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42 - 𝐴.𝑀.

^^

Appena misi piede dentro casa, un brivido gelido mi percorse da capo a piedi nel vedere il mio luogo felice buio, vuoto, freddo.

La mamma fece ripartire subito i riscaldamenti, seguita da Izzy, e le luci in tutta casa. Accese persino la televisione, forse in cuor suo sperando che l'avvolgente voce della presentatrice tv delle notizie della mattinata potesse in qualche modo riscaldare anche noi.

Hugo rimase un po' in silenzio, fermo all'ingresso, fiocchi di neve a inghirlandare i suoi capelli castani, gli occhi che fissavano il parquet beige sotto i suoi piedi.

Io, di contro, non me la sentivo di abbandonare il suo fianco, anche se le ginocchia minacciavano di cedere da un momento all'altro per la stanchezza. Volevo esserci per mio fratello, perché lui c'era sempre stato per me - anche se avesse solamente avuto bisogno di stare in piedi come due broccoli, ognuno con i suoi pensieri.

Mi sorprese quando fece scivolare una mano nella mia. Mi voltai a guardarlo. Era più alto di me, mi aveva superato da un pezzo, ma il suo sguardo era quello di un bambino, lo stesso bambino che anni fa giocava con me a Quidditch e con cui costruivo le torte di pongo. Lo stesso bambino che si rannicchiava nel mio letto quando fuori c'era un temporale.

"Hai pensato mai in queste ultime ore," iniziò con un filo di voce, inespressivo, "a quale sia stata l'ultima cosa che hai detto a papà, prima di mezzanotte?"

Per qualche secondo non seppi cosa dire. Si sentivano di sottofondo mamma e Izzy che parlavano di qualcosa che non riuscivo a comprendere bene, e la presentatrice illustrare i rivolgimenti politici degli ultimi giorni.

Alla fine scossi la testa. "No, non ci ho pensato."

"Io sì. E la mia è stata non rompere le palle, quando ha cercato di sistemarmi la cravatta all'ingresso di Malfoy Manor," spiegò con aria distante.

Si voltò a guardarmi. Aveva dei cerchi spaventosi sotto gli occhi, borse violacee e gonfie che facevano a pugni con la pelle chiara del viso. E dalla sua espressione emergeva che anch'io non dovevo essere messa molto meglio.

Tirò su col naso, ma non aveva alcuna traccia di lacrime. "E se fosse stata anche l'ultima cosa in tutta la mia vita? Se non si risvegliasse più, Rose, che cosa faremmo? Non ci sono gli Weasley senza papà. Non ci siamo noi." 

Non l'avevo mai visto così serio, così abbattuto. Strinsi la sua mano con veemenza. "Lo so. Ed è per questo che dobbiamo fare qualcosa, Hugo."

Corrugò le sopracciglia, e lanciò un'occhiata veloce alla mamma, che stava aprendo le persiane della cucina. "Che cosa intendi?" bisbigliò, confuso. "Con tutti quegli esperti all'opera, pensi che io e te...?"

Lo tirai verso il divano, ammonendolo di tacere, e feci cenno a Izzy di raggiungerci. Io mi piazzai al centro, Hugo stese le gambe sulla lunga penisola e Izzy le tirò al petto, i lunghi capelli scuri e lisci le ondeggiarono attorno al volto. Le poche tracce di trucco residuo le rendevano il volto molto più giovane, quasi da bambina, gli occhi scuri più grandi.

Tirai un lungo sospiro. "Non importa quanti Guaritori stiano appresso a papà; se chi l'ha avvelenato non vuole farlo risvegliare, tutto il loro lavoro è inutile. Bisogna andare alla radice del problema, il veleno è soltanto una conseguenza."

Isabelle risucchiò il proprio respiro, sorpresa. "Stai dicendo—"

"Sì - penso che il Lord Protettore sia colui dietro tutta questa storia. Non so perché prendersela con papà in particolare, è Draco il nemico più pericoloso, però... non lo so. Non importa. Dobbiamo capire chi è questo tizio, e solo dopo troveremo l'antidoto."

"E come dovremmo farlo?" replicò Hugo con fare pratico, scettico. "Se non ci sono riusciti i due Auror più importanti del Ministero, mi sembra strano che saranno tre adolescenti a fare una cosa del genere."

Non aveva neanche tutti i torti, però se eravamo stati in grado di portare avanti le indagini fino a quel punto, non vedevo perché non saremmo riusciti anche a terminarle con successo. Ogni tanto, un pizzico alla volta, non faceva troppo male essere ottimisti.

"I Malfoy e i Potter saranno qua tra un paio d'ore," ci informò la mamma, entrando in salone e perciò interrompendo le nostre speculazioni. Si mise con fare severo le mani sui fianchi. "Ancora non vi siete cambiati? Vi voglio a letto tra cinque minuti. Senza storie, ragazzi, grazie."

Hugo e Izzy si alzarono senza replicare. La mia amica prese il braccio di lui nel fare le scale, trovando difficoltà nella gonna lunga e con i tacchi alti in mano, e mio fratello la cravatta slacciata attorno al collo e la camicia aperta un poco.

Alzai gli occhi su mia madre, ancora ferma in mezzo alla stanza, che fissava una serie di foto incorniciate posate sul cassettone accanto alla tv. Noi cinque a Natale, alla scorsa Coppa del Mondo di Quidditch, il primo giorno di scuola del primo anno ad Hogwarts, le vacanze estive con tutta la famiglia, noi tre ragazzi ad Hogsmeade, foto che gli avevamo inviato l'anno scorso.

"Mamma," la richiamai con dolcezza, "è meglio che ti metta a dormire anche tu. Dobbiamo riposare un po', è stata una giornata lunghissima."

Lei alzò le spalle e si avvicinò a me, sedendosi al mio fianco sul divano, le gambe incrociate. "Non so se ce la farei, Rosie. Sono successe troppe cose da metabolizzare. E tuo padre—"

"Lui non si muoverà dall'ospedale per il momento mamma, però hai sentito la Guaritrice. Non rischia nulla, sta bene. Dobbiamo solo trovare il modo di svegliarlo, e poi tornerà a casa. Non corre nessun pericolo, adesso, non più," cercai di consolarla sfregandole la mano sull'avambraccio. "Temo non ci sia nulla che possiamo fare, tranne che essere lucidi e pronti a scoprire l'antidoto. E per quanto tu sia fantastica, anche il tuo cervello lavora molto meglio se riposato, non credi?"

Pensavo davvero tutto quello che le stavo dicendo, anche se ero perfettamente consapevole che non era così semplice come la raccontavo. Se non fossi stata distrutta dal sonno anch'io avrei avuto le mie difficoltà nell'addormentarmi, ma ne avevamo tutti bisogno.

Lei sorrise tra sé, pensierosa. "Parli proprio come lui. Tutti dicono che assomigli a me, ma in realtà sei la sua copia fatta e finita."

"Sono fiera di esserlo, sai."

