53 - 𝑀𝑖𝑑𝑛𝑖𝑔𝒉𝑡 𝑚𝑒𝑚𝑜𝑟𝑖𝑒𝑠
{Scorpius Hyperion Malfoy, l'unico e solo}
{Hehe lo ripropongo anche qui, non fa mai male}
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"Come vi è venuto in mente di cercare proprio un unicorno?" domandò Kalea, il braccio inserito sotto quello di Izzy.
Dave sospirò. "Lily dice di averlo visto correre nella Foresta mentre stava sulla carrozza."
Non sapevo perché fosse così sottovalutato come ragazzo: era alto, magrissimo, dagli occhi di un azzurro così chiaro da sembrare trasparente, gli occhiali dalla fine montatura d'oro - come quelli di Malfoy, quando non metteva le lenti a contatto, - e sempre una parola gentile. Era davvero carino, molto bravo in Aritmanzia, tanto che era uno dei più brillanti della classe, e anche capace di giocare a Quidditch.
Infatti per me e per tutti noi rimaneva un mistero come una personalità così tranquilla e garbata potesse stare con un vulcano esplosivo come Lily... proprio per questo, ero arrivata a pensare che ci fosse molto più in lui di quanto non lasciasse trapelare.
A forza di chiacchierare eravamo arrivati alla capanna di Hagrid. Ero seriamente tentata di rifugiarmici e prendere una tisana calda con lui, nonostante fosse l'una di notte, ma ormai si trattava di una questione di orgoglio. Con tutte le battute fastidiose di Malfoy su come non avessi il coraggio di entrare nella Foresta, dovevo farlo per dimostrare che aveva torto.
La Foresta Proibita era un luogo oscuro, buio e rischioso; non per niente l'ingresso era vietato agli studenti, a causa dei pericoli dovuti alle numerose creature magiche che vi abitavano. Era nota per essere tanto vasta da contenere gli ecosistemi più disparati e complessi, quali ad esempio il Villaggio dei Centauri o le caverne delle Acromantule, e da ospitare addirittura draghi e Giganti. Spesso veniva ritenuta dimora esclusiva di entità oscure, tuttavia al suo interno risiedevano anche creature benefiche come, appunto, gli unicorni, oltre agli innocui animali di bosco.
Neanche a dirlo, i miei genitori e zio Harry ci avevano trascorso qualcosa come la metà della loro permanenza ad Hogwarts. La prima volta in assoluto in cui ci avevano messo piede, era stata durante una punizione con Draco Malfoy, durante la quale zio Harry incontrò Voldemort, mentre stava bevendo il sangue di unicorno atto a rinvigorirlo. Un'altra volta, durante il Torneo TreMaghi, per visitare i draghi per la prima prova; e ancora, al quinto anno, guidati da Hagrid che vi aveva nascosto il fratellastro Groop.
Per quanto riguardava l'ultima, invece, era stata il 2 maggio del '98, mentre si combatteva la Battaglia di Hogwarts: zio Harry si era di propria volontà consegnato al Signore Oscuro, che aveva cercato di ucciderlo, facendo inconsapevolmente morire l'Horcrux che risiedeva dentro di lui.
Ad ogni modo, con tutti i guai che quel posto aveva visto, non c'era nessuna speranza che potessimo uscirne indenni.
Albus illuminò la punta della sua bacchetta appena fu sicuro di essere abbastanza lontano dal Castello da essere invisibile. "Okay. Vogliamo dividerci?"
"Che senso ha?" replicai subito, cercando di non lasciar trasparire quanto fossi impaurita dalla sua proposta. "A parte che la regola di base dei film horror è di non separarsi mai, e poi... anche se una coppia dovesse trovare l'unicorno, cosa che non accadrà mai, come dovrebbe fare a segnalarlo agli altri?"
Izzy mi appoggiò subito. "Infatti! Non dividiamoci, per favore."
"Secondo me è meglio per le ricerche," fece notare Lily. "Più possibilità di trovare l'unicorno, più possibilità di non farlo scappare."
Roteai gli occhi. "Sentite, la vedo dura che una creatura magica non nociva si lasci trovare da noi con tanta facilità. Perché intanto non ci ricordiamo di tutti gli altri esseri che abitano questo dannato posto? Ad esempio le Acromantule? I Centauri, i Lupi Mannari, gli Ippogrifi..."
Lily mi batté una mano sulla spalla, facendomi sobbalzare dal terrore. "Avanti, Weasley, non essere codarda!" mi apostrofò sorridente come sempre. "Al massimo puoi rintanarti sotto le gonne di Izzy, che è più spaventata di te."
"Merlino, Lily, è normale avere paura di una follia del genere!" ribatté la mia amica, stringendo forte il braccio di Albus, che ridacchiava sotto i baffi.
"Non abbiamo tutta la notte," ci ricordò Noah, imperturbabile, "ci dividiamo o no?"
"No!" esclamammo in coro io, Izzy e Kalea. Non mi ero mai tirata indietro per un'avventura, ma quello era un rischio inutile che stavamo correndo.
In più sentivo gli stivali appesantiti dalla neve che li aveva inzuppati, e si era alzato un vento gelido che pungeva viso e mani come mille aghi.
I ragazzi ci accordarono quell'unico desiderio, e ci addentrammo tra gli alberi altissimi e neri come la pece senza la minima cognizione di causa.
"Mi piace il tuo spirito," sentii dire a Malfoy, rivolto a Lily, pochi passi più avanti a noi. "Evidentemente l'eroismo scorre soltanto in una certa vena della tua famiglia," aggiunse, a voce più alta, ghignando.
Iniziai a vedere rosso. Avevo sentito bene? Mi aveva appena dato della vigliacca?
Sapevo di star facendo il suo gioco, ma già non tolleravo che facesse l'amicone con le sue compagne storiche di Serpeverde, tantomeno con mia cugina, e poi dopotutto quello che avevamo passato non potevo credere che avesse detto quelle parole.
"Bene!" sbottai, piantando i piedi per terra e trucidandolo con lo sguardo. Mi sarei pentita amaramente di aver pronunciato quelle parole, ne ero sicura, ma non ebbi né la forza, né la volontà di trattenermi dal dire: "Dividiamoci!"
Lily esultò, e mi gettò le braccia al collo, elettrizzata. "Lo sapevo!"
Izzy e Kalea grugnirono dal disappunto, Noah fece un sorrisone. "Fantastico."
