39 - 𝐶𝑜𝑙𝑑 𝑐𝑜𝑓𝑓𝑒𝑒
{Più affiatati di così... si muore}
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Erano passati tre giorni, in cui Scorpius, papà e il signor Malfoy avevano continuato a vedersi praticamente ogni volta che ne avevano l'occasione, per mettersi d'accordo sull'organizzazione relativa allo sconsiderato piano di entrare ad Azkaban.
Io avevo cercato di ascoltare ogni parola possibile per non essere d'intralcio a Scorpius, ma spesso e volentieri si riunivano tutti a casa sua, rendendo per me impossibile essere messa al corrente delle loro decisioni. Non per questo, comunque, avrei rinunciato: mi sarei infilata sotto il Mantello con lui nel momento esatto in cui papà e lui si fossero Smaterializzati dal nostro salotto, e contavo in gran parte sull'affetto del mio amico per non fargli aprire la bocca una volta giunti alla prigione, e rispedirmi così a casa.
Inutile negare che mi era presa un'ansia così pressante che avevo lo stomaco chiuso, e non riuscivo a mangiare nulla da circa due giorni: c'erano almeno mille modi in cui quel piano sarebbe potuto andare storto, anche se non era stato fatto da noi - e quindi almeno in via teorica avrebbe dovuto funzionare.
In primis non avevo la minima idea di cosa dover fare, se affidarmi completamente a Scorpius nella speranza che lui sapesse qualcosa di utile in più oppure semplicemente pregare per la riuscita del progetto; poi era di sicuro un'incognita quello che avremmo trovato una volta lì: gli Auror ci avrebbero beccati anche ben nascosti dal Mantello, o sarebbe stato un prigioniero a denunciarci? Avremmo trovato le carte che nascondeva il direttore? Se non l'avessimo fatto, Caleb sarebbe stato accusato di un crimine che non aveva commesso e la sua memoria infangata? E in caso contrario chi era che i potenti stavano proteggendo? E perché?
La verità era che avevo paura, una vera, profonda paura che mi stringeva le viscere. Era tutto troppo pericoloso. Quando eravamo entrati nel Ministero, io e Scorpius, l'avevamo fatto relativamente in sicurezza, sotto le spoglie dei nostri genitori, e ce l'eravamo cavata per un soffio, con lui pieno di ferite mortali e io con tipo, tre infarti. Se non eravamo riusciti a scampare illesi neanche in quell'occasione, quando avevamo avuto la certezza che difficilmente ci avremmo rimesso la vita, come avremmo mai potuto farlo ad Azkaban? Dove i prigionieri erano impazziti a causa del terrore intrinseco di quel posto, dove i Dissennatori avevano abitato per secoli, dove gli Auror erano autorizzati a usare le Maledizioni Senza Perdono in caso di fuga?
Era poi ovvio che i controlli sarebbero stati triplicati, soprattutto dopo la cosiddetta fuga di Caleb, che in realtà serviva a mascherare sia il suo suicidio che l'attacco ad un Babbano, e perciò con grande difficoltà avremmo avuto la strada spianata, Mantello o non Mantello.
C'erano centinaia di motivazioni per cui non sarei voluta andare, ma i soli due che andavano contro ogni buonsenso e che mi tormentavano erano sufficienti a costringermi a farlo. Il primo era piuttosto semplice: Caleb si era costituito perché convinto che mi avrebbe salvato la vita, e preso dai rimorsi - almeno così immaginavo, perché non avevo ancora il coraggio di leggere le sue lettere, che comunque aveva Malfoy, - si era privato della sua. Si era anche pentito delle sue azioni, e onestamente a me finché non mi aveva sul serio uccisa non mi importava di ciò che mi aveva fatto. Ritenevo inconcepibile che il Ministero sfruttasse la sua storia, la sua morte e la condizione del padre per nascondere qualcun altro, un pericoloso fuggitivo che qualora fosse stato in libertà, avrebbe potuto ferire chiunque altro.
Caleb non aveva compiuto le azioni di cui lo incolpavano, non aveva ucciso nessuno, e non c'era alcuna scusa che giustificasse il tentativo di proteggere un omicida mettendo a rischio la sua reputazione.