Posò gli occhi castani su di me. Rimanemmo a guardarci per qualche istante, cercando di capire come diavolo uscire da quella situazione tragica in cui ci eravamo cacciate.

Ebbi l'impressione che avrebbe voluto dirmi cento, mille cose tutte insieme; sfogarsi, aprirsi con qualcuno, magari mettersi di nuovo a singhiozzare, imboccando la strada di un bel pianto catartico. Le avrebbe fatto sicuramente bene, ma lei non era fatta così. Tendeva a tenersi tutto dentro, fino a scoppiare.

Alla fine accennò un altro sorriso, di poco più sincero stavolta, e mi sfiorò la spalla. "Ti voglio bene, Rosie."

"Ti voglio bene anch'io," sussurrai, e si alzò lisciandosi in un gesto meccanico le pieghe del vestito che ancora indossava.

Ridacchiò piano tra sé, accorgendosi del suo gesto. "È proprio ora che mi levi questo affare. Dormi un paio d'ore, amore, va bene? Ne hai necessità come chiunque. So che vorresti farti carico di tutte le responsabilità, perché è quello che vorrei fare anch'io, ma certe cose non dipendono da noi. E come hai detto tu, con la mente fresca si lavora meglio."

Raccolse la gonna e con un'ultima carezza sul mio volto mi lasciò in salotto, seduta sul divano, spense la luce e se ne andò al piano di sopra per raggiungere la propria camera.

Scalciai con uno sbuffo le scarpe, e sapendo che non sarei mai riuscita a imitarla mi limitai ad afferrare la coperta ripiegata in modo ordinato sul bracciolo al mio fianco e a stendermela addosso.

Quando sarebbero arrivati anche Al, Scorpius e gli altri avremmo pensato a cosa fare, e a come proseguire le investigazioni. Per il momento, l'unica cosa che potevo fare era sul serio spegnere per un po' il cervello e rilassarmi, e perciò chiusi gli occhi, lasciandomi rapire dal sonno in pochi attimi.

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Appena iniziai nuovamente ad acquisire coscienza, mi resi conto di essere ancora avvolta dalla coperta e di stare sul divano, ma anche di essere rannicchiata contro un corpo che ormai conoscevo alla perfezione.

Cercai di restare immobile per non fargli rendere conto che mi ero svegliata, dato che non avevo la minima intenzione di spostarmi; il suo petto si alzava e abbassava sotto il mio volto, le dita scorrevano tra i miei capelli, e con l'altra mano, a quanto riuscivo a intravedere tra le ciglia socchiuse, teneva il telecomando, con il quale faceva zapping alla televisione.

Sospirai e spostai il viso nell'incavo del suo collo, spingendo il naso contro la sua pelle profumata. Lui di conseguenza lasciò scivolare la mano dalla mia testa al fianco, accarezzandomi al di sotto della maglietta larga che indossavo - la sua maglietta, tra l'altro, che sapeva di menta e lavanda e sonno.

Quando parlò, lo sentii sorridere, e le mie labbra di conseguenza si curvarono a loro volta in un sorriso.

"Cosa sogni, piccola Rose?" esclamò una voce graffiante e gelida, artigliandomi la pelle a tradimento, immobilizzandomi contro il divano.

Delle dita mi afferrarono il mento, costringendomi ad aprire gli occhi. Un uomo senza volto incombeva su di me con tutto il peso del suo corpo, un tono cattivo, divertito, sadico quasi, che penetrò attraverso le mie ossa come lame affilate.

"Cosa stai sognando?"

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Mi tirai a sedere con il cuore che batteva impazzito nel petto, gli occhi feriti dalla forte luce che creava pozze brillanti sul parquet.

Dovetti strofinarmi le mani contro il viso più e più volte prima di riprendere lentamente consapevolezza della realtà che mi circondava.

La televisione ancora accesa davanti a me, le finestre tirate che mostravano una bella giornata fuori, un silenzio quasi tombale in tutta casa.

Scorpius Malfoy al mio fianco, per dirne un'altra.

Era sdraiato sull'isola del divano, anche lui il telecomando in mano come l'uomo nel mio sogno - che avevo creduto fosse lui, che era stato lui, prima di cambiare, - una semplice maglia rossa a maniche corte e dei pantaloni della tuta larghi e comodi. Il braccio destro era abbandonato nella mia direzione, forse mi stava cingendo prima che mi svegliassi così bruscamente.

Mi restituì uno sguardo curioso.

"Ciao," fu tutto ciò che riuscii a dire, sfregandomi gli occhi, abituandomi alla luce.

"Ciao," fu la sua risposta. Distolse lo sguardo dal mio per cambiare canale, passando da un documentario sulla foresta pluviale a una trasmissione di cucina.

"Quanto ho dormito?" domandai, la bocca leggermente impastata, ancora scossa dal sogno appena fatto. Perché mai avrei dovuto immaginarmi una cosa del genere? Come facevo a farmi influenzare pure da un uomo di cui non conoscevo l'identità? Forse ero stata così stanca quando mi ero addormentata che la mia mente aveva tirato fuori una strana macchinazione che non aveva fatto altro che peggiorare la mia agitazione.

Scorpius si tirò su, mettendosi a sedere. "Sono le undici passate."

Annuii, incrociando le gambe e rifacendomi velocemente uno chignon scomposto, disfattosi durante la dormita. Le undici? Avrei pensato mi sarei svegliata alle quattro del pomeriggio, era insolitamente presto.

Mi rivolse un'occhiata indecifrabile. "Cosa stavi sognando?" chiese, corrugando appena le sopracciglia. Ebbi un brivido nel sentire la sua domanda.

"Non lo so, in realtà. Perché?"

Scosse la testa senza darmi risposta.

"Dove sono gli altri?" riprovai, sperando di ottenere una qualche reazione invece che quella maschera di indifferenza che aveva addosso.

Riprese a fare zapping. "Albus sta dormendo con la tua amica al piano di sopra. Hugo lo stesso, ma col gatto."

"E tu sei qui," constatai l'ovvio da brava deficiente qual ero.

"Con chi dovrei essere? Se vuoi ti cedo il gatto e io vado con tuo fratello."

Lo guardai con espressione interrogativa, e anche lievemente scocciata, ma lui fece semplicemente finta di non vedermi. Mi alzai, stiracchiandomi un minuto, prima di togliermi la sua felpa che indossavo dalla sera prima, gettarla accanto a lui e dirigermi in cucina a cercare qualcosa da mangiare.

Lo sentii sbuffare, alzarsi, spegnere la tv e seguirmi. Si sedette sulla sedia generalmente occupata da Hugo, e prese il giornale ripiegato sul tavolo già apparecchiato per la colazione e iniziò a leggerlo.

Io lo ignorai, troppo impegnata a scaldarmi il latte e versarmi i cereali nella ciotola. Non mi andava di fare altro, anche soltanto aprire la Nutella e spalmarla sul pane, non ne avevo le forze.

