48 - 𝑶𝑛𝑒 𝑤𝑎𝑦 𝑜𝑟 𝑎𝑛𝑜𝑡𝒉𝑒𝑟
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Appena aprii gli occhi mi resi conto che quello della sera precedente era stato solo un sogno. Un sogno di rara bellezza, che rendeva la realtà un vero e proprio incubo - ovvero che Scorpius mi aveva accompagnata in camera e messa a dormire, senza sfiorarmi neanche con un dito. Neanche il bacio della buona notte aveva voluto darmi.
La mia stupida mente non riusciva nemmeno a distinguere fino a che punto la conversazione della sera prima fosse stata reale. Forse tutta, o forse mi ero immaginata qualsiasi cosa.
Fatto stava che mi svegliai con una voglia di vederlo così straziante che affondai la faccia nel cuscino ed emisi un sonoro lamento, e rotolai giù dal letto con l'intento di alzarmi, ormai il sonno compresso.
Soltanto quando andai a sbattere contro un corpo che mandò un breve grido sorpreso mi ricordai di Izzy, la cui branda era attaccata alla mia e che per questo aveva ricevuto tutto il mio peso addosso.
"Cos'è, un tipo di sveglia alternativo? Muggiamo come renne in calore e poi ci dimeniamo come foche ubriache? Mi sembra un ottimo rito mattutino," brontolò spostandomi con le mani perché tornassi sul mio lato di letto.
Mi misi a sedere, guardandola con gli occhi semichiusi dal sonno. "Ho fatto un sogno," annunciai.
"Ma dai," fu la sua replica, mentre si stiracchiava e si portava le coperte fino al mento per scongiurare la temperatura esterna. "Era così brutto che ti è venuta voglia di stritolarmi?"
Scossi la testa esasperata, dandole un piccolo calcio sul polpaccio. "No, scema. Era fantastico, invece. Avete trovato Scorpius quando siete tornati?" non potei nascondere il mio essere speranzosa nel porre quel quesito.
"No, se n'era già andato," rispose, sedendosi anche lei. Fece un grosso sbadiglio, guardandomi perplessa nella penombra della stanza. "Stai bene?"
Fu come se quelle due parole avessero acceso un inferno nella mia testa. Un dolore acuto e penetrante si impossessò nelle mie meningi, obbligandomi a cacciare un altro lamento e a prendermi il capo tra le mani. "Mi odio."
"Ancora non capisco perché tu abbia bevuto così tanto, sai?" commentò, legandosi i capelli in uno chignon scomposto e buttando le lunghe gambe giù dal letto.
"Non avevo neanche intenzione di farlo. È stato Logan che—" appena citai il suo nome mi ricordai improvvisamente di come si era comportato la sera prima di fronte a Scorpius, del quasi bacio che mi aveva dato solamente per irritare il mio amico. E aveva addirittura fatto chiamare lui invece che Albus, il tutto con lo scopo di dargli fastidio. Provai un senso di amaro risentimento e anche di sdegno nei suoi confronti. Aveva avuto un atteggiamento odioso - forse spiegabile con la leggera cotta che credevo avesse nei miei confronti, ma sicuramente non giustificabile per lo stesso motivo.
Subito dopo il dolore alla testa si accentuò, e non riuscii a pensare a nulla che non fosse un'aspirina grande quanto una casa, l'unica che mi sarebbe potuta essere d'aiuto in quella occasione. Ogni cosa che feci in seguito fu accompagnata da una sorda sofferenza, finché la medicina non iniziò a fare effetto.
La mamma era già uscita per lavoro, ed essendo le dieci del mattino Hugo avrebbe dormito per almeno altre due ore, finché Lily non fosse arrivata a svegliarlo buttandolo giù dal letto.
Per fortuna la sbornia mi aveva fatta alzare in un tempo accettabile per prepararci per uscire; mi ero dimenticata la sera prima di impostare la sveglia, quindi ci saremmo potuti perdere l'opportunità di avere una giornata intera da dedicare alle indagini. Oggi non c'era nulla da fare, nulla che potesse mettersi in mezzo.
Mi infilai la parte anteriore del maglione arancione scuro all'interno del paio di pazzeschi jeans neri a vita alta che mi aveva regalato zia Ginny per Natale, che terminavano a zampa d'elefante ed erano di un tessuto morbido ed elastico.
Adatto ad un'allegra gita in chiesa, insomma.
Finii di allacciarmi le Buffalo nere nello stesso istante in cui Izzy terminò di fare i consueti i venti giri con il suo sciarpone bianco e nero a quadretti. Dio, amavo vestirmi da Babbana. Era tutto così diverso, nuovo.
"Hai visto la mia cintura?" le chiesi gridandole per farmi sentire dal bagno, mentre rovistavo nella sua pochette in cerca della matita per gli occhi. Lei uscì dalla camera con in mano il mio rossetto, e se lo applicò perfettamente senza la minima sbavatura.
Mi tese la cintura nera e poi si appoggiò anche lei al lavandino come me per rifinire il trucco. "Da quanto tempo non uscivamo noi quattro? Anzi," si corresse subito, "non siamo mai usciti a coppie, ma era da mesi che non ci facevamo un'uscita solo noi."
Mi applicai matita e mascara prima di risponderle. "Ricordati che non stiamo andando al centro commerciale. Una chiesa non è esattamente il posto migliore per un appuntamento romantico. Almeno così credo."
Mi guardò maliziosa. "Allora hai finito di negare che tra te e Scorpius c'è qualcosa, finalmente?"
Ridendo le porsi la matita che stava aspettando, passando al fard sulle guance che mi rendesse leggermente meno pallida come una mozzarella. "Lo sai che è complicato. Non hai visto come James ha attaccato Lily a Natale, quando ha detto a tutti che stava frequentando Dave? Papà ne ha parlato per almeno una settimana. E James non le ha rivolto parola da quando l'ha scoperto, ovvero da un mese. Non voglio che lo trattino male, Iz."
"Pensi che a Scorpius interessi? Lui è..." cercò le parole con cura, "è la persona più indifferente che abbia mai conosciuto. Credo che per stare con te alla luce del sole attraverserebbe i carboni ardenti, davvero."
"Non stiamo insieme. E so che nonostante possa sembrare così duro, in realtà ci tiene a fare una buona impressione, a dimostrare alla gente che i pregiudizi sui Malfoy sono infondati. E poi c'è la questione di suo padre..." scossi la testa, sospirando. "Ha paura che uscendo allo scoperto la mia famiglia si possa come rivoltare e prendersela con Draco. E ci starebbe malissimo, siamo diventati importanti per lui."
La mia migliore amica mi mise la mano sulla spalla e mi guardò in modo eloquente. "Forse dovreste entrambi smetterla di preoccuparvi di ciò che potrebbero pensare gli altri e invece prendervi cura della vostra felicità."
Vedendo che non rispondevo, anche perché in disaccordo con lei, mise su un bel sorriso e si esibì in una giravolta. "Come sto?"
Izzy era semplicemente la ragazza più alla moda che conoscessi. Era difficile stare al passo con tutte le tendenze del mondo dei Babbani quanto di quello dei maghi, chiusi dentro Hogwarts, ma in un modo o nell'altro riusciva sempre ad essere la prima ad impossessarsi delle riviste più fashion, e a scuola era colei che iniziava le nuove tendenze.
In quel momento indossava un maglioncino verde bottiglia, con una gonna a scacchi verde e bianca, le calze trasparenti e le Dr. Martens bianche alte; un abbinamento che aveva quasi del rock, guardato nell'insieme, ma che le stava immensamente bene.
Ed ero sicura al cento percento che Albus avrebbe ben apprezzato.