Se stavo andando ad Azkaban, era per trovare la prova certa di quello che il Ministero stava pianificando e così esporlo al Mondo Magico, in caso questo avesse scelto di diffondere la falsa notizia della colpevolezza di Caleb. Volevo che la gente capisse che sia lui che Dean non erano affatto crudeli e spietati come si vociferava in giro, e che avevano entrambi sofferto troppo per poter credere ai pettegolezzi e alle informazioni ingannevoli e inventate di sana pianta.
Se il Ministero avesse avuto la faccia tosta di presentare il mio amico come un criminale la cui morte era sicuramente meglio della sopravvivenza, allora non sarei rimasta certo a guardare, né avrei trovato pace finché giustizia non fosse stata fatta.
L'altro motivo, invece, era molto più complicato, in quanto non riuscivo a spiegarmi perché fosse così intenso e vivo dentro di me, ma anche il più semplice, dato che era stato il primo a venirmi in mente appena avevo iniziato a formulare quel piano, - e riguardava, ovviamente, Scorpius. Come poteva non farlo? Io ero puramente terrorizzata all'idea che si ferisse di nuovo.
Non l'avrei mai pensato, ma l'esperienza del Sectumsempra aveva lasciato un segno profondo e indelebile dentro di me, ed ero sicura che se la cosa si fosse ripetuta, se avesse di nuovo rischiato di morire per me, allora sarei morta io per prima. Già Caleb si era suicidato per causa mia, e lo conoscevo a malapena; con Scorpius era del tutto diverso, sarebbe stato come perdere una parte di me stessa, una me stessa nuova che stavo scoprendo in quei mesi e in cui mi rivedevo molto di più rispetto alla vecchia Rose.
Le sventure che avevo affrontato e che stavo continuando ad affrontare, avevano forgiato il mio carattere, un nuovo lato di me. Non avrei esitato un solo secondo a mettere da parte tutto quello che amavo affinché il giusto trionfasse, ma allo stesso tempo avrei dato qualsiasi cosa purché la mia famiglia e i miei amici fossero salvi. Avrei preferito prendere su di me il carico dell'universo, pur di non affibbiarlo a qualcuno cui tenevo. Non sapevo se fosse stata la minaccia di morte che mi aveva così consapevolizzata riguardo il mondo, ma non mi importava, perché ero pronta a difendere i miei ideali e i miei cari, ma tutto il cambiamento che avevo subito era dovuto anche all'influenza di Scorpius, che era diventato una parte importante del mio modo di essere.
Se lui fosse morto per colpa mia, non me lo sarei mai perdonato. E dunque il motivo principale per cui andavo ad Azkaban, mi infilavo nella tana del lupo con la possibilità di essere sbranata viva, era perché non avevo la benché minima intenzione di farlo esporre a tale rischio, non senza di me. Se ci avessimo dovuto rimettere la pelle, l'avremmo fatto insieme, come ogni cosa avevamo affrontato fino a quel momento.
"Sei così agitata per Scorpius?" chiese Izzy, distraendomi dai miei ragionamenti convinti e pessimistici. Eravamo a letto, ma non stavamo spiccicando parola, entrambe immerse nei propri pensieri. Lei il giorno dopo sarebbe uscita sola con Al per Londra, come io avevo fatto con Malfoy giorni prima, mentre noi due ci saremmo infilati nella prigione dei maghi, la più protetta del Mondo Magico.
Uguale, insomma.
Lei però non sapeva del mio progetto di unirmi a Scorpius, perché non potevo permettere che la mamma, una Legilimens esperta, scoprisse per caso ciò che intendevo fare nella testa di Izzy. Già avevo il mio bel daffare nel pregare che non decidesse di fare una capatina nella mia, preoccuparmi pure di quella della mia amica mi avrebbe tolto le ultime energie che mi rimanevano.
"Non ha mai fatto niente di così pericoloso," risposi sospirando, fissando i gufi luminosi di plastica attaccati al soffitto sopra di noi. "Lo so che essere negativi non porta a nulla, ma se lo beccassero? Se lo uccidessero? Gli Auror hanno il permesso di colpire chiunque tenti di evadere, e se pensassero che sia un prigioniero? Sarebbe soltanto colpa mia."
