinione totalmente sbagliata di me."

L'angolo della sua bocca si contrasse. "C'è chi ti ama, e chi ti odia, ed entrambi gli appartenenti a queste categorie vedono solo ciò che vogliono vedere. Io sto iniziando a capire che c'è molto di più in te. Sembri un libro aperto, ma quello che si nota di primo impatto è solo la punta dell'iceberg. Vorrei conoscerti di più," dichiarò apertamente, onesto. "Se tu me ne dessi l'occasione, ne sarei contento."

"Cosa mi stai chiedendo?" intuii che nelle sue parole c'era uno scopo più specifico di quanto desse a intendere.

Julian alzò le spalle, indossando un'espressione vaga. "Vieni con me ad Hogsmeade, sabato. Permettimi di dimostrarti che anche in me c'è più di quanto sembra."

Lui era sempre stato gentile con me. Mi aveva aiutata negli schemi delle partite, ad organizzare la squadra, e ultimamente dovevo ammettere che ci eravamo avvicinati, o che comunque avevamo iniziato a parlare molto di più rispetto a prima. Quando eravamo da soli, senza influenze esterne tipo Albus o Scorpius, i nostri due gruppi passavano volentieri il tempo insieme. Era un ragazzo aperto, solare, ci si poteva parlare di tutto.

L'unico problema era Malfoy. Speravo vivamente che Julian non avesse secondi fini, perché, per mia sfortuna e anche per la sua, il mio cuore era già impazzito per qualcun altro.

"Certo, vengo volentieri," risposi allora, sorridendo. "Ma non devi dimostrarmi nulla. Lo so che non sei solo l'avvenente giocatore di Quidditch per cui tutte le Grifondoro hanno una cotta, tranquillo," aggiunsi scherzosa.

Lui ridacchiò. "Sì, be', c'è un po' di verità, in quello. So essere molto affascinante," mi fece l'occhiolino, facendomi ridere ancora. Mi andava di passare del tempo con lui, così estraneo a tutti i nostri drammi, ai litigi e alle bugie. Passare un pomeriggio come una ragazza normale, con un ragazzo normale, non poteva che farmi bene.

Il resto della cena quindi lo passammo insieme, unendoci alla conversazione con Izzy, Troy e gli altri che discutevano dei M.A.G.O. e, più in là nella serata, della Coppa del Mondo di Quidditch che si sarebbe tenuta quell'estate, in Australia.

Albus e i suoi amici Serpeverde scomparvero subito dopo il pasto, rendendoci impossibile proporgli di passare la serata insieme; così accogliemmo di buon grado l'invito di Julian e il suo gruppo a rimanere in Sala Comune a chiacchierare.

Se avessi visto i suoi amici passeggiare per Londra fuori dal contesto di Hogwarts e senza conoscerli, avrei pensato che si trattasse di persone dal quoziente intellettivo di una salamandra. Il punto era che però conoscevo Julian, e lui non era affatto così, anzi, e anche Troy non era così male. Il gruppo si componeva di loro due, amici da anni, e di altri tre ragazzi, Simon, Harry e Charles.

Gli ultimi due erano gemelli, di media statura, dai capelli biondo scuro e la pelle abbronzata - come facessero ad avere un colorito così ricco per me rimaneva un mistero, dato che vivevamo in una zona del globo dove il Sole non usciva fuori neanche a pagarlo. Erano versati negli Incantesimi, ma non studiavano più di tanto, e a Pozioni avevano la sorprendente capacità di far esplodere qualsiasi cosa capitasse loro sotto mano.

Troy, invece, il tizio con cui avevo affrontato l'Hevardan, andava piuttosto male dal punto di vista del rendimento scolastico, ma era simpatico e aveva sempre la battuta pronta, e infatti lo vedevo un po' come il pagliaccio tra di loro. Poi c'era Simon, un vero amore, che sembrava così diverso con gli altri palestrati con cui girava: mingherlino, una zazzera di capelli castani e gli occhiali dalla montatura spessa, si portava spesso dietro i libri di testo ed era il cervello che mandava avanti tutti gli altri.

Infatti, quando fummo di nuovo in Sala Comune, una volta indossati degli abiti più comodi che non fossero gonne e calze e camicia e cravatta, tutti si misero sulle poltrone davanti al fuoco, Livia e Charles impegnati in una partita di scacchi, mentre io e Simon ci sedemmo al lungo tavolo con i libri accanto.

Mi sorrise timidamente. "Anche tu devi finire la pergamena di Aritmanzia?" chiese, indicando le pagine aperte davanti a sé.

"Sì, esatto," risposi, contenta di avere qualcuno con cui condividere lo studio in modo serio. "C'è in particolare un passo di cui non riesco proprio a capire di cosa parla, magari tu l'hai già fatto?"