Mi appoggiai con le mani al bancone, guardando fisso il latte nel pentolino. Scorpius era lì per sollevarmi il morale, farmi compagnia, oppure farmi deprimere e arrabbiare ancora di più? Non era suo padre a stare in coma all'ospedale, perciò non poteva sentirsi in diritto di fare l'offeso per qualcosa.

E soprattutto, con quello che era successo tra di noi la notte prima - anche se, dovevo ammetterlo, sembravano secoli, - credevo le nostre ultime divergenze si fossero del tutto appianate. Che fossimo diventati davvero intimi.

E invece lui la mattina dopo si presentava a casa mia senza preavviso, e si permetteva anche il lusso di tenermi il broncio. Roba da matti.

Ma c'erano cose ben più importanti del risentimento che Malfoy pareva provare in quel momento nei miei confronti: da un lato la necessità impellente di trovare il Lord Protettore, un titolo che neanche uno del Trono di Spade si sarebbe mai potuto dare, e con lui il metodo per far rinsavire mio padre; dall'altro, la malattia del Ministro Shacklebolt, il suo incombente ritiro e il problema del sostituirlo.

Teoricamente potevano anche parere fattori sconnessi tra di loro, ma nel Ministero, dove il Lord Protettore aveva già dimostrato di avere i suoi agganci, chi poteva assicurare che il nuovo eletto non avrebbe avuto niente a che fare con l'influenza di questo sconosciuto?

La chiave per risolvere tutto era svelare l'identità di quella misteriosa figura, ma non potevamo essere più lontani a farlo.

Questo Lord Protettore era sempre due passi avanti a noi: noi ci intrufolavamo dentro Azkaban, lui era già pronto a mandarci Auror e Dissennatori dietro. Parlavamo con Sweyn Abraxas, e lui aveva già minacciato il prigioniero e il compagno di non parlare, pena la morte. Riuscivamo a collegare le guardie uccise agli assassinii in casa Malfoy e a ricavare un paio di nomi, lui colpiva mio padre.

E la domanda poi era sempre la stessa: perché proprio lui? Come poteva essere più pericoloso di Malfoy, il Capo Auror nonché membro dell'Ufficio Misteri? A meno che lui non avesse scoperto qualcosa, ma cosa? Cosa poteva essergli valsa una punizione del genere?

E se avesse scoperto chi era? Se avesse scoperto il nome del Lord Protettore?

"Hey," Scorpius bloccò con una semplice sillaba, a malapena sussurrata, l'infinito flusso dei miei pensieri, posando la mano sul mio fianco. Non mi ero accorta di star ancora fissando il pentolino, in cui il latte si era bruciato.

Sospirando lo afferrai con un canovaccio e buttai il residuo nel lavandino, pulendo il metallo con il getto d'acqua senza farci granché attenzione. "Mh?"

"Guardami."

Chiusi l'acqua e voltai appena la testa, facendo come aveva detto. Si era alzato, il suo quasi metro e novanta si stagliava a pochi centimetri da me. Mentre io ero poggiata con i gomiti sul bancone, lui faceva lo stesso con la schiena, quindi nella direzione opposta alla mia, le braccia ora incrociate al petto.

Mi guardò un attimo, poi scosse appena la testa bionda, distogliendo gli occhi grigi per primo. Si passò con nervosismo la lingua tra le labbra. "Volevo parlarti."

"È per questo che sei qui?" domandai. Adesso che il mio cervello si stava lentamente rimettendo in moto, mi venne da chiedermi perché Albus e Malfoy stessero a casa mia, e perché non ci fosse nessun altro.

Prese a giocherellare con l'orlo della maglia. "No, no - io... insomma, Hermione, Harry, Ginny e mio padre sono andati all'ospedale per saperne di più su Ron. Hanno chiesto se io e Al - se ci andasse di restare qui, ad aspettare che vi svegliaste - a farvi compagnia, ecco. Perché sorridi?" chiese poi con una lieve ruga tra le sopracciglia.

In effetti stavo sorridendo. Non avevo ascoltato una singola parola di quello che aveva detto, troppo focalizzata sul suo incessante balbettare e impicciarsi con le parole: una cosa molto poco da Scorpius Malfoy, in effetti.

Mi uscì spontanea una piccola risata. "No, niente. È strano vederti così nervoso. Di che volevi parlarmi?" mi piazzai davanti a lui, appoggiata al tavolo. Presi un sorso di latte freddo dalla tazza. Non mi andava per niente di scaldarne altro.

"Di noi, immagino."

Mi si seccò la gola. Nelle ultime ore non ci avevo affatto pensato, troppo impegnata con tutto quello che era successo dopo l'episodio in camera sua, ma improvvisamente mi ritornò alla memoria ciò che avevamo fatto, ciò che era avvenuto nel modo più naturale e dolce possibile, e una vampata di calore mi inondò le guance di un rosso intenso che lo fece sorridere.

E soprattutto mi ricordai che, accoccolata tra le sue braccia nude, il suo naso che mi sfiorava il collo, il suo tocco delicato sul corpo, ero giunta alla conclusione di essermi innamorata di lui. Inevitabilmente, ineluttabilmente innamorata di lui.

Sollevò la mano con lentezza, il suo pollice mi sfiorò lo zigomo in fiamme. Gli occhi grigi accarezzarono lascivi i miei spalancati.

Non riuscii a impedirmi di sollevare la sua maglietta sulle braccia, lasciando scoperte le spalle e i bicipiti delineati. Allora non me l'ero immaginato, era tutto successo veramente: i graffi leggeri che gli avevo lasciato la sera prima erano ancora là, marchi che testimoniavano quello che era avvenuto. La sua presa su di me, la mia su di lui. La mia reazione ai suoi baci.

Mi sarei voluta sotterrare, ma il mio corpo mi spinse a rimanere immobile, a fissare lui. E lui anche fissava me, con ardore, intensità. Mi aggrappai a quell'unico contatto esercitato su di me, stringendo con la mia mano la sua, intrecciando le nostre dita.

"Parla, allora."

"Più che altro volevo chiederti se - uhm, come ti sentissi. So che con quello che è accaduto a tuo padre non hai avuto tempo, né occasione, né voglia di rifletterci, ma non è una cosa da sottovalutare, ecco," lasciò cadere la mano, gesto che mi fece corrugare le sopracciglia.

Guardai la sua postura rigida, ricordai il modo in cui mi aveva parlato, e la fuggevole carezza rivoltami. L'evitare il mio sguardo.

"Hai paura che non mi sia piaciuto?" la mia domanda suonò incredula alle mie stesse orecchie.

Come poteva anche solo pensare una cosa del genere?

"Più che altro, che tu sia stata male, o che avresti potuto avere di meglio. Non volevo dare per scontato che soltanto perché per me è stato meraviglioso, allora anche per te sia stato lo stesso," con imbarazzo si mise le mani in tasca, spostandosi con un piccolo sbuffo una ciocca dei capelli, più lunghi rispetto a settembre, dagli occhi chiari.