Si spruzzò un accenno di profumo, e mi porse il suo elastico per i capelli. Da quando eravamo al primo anno, e avevamo imparato a fare le due trecce che partivano dall'alto, condividevamo la tradizione per cui spesso ce le facevamo a vicenda. Era da quest'estate che non la mettevamo in pratica, e mi fece piacere constatare che se l'era ricordata.
Intrecciai con attenzione i suoi bellissimi capelli scuri. Dato che erano lisci fu per me una passeggiata; il problema era il suo, che aveva a che fare con i miei mossi.
Una volta finito uscimmo dal bagno. Passammo velocemente in camera per prendere le borse, io chiusi la porta della camera di Hugo per farlo riposare tranquillo. Solamente quando ci ritrovammo in salotto mi accorsi che mio fratello non era a dormire come pensavo, ma stava giocando alla playstation con altri due ragazzi.
Mi presi un attimo per osservarli, e dal sorrisetto di Izzy capii che lei stava facendo lo stesso. Hugo era al centro, il pigiama con i pesciolini regalatogli da zia Angelina per il compleanno e i capelli sparati in mille direzioni diverse, aveva la bocca sporca di cioccolata e gli occhi ancora semichiusi dal sonno. Al suo fianco, Albus era chinato in avanti, i gomiti sulle ginocchia e il joystick tra le mani, impegnato a mordicchiarsi il labbro e a borbottare tra sé insulti. Indossava un paio di jeans scuri e un maglione a collo alto nero, le iridi verdi spiccavano su questi colori come fanali nel buio. Era, neanche a dirlo, bellissimo.
Dall'altra parte, quella più vicina a noi, era posizionato Malfoy. Al contrario degli altri due, troppo presi dalla partita per sedersi composti, aveva la schiena appoggiata al divano e la testa reclinata all'indietro, un atteggiamento di totale rilassatezza. Portava una felpa rossa, colore che addosso non gli avevo mai visto, dato che di solito andava sul bianco, nero, grigio e blu.
Fu l'unico che prestò attenzione quando fummo loro davanti. Osservò prima Izzy, per un solo istante, e poi me.
Adesso che l'aspirina aveva fatto effetto e che mi restava solo un lieve mal di testa, per quanto in modo confuso riuscii a ricordarmi dove era terminata la realtà e invece iniziato il mio sogno. Tutta la conversazione era avvenuta sul serio, finché non eravamo entrati in camera mia; allora lui mi aveva fatta stendere sul letto, e io, troppo stanca per replicare, gli avevo mormorato la buona notte e mi ero addormentata di colpo.
Vidi i suoi occhi grigi percorrermi pigramente, dal basso verso l'alto, uno sguardo che avrebbe messo chiunque altro in soggezione. Ebbe pace solo quando incontrò i miei, e allora si concesse di alzare un angolo della bocca nella mia direzione. Tale gesto fece sparire come per magia una tensione che non mi ero accorta di provare, perché mi diede modo di capire che non era arrabbiato, come una parte di me pensava che fosse.
Era sempre stato così tra noi e lo sarebbe sempre stato. Un gioco infinito di sguardi e piccoli gesti e parole non dette, che però avevano la stessa forza di lunghi discorsi elaborati. Magari non eravamo plateali come altre coppie, considerando poi che non ne eravamo nemmeno una vera e propria, ma sicuro c'era un legame non comune tra di noi.
"Ragazze, siete bellissime," mi distrasse Albus gettando il joystick sul divano e venendoci incontro a braccia aperte. Prima lasciò un bacio sulla fronte a me, e poi uno sulle labbra a Izzy, e le sussurrò qualcosa all'orecchio che la fece ridere.
Io roteai gli occhi e mi gettai di peso sul divano, riprendendo la partita di Al da dove l'aveva interrotta. Hugo emise un verso simile a un muggito. "Dai, Al, non si fa così. Adesso Posie ci fa il culo a tutti e non è più divertente."
Al rispose con un dito medio, troppo impegnato a baciare la sua ragazza.
"Posie?" ripeté Scorpius, con una mezza risata, sorpreso.
Io diedi una spallata a mio fratello, guardandolo male. "Nessun altro doveva sapere di questo stupido soprannome, Hugo."
"Tranquilla, mancava solo Scorpius all'appello," replicò indifferente lui, spingendo i tasti del controller con velocità assurda.
"Preferisco Rosie. O Rose. Persino Minerva, piuttosto che Posie," brontolai concentrandomi anch'io sulla partita e lasciando Albus e Izzy alle loro effusioni mattutine. Dio, non si vedevano da poche ore. Era come se uno dei due fosse partito per la guerra.
Finiscila, che se tu fossi sola con Scorpius faresti altrettanto. Se non peggio, a dirla tutta.
Avrei volentieri preso a schiaffi la mia coscienza, ma risultava una cosa un po' difficile da fare, per cui mi limitai a sbuffare di nuovo e a cercare di vincere quella partita di GTA.
Hugo accettò di farci uscire solo quando l'avemmo terminata. Aveva vinto di pochissimo, e questo bastò per metterlo di buonumore. "Andate in chiesa?" chiese, ficcandosi in bocca delle Caramelle Tutti i Gusti + 1 trovate chissà dove. L'ultimo pacco che ci aveva portato zio George risaliva a Natale, e dubitavo che avesse avuto la lungimiranza di farselo durare per dieci giorni, o la buona forza di volontà di andarsene a comprare per conto proprio.
Quando annuii, lui emise un fischio. "Grande romanticismo nell'aria."
"Non andiamo a divertirci," replicai puntuale. "Stiamo cercando di prendere un omicida, qui. Tu invece che fai? Puoi venire con noi, se vuoi..."
"E fare il quinto incomodo? No grazie, passo," sventolò la mano in aria, a minimizzare il tutto. "Sta arrivando Lily con James e Teddy. Andiamo a fare una partita di Quidditch dai nonni con Fred e Roxanne. Poi forse io e Lils facciamo un salto da papà, è da vedere. Peccato che siate troppo impegnati a fare i piccoli Auror, ci saremmo divertiti," concluse, e dal suo tono di voce era chiaro come ci stesse congedando.
Come se quel nano a malapena quindicenne potesse buttarmi fuori da casa mia.
"Va bene," sbottai alla fine, alzandomi per prendere il cappotto nero che si abbinava con i miei vestiti. "Fammi sapere se hai bisogno di qualcosa."
Lui ci pensò su, e poi si esibì in un largo sorriso. "Me lo porti un tubo di Pringles?"
"Tu non hai bisogno di altre patatine, Hugo," obiettai mettendomi le mani sui fianchi, un sopracciglio alzato.
Mio fratello non fece una piega. "Touché. Ciò però non significa che non me le mangerei volentieri," mi fece notare spingendo l'indice del dito contro il mio naso.
"L'ultima volta che ti ho portato da mangiare ti sei finito le M&M's in quanto, un'ora? Ed era un tubo enorme," gli ricordai, non potendo non indossare un'aria saccente e di rimprovero. Di questo passo il suo corpo non avrebbe più retto tutta la quantità industriale di cibo che la sua testa bacata lo costringeva ad assumere.
"Venti minuti," precisò con sguardo fiero. Poi notò il mio, schifato, e alzò le spalle. "Che c'è? Sono doti."
"Il frigo è pieno di roba, se stai morendo di fame mangia qualcosa da là," conclusi fermamente. "Io non alimenterò questa tua fame compulsiva."
Hugo roteò gli occhi senza perdere il sorriso. "Sembri la mamma. Divertitevi anche per me," concluse girandosi e buttandosi di nuovo sul divano.
Ignorando le risatine dei miei tre compagni, una volta bardati di tutto punto uscimmo di casa, abbandonando quello che era il calore dell'abitazione per addentrarci nel freddo artico dei primi giorni di gennaio.
"Ci credete che sono quasi già finite le vacanze?" commentò Albus, con aria nostalgica. "Tra soli tre giorni saremo di nuovo ad Hogwarts per il secondo trimestre."