"Il Castaggio dei Sigilli Aritmantici, sì," annuì, gettando un'occhiata sul paragrafo che gli avevo appena spinto sotto gli occhi. "L'ho appena fatto, non è difficile. Praticamente, la figura geometrica da segnare sull'oggetto prima di pronunciare la formula, avrà un numero di lati che sarà pari al valore speculare—"

Venne interrotto da Julian che si piazzò tra di noi, le mani sui fianchi e lo sguardo severo. "Secchioni del mio cuore, state facendo i compiti per giovedì. E siamo a lunedì. Volete, per favore, rilassarvi?" propose, cingendoci le spalle con le braccia e sorridendo malizioso. "Facciamo qualcosa di divertente."

"Tipo?" ribatté, Simon, scettico. "Non mi fido mai della tua concezione di divertimento, Jules."

"Io mi diverto a fare Aritmanzia con Simon," convenni, testarda.

Julian alzò gli occhi al cielo. "Dio, così non è che mi convinci a lasciar stare, Cap," replicò scompigliandomi i capelli. "Harry ha rimediato dell'alcol corrompendo un ragazzino del quinto anno. Andiamo nella Stanza delle Necessità?"

"Domani abbiamo lezione," gli ricordò Simon, poco persuaso.

Julian sorrise, chiudendo i nostri libri e facendoci alzare. Alle sue spalle, Izzy, Troy, Charles e Harry con le bottiglie di alcol avvolte nei mantelli, Livia e Kalea ci aspettavano impazienti ridacchiando tra di loro. "Allora abbiamo tempo per smaltire la sbornia!" esclamò, dando una pacca sulla spalla dell'amico.

Si voltò poi verso di me. "Che dici, Weasley, facciamo a chi ne butta più giù?"

Senza neanche dirlo, ne buttò più giù lui, approfittando delle bottiglie che i gemelli tiravano fuori e che sembravano non finire mai, ma quanto a livello di sopportazione... be', io non ero mai stata una cima nello smaltire in fretta l'alcol. Non avevo troppi problemi il giorno dopo una sbronza, riuscivo a fare lezione e tutto, ma la prendevo molto velocemente, e per questo fui la prima a partire di testa.

Isabelle, mia fida compagna in tutto, aveva seriamente cercato di resistere per me e per lei, ma alla fine aveva ceduto anche lei al fascino dell'ubriacatura. In realtà non c'era nessuno che fosse ancora sobrio: Kalea aveva annegato nella vodka i suoi dolori per la rottura con Logan, Livia si era lasciata andare perché semplicemente divertente, come tutti gli altri, e io forse per smetterla di pensare a Malfoy, che ormai aveva preso il controllo della mia testa e non pareva avere intenzione di uscirne.

Simon si pulì gli occhiali con il lembo della maglietta. "Ragazzi, è tardissimo," ci informò, la voce strascicata dall'alcol. Noi tutti ci scambiammo un'occhiata e poi scoppiammo a ridere. Con lo stomaco contratto e dolente per le troppe risa che si erano susseguite in quella serata, crollai all'indietro, e affondai tra i cuscini sistemati sul pavimento.

Non ero certa che Tosca Tassorosso avesse concepito la Stanza delle Necessità anche per soddisfare la voglia di sbronzarsi di adolescenti sconsiderati, eppure eccoci là, decine di bottiglie sparse in giro, gli occhi lucidi e le guance rosse, e la mente totalmente annebbiata.

Un sorriso stupido mi incorniciò il volto, mentre tenevo gli occhi chiusi e le braccia e le gambe aperte come se fossi stata in procinto di fare un angelo nella neve. Era un mio problema, infondo: ogni volta che non parlavo, i ricordi della doccia che avevo fatto quella mattina con Malfoy ritornavano prepotenti a farsi spazio in me, togliendomi il fiato.

Era stata senza dubbio tra le esperienze più belle che avessi fatto nella mia vita, nonché uno dei momenti migliori passati con lui. Il modo in cui mi aveva cinta, guardata, posseduta, erano tutte sensazioni che non mi sarei mai levata dalla testa.

Peccato che, con i superalcolici che mi avevano privata dei freni inibitori, tutti quei pensieri dolci e privati si tradussero in una frase che generalmente mi avrebbe fatta raccapricciare: "Dio, quanto è bello il sesso."

E sebbene in un'occasione normale sarebbe calato un silenzio imbarazzato come risposta, anche gli altri erano andati come me, e perciò risposero con un coro di grida di assenso. "Sì, è proprio meraviglioso," commentò sognante Izzy - altra differenza: se l'avessi sentita parlare del sesso che faceva con Albus, sarei corsa a tapparmi le orecchie, ma adesso non ci feci neanche caso.