Quando mia cugina smise di coprirmi la visuale, notai Malfoy che mi guardava con un angolo della bocca alzato. Okay, avevo fatto esattamente il suo gioco.
"Io sto con Dave," annunciò Lily, "e immagino Noah vorrà stare con Livia, e Izzy con Al. Facciamo che Rose e Kalea..."
"Io non ci sto sola con Albus!" obiettò Izzy, tremando. Il suo ragazzo la guardò offeso. "Scusa, amore," disse in un filo di voce, divertita, "ma ho troppa paura. Rose, vuoi...?"
Fu allora che un lampo malizioso saltò negli occhi castani di Lily, che mi prese per il braccio tirandomi verso di sé. "Kalea, allora vuoi andare tu con loro due?"
Lei annuì e si spostò verso Al e la mia amica; e capii benissimo, guardando le coppie disposte a cerchio, che eravamo io e Malfoy a essere rimasti fuori.
"Oh, no!" sibilai, indietreggiando. "Con te non ci vengo. Preferisco andare da sola."
"Che coraggio," replicò lui indifferente. "Benissimo, allora ognuno per conto proprio. Chi lo trova per primo avverte gli altri con scintille rosse?"
"Sei stupido?" ribattei, "ci vedranno dal Castello. Anzi, da Hogsmeade. È il modo migliore per farsi beccare."
Malfoy, sorprendentemente, cercò di nascondere un sorriso. "E allora cosa proponi?"
Rimasi in silenzio. Cos'altro potevamo fare? Urlare? Le scintille erano l'unica soluzione... e tanti saluti ai telefoni.
"Come pensavo," assunse, arrogante, facendomi sbuffare come una locomotiva.
"Dovrebbe essere l'una," intervenne Al, "vogliamo fare che se per le due e mezza non abbiamo trovato nulla, iniziamo a tornare verso la Capanna di Hagrid?"
Si mostrarono tutti d'accordo, e feci in tempo a cambiarmi uno sguardo desolato con Izzy prima che Albus trascinasse lei e Kalea verso destra. Noah e Livia ridacchiando con le teste vicine presero la strada di sinistra, e Lily mi fece un sorriso soddisfatto prima di agguantare Dave e portarlo via.
Malfoy senza fare una piega si girò e si diresse verso il cuore della Foresta.
Che fare, seguirlo e passare due ore in pace in sua compagnia, con l'occasione di capire se avesse deciso di mettere un taglio al nostro rapporto, oppure addentrarmi da sola in quel luogo terrificante correndo il rischio di venire sbranata/rapita/uccisa in modo doloroso?
"Aspettami!" gridai, e una sua risata mi accompagnò per la breve corsa che mi servì per raggiungerlo.
"Ti odio," sibilai, stringendomi il busto con le braccia per racimolare un po' di calore.
Lui mi guardò con un sopracciglio alzato. "Io penso proprio che sia il contrario."
"Sei fuori strada," gli risposi decisa, volgendo altrove lo sguardo per non farmi ammaliare. Era davvero bellissimo, anche se dovevo ammettere che mi sarebbe mancato vederlo con abiti normali invece che con la divisa scolastica dei Serpeverde. I capelli biondi parevano quasi una fonte di luce, per quanto erano di un candore luminoso sotto i raggi della Luna, e il mantello lo rendeva simile ad un Conte Dracula incredibilmente sexy.
Schioccò la lingua. "Io non credo proprio. Cosa sarebbe dovuto essere quel teatrino con Walker se non una ripicca nei miei confronti?"
Spalancai la bocca, indignata. "Ma stai scherzando? Una ripicca? Non cadrei mai così in basso, Malfoy. Forse hai solo problemi ad accettare che ci sia qualcuno di più affascinante di te," mentii, sorpresa e stizzita della sua presunzione.
Non che avesse sbagliato, però era una questione di principio.
"Quindi le sei ore che hai passato nel suo scompartimento senza tornare mezza volta al nostro, le sue stupide e banali frasi di rimorchio e la tua scena al tavolo dei Grifondoro erano reali?" chiese lui, sbalordito. "Dimmi che non è vero."
Mi passai una mano sul viso. "Ma che vuoi sentirti dire? Io ero venuta a cercare te, e ti ho visto che cercavi di baciare Amanda Finch-Fletchley. Julian mi ha invitata e sono andata con lui, che è un mio compagno di squadra e conosco da anni. Qual è il problema?"
A furia di discutere, avevamo lasciato i prati confortanti del Castello, che erano spariti dalle nostre spalle, riducendo la nostra visuale solo ad un mucchio di alberi neri. Mi metteva i brividi l'idea di urlare là dentro, ma Malfoy non sembrava intenzionato a lasciar perdere.
"Non stavo baciando Amanda," disse, irritato. "E mi hai appena confermato che l'hai fatto per ripicca."
Gli mollai uno schiaffo sul braccio. "Sì invece! Stavate vicini come... come... come Hugo e i suoi maledetti salatini, e l'hai accarezzata, e che cosa pretendevi? Che rimanessi a guardare? Io, al contrario di tutti voi," e gesticolai indicando la cazzata che stavamo facendo, ovvero stare dentro la Foresta Proibita all'una di notte, "ho un minimo di istinto di autoconservazione!"
Malfoy si fermò, il volto ridotto ad una maschera di furia. "Vogliamo mettere le cose in chiaro, Rose? Allora specifichiamo quello che hai fatto tu, invece di scaricare ogni colpa su di me," proruppe stringendo le mani a pugno lungo i fianchi.
"Io non ho fatto niente!"
"Dimenticavo che tu sei una santa," disse, il sarcasmo che trapelava da tutti i pori.
"Non sono una santa, ma non vuol dire che sia sempre io a sbagliare qualcosa! Anche tu fai la tua buona dose di errori, caro mio," gli feci notare, duramente.
Strinse i denti. "Quando quell'idiota ti ha detto che sei bellissima tu hai riso come una cretina e poi ti ha passato il braccio attorno alla vita e ti ha tirata dentro il suo scompartimento," mi ricordò, sempre più nervoso, "e a cena, sei andata tu spontaneamente da lui e ti sei seduta al suo fianco."
Affilai lo sguardo. Mi sentivo pronta a scoppiare per la rabbia che provavo in quel momento. "Non vogliamo parlare di quello che stavi facendo te a cena? Tutta la pietosa scenetta con la Goyle che ti toccava i capelli e te che le circondavi la spalle? Ma pensi davvero che io sia stupida, o cieca? Come ti permetti di rinfacciarmi questo quando tu non hai perso tempo a riprendere i vecchi rapporti!"