"E poi mancheranno sei mesi prima di lasciare il Castello per sempre," continuò Izzy, con un sorriso triste.
Stavamo percorrendo il viale che ci avrebbe portati alla fermata dell'autobus per andare in città, lo stesso che avevo preso sola con Scorpius quando eravamo andati da Logan.
Sospirai, e il fiato che uscì dalla mia bocca si condensò in una nuvoletta da cartone animato. "Non sono pronta a tornare senza prima aver scoperto chi è il Lord Protettore, e senza aver risvegliato papà. Come faremo ad aiutare da laggiù?"
Al mio fianco camminava Malfoy, il solito cappotto scuro e lungo alla Sherlock Holmes, con il bavero rialzato per proteggere il collo del freddo. Teneva anche lui le mani in tasca, e i capelli sembravano quasi bianchi nell'aria frizzante della mattina, illuminati di una luce fredda. Dall'altro mio lato stava Izzy, che aveva avuto il buonsenso di incantare le sue calze per non far passare il gelo e non morire così di ipotermia, e vicino a lei Al, la parte inferiore del volto sepolta nella sua sciarpa verde e argento dei Serpeverde. Adesso che ci facevo caso, anche Scorpius la aveva uguale, come io avevo quella dei Grifondoro, che si sposava bene con il colore arancio del mio maglione.
"Questa è la pista migliore che abbiamo avuto finora. Non pensare negativamente, okay? Forse riusciremo ad arrivare a qualcosa di concreto prima della fine delle vacanze," Albus mi rivolse un sorriso caldo.
Mentre Izzy annuì vigorosamente, nel tentativo anche lei di rassicurarmi, io non me la sentii di replicare, e non mi permisi di provare speranza nella riuscita di quel piano. Sarebbe stata troppo dura da sopportare la delusione che avrebbe seguito nel caso il tutto si fosse rivelato un fallimento.
Appena giunse l'autobus riuscimmo a ricavare quattro posti vicini. Albus e Isabelle si impegnarono a rendere la conversazione il più movimentata e divertente possibile, ma né io, né Scorpius eravamo dell'umore migliore.
Noi avevamo indagato, eravamo andati a Londra, ad Azkaban, sapevamo ormai come funzionavano quelle indagini. Gli altri erano troppo ottimisti, non avevano ancora ricevuto delle pesanti batoste in faccia come me e lui. Senza contare che io mi sentivo ancora male per come era andato il funerale di Caleb, per come Dean, in preda alla sofferenza, mi aveva attaccata, privo di scrupoli.
E anche se sapevo razionalmente che non era colpa mia, vedere la convinzione nei suoi occhi mi aveva fatta ricredere. Forse non ero del tutto innocente come la mia famiglia voleva farmi credere. Nessuno lo era.
L'unico gesto di conforto che ricevetti e che sortì un qualche effetto fu quando Scorpius, seduto di fronte a me, posò il ginocchio contro il mio. Mi fissò senza la solita durezza. Andrà tutto bene, mimò con la bocca.
Spero che tu non abbia torto.
Appena giunti in città, cambiammo l'autobus con la più veloce e pratica metropolitana. La decisione di andare tutti e quattro alla chiesa era stata del tutto spontanea. Mi ero aspettata che sarebbe stata l'ennesima avventura condotta da me e Scorpius, ma ero stata contenta di vedere che i miei due migliori amici avevano dato per scontato che sarebbero venuti con noi.
Ormai erano invischiati nella vicenda al pari di me e lui, e sapevo che non ci farebbero più fatto affrontare questo genere di vicende da soli. Il che da un lato era terribile, perché non avremmo più avuto un momento nostro, ma dall'altro era meraviglioso, perché il nostro legame, già solido come l'acciaio, non avrebbe fatto altro che rinforzarsi. E poi, per quanto la presenza di Scorpius mi trasmettesse tutta la sicurezza del mondo, avere anche Al e Izzy mi faceva sentire più protetta, tutelata.
Ed era una sensazione fondamentalmente sbagliata, perché avrei dovuto provare soltanto un immenso raccapriccio all'idea che si facessero del male, ma non era così. Non ci riuscivo. Del resto, l'unione fa la forza, no?
"Dobbiamo scendere ora," ci avvertì Scorpius pochi istanti prima che le porte del vagone della metro si aprissero. Furono diverse le persone che scesero con noi, perché quella fermata era Tower Hill, e portava ad una delle attrazioni più importanti della città, la Torre di Londra.
Ci bastò seguire la massa di turisti per arrivare alla nostra meta, la Chiesa di San Pietro ad Vincula. Mi ero ovviamente cercata qualche informazione prima di lasciare casa, mentre mi lavavo i denti, e così misi al corrente delle mie scoperte anche i miei amici.
"È la cappella reale della Torre di Londra, ed è stata costruita nel 1520. Il nome si riferisce all'episodio dell'incarcerazione di San Pietro a Gerusalemme, avvenuta durante il regno di Erode Agrippa I, e intende commemorarla. La cappella è famosa soprattutto per essere il luogo di sepoltura di molte persone celebri che sono state giustiziate all'interno della Torre Bianca, ovvero la Torre di Londra," spiegai.
Ci eravamo fermati davanti all'ingresso, sapendo che sarebbe stato difficile parlare una volta dentro. "Venne iniziata verso il 1510 dal re Enrico VIII, e per questo è un esempio dell'architettura in voga sotto i Tudor, quindi in stile gotico. È stata eretta sopra i ruderi di un'altra chiesa preesistente, che risaliva addirittura all'epoca precedente alla Conquista Normanna dell'Inghilterra, ovvero dopo poco il 1000," continuai, ignorando dei turisti che con le loro cartine in mano si erano avvicinati per ascoltare ciò che stavo dicendo, come se mi avessero scambiata per una guida turistica.
Albus se ne accorse e si mise a ridere.
"Comunque," ripresi rivolgendogli un'occhiataccia, "ci sono diversi monumenti celebrativi, ma quelli senza dubbio più importanti sono quelli delle prime vittime del regno di Enrico VIII. Ad esempio, alcune delle sue mogli: c'è la seconda in ordine cronologico, Anna Bolena, ingiustamente incarcerata e decapitata per stregoneria e incesto con il fratello, e la quinta, Catherine Howard, uccisa per tradimento. Se vi ricordate, Anna è stata la più celebre, la madre di Elisabetta e la causa sia del divorzio del re con Caterina d'Aragona, sia della rottura ufficiale dell'Inghilterra con la Chiesa Cattolica di Roma. C'è poi una terza regina, lady Jane Grey, spodestata e fatta uccidere da Maria I d'Inghilterra, la figlia di Enrico VIII e la prima moglie, e Thomas More e John Fisher, ammazzati perché rifiutatisi di riconoscere la rottura con Roma."
"E come dovrebbe tutto ciò aiutarci a capire chi è il Lord Protettore?" domandò Izzy, pronunciando ad alta voce il dubbio che affliggeva tutti noi.
"L'unico modo per scoprirlo è entrare," rispose secco Scorpius, e per primo varcò i cancelli, lasciandoci alle sue spalle.
Non ci rimase, dunque, che seguirlo. Ci ritrovammo in quello che era il cortile della chiesa, tre rettangoli d'erba curata separati da due stretti viali di ghiaia. Ai lati di questi, altri due passaggi, che fungevano da vie d'uscita. L'edificio, in pietra grigia, si costituiva di un campanile, un corpo centrale basso e tozzo e un'estremità più alta, luogo dove all'interno della chiesa doveva trovarsi l'altare con il famoso organo a canne del XVII secolo.
Izzy mi prese per il gomito; non mi ero accorta di aver superato Malfoy, troppo impegnata nell'osservare la struttura della chiesa. Lui si era accostato ad uno degli spiazzi d'erba, e stava leggendo un grosso cartello nero.