Sorrisi. "Per te è stato meraviglioso?"

"Non cambiare discorso. Ti ho fatto una domanda," mi ammonì, pur con un tono di voce morbido. Posai la tazza di ceramica e feci un paio di passi in avanti, il necessario per arrivare davanti a lui e circondargli il busto con le braccia.

Dovetti mettermi in punta dei piedi per arrivare al suo volto, lui ancora nella stessa posizione, ma con un leggero sorriso a incorniciargli le labbra.

Mi guardò appoggiare il mento sul suo petto, guardandolo dal basso verso l'alto. "Dubito che sarebbe potuta andare meglio di così, Scorp. Sono stata veramente bene, te lo giuro. Non mi sono mai sentita meglio."

Rimanemmo a guardarci, poi mi venne da ghignare, divertita. "Non ti avevo mai visto dubitare di te stesso, comunque," aggiunsi scherzando, "Il signorino Malfoy teme che la sua prestazione non sia stata formidabile?"

Scoppiò a ridere, e quell'unico gesto bastò per illuminargli radicalmente il volto, facendomi quasi sussultare per la visione celestiale che avevo di fronte. Non rideva praticamente mai così di cuore, ed era ogni volta uno spettacolo mozzafiato.

"La mia prestazione è sempre formidabile, signorina Weasley," tolse finalmente le mani dalle tasche per cingermi la vita. Invertì le posizioni facendomi aderire al bancone della cucina dove era lui fino ad un attimo prima. "Dovrebbe saperlo ormai."

Sorrisi e gli passai il polpastrello sull'angolo della bocca, ancora piacevolmente alzato in un sorriso, e poi sulla fossetta. "Ma io lo so benissimo."

"Sa anche che avrei voglia di baciarla?" domandò a bassa voce, passandomi il palmo della mano al di sotto della maglietta per tutta la schiena, senza ostacoli perché non indossavo il reggiseno, fino a giungere all'elastico dei pantaloni.

L'iride grigia e verde si ridusse ad un anello sottile attorno alla pupilla nera. Sfiorai il suo naso con la punta del mio, poi passai alla guancia, alla mascella, e arrivai all'orecchio.

"Allora perché me lo sta dicendo, invece di farlo?"

"E se scendesse qualcuno?" fece a pochi millimetri dalla mia bocca, fissandola con desiderio.

"Sarà un problema futuro," gli garantii, e lui non si fece pregare due volte prima di accontentarmi.

Avrei pensato sarebbe stato un bacio come tutti quelli che ci eravamo scambiati fino a quel momento, dolci, passionali, in cui eravamo entrambi impegnati a godere del momento rimpiazzando quella distanza infinita che ci aveva separati dal precedente. Un bacio vero, intenso, ma che rientrasse nella normalità.

In quel momento però, appena ritornai in possesso della sua bocca, mi resi conto, con quasi un dolore fisico che mi fece contorcere lo stomaco, che non solo tutto il lasso di tempo a cominciare da ieri sera si era dissolto come per magia, ma anche che tutto il mio corpo si era improvvisamente risvegliato e che reclamava il suo.

Volevo ciò che mi spettava, non ero più capace di accontentarmi. Il sesso la sera prima era stato come una droga pesante; non mi soddisfava più quella leggera, il semplice bacio, io avevo bisogno di più Scorpius Malfoy. Avevo bisogno di lui.

Dal gemito che emise, e che si perse nella mia bocca, potei intuire che per lui era lo stesso. Le sue dita si impressero nella mia vita, sollevandomi e posandomi sul bancone. Un mestolo cadde nel lavello di metallo facendo rumore, ma rispetto ai nostri respiri affrettati e i battiti dei nostri cuori, a malapena lo udii.

Si mise tra le mie gambe, permettendomi di stringerle attorno al suo bacino, un movimento che concesse di alleviare almeno in parte il bisogno che avevo di averlo vicino. Accolse il mio gesto spingendomi contro di sé con la mano premuta sulla mia bassa schiena, e le terminazioni nervose scattarono come se fosse avvenuto un conto circuito.

Iniziai in modo inconsapevole a tirargli i capelli, mossi e biondissimi sulla nuca, e ad avvolgerli attorno alle dita della mano sinistra; con la destra non potei non intrufolarmi sotto la sua maglietta a mezza maniche, accarezzando gli addominali in rilievo e i pettorali. Non volli soffermarmi sulla linea frastagliata rappresentata dalla cicatrice data dal Sectumpsempra: quella sarebbe sempre stata un monito, un modo per ricordarmi che Scorpius era arrivato a provare dolore fisico e tangibile a causa mia. E io al momento non volevo farlo, non volevo ricordare.

La sua lingua si scontrò con la mia, inondandomi il palato del suo sapore dolce. Nella mia vita, baciare qualcun altro che non fosse lui mi avrebbe mai dato la stessa sensazione? Lo stesso struggente piacere? Non ne ero così sicura. Avevo paura che tutta la passione dentro di me la stesse bruciando Malfoy, che ogni suo tocco mi stesse consumando inesorabilmente, finché di me non sarebbe rimasto altro che cenere.

Gli feci reclinare la testa all'indietro, ottenendo di avere pieno accesso alla sua gola nivea. Cominciai a baciarla a fior di labbra, beandomi del suo profumo, del candore e della morbidezza della sua pelle. Affondò le dita nei miei fianchi, gli occhi chiusi mentre mi lasciava fare.

Avrei dato di tutto per poter ritornare all'atmosfera della sera prima, alla serenità data dall'esser completamente soli, alla sua stanza, alla sicurezza di non essere interrotti.

Passai la lingua sulla macchia scura rappresentata dal succhiotto poco sotto il suo orecchio, un luogo che avevo imparato gli dava grande piacere, insieme al basso ventre, che in quel momento avrei voluto baciare con tutta me stessa ma che risultava abbastanza difficile da raggiungere.

In quell'istante Scorpius decise che evidentemente ne aveva avuto abbastanza del bancone, e perciò mi afferrò per i fianchi, e sollevatami come un sacco di patate camminò per il salone fino a depositarmi sul divano. Scalciai coperta e felpa abbandonate poco più in là per stendermi sulla schiena, e lui scivolò tra le mie gambe aperte facendo aderire i nostri petti. Mi prese le mani e me le portò dietro la testa, riprendendo a baciarmi con vigore, tenendomi il viso come se potessi scappare, come se gli fossi mancata terribilmente.

Se mi fosse stato possibile, avrei fermato il tempo e vissuto quell'attimo per l'eternità: il suo corpo e il mio uniti, un fuoco a bruciarmi le vene, un piacevole formicolio diffuso nelle membra, e il cuore traboccante di gioia, e sentimento.

Lo sentii fermarsi. Aprii gli occhi per guardarlo, e come al solito ne rimasi incantata. Le sue iridi grigie erano a pochi centimetri da me, espressive e dolci, le guance accese dall'emozione, le labbra rosse dal contatto prolungato con le mie, i capelli sparati in mille direzioni diverse.