Una grossa risata sarcastica gli scosse il petto, che andava su e giù dall'agitazione, il respiro corto. "Fidati che te ne saresti accorta se avessi avuto intenzione di farlo."
Avevo voglia - no, necessità, - di fare a pezzi qualcosa.
"Più di assalire Amanda e di abbracciare Wilhelmina che cosa avresti dovuto fare, scopartele direttamente davanti a me?" tendevo sempre ad evitare di utilizzare espressioni volgari, soprattutto dopo l'episodio con Neville l'ultimo giorno prima delle vacanze, ma certe volte non potevo proprio farne a meno.
Fece un passo in avanti, la linea della mascella così tagliente che avrebbe potuto tagliarmi il dito se ve l'avessi passato sopra, "Almeno loro non si buttano addosso al primo che capita!"
"Giusto, come ho fatto a non pensarci?" rincarai con una dose di veleno così abbondante che per un attimo mi parve spiazzato, "meglio andare dall'amante fisso! Sai cosa, adesso credo proprio che andrò da Julian e—"
"E cosa?" gridò lui ormai a pieni polmoni, mentre entrambi tremavamo dall'ira, "cosa farai?"
Un pensiero mi attraversò, veloce come un fulmine: poche volte l'avevo visto così in preda alle proprie emozioni. In genere, invece, era come se l'indifferenza coprisse ogni altra sfumatura nel suo viso.
"Magari posso fargli la stessa proposta che hai fatto tu a me!" urlai in risposta, avanzando, pronta a infliggergli lo schiaffo più forte che avessi mai dato - già mi formicolavano le mani dall'acceso desiderio di farlo.
Eravamo ormai a due passi scarsi di distanza, pronti a saltare alle rispettive gole. Poche volte mi ero sentita così dannatamente furiosa, lo avrei ucciso senza pensarci due volte.
"E allora vai!" sbraitò lui, alzando un braccio e indicando il Castello, "vai da lui! Che ci fai ancora qui?"
Rimanemmo a fissarci, bruciando di collera, senza fiato, per degli attimi che sembrarono interminabili.
I suoi occhi grigi erano adesso neri di odio, l'iride ridotta ad un sottile anello chiaro, i capelli scompigliati, la postura rigida e le spalle tese.
Lo detestavo, e detestavo me stessa perché sapevo che era una bugia.
Ci gettammo l'uno nelle braccia dell'altra nello stesso istante: un gesto che aveva della pura disperazione. Ricoprimmo la distanza che ci separava in un secondo, e le nostre bocche affamate si unirono con la stessa violenza delle nostre parole.
Con un gemito gli avvolsi il collo con le braccia, sollevandomi in punta dei piedi perché il mio corpo aderisse al suo. Sentii la vita venire cinta della sua presa solida, premendomi contro di sé con forza.
Una sua mano si infilò tra miei capelli, mentre le sue labbra erano sigillate sulle mie, trasferendo tutte le emozioni negative della nostra litigata in quell'unico contatto tra di noi.
Sentivo il bisogno di averlo più vicino, ma non c'era modo che i nostri fisici potessero unirsi tra di loro oltre il modo consentito da quell'abbraccio disperato.
Mi prese il viso tra le mani, la fronte sulla mia. "Sono un idiota. Non te ne andare."
"Non me ne vado," gli garantii, accarezzandogli lo zigomo con il pollice. "Non me ne vado."
Ritornai a baciarlo, se possibile con ancora maggior vigore, artigliando le sue spalle larghe per avere un appoggio, temendo che le gambe avrebbero ceduto.
Per la prima volta, ero contenta che esistesse una persona come Scorpius Malfoy. Era presto per dirlo, avevo neanche diciott'anni, ma ero sicura che mai nella vita avrei trovato qualcun altro capace di farmi sentire quel marasma di sensazioni che mi suscitava quel ragazzo.
La passione ardente scorreva tra di noi grazie all'unione delle nostre bocche, che adesso si erano socchiuse permettendo alle lingue calde di intrecciarsi. La familiarità di quel momento mi investì come una doccia gelida, impetuosa, accattivante.
Mi sembrava ieri che ci eravamo scambiati un bacio del genere, ma allo stesso tempo avevo l'impressione che fossero passati anni.
Anche se non avevo più fiato nei polmoni, smettere e allontanarci sarebbe stato, paradossalmente, come non respirare più; e al diavolo la paura, la Foresta Proibita, il timore che ci scoprissero, la gelosia, al diavolo tutto.
Ero un turbinio di sensualità, desiderio, felicità, ancora un pizzico di rabbia, e tutto ciò contribuiva allo sfogarmi su Malfoy, al volerlo più vicino, fino a perdermi dentro di lui.
L'intensità non venne mai a mancare, anzi, il fuoco che muoveva ogni nostra azione crebbe, spingendomi a infilare una gamba tra le sue per avere più contatto fisico.
Un suo gemito si perse nella mia bocca, un suono eccitante, e di riflesso gli avvolsi i capelli con le dita, affondando i denti nel suo labbro inferiore. Lo succhiai delicatamente, lasciandolo andare in modo lento, aprendo gli occhi per guardarlo.
Scorpius mi fece reclinare il capo all'indietro, mentre si chinava per baciarmi la linea della mascella, il collo, e poi la clavicola. Lo sentii inspirare a pieni polmoni, e anch'io provai profondo piacere nel sentire il suo profumo.
Le sue mani fredde si insinuarono sotto la mia felpa, facendomi provare un brivido, e percorsero la mia schiena e lo stomaco, un tocco che unito alla dolcezza dei suoi baci mi fece provare una vampata di calore.
"Non voglio finire quello che c'è tra noi," lo sentii sussurrare, il naso spinto contro la mia pelle, "tornare ad Hogwarts non cambia le cose."
Alzò la testa, una ruga d'espressione tra le sue sopracciglia. Aveva un'aria stravolta, la bocca arrossata, la chioma bionda in disordine, i vestiti stropicciati, e le braccia ancora intorno ai miei fianchi, però si era incupito, o almeno fatto più serio.
"Dipenderà da noi," risposi, sfiorando quella piccola parte del suo viso per farla distendere.
"Fosse per me non smetteremmo mai."