"In questo esatto luogo era eretto un patibolo, sul quale sono stati giustiziati..." lessi ad alta voce, e seguivano una sfilza di nomi, titoli e date di morte, quali le regine Anna Bolena e Catherine Howard, Margaret, la Contessa di Salisbury, Robert Devereux e altri.
Il quesito rimaneva sempre lo stesso, però; come l'essere finiti in una chiesa storica di Londra ci avrebbe aiutati con le nostre indagini?
Vedendo che Albus e Scorpius si erano fermati in un angolo a parlare, le teste vicine, io e Izzy decidemmo di proseguire per conto nostro, ed entrammo nell'edificio. Già visto dall'esterno era interessante, ma l'interno diede l'impressione di una pomposità dieci volte maggiore.
Non era piccolo, dai soffitti bassi, due file di panche in legno ai lati e uno stretto corridoio che portava all'altare, adornato con fiori bianchi freschi. Accanto ad esso, sulla sinistra, stava un enorme organo, con una sedia di fronte per chi l'avrebbe dovuto suonare. Dal soffitto a capriate lignee pendevano dei grossi lampadari che illuminavano l'intero ambiente.
C'erano tantissimi visitatori, che si accalcavano per visitare soprattutto le due navate della chiesa. Erano colme di reliquie, e avevo letto che sotto lo stesso pavimento erano state ritrovate le tombe di Anna Bolena e di suo fratello. Passammo in rassegna prima la navata di sinistra, cercando un qualche segno particolarmente evidente, un nome familiare, ma non trovammo nulla.
"Guarda," Izzy richiamò la mia attenzione quando ci fummo spostate dall'altro lato. Ancora non c'era ombra dei due ragazzi - chissà di cosa stavano parlando.
Mi avvicinai alla raffigurazione che mi stava indicando, e sgranai gli occhi nel riconoscerla. Si trattava di un'effigie incisa su pietra, uno stemma contenente due paia d'ali, dei minuscoli leoni e dei gigli, il tutto affiancato da un toro e da un unicorno incatenati.
E la cosa più assurda, come mi confermò l'espressione sconcertata della mia amica, era che quell'unicorno circondato da catene era lo stesso inciso sulla caviglia di Caleb. Non erano rovi, il medico legale si era sbagliato.
Sotto, una scritta: "Blasone dei duchi di Somerset". E ancora più giù, "Qui giace Edward Seymour, I duca di Somerset, morto il 22 gennaio 1552 a Tower Hill".
"Dici che..." iniziò Izzy, ancora allibita. Né io né lei riuscivamo a distogliere gli occhi da quell'immagine. Il cuore mi prese a battere più forte, con la consapevolezza di essere effettivamente giunti a qualcosa, e non potei non permettermi di provare un accenno di speranza.
Alle nostre spalle sbucarono finalmente i ragazzi, che vedendoci in questo stato si precipitarono a vedere ciò che ci aveva così sconvolte. Non gli ci vollero che pochi istanti perché collegassero nello stesso modo in cui avevamo fatto noi.
"Edward Seymour? E chi è? Cosa c'entra con Caleb?" domandò Albus aggrottando la fronte.
Tutti e tre si voltarono verso di me, considerandomi la loro enciclopedia personale, e io nascosi le mani nelle tasche per farle smettere di tremare. La mia testa era già partita in quarta, pensando che forse saremmo riusciti a svegliare papà e a rendere giustizia a Caleb, ma mi costrinsi a tornare con i piedi sulla terra. Una cosa per volta.
"Lui - lui è stato tra i primi Lord Protettori d'Inghilterra, in epoca feudale. Tutti conoscono Oliver Cromwell come tale, e mi è venuto in mente di cercarlo, ma non ho mai trovato nulla. Il punto è che Cromwell fa parte della Repubblica del Commonwealth, mentre qui - qui no, qui stiamo parlando del fratello della terza moglie di Enrico VIII, Jane Seymour. Edward fu Lord Protettore, ovvero reggente, alla morte del re, per il figlio Edoardo VI. Se davvero questo nome riesce a portarci da qualche parte, noi - noi—" balbettai, temendo di non riuscire a contenere l'emozione.
Papà sveglio.
Io dovevo farcela. Avevamo una pista, una pista vera.
"E come questo nome, quello di un famoso Lord Protettore, si collega a qualcuno che conosciamo adesso?" prese parola Scorpius, che come al solito stava cercando di analizzare la situazione con fredda razionalità.
"Lo so io," Izzy si appoggiò alla panca di legno come se le gambe non le reggessero più. Sollevò gli occhi scuri su di noi, stanchi ma sinceramente contenti. "Voi avete detto che Shacklebolt come ultima cosa prima di congedarsi ha fatto sapere ai medici che doveva fare un salto in un orfanotrofio. Sembrerà un collegamento da niente, probabilmente lo è, ma..." scosse la testa, incredula. "Se grazie alla parola concime abbiamo trovato il modo per decifrare la chiave, forse questa ci aiuterà con l'identità del Lord Protettore."
Al si appoggiò allo schienale della panca. "Non ti seguo, Iz."
"Certo, certo. Ecco, esiste un orfanotrofio poco più in là di Oxford Street. Si chiama Orfanotrofio Edward Seymour," spiegò, impaziente. "Ho sentito Shacklebolt parlarne con qualcuno che non conoscevo alla festa di Capodanno. Non me lo sono mai ricordata fino adesso, ma potrebbe pur sempre essere un indizio."
La fissai con tanto d'occhi, e poi le gettai le braccia al collo, soffocando un grido di gioia nella sua sciarpa. Finalmente le cose stavano iniziando a sistemarsi: non avremmo dovuto far altro che trovare quello che si nascondeva in tale struttura, e quell'incubo mostruoso sarebbe giunto al termine.
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"Quindi... è questo," mormorai perplessa. La mia espressione ricalcava perfettamente quella dei miei tre amici, accanto a me.
"A quanto pare," fu il contributo di Al, che aveva il cellulare acceso davanti per controllare che l'indirizzo fosse corretto. Non che ci fosse margine d'errore, considerato l'enorme cartello consunto e ossidato appeso in modo sbilenco alle grate di metallo, che recava la scritta Orfanotrofio Edward Seymour, «Honi soit qui mal y pense».
L'avevamo appena letto sulla pagina di Wikipedia di quell'uomo - era il motto del Nobilissimo Ordine della Giarrettiera, di cui Seymour aveva fatto parte. La traduzione era, «Sia vituperato chi ne pensa male».
Era però nel complesso, che la struttura dava i brividi. Era grande più o meno come Malfoy Manor, il che la rendeva di proporzioni gigantesche. Il problema era che nonostante lo stile barocco, quindi che avrebbe dovuto trasudare meraviglia e sontuosità, quel palazzo non faceva che dare i brividi. Le colonne e la facciata erano annerite dalla sporcizia e rovinate dalle intemperie, e un cancello che circondava l'intero edificio conteneva all'interno un giardino dall'erba secca e ingiallita, qua e là disseminato di arbusti e rovi incolti che avrebbero ferito chiunque ci si fosse avvicinato. La parte destra del palazzo crollava a pezzi, si vedeva addirittura una porzione di marmo sfregiato a terra, e coperto da dei rampicanti, segno che stava lì da molto tempo.
L'atmosfera cupa e pesante era accentuata dalle nuvole cariche di pioggia, o neve, che coprivano il cielo, gettando una luce fioca sull'ambiente. Pareva di trovarsi sul set di un film dell'orrore, faceva venire i brividi.
Vidi distintamente un topo correre lungo il perimetro del cancello, e l'animo mi si gonfiò di pena all'idea che decine di bambini erano costretti a crescere dentro quel luogo lugubre e spaventoso.