"Non lo faccio da troppo tempo," replicò Kalea, afflitta. "La mia vita è priva di senso," aggiunse melodrammatica, prendendo un altro sorso di Whiskey Incendiario e buttandolo giù come se fosse stato succo di frutta.

Vidi Charles gattonare verso di lei, un ghigno furbesco. "Perché non rimediamo, dolce donzella?" le propose, e lei ridacchiando prese la mano che le stava offrendo. Charles se la portò sopra di sé, e noi, increduli, assistemmo al bacio focoso e scoordinato che si scambiarono.

"Ew!" gridò Livia, gettando loro un cuscino addosso che non li scalfì minimamente. "Dai, ragazzi."

"Che c'è, Campbell, hai voglia ma il tuo fidanzatino non ti soddisfa?" la derise Harry, ricevendo anche lui un cuscino in faccia - ringraziai che non fosse stata una bottiglia, altrimenti saremmo finiti d'urgenza al San Mungo, nonché in un mare di guai.

Livia si insuperbì. "Certo che Noah mi soddisfa," rispose, cercando di ricomporsi, anche se la scena appariva un po' parodica, soprattutto contando Charles e Kalea che non la smettevano di baciarsi. "Più di quanto tu, ad esempio, potresti mai fare."

"Cos'è, una sfida?" rise lui, e la mia amica scosse i lunghi capelli biondo scuro dalla spalla, attaccati al collo da un velo di sudore. "Non c'è nessuna sfida, non la reggeresti," fece, sicura di sé.

Scollegai il cervello e li lasciai alla loro conversazione priva di senso, che si era trasformata in un inconsapevole flirt scadente. Mi beai della sensazione di torpore datami dal Whiskey, e non sentii il corpo di Julian distendersi accanto a me finché il suo braccio non sfiorò il mio.

"Ci abbiamo dato dentro, eh, Cap?" mi chiese, sorridendo, supino, una mano sullo stomaco e il viso girato nella mia direzione.

"Non avremmo dovuto farlo," considerai, certa che mi sarei pentita amaramente di quella serata l'indomani mattina, che sarebbe iniziata con due belle ore di Cura delle Creature Magiche. Dovevo essere presente, sia per far contento Hagrid, sia perché era il mio dovere come studentessa e dovevo passare gli esami in modo brillante, al fine di intraprendere la carriera di Auror, sia perché dovevo chiedergli come stesse la cucciola di Demiguise, che oggi non ero andata a trovare.

Julian alzò le spalle, tornando a fissare il soffitto come me. "Forse. Però è divertente. Se non ci divertiamo adesso, quando lo faremo più?"

Non aveva tutti i torti, e lo sapevo. Risposi con un sorrisetto. "Giusto."

Rimanemmo in silenzio per un po', ascoltando Livia e Harry che continuavano a bisticciare, Izzy e Simon che tentavano di farli calmare, Kalea e Charles che erano avvinghiati l'una all'altro e che si stavano al momento rotolando per terra, e Troy che era impegnato in un appassionante monologo riguardante la teoria filosofica contrattualista di John Locke.

Era divertente stare con loro, non c'erano problemi come chi era fidanzato con chi, o segreti da mantenere, eravamo solo un gruppo di ragazzi che usciva insieme, però da un altro lato non era quello il gruppo cui eravamo abituate, e affezionate.

"È davvero tardi," commentai, tirandomi a sedere e scostandomi i capelli dal viso, prendendo un bel respiro. Come mi sarei lavata i denti e la faccia in quelle condizioni? Come diavolo saremmo ritornati al dormitorio, anche se stava sul nostro stesso piano?

Sentii la mano di Julian prendermi per la spalla, e vidi che si era alzato anche lui come me. Aveva le sopracciglia scure contratte. "Vuoi andare via?" pareva contrariato, o comunque deluso.

Gli sorrisi. "Jules, sono le tre di notte."

"Lo so, ma—"

"Come faremo ad alzarci domani, sennò?" insistetti, posando di riflesso la mia mano sulla sua, fredda. Aveva le nocche screpolate dalla sua battaglia personale con l'Hevardan, e la pelle era solcata da vene bluastre.

Entrambi seguimmo con gli occhi quel mio movimento. Poi lui, prendendomi in contropiede, fece scorrere il tocco dalla spalla al mio collo, accarezzandolo con dolcezza, sfregando il pollice contro la mia mascella. Avrei voluto scansarlo, ma per un motivo o per l'altro - la sbronza, o la piacevolezza data dalle sue dita - non fui in grado di farlo. 

Le nostre ginocchia si toccavano, e sobbalzai quando sentii la sua mano libera riportarmi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Aprii gli occhi, e vidi che i suoi, ora verde scuro alla luce fioca della Stanza delle Necessità, mi stavano scrutando intensamente.

"Che c'è?" bisbigliai, girando appena il volto perché il suo palmo aderisse alla mia guancia.