Sospirai. "Non voglio tornare a litigare, non prenderla male, ma..." scossi la testa. "Sei sicuro di poter rinunciare a tutto quello che hai avuto finora? Ogni sera una ragazza diversa, le feste adibite alla caccia, Wilhelmina, Amanda e Norah come favorite... non voglio costringerti a darci un taglio, ma io non posso diventare una di loro. Non posso sopportare di vederti con altre ragazze e di farmi fare un fischio quando è il mio turno. Non sono quel genere di ragazza, Scorpius."
Lui ascoltò attentamente le mie parole, e il tono tranquillo e sereno con cui parlai. "Lo so, so come sei fatta, ma fidati," mi prese il viso tra le mani, agganciando gli occhi ai miei, "se ho te, non voglio nessun'altra."
Non volevo chiedermi quanto sarebbe durata, o se avrebbe infranto la sua promessa, altrimenti non saremmo andati da nessuna parte. Dovevo imparare a fidarmi di lui. Del resto, già lo facevo in qualsiasi campo, e gli avrei consegnato non solo la mia stessa vita, ma anche quella dei miei cari, quindi perché non farlo anche in ambito amoroso?
Risposi con un cenno della testa, e lui mi diede un lieve bacio sulla fronte prima di lasciarmi andare e fare un passo indietro.
Mi risistemai i capelli, legandoli in un morbido chignon alto sulla testa e mi rimisi bene i vestiti per non prendere freddo.
Alzai lo sguardo su di lui, che già mi stava guardando con un piccolo sorriso. "Andiamo? Abbiamo un unicorno da trovare."
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Ormai mi facevano male i piedi, e faceva troppo freddo per continuare a girovagare in quel luogo senza una meta. Malfoy non si lamentava, ma lo sentivo sbuffare pesantemente, le mani affondate nelle tasche e il colletto del mantello rialzato per proteggersi dal vento tagliente.
"Ti prego, andiamo via," lo implorai, non sentendo più le membra del corpo dal freddo. Era almeno un'ora che stavamo là dentro, e avevo rischiato un infarto almeno tre volte. Ad ogni bastoncino che si rompeva al nostro passaggio o foglia che scricchiolava, saltavo su come un grillo, ed era meglio non menzionare l'ululato che avevamo sentito una decina di minuti a questa parte, perché al solo ricordo mi veniva da scappare.
Malfoy si fece più vicino e mi prese la mano, intrecciando le dita con le mie. "Ancora una mezz'ora e andiamo."
Quel piccolo gesto mi fece sorridere come un'idiota, e ringraziai la scarsa illuminazione data dalla punta della sua bacchetta, perché nascose con efficacia il mio rossore.
"Secondo me Lily ha mentito," gli confessai, guardando le mie scarpe affondare nel terriccio. Non c'era neve alta come nei prati, perché le fronde degli alberi erano quasi una muraglia compatta che le impedivano di raggiungere il suolo. Almeno non mi inzuppava le calzature, unico lato positivo dell'intera faccenda.
"Io ne sono sicuro," replicò lui con una smorfia, "ma ormai ci siamo. Se torniamo indietro senza avvertire nessuno, li faremo aspettare ore al gelo inutilmente. Tanto vale stringere i denti un altro po'."
Grazie al contatto con il suo palmo morbido anch'io mi stavo riscaldando, così portai le nostre mani unite nella grande tasca della mia felpa e vi aggiunsi anche l'altra. "Tra poco è il tuo compleanno."
"Lo so."
"Lo so che lo sai," dissi, "hai intenzione di fare qualcosa?"
Sembrò pensarci su. Se tutti gli studenti di Hogwarts avessero potuto organizzare una festa ogni volta che compivano gli anni, avrebbero occupato ogni sera da settembre a luglio, per questo c'era la regola tra di noi che i festini non venivano mai allestiti per occasioni del genere.
Dovevo però ammettere che c'erano certe eccezioni, che si basavano sulla popolarità del singolo individuo, e non era affatto giusta come cosa. Ad esempio, James e Fred avevano sempre celebrato ogni compleanno, e così Lily. Izzy la costringevamo noi, a me la facevano tutti gli anni a sorpresa - rovinando quindi il loro stesso scopo, - e anche Albus avrebbe avuto la sua se non fosse nato dopo la fine della scuola, e quindi non avesse festeggiato al mare.
E poi c'era Malfoy. Adorava andare alle feste, bere e stare con gli amici, e rimorchiare belle ragazze; però detestava stare al centro dell'attenzione, e quindi non voleva mai fare nulla.
Quell'anno però faceva diciotto anni, quindi non si discuteva. L'avrei costretto, se fosse stato necessario. Che poi, faceva tutto il tenebroso anche a Natale, dicendo che non faceva mai i regali, e alla fine lo riempiva di gioia festeggiarlo.
"No," rispose alla fine, esattamente come mi aspettavo.
"Fai diciotto anni."
"So anche questo."
"Smettila di fare il cretino," lo apostrofai dandogli una leggera spinta, "sto cercando di parlarti seriamente."
Sospirò. "Non mi va molto di fare una festa. Diventare maggiorenne nel mondo dei Babbani... lo sono già nel mio, di mondo. E l'anno scorso eravamo tutti così ubriachi che non si è svegliato quasi nessuno per fare lezione, e Gazza a momenti ci beccava che uscivamo dalla Stanza delle Necessità."
Mi venne da ridere. Ricordavo benissimo quella festa, avevo preso una sbronza colossale ed ero finita a dormire nel letto di Albus, senza lui dentro, che si era steso davanti all'ingresso della sua Sala Comune. A pensarci bene, non ricordavo neanche metà di quella serata. Era stato un evento davvero pazzesco, si era protratto per ore, fino alle sei del mattino, tanto da farmi sospettare che qualcuno avesse messo una qualche sostanza nelle bevande.
E solo quei quattro gatti che non avevano bevuto erano riusciti ad alzarsi per presentarsi in classe. Addirittura, Lumacorno aveva avuto paura ci fosse un'epidemia, e aveva proposto che Madama Pomfrey, dell'Infermeria, ci visitasse tutti - tutti! - per controllare che nessuno stesse per morire.
Di conseguenza, era scoppiato il panico; non c'era uno di noi che fosse finito nel proprio dormitorio, e non sapevamo come tornarci in tempo per non essere beccati.
Per fortuna, la McGranitt, a cui per definizione non sfuggiva mai nulla, aveva roteato gli occhi e detto a Lumacorno che sarebbe dovuto essere in grado di riconoscere gli effetti della sbronza, e ci aveva dato un'ora per renderci presentabili e filare a lezione.