Per un attimo rimanemmo tutti in silenzio, non per decidere sul da farsi, perché sapevamo che per risolvere quel casino saremmo dovuti entrare, ma piuttosto con la speranza di raccogliere il coraggio necessario a farlo.
"Siamo ufficialmente in un film tratto da Poe," annunciò Izzy, e Al deglutendo spinse il pulsante del citofono.
Con uno scatto metallico i cancelli si aprirono, senza che qualcuno ci chiedesse chi fossimo. "È questa la sicurezza che dovrebbe tutelare dei bambini?" chiesi indignata, fissando il percorso che ci si presentava davanti.
"Non credo che questo posto abbia molti ospiti, Rose," replicò Scorpius, l'unico indifferente a quell'atmosfera da brivido. "Però non hai tutti i torti. Andiamo?"
Varcò la soglia segnata dalle inferriate, e ci fece segno di proseguire. Ci separavano solo un centinaio di metri dall'edificio in sé, eppure sembrava di starsi avventurando dentro una foresta, per quanto insidioso era quel tratto di cammino. Ad ogni passo rovi spinosi afferravano le caviglie, coprendo il lastricato che doveva rendere la via più agevole, e la vegetazione incolta non faceva che renderla maggiormente inagibile.
Quando arrivammo di fronte al grosso portone di legno, mi tirai su la stoffa dei pantaloni, pregando che non fosse lacerata, e vidi la pelle cosparsa di gocce di sangue. Con un colpo veloce della bacchetta la guarii, non volendo sporcare l'indumento nuovo, che per fortuna aveva resistito all'implacabile attacco delle spine.
Albus bussò, e il legno rimandò uno scricchiolio che ci fece temere potesse venir giù, essendo tutto scrostato e ammuffito. L'entrata doveva essere stata grandiosa, un tempo, ma adesso le colonne ioniche parevano sull'orlo di cedere da un momento all'altro sotto il peso dell'architrave, le cui iscrizioni erano sbiadite, e un grande rosone più in su annerito dal tempo.
Non appena vennero ad aprire il portone, saltai dalla paura, fin troppo suggestionata da quel clima tenebroso. Izzy, dal mio fianco, mi afferrò forte la mano. Da come la stringeva, capii subito che rispecchiava il mio stato d'animo. Non che fosse normale avere così paura di un luogo, ma quello era davvero spettrale, e la figura che ci accolse non era da meno.
Si trattava di una donna decrepita, dalle rughe profonde come incise da una lama, gli occhi acquosi e la schiena curva come un ramo piegato sul punto di spezzarsi. Era talmente bassa che mi arrivava alla spalla, ed io ero la più piccola tra noi quattro. Dava l'idea di essere così leggera che il vento avrebbe potuto portarsela via in un attimo. I sottili e radi capelli bianchi erano legati in uno chignon ordinato.
Quando aprì bocca, la sua voce risultò roca e gracchiante come se non la usasse da tempo. "Ragazzi," sorrise in modo sorprendentemente dolce, "posso fare qualcosa per voi?"
Rafforzai la presa su Izzy, che sentii trattenere il respiro.
"Sì, salve," Al prese la parola, come al solito il più affascinante, carismatico, gentile ed educato di tutti noi, e gli occhi della donna brillarono come lo videro, "mi chiamo Albus, loro sono Isabelle, Rose e Scorpius. Siamo venuti per delle ricerche, vorremmo parlare con il direttore, e con qualche ragazzo, se possibile."
Non ero sicura che far sapere davvero il motivo per cui eravamo lì fosse la migliore delle idee, e anche Scorpius sembrò rifletterci sopra, ma del resto non ci eravamo organizzati su cosa dire, e comunque una bugia sarebbe stata difficile da mantenere. Ad esempio, comunicare che eravamo in visita era poco credibile, considerando che non sapevamo nemmeno cosa stessimo cercando. Quello era l'unico modo, anche se temetti per un attimo di esserci troppo esposti.
"Ma certo, accomodatevi. Io sono la signora Bee, la governante," la vecchia si fece da parte, liberando l'ingresso. Come per il resto della struttura era molto grande, e se fosse stato tenuto bene sarebbe stato splendido, ma cadeva a pezzi, a cominciare dall'intonaco sui muri, gli stipiti delle porte staccati, il pavimento cosparso di un dito di polvere, e due enormi rampe di scale che avevano soltanto una piccola porzione di corrimano ciascuno, il che faceva pensare che il resto fosse caduto. Dai soffitti pendevano bellissimi lampadari, i quali però avevano perso i cristalli, e per il resto, fatta eccezione di un cassettone ingombrante adagiato contro una parete, non c'era il minimo accenno ad un qualche tipo di mobilio.
"Aspetta," Scorpius mi tirò indietro, mentre Albus e Izzy mettevano piede in quella dimora, "ho un brutto presentimento," mormorò sottovoce per non farsi sentire dalla donna.
"Lo so, ce l'ho anch'io. Ma Shacklebolt non ci avrebbe mandati in un posto pericoloso, non sapendo che i nostri genitori sono perfettamente consapevoli di dove siamo, e poi è la sola pista che abbiamo. Io non voglio tirarmi indietro, e tu?" inquisii, scrutando i suoi occhi per cercare una risposta.
Per un attimo non disse nulla, combattuto tra l'istinto di andarsene via a gambe levate e quello di rimanere per scoprire di più, poi allentò la presa sul mio braccio, facendo scivolare la mano sulla mia schiena. "Stammi vicino," brontolò alla fine, facendomi sorridere.
"Signorsì, capitano."
"Finiscila."
"Mi vuoi prendere anche la mano?" lo stuzzicai, trovando nell'essere maliziosa e nel concentrarmi su quanto lo desiderassi l'unica scappatoia per fingere che quel posto orribile non esistesse.
Mi rivolse un'occhiata intensa. "Fosse possibile ti prenderei più di una mano. Ora però siamo nel bel mezzo di una missione potenzialmente suicida, e—"
"Scorpius!" sbottai schiaffeggiandogli piano il braccio. Alla mia reazione si mise a ridere, e con quel suono meraviglioso nelle orecchie mi feci forza, e raggiungemmo gli altri che intanto si erano avviati per una delle due scalinate.
Ad ogni passo c'era il serio rischio che i gradini cedessero, e quando arrivammo in cima la visuale non cambiò di una virgola: sempre lo stesso odore di muffa, una sporcizia impressionante e i mobili assenti.
"Qui... ci sono molti bambini?" chiese Al, l'unico che riusciva a conversare con la governante senza che gli tremasse la voce, nonché l'unico che fosse interessato a farlo.
Quella fece un sorriso spettrale. "Negli anni passati molti di più," rispose misteriosa, continuando a camminare. Ci stavamo addentrando nel corridoio di destra, dove spiccavano diversi quadri, con un'etichetta per uno: il nome di chi veniva raffigurato e sotto il titolo di direttore, o direttrice. Soltanto l'ultimo era in buone condizioni, mentre negli altri a malapena erano distinguibili i tratti dei vari volti.
"Neanche Notturn Alley è così inquietante," piagnucolò Izzy, stringendosi il mantello addosso. "Non potevamo mandarci Auror addestrati?"
"Sono sicura che non ci sia niente di cui preoccuparsi, Iz," le bisbigliai in risposta, attenta a non farmi sentire dalla vecchia che camminava avanti a noi.
Scorpius sbuffò. "Come no."
"Un po' di ottimismo," dissi, esasperata. "Per favore."
"Non so se ti rendi conto che se usciamo vivi da qui è un miracolo," sbottò la mia amica, acida. "Questa è la fottuta casa della fottuta famiglia Addams."
"Cuor di Leone," la derise Albus, che aveva rallentato per stare insieme a noi. Quel corridoio era infinito o cosa?