C'era un limite alla bellezza che gli occhi umani potevano tollerare di vedere? Eppure non riuscivo a distogliere lo sguardo. Era ammaliante, affascinante, coinvolgente, non potevo non ammirarlo.

Il suo cuore batteva così forte contro il mio che lo sentivo benissimo.

"C'è una cosa che devo dirti," iniziò con un'aria un pizzico nervosa addosso. Deglutì. "Il problema è che non è semplice."

Attesi senza dire nulla, la migliore risposta che potessi dargli al momento. Se aveva bisogno del suo tempo, parlare sarebbe stato superfluo, inutile.

Parve ripensarci. "Il modo migliore che ho per spiegartelo è questo," concluse riprendendo a baciarmi da dove si era interrotto poco prima.

Stavolta fu un bacio semplice, breve, colmo di significato, denso di desiderio.

Che cosa intendeva con quella frase? Cosa mi aveva spiegato tramite quel gesto? Un'effusione che eravamo più che abituati a scambiarci?

Mi stavo giusto chiedendo se si sarebbe spinto oltre, se mi avrebbe detto effettivamente qualcosa, quando fece la sua apparizione Hugo.

Indossava il solito pigiama bianco a righe verticali blu, aveva i capelli reduci da una battaglia contro il cuscino e teneva Grattastinchi - almeno venti chili di grasso e pelo, - tra le braccia. Lui era l'unico da cui quell'insensibile di un gatto si faceva accarezzare.

Non ebbi la prontezza di scrollarmi Malfoy di dosso, sia perché colta di sorpresa, sia perché pesava in maniera considerevole, dati tutti i muscoli che aveva, e anche lui rimase immobile.

Guardammo Hugo scendere le scale, lanciarci uno sguardo, rivolgerci un cenno del mento con un assonnato "buongiorno" e andarsene nella cucina comunicante al salotto, il tutto senza scomporsi - né degnarci di troppa attenzione, effettivamente.

Per quanto avesse sempre scherzato su me e Malfoy, avrei creduto avrebbe avuto una reazione un po' più scandalizzata nel vederci avvinghiati l'uno all'altra sul divano del salone, e invece era rimasto impassibile, quel gatto in braccio e gli occhi semichiusi.

"L'ho già detto che tuo fratello è il mio idolo?" bisbigliò Scorpius, sorpreso e confuso quando me.

Gli lanciai un'occhiata in tralice. "Se fosse stato Albus, quello, saremmo già morti."

Malfoy alzò un sopracciglio nel togliersi da sopra di me. Si aggiustò la maglia stropicciata. "Ironico, parli come se fossi stato l'unico a non sentirlo scendere. Ti ricordo che anche tu eri abbastanza presa, piccola Weasley, quindi non fare la splendida," terminò senza troppi giri di parole, un sorriso strafottente cucito sulla bocca. "E adesso vieni, è ora di fare colazione anche per te."

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Quando mamma, Draco, zia Ginny e zio Harry rientrarono a casa, Albus e Izzy erano già in piedi da un pezzo, avevamo sparecchiato la tavola dopo la colazione, e avevamo finito la quarta partita a poker - vinta da chi, se non altri che il mio fastidiosissimo fratello minore.

Fummo veloci come fulmini a liberare la postazione per far spazio agli adulti. Non c'era tempo da perdere: volevamo sapere tutto, eravamo immischiati nella situazione esattamente quanto loro, e avevamo rischiato pure di più; ci spettava di diritto sapere come stessero le cose, e almeno io non intendevo rinunciare alla mia fetta di verità.

Mi diedero tutti e quattro l'impressione di essere distrutti dalla stanchezza. Appena zia Ginny si sedette, si tolse le scarpe e mise i piedi sul grembo di zio Harry, che prese a massaggiarli distratto, troppo impegnato a fissare il succhiotto che campeggiava poco sopra la clavicola di Albus con entrambe le sopracciglia corvine alzate.

Anch'io quasi mi strozzai come lo vidi, nonostante avessi appena rinnovato quello dietro l'orecchio di Malfoy, che infatti mi guardò perplesso. Per lui forse non c'era niente di anormale, ma per me sapere che la mia migliore amica aveva azzannato il mio cugino preferito comunque mi fece una certa impressione.

Izzy assunse un colorito violaceo, Hugo impassibile roteò gli occhi.

Albus in propria difesa aguzzò lo sguardo verso Scorpius, e aggrottò la fronte. "Hai un'aria strana," commentò inclinando di poco la testa, sospettoso. "Rilassata."

L'amico in risposta alzò le spalle, la mano gli corse a coprire il marchio fresco prima che l'altro se ne accorgesse. "Non so che dirti."

Cercai di riportare l'attenzione generale su questioni più importanti della vita sessuale dei due ragazzi. Anche perché gli adulti avevano assistito al loro breve scambio con curiosità e ora li osservavano. "Possiamo sapere che cosa avete scoperto? Dall'inizio, per favore. Anche per la nostra stessa sicurezza, è bene che tutti sappiano tutto," incrociai le braccia davanti a me fissando Draco e mia madre.

Se avessi puntato solo sulla nostra voglia di sapere quello che stava succedendo, difficilmente ci avrebbero detto tutto; ma affermando che la nostra protezione dipendeva da quanto approfonditamente fossimo a conoscenza dei fatti, non avrebbero potuto negarci nulla.

"Non c'è molto da dire, Rose," il tono sconsolato di Draco ruppe il silenzio calato dopo le mie parole ferme. "Sappiamo solo una cosa fondamentale, e cioè che c'è un motivo per cui hanno scelto Ron come vittima. Era proprio lui nel mirino dell'assassino, e la sua condizione non è un caso: se l'avessero voluto morto, Ron sarebbe morto. Più che altro, il loro obiettivo era esattamente ridurlo nelle condizioni in cui verte ora."

Mi si spalancò la bocca dalla sorpresa. Fu per me un riflesso involontario cercare conforto in mio cugino e nel ragazzo accanto a me, peccato che avevano gli occhi bassi, e lessi chiaro senso di colpa in essi. Loro sapevano?

Hugo, alla mia destra, si allungò sul tavolo verso Draco. "Sì, ma perché? Perché lui, e perché in questo stato?" parlò con urgenza, voleva sapere a tutti i costi che cosa fosse capitato a nostro padre. Forse nella causa c'era anche il rimedio, dopotutto.

"Perché papà ha scoperto chi è il Lord Protettore, ecco perché," spiegò stancamente la mamma. "E ci ha anche avvertiti della sua scoperta, dicendoci che aveva bisogno di un giorno di tempo per verificare tutte le prove, e che alla festa a Malfoy Manor ci avrebbe aggiornati su tutto. Evidentemente hanno trovato il modo per stroncare sul nascere il tentativo di smascherare questo tizio."

"Ma perché lasciarlo vivo? Sì, in coma, ma comunque vivo, e se si svegliasse potrebbe raccontare tutto. O no?" domandò Izzy, posta accanto a Hugo e con il gattaccio malefico tra le braccia che ronfava rumoroso come una locomotiva.