Inutile dire che ci eravamo beccati tutti, nessuno escluso, la nostra punizione, anche se a turni. La Sala dei Trofei non era mai stata più splendente, né le Serre altrettanto pulite, o il campo di Quidditch con l'erba tagliata tanto accuratamente.
"Perché ridi?" mi domandò sorpreso, mentre continuavamo a camminare nel nulla.
Mi uscì spontanea una seconda risatina. "Stavo solo ripensando a quella festa. Forse la migliore di tutte quelle date ad Hogwarts."
"Non è divertente," si imbronciò lui.
"Non sto mica scherzando."
Mi guardò con gli occhi sgranati. "Ma se la mattina dopo mi hai svegliato saltando sul mio letto e dandomi due cuscinate in faccia che mi fanno ancora male? Alle otto del mattino, dopo due sole ore di sonno, e ad un ragazzo che aveva rimesso in moto il cervello da dieci secondi, hai iniziato a gridare come un'aquila dicendo che era tutta colpa mia, che mi odiavi e che la McGranitt ci avrebbe espulsi da Hogwarts," obiettò con voce acuta, punto sul vivo.
Scoppiai a ridere nel vedere la sua reazione. Dio, ci era proprio rimasto.
Era vero, mi ero spaventata tantissimo all'idea che i professori e la Preside mi sorprendessero nel dormitorio dei Serpeverde, con Malfoy e un Dave in coma etilico. Avevo già detto addio alla mia carriera di Auror, ed ero pronta a far saltare in aria la testa di Scorpius a furia di cazzotti, quando era entrato Albus, stravolto, che ci aveva annunciato via libera.
"Be', era tutta colpa tua," gli feci presente, "non avevo mica torto."
Si fermò nel bel mezzo della Foresta, la mano ancora che teneva la mia ma puntandomi l'altro dito addosso. "Secondo quale estrema legge dell'universo la tua sbronza dovrebbe essere stata un mio prodotto?" mi accusò, infondo divertito da quella discussione.
"Tu hai lasciato che mi addormentassi da te."
"Cosa dovevo fare, buttarti fuori a calci?"
"Potevi dirmi di andarmene!" ribattei.
Lui roteò gli occhi. "Già è stato un miracolo l'averti messa nel letto di Albus, non volevo tentare la sorte."
"Cosa?" chiesi, stupita. "Che intendi?"
"Intendo che ti eri gettata come un sacco di patate vicina a me, Weasley," rispose lui, arrogante, soddisfatto nel potermi dire qualcosa di nuovo e di non troppo lusinghiero. "Ti eri aggrappata al mio collo e avevi detto che volevi la mia felpa per dormire, perché profumava."
"Stai mentendo," dichiarai, affilando lo sguardo.
Alzò un sopracciglio nella sua solita posa strafottente. "Mi pare che alla fine te la sei presa. Perché non chiedi a Dave?" propose inoltre, "lui mi ha aiutato a metterti da Albus."
"Dave era mezzo morto sul suo letto."
"L'ho svegliato."
"Potevi anche lasciarmi dormire con te," mormorai furbescamente, guardandolo al di sotto delle ciglia.
Si mise a ridere, immune al mio fascino. "Certo, così il giorno dopo mi sarei ritrovato castrato, nell'ipotesi migliore."
"Malfoy."
"O ucciso, in quella peggiore."
"Malfoy..."
"Dici direttamente buttato nel Lago Nero?"
"Stai zitto, idiota, e guarda!" esclamai sottovoce, fissando attonita un punto alle sue spalle.
Vedendo la mia espressione si girò, probabilmente aspettandosi di vedere un unicorno. Magari ci fosse stata una creatura così bella, dal manto bianco come la Luna, i grandi occhi colmi di bontà, il lieve nitrito melodioso.
Invece ci stava guardando, seminascosto dietro un grosso tronco, un animale totalmente diverso.
"È una... scimmia?" domandò Malfoy perplesso, aggrottando la fronte. Mise un braccio di fronte a me, non sapendo se fosse rischioso o meno. Era troppo buio, e difficile da vedere bene, ma appena azzardò un passo nella sua direzione, la creatura sparì.
"Dov'è andato?" abbassai il suo braccio protettivo e mi avvicinai all'albero.
Malfoy fu subito al mio fianco. "Che fai? Potrebbe essere pericoloso."
Scossi la testa e mi inginocchiai, illuminando anche la mia bacchetta e indicandogli le foglie sul terreno. Erano ricoperte di sangue. Alzai gli occhi su di lui, che sembrava colpito. "Credo abbia bisogno di una mano, Scorp. Qualsiasi animale sia."
Se era ferito ed era giunto da noi in cerca di aiuto, non glielo avrei mai negato. Fatta eccezione per il gatto di mia madre, andavo molto più d'accordo con i non-umani che con quelli della mia specie.
"Rose," mi richiamò il ragazzo, e mi fece cenno di seguire il suo sguardo. Mi tirai in piedi, e nella pozza di luce gettata dalla sua bacchetta vidi, appesa al legno del tronco, quella che in effetti dava tutta l'impressione di essere una scimmia.
Si trattava quindi un grosso scimmione dall'aria pacifica, e un foltissimo pelo argentato, lungo, sottile e setoso, che gli copriva gli occhioni neri e immensamente tristi.
"È un Demiguise," sussurrai, meravigliata. Il Demiguise era una particolare creatura magica, che aveva origine in Estremo Oriente, e che aveva la capacità di diventare invisibile qualora si sentisse in pericolo - per questo motivo la sua pelliccia veniva spesso e volentieri usata per fabbricare Mantelli dell'Invisibilità. Si celava una terribile leggenda dietro il suo sguardo afflitto, cui io personalmente non sapevo bene se credere.
"Guarda il fianco," accennai a Malfoy, senza distogliere lo sguardo dal suo per non spaventarlo.
"Ho visto," rispose lui altrettanto piano, "ma cosa vuoi fare?"
Con una lentezza ben studiata e la mano più ferma possibile, mi allungai verso il Demiguise. Lui mi guardò attentamente. "Va tutto bene," gli assicurai, con un ampio sorriso. Gli mostrai il palmo per far vedere che non avevo nulla di pericoloso. "Non voglio farti del male."
Di natura erano tranquilli, e non ferivano le persone né gli altri animali, tant'è che erano erbivori, però potevano mordere, se spaventati.