Izzy gli fece il verso. "Devo essere l'unica qui che ha un minimo di buon senso."
"Eccoci," ci interruppe la donna. Eravamo arrivati in fondo, di fronte ad una porta dipinta di bianco. Il pomello era addirittura di cristallo, un elemento che sarebbe sembrato già lussuoso di suo, ma che posto in quel contesto era assolutamente incredibile. La governante bussò, aprì e se ne andò, arrancando con quel suo passo sbilenco e instabile.
Entrammo, e non ci fu modo di mascherare la sorpresa. Eravamo appena passati dai ruderi di una villa a quello che assomigliava allo studio di Brierley ad Azkaban; poltroncine di velluto, un tavolo di vetro enorme, tre lampadari costosi, muri bianchi immacolati, il parquet lustro, vasi di piante verde intenso alte come me a ridosso delle pareti, fiori freschi sulla scrivania.
Il pezzo d'arredamento più sorprendente di tutti era però il quadro gigantesco appeso al muro di fronte all'entrata, sopra la testa di una donna dall'aria raffinata ed elegante. Per quel che riuscivo a vedere, data la sua posizione dietro la scrivania, indossava un tailleur candido, e delle scarpe col tacco. I capelli castani erano sciolti, il rossetto rosso e l'ombretto nero le donavano un'aria sicuramente più giovane di quanto non fosse.
"Buon giorno," ci sorrise, un sorriso bianco e accecante, così diverso da quello della governante. "Accomodatevi."
Izzy e Albus, confortati da quell'aria così diversa, da quel lusso sfrenato, come dimentichi del ribrezzo precedente, affondarono nelle poltrone. Io stavo per fare lo stesso, quantomeno per semplice educazione, ma Scorpius mi mandò uno sguardo ben chiaro. Non farlo.
Certo, capivo la sua logica, e la condividevo. Era del tutto sospetto che ci fosse tale ambiente di ricchezza e sfarzo e sontuosità, e dall'altra parte della porta tutte quelle caratteristiche si rovesciassero, assumendo le forme di miseria, povertà e ristrettezza. Era anche vero, tuttavia, che avremmo dato una brutta impressione se avessimo mantenuto tali arie diffidenti, così gli presi la manica del cappotto e lo feci sedere al mio fianco. Ovviamente la sua postura rimase rigida e sull'attenti, ma non mi sarei mai immaginata potesse rilassarsi.
"Quindi... ho ragione di credere che siate degli Auror?" domandò la donna, intrecciando le dita smaltate di rosso sotto il mento.
Sgranai gli occhi. "Come?"
"Vedete, questo luogo ha ospitato anche maghi e streghe a suo tempo. Adesso i ragazzi sono malapena una ventina, niente in confronto al numero dei decenni trascorsi, e nessuno di loro è dotato di magia, comunque. Io sono Viktoria Cole, la direttrice dell'Orfanotrofio Seymour," si presentò, affabile. "Come posso aiutarvi?"
Albus fece per parlare, ma Scorpius si schiarì la gola per interromperlo. "Veramente noi siamo qui per il giornalino della nostra scuola, la George International. Penso lei ci abbia confusi con qualcun altro," rispose, gli occhi affilati e lo sguardo gelido, fissando la direttrice. "Ma se vuole, possiamo approfondire il tema della magia. Sempre che esista," aggiunse tagliente.
La direttrice lo guardò sorpresa per qualche istante, poi scosse la testa con un risolino. "Perdonatemi, devo aver letto troppi libri per ragazzi. Magia, pff, che cosa assurda," si mise a ridere per nascondere il disagio, e io e Izzy facemmo lo stesso per porci sulla stessa lunghezza d'onda di Malfoy.
Dire che non solo sapevamo del Mondo Magico, ma anche che eravamo Auror, avrebbe significato metterci nei guai da soli. Che garanzie avevamo che quella donna non avrebbe fatto la spia al Lord Protettore? Quell'orfanotrofio era possibilmente il posto più pericoloso dove eravamo e saremmo finiti durante le nostre indagini, era dove quell'uomo squilibrato era cresciuto, e non potevamo sapere che la direttrice non fosse dalla sua parte. Fingerci Babbani in visita per una questione scolastica sarebbe stato molto più sicuro.
Per fortuna Malfoy aveva avuto la prontezza di inventare una copertura, e con la sua freddezza micidiale aveva convinto la tizia, altrimenti chissà cosa sarebbe potuto succedere. Dovevamo seriamente iniziare a sviluppare dei piani prima di buttarci a capofitto nelle situazioni.
"Comunque, volevamo fare una ricerca su questo orfanotrofio storico, dato che stiamo studiando adesso l'epoca dei Tudor in Inghilterra, e di Enrico VIII. Essendo stato Seymour importante in questo periodo, quale modo migliore per raccogliere informazioni che non cercarle nell'unico posto a Londra che reca il suo nome?" proseguì Albus, molto più cordiale e disponibile rispetto a Malfoy, che annuì impercettibilmente, soddisfatto che l'amico avesse capito il suo gioco.
La direttrice si tranquillizzò, e con evidente sollievo si rivolse ad Al. Era incredibile l'effetto che aveva sulle persone, come il suo gelo indisponesse e mettesse in difficoltà la gente. Il vero opposto di Albus, piacevole, cortese, amabile, cordiale. Come facessero quei due ad essere praticamente fratelli per me restava un mistero. Anzi, ad Al era palese che Scorpius stesse più simpatico di James.
"Ma certo!" esclamò lei. "Ci fa sempre piacere che dei giovani ragazzi come voi vogliano raccontare la nostra umile storia al di fuori di queste mura. Inizieremo con un giro dell'edificio, vi va bene? E nel frattempo vi dirò tutto quello che volete sapere. Andiamo, su!" fece, elettrizzata, alzandosi dalla sedia, e dando l'impressione di essere una dodicenne scapestrata e infantile invece di una probabile quarantenne con la testa sulle spalle e tutrice di venti bambini.
Estrasse una chiave d'ottone dalla tasca della sua giacca e chiuse il cassetto della sua scrivania. "Potete accomodarvi," ci indicò con la mano la porta, e sorrise. Non ci restò che ascoltarla e avviarci, ma nello specchio appeso al muro accanto all'uscita la vidi riflessa che nascondeva la chiave sotto il vaso di una pianta.
Una pianta stranamente familiare.
"Magari sono porno," scherzò Malfoy, che aveva anche lui notato la scena, distraendomi dal mio precedente pensiero.
"Prima Shaw, poi lei... secondo te la gente passa la vita a guardare porno?" replicai, divertita. "Forse dovresti rivedere le tue priorità."
Lui con la bocca piegata in un sorriso scosse la testa.
La direttrice ci superò e la seguimmo di nuovo nel corridoio, dove la stessa decadenza raccapricciante si ripropose in maniera prepotente. La sua figura formosa che ancheggiava nel tailleur bianco pareva di un altro mondo. Se avessi avuto i suoi tacchi, avrei avuto paura di sfondare il parquet fragile ad ogni passo.
Questa volta la direzione fu opposta; iniziò a parlare con insolita velocità, passando davanti ai quadri. "Lord Seymour è stato primo Duca di Somerset. La sua famiglia acquistò prestigio una volta che la sorella Jane sposò Enrico VIII, divenendo quindi Regina Consorte di Inghilterra. Il terzo fratello, Thomas, sfruttò tale posizione per ottenere ricchezze e riconoscimenti. Quando Jane si unì al re, Edward fu creato Visconte di Beauchamp, e Conte di Hertford. Diventato Warden of Scottish Meaches, la sua brillante carriera politica continuò anche dopo la morte della sorella, nel 1537. Difatti fu talmente influente che durante il periodo di regno dell'unico figlio maschio di Enrico, Edoardo d'Inghilterra, Edward governò in suo nome. Acquisì proprio in questi anni il titolo di Duca di Somerset."