Julian si leccò nervosamente le labbra. "È che ho voglia di baciarti, ma non posso farlo."

Io non volevo che lo facesse, o, perlomeno, la parte razionale di me non lo voleva, però istintivamente aggrottai la fronte. "E perché no?" chiesi, curiosa.

"Perché rovinerei tutto. Io voglio conquistarti, non strapparti un bacio quando neanche sei lucida," rispose, facendo scorrere la mano ora sulla mia vita, sorridendo al calore che colorava le mie gote. "Anche se smettere è così difficile—"

E prima che combinassi qualche casino, prima che gli permettessi di varcare una linea ben tracciata e che esisteva per un motivo preciso, Izzy, la mia salvatrice, il mio angelo custode, ci venne ad interrompere.

"Dobbiamo andare," ci informò, adocchiando la presa di Julian attorno a me e adombrandosi. "Gazza sta vagando nei corridoi," aggiunse freddamente.

Mi alzai, mettendole il braccio sotto il mio. I minuti successivi furono piuttosto confusionari, raccogliemmo tutto e nascondemmo le bottiglie vuote e quelle ancora mezze piene sotto i mantelli, e poi uscimmo dalla Stanza delle Necessità in punta dei piedi per non farci sorprendere dal custode del Castello.

Mi sentivo ancora piuttosto stordita, ma iniziavo a mettere meglio a fuoco gli oggetti che mi stavano attorno, e la mano di Izzy, serrata sul mio braccio, mi faceva da guida attraverso i corridoi. Avevo pensato a portare il Mantello dell'Invisibilità, ma eravamo, quante, nove persone? Sarebbe stato meschino darsela a gambe con le mie amiche e lasciare gli altri nei guai, e avevo rinunciato.

Eravamo piuttosto tranquilli, contando sulle scarse possibilità che Gazza ci sorprendesse, e sulla breve distanza che ci separava dalla Torre, quando proprio davanti ai nostri occhi si materializzò dal nulla il suo malefico gatto, l'unico a superare Grattastinchi in antipatia, Mrs. Purr. Ci fissò con i suoi occhi rossi, e ci bloccammo sul posto, irrigiditi.

Già mi spettava una bella punizione dalla McGranitt per la gita nella Foresta Proibita, non ci tenevo anche a farmi beccare, ubriaca, e sorbirmene un'altra che avrebbe macchiato la mia buona condotta degli ultimi sette anni.

"Di qua!" esclamai allora, precipitandomi verso le scale che conducevano ai piani inferiori. Non c'era speranza di raggiungere i nostri dormitori, su quello stesso piano, ma dovevamo fare in modo di sfuggire a Gazza. I ragazzi mi seguirono, affannati, reggendosi al corrimano per non cadere lungo la scalinata.

Sentivo il cuore rimbombarmi nelle orecchie, ma ero troppo impegnata a non rompermi l'osso del collo per pensare seriamente alle conseguenze che stavamo correndo.

"Dobbiamo dividerci!" sbottò Julian, dall'altro mio lato. "Non possiamo nasconderci tutti nello stesso posto."

"Mia sorella sta nel dormitorio dei Tassorosso, alcuni possono andare là," propose Troy, che aveva interrotto il suo discorso filosofico.

Julian annuì. "Di qua si va alla Torre dei Corvonero," indicò.

Kalea prese Livia per mano. "Andiamo noi, dovrei essere in grado di risolvere l'indovinello," dichiarò, contando sul tempo che aveva passato a sciogliere quei trucchetti quando era fidanzata con Logan. Le ragazze ci lanciarono uno sguardo di intesa e si dileguarono in direzione della Torre, così noi riprendemmo a scendere.

Giungemmo nel seminterrato, e accanto alle cucine riuscimmo, nel buio, a distinguere i barili che costituivano l'ingresso al dormitorio dei Tassorosso. Julian, Simon, Troy e i gemelli si fermarono a guardarci, ma io e Izzy sapevamo bene dove andare.

"Studenti! Studenti fuori dai loro letti!" sentimmo gridare da Gazza, paurosamente vicino a noi. Non ci fu tempo di parlare, così noi due, rimaste sole, tenendoci per mano, riprendemmo a correre, stavolta con come meta i sotterranei di Serpeverde.

Passammo di fronte l'aula e il deposito di Pozioni, e l'Ufficio del Direttore della Casa, ovvero Lumacorno; senza perdere tempo ci fiondammo verso il muro, e Izzy borbottò la parola d'ordine, il fiato corto dalla maratona svolta. Intravidi di nuovo gli occhi rossi di Mrs. Purr prima che ci fosse svelato l'ingresso del dormitorio, ed entrammo senza indugiare, chiudendoci velocemente il quadro alle spalle.

"Santo cielo," soffiò Isabelle, premendosi una mano sul petto. "È stato terribile."