L'angoscia nella mia voce mi spiazzò, non mi aspettavo di stare covando dentro tutta quell'agitazione, e anche Izzy rimase qualche secondo in silenzio, forse presa in contropiede. "Lui non si sarebbe offerto di andare se il pensiero di morire per lui fosse una prospettiva peggiore di quella di perderti."
"Non mi perderebbe, se non andasse. Anzi, lo capirei."
"Sono sicura che tu ne sia convinta, ma pensi che se nessuno provasse a farlo, considerando che succederebbe questo se lui si tirasse indietro, ti metteresti semplicemente l'anima in pace e rinunceresti? Scorpius sa che cambieresti atteggiamento, ed è naturale, perché è qualcosa a cui tieni. Non vuole deluderti, Rose," sospirò Izzy, e sentii un fruscio di coperte che mi suggerì che si era girata nella mia direzione. "Come si è buttato nel Ministero e beccato una Maledizione che l'ha quasi ammazzato, solo per salvarti la vita, così stai tranquilla che mai si arrenderebbe sapendo di poterti fare felice. E poi," aggiunse con tono divertita, "stiamo parlando di Malfoy. Non ammetterebbe mai di avere paura, è troppo preso dal fare il duro."
"Mica sarai ancora convinta che lo stia facendo perché gli piaccio!" esclamai alzandomi di mezzo busto e sorreggendomi con un gomito per guardarla. L'occhiata che i suoi occhi scuri mi restituirono nella penombra, data dalla luce accesa nello studio dei miei, fu significativa. Mi lasciai cadere sul cuscino con uno sbuffo. "Non è così, Izzy."
"Santo cielo, Rose!" sbottò ora irritata. "Stiamo parlando di un ragazzo con cui hai sempre avuto un rapporto assurdo, e che hai odiato con tutta te stessa fino a pochi mesi fa, e ti ricordo che la cosa era fottutamente reciproca. Ora lui si è offerto di andare all'Inferno per te, e tu continui a dire che l'abbia fatto per il senso del dovere, o perché essendo amico di Al pensa di fare un favore a lui? Non essere ingenua, soprattutto in quanto tu stessa in questo esatto momento tremi all'idea che si faccia del male, e tutto perché sei innamorata di lui."
"Sei un po' confusa," replicai testarda, facendole stringere le labbra così forte che ritenni volesse mollarmi un ceffone micidiale. "È solo attrazione fisica."
"Quando sarai abbastanza matura da renderti conto che c'è una bella differenza tra attrazione fisica e quello che siete voi, come vi guardate, come vi cercate e come vi comportate l'una nei confronti dell'altro, allora capirai che stai dicendo solo un mucchio di stronzate. E non mi interessa se sono dura con te, perché le cose non ti entrano in testa finché uno non te le ripete mille volte, e tu hai solo sei mesi prima di uscire da Hogwarts. Non sprecare la tua occasione di vederlo tutti i giorni soltanto per orgoglio, perché poi ti morderai le mani. E poi, metti che si innamori di qualcun altro perché tu continui a rifiutarlo? Allora sì che ci starai male."
Alzai le sopracciglia. Il suo tono mi parve fin troppo concitato per l'argomento. "Ma qui non stiamo parlando più di me e Scorpius, o sbaglio?"
La presi alla sprovvista. Boccheggiò spaesata, poi sospirò, seppellendo la faccia nel cuscino. "Diciamo che Albus non mi piace solo da quest'anno."
"Non me l'hai mai detto."
"Pensavo che ti avrebbe dato fastidio, e a dir la verità non mi ero neanche accorta di quanto veramente mi interessasse prima di vederlo con Mary Wilson, la Corvonero del nostro anno," replicò ostentando indifferenza ma in realtà con voce tesa. "E me ne sono pentita, perché Al aveva palesato i suoi sentimenti e io per paura non avevo voluto dirgli che ricambiavo. Per questo capisco perfettamente la situazione in cui ti trovi, e ti posso dire che non è piacevole."
Ma dov'ero stata io l'anno precedente? Izzy innamorata di Albus e mio cugino che le si dichiara? Evidentemente ero stata troppo presa a insultare Malfoy per accorgermi di ciò che stava succedendo a quelli attorno a me.