Zia Ginny scrollò le spalle. "Per controllarci, ovviamente. Uccidendo Ron questo Lord Protettore ci avrebbe soltanto fatti incazzare, mentre così, tenendo uno di famiglia sotto minaccia, ci sta avvertendo di non proseguire le indagini, perché lui ha tutto il potere di farci fuori, uno ad uno."

Zio Harry indurì i tratti del viso. "Non ha tutti i torti, però."

"Che cosa stai dicendo?" la moglie reagì come un cane cui viene tirata la coda. "Che vuoi lasciar perdere con Ron messo così, Harry?" socchiuse gli occhi con aria inviperita, quasi a sfidarlo a ribattere.

"Credi che a me faccia piacere vedere il mio migliore amico in queste condizioni, eh? Be', ti sbagli, perché io sono il primo che vorrebbe ammazzare quel mostro, eppure senza un piano qui non andiamo da nessuna parte!" sbottò lui, assumendo la solita espressione contrita che però ero abituata a vedere cucita addosso ad Al, e non a lui. "Dobbiamo capire come agisce questo nemico prima di pensare a come batterlo!"

Draco annuì. "Ha ragione Harry. Litigare però non ci porta da nessuna parte. Siamo tutti d'accordo sul voler trovare una soluzione, giusto?"

"E se lui dovesse prendersela con papà?" il timore avanzato da Hugo era lo stesso che opprimeva me. Abbassai gli occhi, incapace di sostenere lo sguardo addolorato di mio fratello e di mia mamma.

Zia Ginny, la sua fan numero uno, gli accarezzò i capelli scuri. "Piazzeremo Auror nella sua stanza, nel corridoio e nell'intero piano per tutto il tempo che impiegheremo nello svolgere le ricerche, piccolo. Abbiamo già sottovalutato una volte il fattore sicurezza, non succederà di nuovo. Tuo padre sarà in una botte di ferro, fidati."

Per quanto fossi scettica riguardo quest'ultima dichiarazione accorata, mi resi conto che non c'era il minimo bisogno di esserlo. Il Vicecapo Auror era di fondamentale importanza, e Draco avrebbe potuto gestire personalmente il numero di maghi pronti a fargli la guardia, permettendoci di avere lo spazio necessario per muoverci e di fargli avere al contempo la protezione più effettiva possibile.

Come aveva detto zia Ginny, già in passato avevano preso sottogamba la questione della sicurezza, e ci avevano ricavato due Auror uccisi e un terzo in coma, perciò dubitavo fortemente che avrebbero commesso un'altra volta lo stesso errore. Anzi, probabilmente lui era quello più al sicuro di tutti, al momento.

C'era invece un altro tarlo che mi assillava. Se papà aveva condotto delle investigazioni per conto proprio, senza dire nulla a nessuno, doveva per forza averne lasciato traccia da qualche parte. Anche solo un minimo fascicolo, un pezzo di carta, un post-it con appuntato quel maledetto nome che avrebbe risolto tutti i nostri problemi...

E ancora: dove si trovavano tutte le pozioni e gli incantesimi più pericolosi del nostro mondo? Fatture che neanche nei libri proibiti venivano trascritte? Nel Diario del Principe Mezzosangue, ecco dove.

La mamma notò la mia aria pensierosa. "Che c'è, Rose?"

"Papà non ha lasciato nulla di scritto?" domandai concisa, infilando le mani nella tasca grande della felpa di cui mi ero appropriata illecitamente. "Almeno qualche scarabocchio lo infila sempre in una cartellina o roba simile."

"Abbiamo cercato ovunque," replicò lei. "Nel suo studio qui a casa, in quello al Ministero, persino dai nonni."

Draco intrecciò le dita sul tavolo. "Ci è parso strano anche a noi, infatti. Tu hai qualche idea, di dove potrebbe riporre una cosa così importante?"

Ci pensai su. Papà non era mai stato un tipo molto riservato, anche dei casi su cui lavorava non esitava a metterci al corrente, ed era sempre pronto a chiedere un giudizio esterno, pure a costo di mandare all'aria la privacy che avrebbe dovuto rispettare. La sua stanza al Ministero, che divideva con Draco, era di dominio pubblico, perché la visitavano al giorno decine di persone, le quali discorrevano con lui dei casi chiusi e di quelli ancora aperti, o anche solo per farsi una chiacchierata o prendere un caffè.

Non portava mai i fogli, i fascicoli e i documenti fuori da casa o dal Ministero, a meno che non fossero ben chiusi nella sua borsa di pelle, perché era capace di perderli o dimenticarli in qualsiasi luogo visitasse; né tantomeno dai genitori, in quanto nonna Molly aveva l'abitudine di buttare nel secchio qualsiasi cosa non riconoscesse, né dallo zio Harry, che invece usava tutto quello che gli capitava a tiro per scriverci sopra appuntamenti vari o anche disegni stupidi.

L'unica sfera in cui stava bene attento ad ogni sua mossa e a non lasciar trapelare indizi era il cibo. Potevo anche capire il motivo, del resto, dato che vivere con me e Hugo significava non avere mai l'esclusiva su una leccornia. Papà si nascondeva sempre le schifezze che si comprava, o meglio, ne mostrava a noi soltanto una piccola parte di quella montagna di roba che si prendeva per sé.

Allo stesso tempo, non vedevo come ciò potesse aiutarmi. Era divertente parlare del suo stomaco senza fondo fino a un certo punto, e poi in questo caso non era per niente utile.

Mi venne però in mente un dettaglio, che più che essere qualcosa di concreto era in realtà una leggenda metropolitana.

Quando sollevai gli occhi per dirlo ad alta voce, incontrai quelli della mamma, esausti e terribilmente afflitti. Non volevo darle false speranze con un'ipotesi che non era verificata. Preferii starmene in silenzio, e lasciare l'idea dello scompartimento segreto di dolci nel suo studio da parte per poterla rivedere dopo, una volta sola.

Sentii la mano di Scorpius scivolare nella tasca della felpa e stringere le mie. Replicai la stretta, con un'immensa voglia di starmene con lui in santa pace, una porzione di spazio per noi due, in cui nessuno poteva scoprirci, in cui niente di quello che stava succedendo era reale.

Posò il mento sul palmo della mano destra, quella libera, e mi lanciò un'occhiata di sfuggita, i suoi occhi grigi affilati come a ispezionarmi. Non poté dire nulla, almeno non senza farsi sentire degli altri, perciò stette zitto, ritornando a guardare il padre.

"E voi invece avete qualche idea su chi possa essere il Lord Protettore?" chiese Albus, il braccio appoggiato allo schienale della sedia di Izzy, una caviglia posata sul ginocchio dell'altra gamba.