"Stai attenta," mi avvertì Scorpius, il labbro inferiore stretto tra i denti e le braccia al petto.
"Sei al sicuro, adesso," continuai a dire, nel tentativo di sembrare rassicurante.
Il Demiguise fissò senza fare un fiato la mia mano tesa, che ebbi l'accortezza di fermare poco lontano da lui invece di toccarlo, cosa che magari non avrebbe gradito. Dimostrò di apprezzare, per fortuna, tanto da tendere la zampa sottile come riflesso del mio gesto.
Senza perdere il sangue freddo, avanzai di un paio di passi. "Ti va di venire con me? Così ci guariamo e ripuliamo."
Sapevo che non poteva capire quello che gli stavo dicendo, ma aveva un'aria così acuta e concentrata che mi rendeva lecito avere il dubbio. Fece scivolare la zampa sulla mia mano, e poi l'altra la mise attorno al mio collo, staccandosi dall'albero e rannicchiandosi tra le mie braccia.
Guardai incredula Malfoy, che mi accarezzò piano la testa con un lieve sorriso. "Sei stata bravissima."
Il pelo del Demiguise era la cosa più morbida che avessi toccato in vita mia. Sentire il suo respiro leggero contro il mio collo mi riempì di una gioia che avevo raramente conosciuto nei rapporti con le creature magiche, perché la maggior parte di quelle che studiavamo erano pericolose, o comunque fuori dalla nostra portata.
"E ora?"
"Dobbiamo portarlo da Hagrid," fece lui, nervoso. "La McGranitt e Gazza ci uccideranno se lo vedranno nel Castello."
"Sono le due di notte, Malfoy," ribadii, a malapena sentendo il suo peso per quanto era inconsistente.
"Ma è ferito," mi ricordò, gettandosi un'occhiata attorno. "Non sappiamo se la nostra magia avrà un effetto benefico o meno su di lui. Potrebbe terrorizzarlo, aggravare la ferita, e lui diventerebbe invisibile. Una volta persa la sua fiducia, credi che sarebbe così facile ritrovarlo, e curarlo?"
Lo strinsi a me, disperata. "Vuoi svegliare Hagrid e dirgli che stavamo vagando nel cuore della notte nella Foresta Proibita? Non farebbe mai la spia, ma non è neanche esattamente capace di tenere un segreto. La McGranitt verrebbe a saperlo in cinque minuti."
"Non abbiamo scelta," concluse il ragazzo, sospirando. "Preferisco beccarmi una punizione, a questo punto."
Annuii, d'accordo con lui. Avevo avuto l'idea di cercare di guarire la sua brutta ferita con un po' di magia e portarlo all'indomani da Hagrid, ma Scorpius come al solito aveva ragione: non potevamo rischiare di aggravare le sue condizioni facendo di testa nostra.
Ritornammo al margine della Foresta in una ventina di minuti di tempo, e fui sorpresa nel notare che erano già tutti lì. Izzy li stava strigliando per bene, riuscendo chissà come a impartirgli una sgridata con fiocchi senza alzare mai la voce per non essere udita.
"... e siete stati dei veri deficienti, perché adesso gli dirà tutto, e noi saremo fottuti, il primo giorno di lezioni!" assestò un leggero pugno sugli addominali di Albus, che aveva gli occhi brillanti come fari nella notte, accesi dal divertimento.
Intercettò le mani di Izzy e gliele portò dietro la schiena, premendola contro il suo corpo slanciato. Le rivolse un sorriso ampio. "Sei bellissima quando mi prendi a cazzotti."
Lei sbuffò, stringendo gli occhi. "Non mi distrai con queste tue moine, Albus Potter. E non c'è niente da ridere."
"Dirò alla McGranitt che sono stato così annebbiato dal mio amore per te che, ubriaco di passione—"
"Che diavolo avete combinato?" chiese aspramente Scorpius, con il suo solito tono arrogante e superiore. Tutti gli altri, quindi Lily, Kalea, Dave, Livia e Noah, smisero di ridacchiare sotto i baffi.
Mia cugina scrollò le spalle. "Fiorenzo ha sorpreso Albus, Izzy e Kalea nella Foresta, e li ha costretti a tornare al Castello. Izzy dice che dirà tutto alla McGranitt."
Scorpius inarcò un sopracciglio nella sua caratteristica espressione sardonica. "Di bene in meglio."
"Rose?" mi chiamò Albus, aggrottando le sopracciglia corvine, le braccia ancora attorno alla sua ragazza, che teneva i palmi sul suo petto in una perfetta posa da film romantico. "Sbaglio o quella è una scimmia?"
"Quinto anno, Cura delle Creature Magiche," ribattei indispettita, stringendomi il cucciolo al petto. "Questo è un Demiguise, ed è ferito, per di più. Dobbiamo portarlo da Hagrid."
Noah si avvicinò, scuotendo la testa. "Sei impazzita? Allora sì che la McGranitt verrà a sapere della nostra bella idea. Assolutamente no."
"Vuoi guarirlo tu?" replicò acido Malfoy, al mio fianco.
"Potremmo provare," assunse Kalea.
"Stai scherzando?" obiettò subito Izzy, schierandosi dall'altro mio lato. "Potremmo ucciderlo se ci mettessimo noi le mani! Hagrid ne è sicuramente più capace. Al diavolo la punizione."
Le rivolsi un'occhiata affettuosa. Non poteva esserci un freno a quanto bene le volevo.
Albus parve esasperato. "Ma non eri tu che mi stavi rimproverando per Fiorenzo? Adesso vuoi consegnarci alla Preside?"
"È un cucciolo! Che c'è, vuoi farlo morire?" sbottò lei in risposta, infervorata. Si era sempre battuta per i diritti di animali, Babbani e maghi, per la giustizia, ed era sempre stata interessata al progetto C.R.E.P.A. di mia madre riguardante gli elfi domestici. Sapevo che avrei potuto contare su di lei.
"Lasciate stare," conclusi io, sentendo il muso soffice del Demiguise contro la curva del mio collo. "Vado io da sola, così sarò solo io a prendermi la responsabilità. Voi tornate al Castello, e andate nei dormitori."
Il gruppo scoppiò in proteste accorate, ma continuavano a dirsi le cose addosso e per me fu impossibile distinguere le loro parole.
Scorpius si passò le dita tra i capelli, poi posò la mano grande tra le mie scapole. "Andiamo noi."
"No, intendevo anche te. Non c'è bisogno di prendere entrambi la punizione, va bene?"