"Mi dispiace che tu abbia sofferto così senza potermelo dire," commentai sincera, "e so che a casa dei nonni mi hai esposto le tue motivazioni per cui io e Malfoy ci piacciamo a vicenda, però, davvero, forse è meglio così, una relazione non seria e non vincolante. Insomma, hai visto quello è successo quando ad Hogwarts si era diffusa la voce che stessimo insieme, no? Papà non mi ha parlato per un mese, e non potevamo andare da nessuna parte senza pettegolezzi e voci malevole a seguirci."
Mi misi a sedere. "Se amassi Scorpius non dovrebbe importarmene, no?"
Quante volte avevo sentito dire che non contava il giudizio della gente ma solo il proprio cuore? Ebbene, io non riuscivo a seguirlo, il mio cuore, perché mi diceva due cose diametralmente opposte, ovvero di stare con lui e di fregarmene del resto e al contempo di non provocare dispiacere alla mia famiglia. Allora ciò non significava che non lo amavo sul serio?
"Ma Rose, come potrebbe non importarti di quello che pensano le persone cui tieni? Sarebbe assurdo, ignorare l'opinione di tuo padre. Senza contare che ad Hogwarts, be', sei una delle persone più popolari. È normale tenere in considerazione quelle stesse persone che ti idolatrano," mi fece notare facendo spallucce.
Effettivamente poteva anche avere ragione lei, ma non sarei stata disposta ad ammetterlo, perché farlo avrebbe significato anche ammettere che mi piaceva Malfoy e onestamente, ciò avrebbe complicato tutto e già le cose erano abbastanza complicate di per sé, aggiungere legna al fuoco non sarebbe servito a nessuno dei due.
"Non ti sto convincendo, non è vero?" mormorò con una risatina. "Tranquilla, te ne renderai conto da sola."
"Del mio immenso amore per Malfoy?" replicai sarcastica. "Non succederà mai."
"No," fu la risposta, mentre si girava dall'altra parte tirandosi su le coperte fino al mento, "del fatto che non ti è così indifferente come credi."
Chiuse la conversazione così. In effetti, poteva essere noioso, controproducente e pure fastidioso cercare di convincere una persona con la testa dura come me di un'assurdità simile, eppure percepivo che c'era qualcosa di più che la turbava, qualcosa che non c'entrava con me e Malfoy. Avrei voluto chiederglielo, ma aveva messo in chiaro che non voleva parlarne, e in grande sincerità neanche io avevo voglia, con tutta quell'angoscia, l'apprensione e l'inquietudine che si mescolavano con il mio sangue, di star ascoltare altri problemi. Anche perché non sarei riuscita a separarli dai miei, e i sentimenti negativi che mi impegnavano la mente si sarebbero moltiplicati.
"Buona notte, Izzy," conclusi.
"Buona notte, Rose."
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Hugo mi guardò con un sopracciglio alzato e la solita aria scettica e derisoria stampata in viso. "Non sta andando al patibolo, sai."
Gli restituii un'occhiataccia. "Perdonami se ti contraddico."
"Puoi contraddirmi quanto ti pare, il tuo ragazzo non è sul punto di venire scuoiato vivo né costretto a bere la cicuta, quindi stai tranquilla e fatti un panino," replicò schietto porgendomi un enorme sandwich pieno di qualsiasi cosa avesse trovato in frigo, tra cui marmellata, formaggio, prosciutto e salse, mille strati di dolce e salato mescolati. Incredibile come la sua soluzione a qualsiasi problema fosse il cibo.
Izzy gli lanciò un'occhiata disgustata. Mise da parte i suoi cereali. "Mi è passata la fame."
"Be', la colazione è il pasto più importante della giornata," considerò Hugo addentando il suo panino quando l'ebbi rifiutato, e il ketchup gli sporcò la punta delle dita e la bocca fino al mento. "Forse dovreste rilassarvi di più, ragazze. Una bella bomba calorica la mattina vi dà più energie per la giornata. Sbaglio, papà?" chiese rivolto all'uomo di casa, impegnato a sorseggiare una tazzina di caffè a capotavola.