Draco esitò un attimo nel rispondere, e non sfuggì né a me, né tantomeno al figlio la veloce occhiata che si scambiò con zio Harry. "No," decretò infine, "avevamo un dubbio, un possibile indiziato, almeno prima di ieri sera, ma è stato con noi tutto il tempo, perciò... niente da fare."

"Chi era?" volli sapere, un senso diffuso di ansia inondò le mie vene.

"Brierley, Will Brierley, il neo direttore di Azkaban."

"Perché proprio lui?" insistette Albus.

Ma noi, io e Scorpius, questa storia già la sapevamo. Brierley era stato eletto misteriosamente in seguito alle dimissioni altrettanto misteriose del precedente direttore, Wenham, che aveva dichiarato di voler prendersi del tempo da passare con la famiglia, nonostante questa l'avesse in realtà perduta durante la Grande Guerra.

Draco spiegò velocemente la situazione ad Al, che insieme a Izzy e Hugo ancora erano all'oscuro della vicenda, ma io ero partita in quarta - o meglio, i miei pensieri lo erano.

Era facile collegare la parola elezione alla malattia di Shacklebolt, l'ennesimo tassello del puzzle che non andava al suo posto. A quel tavolo erano seduti esponenti non insignificanti del Ministero, che avrebbero potuto fare un po' di luce sul problema. Era importante che le elezioni non venissero manipolate dall'Assistente e dal Viceministro, né tantomeno dal Lord Protettore, perché in quel caso, con un suo uomo al potere, la nostra libertà sarebbe stata ben più limitata e la vita di tutti in pericolo.

"Per la malattia di Shacklebolt come si procede? È evidente che la Skeeter e l'altro tizio, il Viceministro Randall, stanno cospirando per mettere un loro subordinato in carica," proferii sfiorando con il polpastrello dell'indice la lunghezza della mano di Malfoy. Era una sensazione diversa dal solito, il suo contatto mi metteva sull'attenti, mi permetteva di ragionare con più lucidità - ma non per questo era innaturale o strana o spiacevole. Anzi.

Zio Harry scrollò le spalle, spingendosi gli occhiali su per il naso, tic che James aveva ereditato. "Come fate a sapere della malattia di Huntington?"

"Io e Rose abbiamo sentito parlare lui, la Skeeter e il Viceministro con un medico del secondo piano, stanotte," si spiegò Albus, mordicchiandosi poi le labbra. "Pare che abbia un paio di mesi massimo d'autonomia, poi non sarà più in grado di svolgere il suo compito."

Scorpius si girò verso di me, la mascella tesa in una linea così affilata che avrebbe potuto staccarmi la testa senza difficoltà. "Mi sembra un dettaglio di non poco conto, o sbaglio? Quando avresti avuto intenzione di dirmelo esattamente?" mi rimproverò sottovoce lasciando sfilare la mano dalla mia presa.

"Non saprei," ribattei con veemenza, "forse quando tu mi avresti detto che sapevi già stamattina il motivo per cui mio padre è in coma al momento."

Mi fulminò con lo sguardo. "Io ci ho provato stamattina a dirtelo, ma tu... tu hai fatto come al solito."

Mi si scaldarono le punte delle orecchie, e anche le guance. "Mi stai accusando di esserti saltata addosso, Malfoy?" domandai furiosa, arricciando il naso. "Si dà il caso che sia stato te a prendere l'iniziativa!"

"Di che state parlando?" ci interruppe zia Ginny. Per fortuna eravamo stati abbastanza accorti da non farci sentire da nessuno, altrimenti sarebbero stati guai. Non eravamo ancora evidentemente pronti a far sapere alla gente che cosa succedeva tra di noi - io perché non avrei mai ammesso di essere innamorata di un tale decerebrato, né a lui né a nessun altro, e lui perché non era che stessimo insieme o niente del genere, e neanche mi ricambiava in qualche modo, perciò non ne aveva il motivo.

"Di niente," rispondemmo in coro a denti stretti, sprofondando in un silenzio furibondo.

Qual era il suo problema? Era davvero arrabbiato perché non gliel'avevo detto prima, e in questo caso non aveva senso come protesta dato che era accaduto poche ore fa, oppure lo era in quanto per una volta avevo scoperto qualcosa in compagnia di Albus e non sua? Si sentiva messo in secondo piano? Era geloso?

Non essere ridicola, mi rimproverai.

"Comunque," riprese lo zio Harry con uno sguardo non tanto confuso come gli altri ma più corrucciato, come se avesse intuito la situazione ma non riuscisse a spiegarsela in termini logici, "il Ministero già si sta muovendo per indire delle nuove elezioni. È solo questione di tempo prima che Shacklebolt annunci le dimissioni."

"Ci sono già voci su chi verrà proposto?" volle sapere Hugo, perplesso. "Mi sembra un po' presto, no?"

"Sicuro la Skeeter si candiderà," borbottai soprappensiero.

Draco scosse la testa. "No, non c'è ancora alcun nome per adesso, però è necessario stare in guardia per il momento. Chiunque abbia fatto sparire i documenti di Ron sul caso ha pieno accesso al Ministero, e può significare solamente che c'è una talpa tra di noi. Qualcuno che sa di quello che sta succedendo e che può avvicinarsi indisturbato alla sua scrivania, prendere quei fogli e andare via. Non ci sono molte persone che abbiano quel livello di confidenza con Ron, e giusto i suoi superiori avrebbero potuto fare una cosa del genere."

Zia Ginny si passò le dita tra i fluenti capelli rossi, e si abbandonò contro lo schienale della sedia, rovesciando la testa all'indietro e fissando il soffitto. "E adesso come procediamo? Non abbiamo niente, in mano."

"Non è vero, dobbiamo indagare, invece," la corresse il marito tirando fuori dalla tasca interna della giacca un foglio ripiegato. Nella sua scrittura poco ordinata erano vergati diversi nomi. "Dobbiamo interrogare il compagno di cella di Caleb, Peritus Quill. Poi il medico legale che ha esaminato il corpo, ad Azkaban. Più sappiamo sulla sua morte, più possiamo raccogliere informazioni sul Lord Protettore. Farei anche una capatina nello studio di Brierley, forse ci sono dei documenti che possono aiutarci, non saprei, è da vedere. Vi viene in mente altro?" domandò alla fine, alzando gli occhi verde smeraldo su di noi.

"Il Guaritore curante di Shacklebolt, il Dr. Martens. Il Ministro potrebbe essersi confidato con lui. E anche il suo assistente, Nicholas mi pare. Ha preso le sue difese a spada tratta ieri, magari sa più di quanto non crediamo," sentenziò Albus, e il padre annuì, Appellando una piuma per scrivere il suo nome.

Ripensai al biglietto che avevamo preso al dottore, riposto con cura nella tasca dei miei pantaloni. La sera prima non ci avevo pensato, ma se fosse stata una cosa che avrebbe potuto decifrare soltanto il dottore? Stavamo portando via a Shacklebolt l'unica speranza che aveva di salvarsi, di cambiare le cose?