"E non è ancora finita," osservai, facendo abituare gli occhi al buio della stanza, "ora chi glielo dice a questi due brontoloni perché siamo qua?"

Sempre tenendoci strette per non perderci nell'oscurità, e perché avevamo ancora i nervi tesi dalla corsa, salimmo le scale a chiocciola che conducevano alle camere da letto. Entrambe sapevamo bene quale fosse quella dei ragazzi, ma almeno io ero un po' restia a precipitarmi da sola, infrangendo mille leggi, e a confessare quello che avevamo fatto.

Non che ci fosse niente di male, per carità, ma dubitavo che non si sarebbero arrabbiati.

Ovviamente erano tutti addormentati, le coperte tirate fino al collo nonostante il calore della stanza. Rimasi sulla soglia, incerta, mentre Izzy procedeva per svegliare Albus. Era anche lei visibilmente nervosa, e a ragione, dato che appena Al aprì gli occhi e realizzò di avere la sua ragazza davanti, si tirò su e accese la lampada, i suoi lineamenti si contrassero dalla preoccupazione.

Vidi Noah, che aveva il sonno leggero, tirare via le tende del suo letto a baldacchino per vedere cosa stesse succedendo, e anche Dave si mise a sedere. Avevano tutti gli occhi gonfi di sonno e le espressioni inquiete.

"Rose, Izzy, che diavolo - che diavolo ci fate qua dentro?" chiese Albus, perplesso, preoccupato e anche innervosito dal brusco risveglio.

"Era l'unico posto dove potessimo venire, Gazza stava sorvegliando il settimo piano," spiegò Izzy, sedendosi sul suo letto. "Noi eravamo nella Stanza delle Necessità con alcuni Grifondoro del nostro anno, non potevamo rischiare di incontrarlo."

"Sono le tre di notte," osservò gelido Malfoy, che non mi ero neanche accorta si fosse svegliato. "Un orario inconsueto per una chiacchierata."

La sua voce era così roca che mi diede i brividi di piacere, ma mi resi conto che dietro le sue parole c'era un'altra domanda, ovvero perché non eravamo rimaste in Sala Comune, se volevamo solamente parlare.

L'inseguimento poi mi aveva aiutata a schiarirmi le idee, ma avevo ancora alcol in circolo nelle vene, e per non barcollare mi dovetti appoggiare alla porta dietro di me. Sfortunatamente il mio gesto non passò inosservato, e Albus, mi fissò con aria accusatoria. "Siete ubriache?"

"No," mentii, ma la mia risposta suonò come una domanda, e fu chiaro il contrario.

Albus, furioso, si rivolse a Izzy, che aveva un'aria sconsolata. "Quindi voi siete andate a bere alle tre del mattino nella Stanza delle Necessità? Grande maturità, Isabelle, complimenti."

Scorpius invece si pizzicò il ponte del naso con due dita, il solito gesto che faceva quando combinavo qualcosa che non gli andava a genio. 

"E Livia?" chiese agitato Noah.

"Dai Corvonero con Kelz," risposi, coprendo con la mano uno sbadiglio. Già la notte precedente avevo dormito uno schifo, sarebbe stato molto più responsabile andare a letto presto, e invece no, noi eravamo stupide.

Isabelle si mise le mani sui fianchi, autoritaria. "Senti Albus," lo interruppe nel suo rimprovero appassionato, "come hai detto tu, è veramente tardi. O ci permettete di dormire qui e rimandiamo le discussioni a domattina, altrimenti ce ne andiamo e proviamo a tornare al dormitorio. È una vostra scelta," stabilì perentoria.

Mio cugino non poté che arrendersi all'evidenza che Isabelle aveva ragione. Si alzò e prese dal cassetto due magliette, e ce le tirò. "Cambiatevi e mettetevi nel mio letto, io sto su una poltrona di là," ordinò, indicando con il capo la Sala Comune.

"No, ci vado io sulla poltrona," intervenni, scuotendo la testa. "Già ti abbiamo svegliato nel cuore della notte, non possiamo anche levarti il letto."

Albus fu sul punto di replicare, quando lo sbuffo nervoso di Malfoy attirò la nostra attenzione. "Secondo voi se qualcuno si mette a dormire in Sala Comune nessuno si farà due domande? Dobbiamo rimanere qua," ci fece notare. Poi mi indicò. "Vi potete mettere da me, e io sto con Albus."

Dave ridacchiò, Noah indossò un sorrisetto indolente, in barba alla stanchezza. "E secondo te i due piccioncini vogliono dormire separati?"

"No, davvero, non importa," provò a dire Isabelle, ma venne ignorata dagli altri tre.

Malfoy alzò un sopracciglio. "Se loro stanno da Albus, Rose dove dorme, sul pavimento?"

"Può stare con me," rispose Noah, alzando le spalle.