"Affatto," rispose mettendo giù il giornale, e non sfuggì a nessuno di noi la smorfia che fece nel mandare giù il caffè.
"Non ti sei accorto che la mamma ti ci ha messo il sale dentro?" domandò Hugo tranquillo, mordendo di nuovo il suo cibo salutare.
Papà scrollò le spalle. "Certo, mica sono stupido. Ieri sera, nello spegnere la luce in studio, sono inciampato e le ho rotto una cornice a cui teneva particolarmente. Non potendomi gridare contro per non svegliarvi, è tutta la mattina che si vendica così."
Continuò a sorseggiarlo riprendendo in mano il giornale. Alzai le sopracciglia. "E perché non smetti di berlo? Deve fare davvero schifo."
"Perché non voglio darle la soddisfazione di vedermi soccombere. Mi passeresti la Nutella?" aggiunse allungando la mano nella mia direzione. Roteai gli occhi.
Tanto era impossibile sperare che la mia famiglia si comportasse in modo normale, era un'utopia.
Le seguenti ore dopo la colazione non fui totalmente presente a me stessa. Tentai di fare le solite cose che mi occupavano una giornata di vacanza, cioè la lettura di un libro - mi ritrovai a rileggere la stessa pagina per almeno mezz'ora prima di rinunciare del tutto, - e anche lo sviluppo del mio saggio di Erbologia sul Pugnacio, ma dopo svariati tentativi mi resi conto di starmi cimentando in un'impresa inutile, perché del tutto incapace di concentrarmi.
Continuavo a fissare l'orologio appeso in cucina, le lancette che si muovevano a velocità snervante, perché immensamente lente, ma al contempo troppo veloci. Questo era tutto ciò che mi fu concesso di fare dalla mia stessa ansia fino alle sei del pomeriggio, poi entrai in uno stato di costante nervosismo che mi fece guadagnare diverse occhiatacce dalla mamma e rimproveri a mezza bocca, e pure un invito ad andarmene a quel paese da mio fratello, anche se in modo più volgare.
Comunque, i Malfoy si presentarono alla nostra porta alle ore venti, precisi e puntuali, e pronti ad andare in scena. Io invece mi sentivo sul punto di vomitare anche l'anima, ma mi limitai a prendere dei respiri profondi e a mordermi l'interno delle guance, senza svenire sul pavimento.
"Il cambio degli Auror è tra cinque minuti," annunciò papà sfregandosi le mani. "Non c'è tempo per ripetere il piano, ma confido in te, Scorpius. Sono sicuro che sarai perfettamente capace di gestire la situazione."
Scorpius fece un sorriso a mezza bocca, anche lui rigido dal nervosismo, ma apprezzando le sue parole. "Grazie, signore."
Lui mi fece cenno di andare a prendere il Mantello al piano di sopra, e quando tornai trovai tutti in posizione: papà e Scorpius al centro del salotto, la mamma e il signor Malfoy vicini al divano che parlottavano concitatamente, e Hugo e Izzy accanto all'albero di Natale. Lanciai uno sguardo a mio fratello, lui annuì velocemente.
Successe tutto in modo molto veloce, ebbi a malapena tempo di realizzarlo.
Hugo fece scoppiare il petardo, e un gran fumo grigio inondò il salotto, oscurando temporaneamente la vista di tutti. Mi riuscii a infilare sotto il Mantello insieme a Scorpius nel momento esatto in cui mia madre, avvistatami, gridava il mio nome, e mio padre preso il mio amico sotto braccio si Smaterializzava, senza avere il tempo di accorgersi della mia presenza.
Come succedeva ogni volta in cui subivo quel processo, mi sentii fastidiosamente tirare per lo stomaco, e affondai le dita nel braccio di Scorpius, l'unico contatto che mi teneva collegata a papà. La testa mi si alleggerì improvvisamente, e avrei di sicuro rigettato se fossi stata strapazzata qua e là anche un solo istante in più.
Non ero neanche sicura che avrebbe funzionato: con la Materializzazione si poteva portare al massimo una persona, ma forse il Mantello aveva avuto qualche effetto, non avrei saputo dirlo.