"Dobbiamo parlare con Shacklebolt," stabilii dunque. Non parlai del pezzo di carta, prima avremmo dovuto cercare di capire il suo significato, e in caso riportarlo al Guaritore, ma il discorso filava comunque: "non è stupido, avrà capito che in più persone stanno tramando alle sue spalle per colmare il vuoto di potere che seguirà le sue dimissioni, e che non intendono farlo in modo pacifico. C'è la possibilità che qualcuno scelga di sbarazzarsi di lui, non può non sospettarlo."

"Hai ragione, ma si deve trattare l'argomento con tatto. Non possiamo permettergli di intuire che stiamo investigando, potrebbe proibirci di farlo per il nostro bene oppure essere dalla parte del Lord Protettore, e in quel caso saremmo tutti in pericolo," la mamma si massaggiò le tempie con gli occhi chiusi, segno che il suo cervello stava andando a mille. "Dobbiamo far sembrare le domande non come un interrogatorio, ma come frutto della preoccupazione di un amico caro, che già sappia della sua malattia e che sia abbastanza sagace da intuire le trame politiche che vengono ordite alle sue spalle."

Hugo le posò la mano sulla spalla, chiaro affetto nello sguardo. "Tu sei l'unica che può fare in modo perfetto una cosa così, mamma. Sei più vicina al Ministro di chiunque altro, lui ti stima e ti vuole bene, e di certo non manchi di intelligenza," dichiarò sicuro di sé. La tenacia di lui la fece sorridere, e mio fratello si colmò di una certa aria soddisfatta.

"Hugo ha ragione, non c'è nessuno che potrebbe farlo meglio di te," asserì la zia, con un pizzico di entusiasmo. "E ora noi dobbiamo dividerci tutti gli altri."

Draco incrociò le braccia al petto. "Non possiamo attirare di nuovo tutta l'attenzione su noi come hanno fatto Rose e Scorpius ad Azkaban, perciò lì andrò io nello studio di Brierley. Mi inventerò una scusa. Sono sicuro che ci siano documenti che possono aiutarci, magari una lista dei visitatori della prigione nella settimana in cui è stato Caleb, o qualcosa del genere," non sembrava molto convinto - del resto sarebbe stato un colpo di fortuna incredibile, però era realmente il solo che sarebbe potuto andare lì senza essere fermato.

Zio Harry sbarrò Azkaban dalla sua lista. "Allo stesso modo, non possiamo mandare uno dei ragazzi da Wenham, nessuno lo conosce, né sa come parlarci."

"Pensi di andare da solo? Non esiste," affermò con decisione la zia, posando una mano sulla sua. "Io vengo con te."

Lui sospirò. "Non voglio coinvolgerti in un affare del genere, Ginny. È troppo pericoloso."

Lei spalancò la bocca incredula. "Ma i nostri figli ci sono immersi fino al collo, Harry! Ho quarant'anni, non sono più la dodicenne che hai salvato dal Basilisco. Sono cresciuta e sono pronta a dare calci in culo a chiunque minacci la mia famiglia, figurarsi chi la tocca veramente come questo deficiente che gioca a fare Dio. Io vengo con te, e sarò al tuo fianco come ho sempre fatto e come ho sempre voluto fare. E non ammetto repliche," terminò, il volto acceso dal sentimento, gli occhi castani luminosi.

Zio Harry la guardò, per un attimo, senza dire nulla. Non aveva l'aria di starci riflettendo sopra, anzi, la sua protesta era stata anche abbastanza debole rispetto all'accorata replica della zia. Pareva invece quasi sopraffatto dall'emozione, quella familiare sensazione di corde vocali annodate.

Si limitò semplicemente ad annuire, ma dal sorriso di zia Ginny mi resi conto che anche lei si era accorta di ciò che stava accadendo nel cuore del marito, e ciò mi diede da pensare sull'enorme intesa tra quei due.

"Quindi voi andate da Wenham, zia Hermione da Shacklebolt e Draco ad Azkaban. Poi?" incalzò Albus, entusiasta.

Era contento di star collaborando con i grandi eroi della Guerra Magica, che gli adulti lo stessero trattando come un pari, non come un bambino incapace e inadatto a seguire le loro conversazioni. Era segretamente contento che suo padre lo stesse coinvolgendo e che lo stesse mettendo al corrente della situazione.

Io però non riuscivo a scrollarmi di dosso l'impressione che non ci stessero raccontando proprio tutto, esattamente come noi non stavamo raccontando tutto a loro - e dall'espressione attenta e diffidente di Malfoy al mio fianco, potevo dire lo stesso di lui.

"Manderei James e Teddy da Peritus Quill," avanzai dopo un attimo di riflessione, "oltre al fatto che noi siamo troppo pochi per coprire altre tre persone, loro sono intelligenti, persuasivi, sanno tutto e sono anche bravi con le fatture. Tra l'altro, Teddy potrebbe ritornare utile con l'abilità di Metamorfomagus, James nel Confodere."

Si dichiararono tutti d'accordo. James e Teddy non si sarebbero mai rifiutati di prestarci il loro aiuto in un frangente così cruciale, poco ma sicuro, eppure proprio per questo non potevo fare a meno di chiedermi se non stessi mettendo in pericolo altre due persone che amavo, con il rischio che si facessero male, o che ci lasciassero le penne.

E tutto questo perché? Perché mi ero intestardita nel voler salvare Caleb Thomas, un ragazzo che aveva messo anima e corpo nel cercare di uccidermi, ed ero rimasta invischiata in una situazione ben più grande di me.

Già mio padre ci aveva rimesso: quante persone ancora avrebbero dovuto ferirsi perché il mio ego ne fosse soddisfatto?

Guardando però tutti coloro che mi circondavano, la faccia esausta della mamma, quella afflitta dello zio, cupa di Draco e arrabbiata della zia, triste di Hugo, nervosa di Izzy, furibonda di Albus e calcolatrice di Malfoy, mi resi conto che ormai tutto quanto trascendeva invece da me soltanto, e che il Lord Protettore si era posto come uno spettro che aleggiava sulle vite di noi, e di tutti i maghi del Mondo Magico.

Come avremmo mai potuto cogliere il suo avvertimento e farlo nostro, rinunciare ad indagare per non peggiorare le cose, lasciando tuttavia papà nel suo stato comatoso e quella misteriosa figura ad incombere sul nostro popolo? Permettergli di prendere con la forza il potere e ridurci in schiavitù?

Non sarebbe mai accaduto, avrei dato la mia vita per fermarlo.

Malgrado ciò, se non fosse stata più unicamente la mia, di vita, in ballo, ma anche quella di tutti quelli che amavo? Era meglio morire da eroi e ottenere la libertà oppure continuare a vivere, seppur oppressi dal giogo impostoci?

Non era una decisione che potevo prendere da sola, ma bastava alzare gli occhi per accorgersi che tutti coloro che avevo davanti avevano intenzione di combattere, di non piegarsi e di ottenere giustizia, e sarebbe stato esattamente ciò che avremmo fatto.

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