Continuava imperterrita a camminare. Io tutte quelle cose già le sapevo, le avevo lette in diversi libri a casa dei nonni, e poi le avevo cercate su internet prima della visita alla chiesa, ma gli altri la ascoltavano interessati.
"Ci fu una nota battaglia, quella di Pinkie Cleugh. L'esercito scozzese venne sconfitto da quello inglese, guidato da Edward e Thomas, che parvero inattaccabili: sfortunatamente, avevano raccolto numerosi nemici e avversari potenti che riuscirono a farli soccombere. Edward venne privato del titolo di Lord Protettore, i suoi feudi confiscati, e fu condannato a morte per tradimento del 1552, nonché giustiziato per decapitazione il 22 gennaio del medesimo anno, nella Tower Hill di Londra," la donna rallentò il passo, indicando i vari quadri adesso di Jane, Thomas, un altro di Edward, uno di Edoardo VI.
"Lord Protettore? Cosa significa?" domandai, fingendo di essere curiosa.
Lei ridacchiò tra sé. "Oh, cara. È solo uno dei titoli più importanti della storia."
Esagerata.
"Devi chiaramente distinguere le due epoche in cui questo viene attinto. Se ci troviamo in epoca feudale, il titolo di Lord Protettore veniva assegnato a principi del sangue o altri aristocratici vicini alla famiglia reale. La funzione era di base quella di esercitare la reggenza sul Paese, nel caso in cui il re non fosse stato in grado di governare, per motivi fisici o psichici che fossero. Altri tre furono Lord prima di Edward, come Giovanni di Lancaster e Riccardo di York per Enrico VI, e Riccardo Duca di Gloucester per Edoardo V, anche se alla fine prese lui il potere, ma..." scosse la testa, un movimento accompagnato da un sospiro profondo e sentito. "Nessuno è stato mai come Edward. Lui era un grande uomo, il più importante del suo tempo. La Storia non è stata gentile con lui, perché è scritta dai vincitori. Con la vittoria dei nobili oppositori, tutto ciò che di grande lui ha fatto è stato cancellato dagli annali. Abbiamo pochissime notizie su un personaggio del genere, e di questo dovremmo essere tutti rammaricati," concluse con risentimento.
"Poi arrivò Cromwell, e il suo regno fu paragonabile ad una dittatura, cosa che non ha nulla a che fare con Edward. Lui era buono, onesto, voleva preservare la grandezza del Paese affinché Edoardo potesse governare in pace, ma le sue azioni furono fraintese, e adesso il suo nome non è neanche riportato sul cartello fuori dalla Chiesa di San Pietro, dove è sepolto." La bocca le si distorse in una smorfia contrita, colma di disappunto.
"Invece l'orfanotrofio come è nato?" inquisì Izzy, con voce sottile, e la direttrice fece sparire quell'aria rabbiosa tornando ad un sorriso solare, - ancora più spaventoso.
"Edward è sempre stato attento ai bisogni dei bambini. Non aveva un buon rapporto con i suoi genitori, vedete, la sua prima moglie ad esempio è stata ripudiata perché ci vociferava fosse andata a letto con suo padre, però lui ha avuto diversi figli, e tutti adorabili e adorati. Vedendo il giovane Edoardo senza figure di riferimento, costretto a vivere in una corte dove la maggior parte delle persone tramava alle sue spalle, si è sentito in dovere di farsi carico di lui e di tutti i giovani nelle sue condizioni. Così ha deciso di fondare l'orfanotrofio nel 1549, per aiutare coloro che venivano abbandonati o i cui genitori morivano." Arrivammo nel corridoio di sinistra, pieno di porte. La maggior parte, essendo accostate, lasciavano intravedere le stanze vuote e polverose. La direttrice si fermò di fronte una delle quattro ben chiuse e bussò, per poi aprire.
Anche qui la camera era malridotta e arredata in modo povero, con sei lettini ben rifatti, anche se dalle coperte logore e bucherellate, una stufa e un armadio. Il soffitto spiovente aveva una macchia giallastra in un angolo, la vernice scrostata su un muro.
"Buon giorno, ragazze," esclamò vivace la Cole, battendo energicamente le mani. Le sei bambine nella stanza le rimandarono uno sguardo per metà inquieto e per metà curioso. Erano in piedi, ciascuna davanti al proprio letto, addosso un uniforme che doveva aver visto almeno una decina di proprietarie, e i capelli raccolti in due trecce laterali. Non sembravano in cattive condizioni, anzi, i loro occhietti vispi continuavano ad osservarci, erano in forma e pulite. Com'era possibile, considerato dove abitavano?
"Buon giorno, signora direttrice," risposero in coro, come se stessero intonando un canto di chiesa.
Questa si voltò verso di noi, e mi mise una mano sulla spalla, essendo la più vicina a lei. Gli altri miei amici si irrigidirono a quel gesto, ma non parve notarlo. "Loro sono degli studenti, venuti qui per riportare alla gloria il nome della nostra casa. Mi aspetto che voi siate educate e rispettose e che risponderete a qualsiasi domanda vogliano porvi, va bene? Io vado a chiamare i ragazzi, poi la signora Bee vi porterà tutti in cortile per la ricreazione, così prenderete un po' d'aria fresca," comunicò la Cole. Per quanto avesse un atteggiamento cordiale e simpatico, il suo tono era piuttosto inflessibile.
Indicò appena la vecchia signora che ci aveva portati da lei e che non avevo visto entrando. Lei rispose con un cenno del mento. Era alta più o meno come la bambina che le stava di fianco. La direttrice uscì, e poco dopo la sentimmo bussare alla porta dei ragazzi.
"Ciao," iniziò Izzy, facendo un passo avanti. "Io sono Isabelle, loro sono i miei amici Albus, Rose e Scorpius. Voi come vi chiamate?"
Il suo sorriso dolce e smagliante rallegrò le bambine, che lo replicarono all'istante. Una, le mani nascoste dietro la schiena e la pelle che sembrava porcellana, prese parola. "Io mi chiamo Stella. Loro sono Bloom, Aisha, Tecna, Flora e Musa."
Una ad una, le ragazzine interpellate fecero un mezzo inchino. Non sapevo se mi preoccupasse di più il fatto che avessero scelto di presentarsi come le Winx oppure che si fossero inchinate come nel diciottesimo secolo.
Izzy rise tra sé. "Come le Winx? Whoa, siete davvero forti! Io da piccola ero Flora, perché mi piacciono da matti la natura e gli animali. E lei era Bloom, perché ha i capelli rossi e gli occhi azzurri come lei," continuò indicandomi. La bambina che corrispondeva a quel nome si portò di fronte a me.
Le trecce nere erano lucenti e ben fatte, gli occhi scuri mi scrutarono con entusiasmo e ammirazione. Avrà avuto sette anni, otto. "Sei bellissima. Posso toccarli?" chiese, allungando la manina verso la mia testa.
Non mi sfuggì come Albus e Scorpius si scambiarono un sorriso, e anche Izzy parve contenta della reazione della piccola.
"Ma certo," acconsentii, inginocchiandomi. Mi sciolsi i capelli, che ormai erano diventati abbastanza lunghi e che perciò si distesero un lenzuolo morbido sulla mia schiena. La bocca della bambina assunse la forma di O, estasiata. Fece passare le piccole dita tra le ciocche rosse, con una risatina contenta.
Scorpius si chinò al mio fianco, posando un gomito sul ginocchio e sorreggendosi il capo con la mano. "Piacciono tanto anche a me," le assicurò, sorridendole gentile, e lei arrossì. Probabilmente non aveva mai visto un ragazzo della sua età, quasi diciottenne, e sicuro non così bello.
Ritornò la direttrice, con cinque maschietti al seguito. Anche loro indossavano le uniformi, non gonne come le ragazze ma con dei robusti pantaloni e maglioncini morbidi. Addirittura portavano il cappello.