Fu ancora Malfoy a reggermi appena i piedi mi toccarono terra, e impedì alle mie ginocchia di piegarsi facendomi stramazzare al suolo. Mi circondò la vita con il braccio e premette la bocca morbida contro il mio orecchio - gesto che avrei trovato eccitante se solo non mi avesse voluta incenerire.
"Si può sapere che cazzo ci fai tu qui?" ringhiò tremando, furioso. "Dovevi restare a casa, Rose!"
"E permettere che tu rischiassi la vita per me, restando seduta ad aspettare il tuo ritorno? Avresti dovuto aspettarti che non te l'avrei lasciato fare, Scorpius," replicai fissandolo dritta negli occhi, il tono duro ma non cattivo. Non ammettevo repliche, e comunque ormai era troppo tardi, perché eravamo arrivati ad Azkaban.
Ci ritrovammo in una sala dai muri grigi e asettici, priva di finestre, che ad un'estremità presentava un corridoio così lungo che non era possibile vederne bene la fine, e un altro su cui affacciavano solamente tre porte, e una rampa di scale che portava ad un piano inferiore. Generalmente mi sarei sorpresa della relativamente abbondante quantità di Auror che sorvegliava quell'area, ovvero quella di accesso per il personale, ma non in quel caso.
Ero riuscita ad origliare abbastanza da sapere che l'orario stabilito era stato frutto di accurate riflessioni. Infatti, non a caso le venti e dieci erano il momento in cui sarebbe finito il turno giornaliero della prima serie di Auror, e iniziato quello notturno, che si sarebbe protratto fino alle otto del mattino, e dunque c'era un via vai di maghi e streghe trafelati e anche un po' storditi. Pensai che per un prigioniero quello sarebbe stato l'ideale per una fuga.
"Alt!" gridò un Auror, appena si accorse di mio padre, che si guardava attorno in attesa di un qualcuno che lo approcciasse. Lui rivolse al compagno un ampio sorriso. "Hey, Timothy. Come va?"
"Signor Weasley!" balbettò sgranando gli occhi l'Auror, rizzandosi appena riconobbe il suo capo. "Non mi aspettavo di trovarla qui!"
"Sì, be', commissione urgente per conto di Draco. C'è qualche possibilità che senza autorizzazione controfirmata dal Ministro mi facciate entrare comunque? Sarà una cosa veloce," borbottò papà, grattandosi la nuca con fare disinvolto.
L'Auror assunse un'espressione afflitta. "Mi dispiace, signore, ma le cose con il nuovo direttore sono cambiate. Sa, con le dimissioni improvvise del signor Wenham e la seguente investitura di Brierley, c'è stato tutto un rinnovamento delle regole."
Dimissioni improvvise? Ecco qualcosa su cui valeva la pena di indagare. Non volevo fare futili speculazioni, ma c'era tutta la probabilità che questo cambiamento nel ruolo di direttore fosse dovuto proprio alla morte di Caleb e ai segreti che il Ministero si ostinava a tenere.
Papà mise su un cipiglio pensieroso. "Wenham ha dato le dimissioni?"
"Due giorni prima di Natale," confermò Timothy, scrollando le spalle. "Motivi di famiglia, ha detto."
Mi dovetti spostare per non essere presa in pieno da una guardia particolarmente frettolosa. "Pensavo che genitori, moglie e figlio fossero morti durante la Grande Guerra," osservò mio padre, sospettoso, e l'altro si strofinò gli occhi, sintomo di stanchezza, la stessa che provocava le vistose occhiaie violacee sul suo volto. "Non so, signor Weasley. Magari era semplicemente una scusa. Sa quanto questo lavoro possa essere stancante, forse aveva soltanto bisogno di staccare la spina per un po'."
Papà si costrinse a indossare un largo sorriso. "Scusami, Timothy, ti sto trattenendo. Allora non c'è proprio nessuna possibilità di entrare?"
"Mi scusi, signore, temo di no," fu la risposta sussurrata del giovane Auror, che non voleva mettersi contro di lui ma che doveva svolgere il suo lavoro. "Le consiglio di tornare con un permesso, nessuno ad eccezione del direttore ha l'autorizzazione a fare entrare i visitatori."