Il biondo raffreddò ancora di più lo sguardo. Io e Isabelle ci guardammo, preoccupate. Pur di non farli mettere a litigare, con il rischio che Albus scoprisse di me e Malfoy in quel frangente, quando era stanco e irritato, si fece avanti la mia amica.

"Tu sei fidanzato, Livia non ne sarebbe contenta. Scorpius, magari Rose può stare con te?" propose, cercando di suonare il più innocente possibile.

Impercettibilmente, le spalle di Malfoy si rilassarono. Fece scivolare gli occhi su di me. "Se proprio deve," rispose, anche se il suo sguardo diceva l'opposto.

Ci infilammo le magliette di Albus in bagno, senza dirci una parola. Avevamo combinato un bel casino, quei due ci avrebbero sgozzate. E poi, anche se aveva subito fatto una battuta, dubitavo che persino il gentilissimo Noah fosse entusiasta del guaio combinato da Livia.

Speravo solo che gli altri ragazzi fossero tutti sani e salvi.

Mi tirai giù il lembo della maglia per coprire il più possibile le mie gambe nude e velocemente mi accostai al letto di Malfoy, che aveva scoperto la mia parte per farmi entrare. Mi infilai sotto di queste, e per un attimo il profumo del suo cuscino e del suo pigiama mi riempirono i polmoni, dissipando alcol, fatica e malumore.

Poi vidi che era girato in modo da darmi le spalle, segno che era arrabbiato marcio.

Non potendo parlare, timidamente allungai una mano verso il suo fianco, e mi spinsi contro la sua schiena larga, avvolgendogli la vita con un braccio e cercando la sua mano.

Mi lasciai andare ad un sospiro come la trovai, e intrecciate le dita alle sue premetti la fronte sulla sua spalla.

"Sei arrabbiato?" sussurrai, sentendo pian piano l'annebbiamento sparire dalla mia testa. Anche Albus e Izzy stavano bofonchiando nel letto di lui.

"Sì."

"Perché?"

Lo sentii girarsi nella mia direzione, e mi ritrovai faccia a faccia con lui. Non riuscivo a distinguere granché nell'oscurità della stanza, ma i suoi occhi per me avrebbero sempre rappresentato un faro nella nebbia. Il mio braccio gli cingeva ancora la vita, ora sentivo il suo respiro fresco di dentifricio sul viso, e il petto che si alzava e abbassava, e il cuore che batteva contro il mio.

"Perché sei stata maledettamente irresponsabile. Nessuno sapeva dove fossi, ed eri con persone che non conoscevo, e se ti fosse successo qualcosa—"

Sollevai una mano e la posai sulla sua guancia. "Hai ragione, ma non pensavo mi sarebbe accaduto nulla. Noi siamo andati nella Foresta Proibita da soli alla ricerca di un unicorno, bere un po' nella Stanza delle Necessità con altri amici non è di certo la cosa più pericolosa che abbia mai fatto."

Lui indurì la mascella, e sentii la linea tagliente sotto il pollice. La percorsi con il polpastrello, mio malgrado affascinata dalla sua espressione. "Nella Foresta eri con me. Non avrei mai permesso ti fosse accaduto nulla di male."

"Lo so," risposi semplicemente, accucciandomi in modo da avere la testa sotto il suo mento. Spinsi il viso contro il tessuto del suo pigiama morbido. "Lo so."

Finalmente mi avvolse il corpo con le braccia, stringendomi a sé, e io lasciai scivolare una gamba tra le sue per averlo più vicino. "Buona notte, Scorpius," borbottai, assonnata, in pace adesso che ero vicina a lui.

"Buona notte, Posie," ghignò, e si beccò un leggero schiaffo sul petto che lo divertì ancora di più.

"Non chiamarmi così."

"Credo proprio che lo farò, invece."

Avrei voluto replicare, ma non riuscii a farlo che scivolai in un sonno profondo.

^^

La mattina seguente mi svegliai prima io. Avevo dormito con lui solo un paio di volte, tra cui la mattina prima di tornare a casa per le feste natalizie e il primo dell'anno, ed entrambe lui era rimasto cosciente; però stavolta riuscii a sorprenderlo nel sonno. Era ancora presto, osservai con un sorriso di piacere, ancora non c'era bisogno di alzarsi.

Un suo braccio avvolgeva stretta la mia vita, tenendomi premuta contro il suo torace, e l'altro era sotto la mia testa, a mo' di cuscino. Aveva la bocca piena socchiusa, e nella luce acquamarina che entrava dalle finestre della camera si vedeva appena un leggerissimo strato di barba sulle sue guance scavate. I capelli erano scomposti, e cadevano in onde mosse sulla sua fronte e sul collo, e le clavicole erano scoperte dalla maglia nera che indossava.