"Ho detto che andiamo noi," ripeté serio e inflessibile.
Non mi rimase che accettare la sua decisione. Io gli avevo dato tutta la possibilità di ritirarsi e di risparmiarsi il castigo della Preside, poi se lui aveva scelto di non coglierla mi riguardava poco e niente.
Si rivolse agli altri. "Andiamo io e Rose. Ci metteremo due minuti, il tempo di lasciargli il Demiguise e di tornarcene ai dormitori. Non preoccupatevi," aggiunse, ammorbidendo di poco la voce, accortosi dell'asprezza con cui aveva parlato.
Dopo altri due minuti di proteste varie e diverse proposte alternative, essendo la maggior parte di loro contrari al piano, tacciai tutti sottolineando l'urgenza delle condizioni del Demiguise e con Scorpius alle mie spalle mi incamminai verso la capanna di Hagrid.
Si trattava di una semplicissima costruzione in legno, vecchia come il mondo, dato che Hagrid aveva i suoi anni; bussò Malfoy, dato che io tenevo con entrambi le mani il cucciolo, che ora aveva alzato la testa e con il muso sulla mia spalla fissava curioso il ragazzo dietro di me.
"Hagrid?" chiamai, sottovoce. "Hagrid, abbiamo bisogno del tuo aiuto!"
Passarono diversi istanti in cui temetti che non ci avrebbe aperto, magari a causa di un sonno troppo profondo, però poi la luce all'interno della capanna si accese, e con un forte rumore di passi pesanti e il tintinnare di chiavi, il professore ci aprì la porta.
Hagrid era il figlio di un mago ordinario e di una Gigantessa, risultando così un Mezzogigante. Come tale, possedeva una grande capacità nel resistere agli incantesimi, anche se non sviluppata come quella della razza della madre. Era alto come due uomini medi, e largo come tre, con una lunga e folta barba ispida che gli ricopriva buona parte del viso, la quale un tempo era stata nera come il carbone, ma che adesso verteva sul grigio ferro. Le sue mani erano enormi, e gli occhi scuri scintillavano come scarabei neri. Era un uomo incredibilmente buono, dal cuore grande e l'affetto smisurato, tanto che diverse volte ci aveva tolto il respiro dai polmoni nell'abbracciarci, dimentico della sua taglia. Era coraggioso, leale fino alla morte con i suoi amici, e in particolare lo era stato con Albus Silente, che aveva sempre definito un "grand'uomo".
Ed era sul suo enorme e smisurato amore per le creature magiche, che contavo.
Si strofinò gli occhi con le mani, guardandoci dall'alto verso il basso. "Rosie? Che ci stai facendo? Sono le due di notte."
"Scusami, Hagrid, scusami tantissimo," iniziai, posando una mia mano sulla sua, della grandezza del coperchio di un bidone della spazzatura, "però abbiamo bisogno del tuo aiuto."
Il Demiguise si era reso trasparente non appena il professore aveva aperto la porta, quindi lui non poté vederlo. Comunque annuì, e si fece da parte per farci entrare.
La capanna era composta da un'unica stanza, con prosciutti e fagiani che pendevano dalle pareti, e che mi avevano sempre fatto troppa impressione per rivolgergli più di un singolo sguardo. C'era un caminetto, su cui si apprestò a mettere un kettle con l'acqua per fare il tè. Appesi ad una parete, stavano il suo ombrello rosa, il pastrano dalle mille tasche e la sua balestra. Inoltre, sparsi qua e là stavano gli ingredienti per prepararsi da mangiare e gli articolari vari che usava per fare lezione.
Mi sedetti al tavolo di legno, e Hagrid chiuse a chiave prima di voltarsi e venire incontro a me e Malfoy, che aveva le mani poggiate sullo schienale della mia sedia, in piedi.
"Che succede?" chiese, preoccupato. "Lo sai che a me ci puoi dire tutto."
Accarezzai la testa del Demiguise, che per la prima volta slegò le braccia dal mio collo e, riprendendo di nuovo una forma visibile, si sistemò sul tavolo e fissò Hagrid con i suoi occhioni neri.
"È ferito," spiegai, alludendo alla macchia di sangue rappreso che sporcava il suo manto di seta, "e noi non possiamo guarirlo."
Hagrid guardò la creatura, riflettendo, poi si allungò per prendere un pezzo di sedano da una grossa cesta piena di verdure e gliela consegnò. Il Demiguise sembrò accettarlo volentieri, e si mise a sgranocchiarlo permettendogli di avvicinarsi senza che sparisse.
Ispezionò con cura la ferita, ma appena la sfiorò l'animale la ritirò sfuggendo alla sua presa.
"Er—Scorpius, ci verresti a darmi una mano?" chiese allora, "se puoi tenercelo fermo."
Malfoy, con una certa riluttanza che mi fu difficile comprendere, si avvicinò ad Hagrid, che gli porse un altro pezzo di sedano. "Daccelo," lo incoraggiò.
Lui si sedette sulla sedia di fronte a me, e fece come gli era stato detto. Il Demiguise lo fissò con i suoi grandi occhi neri come la liquirizia, che sotto il mio sguardo stupito si illuminarono di blu, un luminosissimo color cielo notturno, tempestato di gocce color argento come le stelle. Anche Scorpius era totalmente estasiato, e lo fu ancora di più quando la creatura scese dal tavolo e gli si accoccolò sul petto, abbassando le palpebre.
"Lei ha letto nel futuro," ci informò Hagrid, spiegando il repentino cambiamento nel colore delle sue iridi. "Ci ha visto che poteva fidarsi di te, Scorpius."
"Sei... bellissima," gli sentii sussurrare, mentre passava le dita lunghe, da pianista, tra il suo pelo morbido, e un dolce sorriso mi si dipinse in viso di fronte quella scena colma di grande tenerezza.
Anche Hagrid parve compiaciuto, e mi diede tutte le istruzioni necessarie per aiutarlo. Mettemmo in una bacinella una spugna e dell'acqua calda, poi preparammo il disinfettante, delle bende e in una terrina uno strano unguento che sapeva di menta, trasparente e untuoso.
"Come ci stanno mamma e papà, Rosie?" mi chiese, mentre con un po' di garza passava il disinfettante sulla lacerazione.
"Papà meglio," risposi, sapendo che Hagrid era a conoscenza di tutto quello che era successo negli ultimi giorni, "e la mamma sta bene se lui sta bene."