"Capisco," replicò semplicemente papà, la fronte corrugata. Non poté dirci nulla, né guardarci, perché non sapeva dove fossimo; si limitò a leccarsi nervosamente le labbra e a sospirare, un attimo prima di Smaterializzarsi e lasciarci quindi soli in quel luogo ostile.
Rimasi qualche secondo a guardarmi intorno. Considerato il via vai di Auror nella direzione del lungo corridoio, non poteva essere che lì dove erano situate le celle, e dato che stava iniziando il turno di notte, avremmo avuto buone possibilità di trovare proprio le guardie che erano presenti quando Caleb si era tolto la vita. Inoltre, di fondamentale importanza era parlare con il detenuto davanti alla sua cella, o anche quelli vicini, per sapere le dinamiche del suo suicidio. Quello che il Ministro non voleva raccontare.
Presi Scorpius per il braccio e lo iniziai a tirare verso le celle, tenendo fermo il Mantello con una mano per evitare che scivolasse via, ma lui mi fermò, rivolgendomi un'occhiata letale, che mi fece raggelare e appiattire contro la parete alle nostre spalle. "Che c'è?" bisbigliai con gli occhi spalancati, sorpresa dalla quantità di rabbia nei suoi occhi.
"C'è che se avessi partecipato agli incontri di organizzazione per questa cosa, sapresti che partire in quarta sarebbe inutile e che per prima cosa dobbiamo andare nell'ufficio del direttore!" ringhiò furibondo, rafforzando la presa attorno al mio braccio. "Ma io—" tentai di obiettare in un sussurro fievole, per sostenere che non poteva essere colpa mia se lui e papà mi avevano vietato di assistere.
Peccato che ciò contribuì a rafforzare la sua ira. "Certo che non avresti potuto farlo, perché dovevi restare fuori da questa cosa! Dovevi stare a casa, non rischiare la vita qui, cazzo. Adesso, se ti fai male—"
"Scorpius ma perché ti preoccupi di questo!" sbottai, interrompendolo. "Se mi faccio male sono problemi miei, che dici?"
Rimanemmo a fissarci, sfidandoci a distogliere lo sguardo per primi, lui le labbra serrate e gli occhi stretti e io che stringevo convulsamente il Mantello tra le dita. Alla fine l'ebbi spuntata io, grazie ad anni di allenamento con James e Teddy, e sbuffando frustrato mi fece cenno di muovermi. La folla di Auror che stipava quella sala ci rese complicato il riuscire ad arrivare dall'altra parte per imboccare quelle scale ben illuminate - per poco un corpulento individuo non mi colpì in pieno il volto, gesticolando, - però alla fine riuscimmo a iniziare la discesa.
Scorpius doveva rimanere ben piegato, con conseguente mal di schiena, perché troppo alto per stare dritto e non scoprire i piedi. Io avevo il cuore che mi batteva in gola, le mani gelide dall'ansia e la salivazione azzerata. Non dicemmo niente, continuando a scendere sincronizzati, finché non fummo all'inizio di un piano con metà dei sorveglianti, cosa che dovevo ammettere mi diede un po' di sollievo.
C'erano innumerevoli porte, tutte pesanti, in legno scuro, e il pavimento dello stesso materiale ben cerato e splendente, dei grossi e lucenti lampadari di cristallo che inondavano di luce morbida l'intera area e i volti assonnati ma efficienti degli Auror. Sopra ogni porta c'erano delle targhe di ottone, lustrate e linde, che recavano incisi in oro nomi, o occupazioni: Segreteria, Ufficio Amministrazione Generale, Servizio Visitatori, Base Auror, Reparto della Sanità, Centro di Recupero, Ufficio per la Segretezza, C.C.I., Ufficio per la Tutela e il Rispetto.
"C.C.I.?" chiesi in un sussurro, percorrendo insieme il lungo e ampio androne. Era assurdo che quel piano trasudasse ricchezza e sfarzo come se fosse un'ala della Reggia di Versailles soltanto perché era quello dove alloggiava il direttore e la sua équipe, e invece il resto della prigione era dissestata e trascurata.