"Eccoci qui, tutti pronti!" esultò la Cole. "Signora Bee, porti tutti in cortile. Io adesso ho un appuntamento, tornerò tra un paio d'ore," ci informò, fingendosi dispiaciuta. O forse lo era davvero, non avrei saputo dirlo. "Per qualsiasi domanda potete chiedere alla signora Bee, lei sa qualsiasi cosa di questo posto, meglio di me. È stato un piacere conoscervi, ragazzi miei."
Strinse la mano a ciascuno di noi, poi estrasse un cellulare dalla borsetta che aveva addosso e ondeggiando sui tacchi uscì dalla camera.
Per tutto il percorso fino al cortile posteriore, non ci fu possibile neanche scambiare una parola tra di noi. I bambini, che non vedevano mai uno straccio di novità, ci stavano intorno e bombardavano di domande. Albus, che con le femmine era stato un po' restio, era idolatrato dai maschi, che gli chiedevano dello sport, delle sue fidanzate, della casa in cui viveva, della scuola.
Scorpius invece era stato preso d'assalto da tre ragazzine che gli si erano addirittura aggrappate ai pantaloni, e lo tenevano per mano, costringendolo a camminare chinato. Io e Izzy stavamo gestendo indistintamente le due parti, ogni tanto suggerendo ad Al quando i quesiti sul mondo dei Babbani si facevano troppo specifiche e lui non aveva modo di rispondere.
Al contrario dello spiazzo dov'eravamo passati per entrare, il cortile posteriore era gestito meglio. L'erba era tagliata, quindi non si rischiava di rimanere zoppi se non si guardava bene dove si mettevano i piedi, e c'erano addirittura due altalene consunte che mi ricordarono quella nel giardino di Malfoy Manor. Il tutto era circondato da una serie di siepi altissime che impedivano la vista dall'esterno, e che proiettavano quell'ambiente in una fiaba.
Ci sedemmo sul prato, vicino alla signora Bee. Sebbene fossimo tutti lusingati nel ricevere le attenzioni da parte dei bambini, non potevamo non ricordarci del motivo per cui eravamo lì. Se la governante sapeva davvero tutto ciò che serviva, come aveva dichiarato la direttrice, allora la sua assenza non sarebbe stata un problema.
"Cosa volete sapere?" gracchiò la vecchia, che aveva preso posto su una sedia di plastica che si trovava già là.
Lanciai uno sguardo ai bambini, che stavano giocando allegri a rincorrersi su e giù per il prato. Non avevamo idea di cosa stessimo cercando, però si poteva andare ad intuito. Insomma, se questo posto era legato al Lord Protettore, c'era tutta la possibilità che lui fosse stato un ospite dell'orfanotrofio.
"Ci sono personaggi illustri che hanno soggiornato qui?" chiesi, intrecciando un filo d'erba attorno al dito. Faceva freddo, anche se non nevicava, però era comprensibile che si fosse scesi; non si poteva privare un bimbo della sua dose d'aria fresca quotidiana.
"Nell'Ottocento l'Edward Seymour ha ospitato diversi gentiluomini che son divenuti esploratori e scienziati, ma i loro nomi sono andati perduti. Per quanto riguarda le donne, alcune si sono prostituite, altre son finite a fare le serve per famiglie facoltose, però nessuna ha mai acquistato importanza. Solo una bambina, all'età di quattordici anni, è stata presa dai suoi genitori, che si è scoperto appartenevano ad una famiglia nobile - poi per il resto nulla, neanche negli anni recenti," rispose la vecchia. Aveva le mani appoggiate ai braccioli della sedia e gli occhi socchiusi, e parlava con voce lenta e strascicata.
In effetti era difficile che un orfano potesse diventare qualcuno di importante in una società conservatrice e in mano agli aristocratici e borghesi come quella dei secoli passati, ma non si sapeva mai.
I miei amici iniziarono a porre diverse domande che non ascoltai. Stavo ricordando le parole di Caleb, ciò che mi aveva detto al suo funerale il giorno precedente.
Vedi, Rose, persona non può parlare con tanto odio, né fare così tante malvagità, senza una motivazione sentita. E da come mi parlava, io credo che lui fosse così pieno di rabbia proprio perché stava affrontando una questione personale. Credo che qualcuno l'abbia ferito, e molto. E che ora si sta prendendo la sua vendetta.
Forse il Lord Protettore era furioso per qualcosa che gli era successo da bambino. E forse quel qualcosa era proprio l'esser stato sbattuto dentro un orfanotrofio da genitori che non volevano o potevano prendersi cura di lui. Genitori dotati di poteri magici. Quello squilibrato doveva essersela presa con tutti i maghi e le streghe per estensione.
Era per questo che si sentiva così ferito, che attaccava chiunque, che non si faceva scrupoli. Il suo scopo era quello di vendicarsi, e ce la stava facendo benissimo.
Dovevo porre la domanda giusta. Solo io ero in possesso delle informazioni passatemi da Caleb, perché non avevo fatto in tempo a parlarne agli altri. Quel compito spettava a me.
Il problema era che con ogni probabilità c'era una grande quantità di giovani là che erano cresciuti con l'odio nel cuore, per essere stati lasciati, senza aver ricevuto amore o comprensione, e dubitavo che ognuno si fosse trasformato in uno spietato assassino; perciò doveva essere successo qualcos'altro, un ulteriore avvenimento, che avesse accresciuto la rabbia che quel bambino aveva già come compagna di vita. Ma cosa? Poteva essere la pressione della magia che recava in sé e che aveva magari cercato di nascondere per non sembrare diverso? À la Tom Riddle? No, non era solo questo. C'era una tragedia in gioco, una tragedia che si doveva essere consumata in quelle mura.
"Che c'è?" bisbigliò Scorpius, una ruga d'espressione nel tentare di decifrare ciò a cui stavo pensando.
Appena alzai gli occhi lo vidi intento ad osservarmi. Il suo volto perfetto era a poca distanza dal mio, le iridi rese traslucide dalla luce filtrata dalle nuvole.
Gli rivolsi un'occhiata d'intesa, poi mi girai verso la signora. "Mi sa dire se c'è stato un qualche evento degno di nota negli ultimi, diciamo, cinquant'anni, più o meno?"
Quella corrugò la fronte. Mi chiedevo come facesse a distinguermi, dato che teneva le palpebre abbassate sugli occhi cisposi. "Evento di che tipo?"
"Potenzialmente catastrofico," risposi senza pensarci, e senza badare al tatto. Izzy sussultò di fronte la mia richiesta. Sperai non mi avrebbe fatto la ramanzina una volta arrivate a casa.
La signora Bee sospirò. "C'è stato un incendio, non molto tempo fa. Nel 2014, settembre 2014."
"Qualche vittima?" insistetti.
I lineamenti del suo viso si intrisero di rammarico e dolore. "Una, solo una. Logan. Sedici anni, povera stella..."
"Ci può dire qualcosa di più?"
"Non si seppe mai come si scatenò. Un pomeriggio bollente un grande fuoco distrusse la parte destra dell'edificio, quella della direttrice. I bambini si salvarono perché stavano nei dormitori, e infatti non ci accorgemmo della mancanza di Logan finché il fratello non iniziò a chiamarlo. Quando l'incendio fu domato, trovammo il cadavere carbonizzato. Praticamente irriconoscibile. Fu una gran perdita per tutti... Logan poteva non essere il più solare dei ragazzi, ma nessuno merita di morire così, tantomeno lui," terminò, tirando su con il naso.
"Il fratello? Mi sa dire come si chiamasse?" ripetei, sentendo il corpo formicolare di eccitazione ma non potendo mostrarlo per rispetto.
"William," annuì la governante. "William Brierley."
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