Lanciai un'occhiata ad Albus e Izzy, che erano avvinghiati un metro più in là, entrambi con la bocca spalancata e un leggero russare. Dovevano aver combattuto per avere maggior parte di letto, perché le lenzuola erano tutte aggrovigliate e la gamba di Izzy era premuta contro il fianco di Al, e il gomito di lui sfiorava di poco il viso di lei.

Soddisfatta della loro incoscienza, mi allungai per dare un bacio sulle labbra al ragazzo accanto a me, sentendole meravigliosamente morbide sotto le mie. Come feci il gesto di allontanarmi, lui gemette in modo rumoroso, facendomi ridacchiare. "Fai piano, cretino, o sveglierai tutti."

Lui rafforzò la presa attorno al mio corpo e aprì un occhio, l'iride quasi trasparente nella luce acquamarina che proveniva dalle finestre della stanza. "Come se mi importasse," replicò, posando il palmo sulla base della mia schiena e schiacciandomi contro di sé.

Accolsi il suo gesto con gioia, e gli portai le braccia al collo. "Dovrebbe," asserii. "Albus—"

Scorpius roteò gli occhi. "Albus dorme come un ghiro, come tu sai benissimo. Non saranno i miei baci a svegliarlo, fidati - non lo fa neanche un lanciafiamme."

Sorrisi, alzando una gamba perché cingesse il suo fianco. Lui vi mise una mano sotto, facendola scorrere dal retro della coscia al sedere, essendo io nuda fatta eccezione per la maglia di mio cugino. "Comunque non mi pare il caso."

Sbuffò. "Perché semplicemente non stai zitta e mi dai un bacio, Weasley?"

Si avvicinò, anche se eravamo ad una distanza minima, facendo leva sul braccio su cui era poggiata la mia testa; quando fu a pochi millimetri dalla mia bocca, però, voltai la testa, ridendo. "Non mi sono lavata i denti."

Non sentendolo ribattere azzardai a lanciare un'occhiata nella sua direzione, e lo trovai mortalmente offeso. "Credi che io sia così attaccato a queste cose? Non può fregarmene di meno se non ti sei lavata i denti."

"A me importa," dichiarai, non riuscendo a smettere di sorridere. "Molto, anche," aggiunsi, quando imperterrito scosse la testa e mi sfiorò le labbra con le proprie.

"Sono sicuro di no," sussurrò, delicato.

"Scorpius."

"Mh?" Fece lui, posando brevi baci a stampo sulla mia bocca, seguendone i contorni.

"Scorpius."

"Rose," mormorò, accarezzandomi i capelli sparsi sul cuscino. Poi le sue dita passarono di nuovo a percorrere la mia gamba scoperta, lasciandomi i brividi.

Il modo in cui disse il mio nome bastò per farmi salire il sangue alle guance.

"Scorp—humpf" fu, grossomodo, il verso che uscì dalla mia gola, quando lui mise fine alla pratica di tortura che stava attuando e si decise a baciarmi, lasciando scorrere la lingua tra le mie labbra e poi ad incontrare la mia.

Afferrò alla cieca le coperte e le tirò sopra le nostre teste, per poi, con uno strano movimento da contorsionista, girarsi e tirarmi sopra di sé, perché le mie ginocchia premessero sul materasso ai lati dei suoi fianchi e il mio bacino aderisse completamente al suo.

Continuò a baciarmi con foga, alzando il collo dal cuscino e permettendomi di lasciar arricciare i capelli sulla sua nuca tra le dita. Sentivo le sue mani artigliare la mia vita per tenermi più vicina, e nel frattempo la temperatura là sotto cresceva in modo esponenziale, accorciando i nostri respiri.

Inevitabilmente alzai la sua maglietta per passare i polpastrelli su solchi dei suoi addominali, e poi sull'incisione a forma di V dei muscoli pelvici, e i pettorali in rilievo, le clavicole appuntite. Quando arrivai all'orlo dei suoi pantaloni, e lo superai senza troppo indugio per sfiorare l'elastico dei boxer, per un attimo il suo fiato si spezzò sulla mia bocca, facendomi istintivamente sorridere.

"Levati quel sorrisetto dalla faccia, Weasley," ansimò, "non è che solo perché hai imparato a sfruttare i miei punti deboli allora puoi—"

Mi chinai in avanti per baciare quel posto che avevo scoperto prima di Natale che lo faceva davvero impazzire, la zona sotto l'orecchio - tra l'altro, era passato così tanto tempo dall'ultima volta in cui l'avevo toccato là che il succhiotto era sparito. Presi delicatamente il lobo dell'orecchio tra i denti e lo succhiai piano, sentendo le sue mani spingere sulle mie natiche di conseguenza, e anche il rigonfiamento sotto di me si fece più prominente.