Lui ridacchiò, lisciandosi la lunga barba color ferro. "Sempre pappa e ciccia, vero? Oh sì, loro ci sono stati sempre insieme. Ma da quando ci erano piccoli piccoli, ti dico. Due scriccioli, er. Chi ci stava intorno l'ha capito prima che ce lo capissero loro, che erano innamorati, er. Tranne Harry," aggiunse, ridendo, "Harry ci aveva lo spirito di osservazione di un mattone, ci aveva."
Sogghignai. "Vero. Senza zia Ginny non si allaccerebbe neanche le scarpe la mattina."
Ovviamente non era vero, lo zio era il grande eroe della guerra e via dicendo, dotato negli incantesimi e un Auror eccezionale, ma bisognava anche ammettere che senza l'influenza della zia nelle cose più basilari, quali non sconfiggere il mago oscuro più malvagio di tutti i tempi, avrebbe lasciato un po' a desiderare.
"E Albus?" riprese Hagrid, srotolando la fascia per avvolgerla attorno alla zampa del Demiguise, ancora beatamente addormentato sul petto di Malfoy. Non mi ero neanche accorta, troppo impegnata nell'assistere il mio professore come infermiera, che anche lui era scivolato nel sonno, stringendosi la creaturina tra le braccia.
Era di una bellezza eterea, quasi esagerata: i capelli candidi gli ricadevano in morbide onde sul volto, le labbra rosa dischiuse, le palpebre abbassate, il naso all'insù, gli zigomi alti, la mascella affilata. Dovevo ammettere che tutto quel pallore e chiarore non faceva troppo per me, in quanto preferivo colori più scuri, almeno per quanto riguardava la chioma, ma lui trascendeva completamente da ogni gusto, un tipo di perfezione che non si poteva non apprezzare in qualsiasi caso.
Tornai a guardare Hagrid. "Al è impegnato nella sua relazione con Izzy," risposi, scrollando le spalle. "Sono molto felici. L'avresti mai detto che si sarebbero messi insieme?"
Lui mi sorrise, pieno di dolcezza. "Ad un occhio attento non ci sfugge, Rosie. Si vogliono molto bene."
Poi aggrottò la fronte, finendo di bendare la zampa del Demiguise che, una volta fatto, la tirò a sé per sistemarsi meglio sul largo petto di Malfoy. "Er—mi stavo chiedendo perché sei con lui, invece che con Al," avanzò, quasi timidamente. "Siete passati dai grandi bisticci alle avventure insieme?"
Voltai di nuovo gli occhi sul ragazzo, così pacifico nel sonno, e con arrendevolezza pensai un'altra volta a quanto mi piacesse. "Mi ha aiutata in questi mesi, Hagrid. Non so come sentirmi, lui mi è stato vicino, mi capisce, però... non lo so," ripetei, intrecciando nervosamente le dita tra di loro. "Non lo so."
"Ci piace, Rosie?"
Mi presi il volto tra le mani. "Fosse così semplice."
^^
Tornammo indietro che si erano fatte le tre meno venti. Ovviamente il vento tagliente non si era placato, e il percorso dalla capanna di Hagrid al Castello si rivelò una passeggiata al Polo Nord, con la neve fino alle ginocchia e sopra le nostre teste, e il gelo che si insinuava persino nelle mutande.
Per non rischiare di addormentarmi io stessa, avevo svegliato Malfoy non appena il nostro professore mi aveva assicurato che le condizioni della cucciola di Demiguise erano stabili. L'avevamo lasciata lì con lui, che era stato felicissimo di avere un po' di compagnia, anche perché per noi sarebbe stato piuttosto difficile riportarla ai dormitori.
"Non stavo dormendo," ribadì Malfoy per l'ennesima volta, guardandomi contrariato. "Stavo solo riposando gli occhi."
"È esattamente quello che dice papà quando gli rinfacciamo di essersi addormentato durante un film," replicai, non riuscendo a non essere divertita dalle sue deboli argomentazioni.
Lui roteò gli occhi. "Con la differenza che io non stavo dormendo."
"Se lo dici tu."
"Lo dici con il tono di una maestra d'asilo che asseconda i suoi poppanti."
"Questo è perché non ti credo," gli feci presente, mentre entravamo nella struttura. Non faceva molto più caldo di fuori, perché le vere chicche erano i dormitori e le cucine, però almeno non tirava più vento.
Scorpius imboccò le scale che portavano ai piani superiori. "Fai male a non credermi—che c'è? Perché ti sei fermata?" domandò confuso vedendomi impalata, diversi gradini più in basso di lui.
"Dove stai andando?" feci, rispondendo con un'altra domanda. I dormitori dei Serpeverde erano nei sotterranei, come ben sapevamo tutti.
"Ti accompagno," mi fece notare con fare ovvio.
"Sono le tre di notte, Scorpius," lo presi per mano, facendolo scendere. "Vai a dormire. Io posso farcela da sola, non mi perderò," aggiunsi scherzando.
Corrugò le sopracciglia, accarezzandomi il dorso della mano con il pollice. "Lo faccio perché voglio, non perché devo."
Gli portai le braccia attorno al collo, i suoi occhi stranamente lucenti nell'oscurità dell'atrio. "Hai già fatto abbastanza per me, venendo da Hagrid. E poi cerchiamo di ridurre le probabilità che Gazza ci trovi fuori dai letti, va bene?"
Spinse la punta del naso freddo contro la mia guancia. "Vorrei potessi dormire con me."
Mi venne da ridere. "Tranquillo, ci sarà Noah a tenerti compagnia al posto mio. Sa essere molto affettuoso."
Tirò il capo indietro per lanciarmi un'occhiataccia. "Nuovo tutorial di Rose Weasley: come rovinare un bel momento."
"Scusa," dissi allora, sorridendo di fronte la sua espressione indispettita. "Anch'io vorrei fosse possibile."
Mi allungai per lasciargli un leggero e morbido bacio sulla bocca. "Buona notte, Scorpius."
Gemette piano. "Se fai così non rendi le cose più facili."
"Scusa," ripetei, per niente pentita, dandogliene un altro, e poi un altro ancora.
Sentii le sue mani scivolare attorno alla mia vita, ma a quel punto mi allontanai, consapevole che se fossimo andati avanti non avremmo più smesso. "Domani abbiamo lezione. Faremo meglio a riposare un po'."
Annuì, e fece un paio di passi all'indietro verso il sotterraneo. "Buona notte, allora," mi sorrise. "E sogni d'oro."
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