Riparati dal mucchio di coperte che ci isolavano tanto dal freddo quanto anche dalla vista degli altri, mi decisi a sfregare il palmo su tutta la sua lunghezza, un gesto che lo prese così in contropiede che risucchiò il respiro all'interno delle guance, e mi guardò stupefatto. "Chi diavolo sei tu? E che ne hai fatto della mia—" si fermò per un attimo, una pausa tanto breve quanto dolorosa, "di Rose Weasley?"

Prima che potessi rispondere, sentii qualcosa colpirmi il piede, e con un gridolino sorpreso ritornai sul letto, scendendo dal bacino del biondo e tirando giù le lenzuola per vedere cosa mi avesse colpita.

"Cristo!" bisbigliò Noah, fintamente disgustato. "Ero sicuro che avrei trovato Albus e Izzy a fare... questo, non certo voi due!"

"Di cosa ti sorprendi?" ribatté Dave con uno sbadiglio, alzando le spalle. "Lo sappiamo tutti che hanno una tresca."

"State zitti, o sveglierete Albus!" li avvertii, e lanciai un'occhiata preoccupata al letto di Albus, che però ancora russava, con Izzy stretta addosso peggio di lui.

"E poi da che pulpito," intervenne secco Malfoy, facendo scorrere la mano sulla mia coscia, dandomi i brividi. Il metallo dell'anello che portava mi sfregò la pelle piacevolmente. "Anche voi due avete tenuto segreta le vostre relazioni per mesi."

Relazione. Non che noi avessimo una relazione, o comunque non di tipo romantica.

Dave ghignò, gli occhi azzurri ancora velati dal sonno. "Non si può dire che io abbia fatto esattamente un gran lavoro, dato che adesso tutta la famiglia di Lily sa di noi. Sfortunatamente, aggiungerei."

"E io per farmi beccare da te e Rose non devo essere stato proprio un ninja," aggiunse Noah. Poi si voltò verso Dave, le sopracciglia corvine corrugate. "Perché sfortunatamente?"

L'altro sospirò. "Albus non mi ha parlato per tutte le vacanze, era furioso sia perché sto con la sorellina che perché glielo abbiamo tenuto nascosto per settimane. E sono giorni che ricevo lettere minatorie da parte di James. E il signor Potter non mi ha guardato in faccia neanche per un secondo alla stazione."

Lanciai un'occhiata superba a Malfoy, che scrollò le spalle. "A me non interessa."

"Lo dici adesso, poi cambieresti idea," gli garantii, togliendomi di dosso le coperte.

Mi prese per un braccio, la fronte aggrottata. "Dove vai?"

Gli rimisi a posto una ciocca di capelli, sorridendo. "Mi devo rivestire, e comunque svegliare Izzy per tornare in dormitorio."

"Rimani un altro po' qua, è ancora presto," tentò di convincermi, avviluppandomi i fianchi con le braccia muscolose per tirarmi a sé.

Ridendo mi sottrassi alla sua presa, e gli stampai un bacio in bocca che fece sorridere timidamente lui e sogghignare gli altri due che ci stavano guardando. "Non mi persuaderai con questi mezzi meschini, caro Malfoy."

Lui sbuffò pesantemente, lasciandosi andare indietro e atterrando con un tonfo sul cuscino, e si coprì il volto con il braccio. "Mi hai spezzato il cuore, Weasley, sappilo."

Mi portai una mano al petto. "Oh, Romeo. Sono in incredibile pena per te."

Afferrai i miei vestiti facendo finta di non sentire né il lamento sonoro di Malfoy, né i borbottii di Dave e Noah che ripetevano rimani qua, è ancora presto, e poi scoppiavano a ridere come se fosse stata la battuta più divertente del mondo.

Non seppi dire per quanto tempo esattamente stetti in bagno, fu al massimo una manciata di minuti, ma quando uscii vidi che il letto di Malfoy era vuoto, e Albus, Izzy, Dave e Noah stavano discutendo pesantemente. "Che è successo?" chiesi stupita, "dov'è andato?"

Albus mi rivolse uno sguardo ostile che mi fece bloccare sul posto. "Sono venuti a trovarvi i vostri amichetti, ecco cosa."

"Cosa? Chi?" ripetei, anche se avevo un pessimo presentimento.

"Julian, Troy, Simon e i gemelli," rispose Izzy, sconsolata. "Per dirci che era via libera e che potevamo tornare tranquille alla Torre."

"Dovevamo aspettarcelo che eravate andate con loro," sputò Noah, velenoso.

Roteai gli occhi, e mi infilai gli stivali. "Non è successo niente, Noah, abbiamo solo bevuto un po' insieme."

Lui socchiuse gli occhi. "E glielo dici tu, a Scorpius? Perché se n'è appena andato, e non credo che fosse molto felice di sapere quello che avete combinato ieri sera."

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