Trattenni il respiro quando passammo davanti ad un Auror appostato davanti alla porta che recava Servizio Visitatori, e quello starnutì all'improvviso. Avevo l'ansia a fior di pelle, l'idea di venire scoperti continuava a rimbombarmi in testa come un mantra, insieme alla caterva di conseguenze negative che ne sarebbero scaturite.
"Centro Casi Indesiderati," rispose piatto Scorpius, scorrendo le targhe con lo sguardo per cercare quella del direttore. In realtà non era difficile accorgersi quale fosse, dato che era l'ultima, l'unica a doppio battente, intarsiata d'oro. Mi stava proprio irritando tutto quel dimostrare la propria potenza. Non c'era bisogno di vantarsi così tanto se poi al piano di sopra i detenuti erano in misere condizioni.
Era incredibile, oltretutto, la fama splendida che si era costruito Shacklebolt sin da quando era stato eletto Ministro, che fra le cose vantava di essere incredibilmente retto, di non fare favoritismi, di aver fatto rinchiudere tutti i Mangiamorte in modo che non facessero più danni a nessuno e, soprattutto, di aver cacciato i Dissennatori da Azkaban, costruendo un sistema basato sulla giustizia e non sulla corruzione, che non aveva permesso neanche un'evasione negli anni. Eppure, in soli pochi giorni era riuscito a smontare con le sue mani tutti questi princìpi, a partire dall'ultimo e più importante.
In tutte le cose che stavamo scoprendo, non riuscivo a trovare una parvenza di giusto neanche con il binocolo.
Fummo veramente fortunati: ci bastò attendere qualche secondo, incerti sul da farsi, prima che una bella donna tutta in tiro, dal tailleur pantalone blu notte e la camicia bianca abbottonata fino al collo, ondeggiò fino alla porta sui tacchi alti e bussò lievemente, prima poi di aprirla.
Non ci pensammo due volte ad entrare insieme a lei, ritrovandoci in quella che sembrava una stanza più adatta ad una re che ad un direttore di una prigione. Se semplicemente il corridoio era lussuoso come pochi, lì dentro ogni cosa dava l'idea del potere e del denaro che doveva possedere l'uomo che se l'era fatta costruire. Semplici mobili lustrati di legno pregiato, i lampadari di cristallo, le poltrone larghe e disposte a semicerchio attorno ad un tavolo dai piedi a forma di leone, addirittura un tavolo da biliardo, una scrivania di rara grandezza e un tappeto intarsiato di fili d'argento. Continuai a guardarmi attorno a bocca aperta, sentendomi un po' in colpa ad essere così affascinata da quello sfarzo, ma assolutamente abbagliata.
Arrossii vistosamente quando i miei occhi, una volta osservato con attenzione tutto l'ambiente, individuarono colui che doveva essere il direttore, Brierley. Scorpius mi lanciò un'occhiata in tralice di fronte alla mia reazione, ma era impossibile per me anche solo pensare di ritornare ad un colorito normale.
La segretaria ebbe la mia stessa reazione, solamente che meno contenuta, tanto che iniziò a torturarsi il labbro e affondò le unghie nei palmi della mano. Brierley si accorse di lei in un secondo momento, e le rivolse un sorriso smagliante.
Sarà stato alto anche lui sul metro e ottantacinque, con due sfolgoranti occhi blu oltremare che letteralmente splendevano sotto la luce del lampadario. I capelli biondo oro gli arrivavano in morbide onde fino sopra le spalle, e un lieve velo di barba chiara conferiva al suo viso impossibilmente bello un tocco più maturo e eccitante.
La cosa più spiazzante, però, era il fatto che avesse chissà come perso la camicia, e indossasse soltanto un paio di eleganti pantaloni neri, dimostrando di avere più addominali che cellule del corpo.
"Mi perdoni," esclamò con voce limpida e perfetta, quando vide il rossore della segretaria. "Mi stavo giusto cambiando."
Le rivolse un sorriso così bianco che mi abbacinò, e mi accorsi di avere la gola secca. Non avevo mai reagito così davanti ad un uomo, davanti a nessuno, ma quello era davvero, davvero troppo bello per essere vero.
Mi sarei voluta avvicinare per controllare se appartenesse effettivamente al mondo reale o fosse frutto di un'allucinazione, ma dalla faccia di Scorpius dedussi che mi avrebbe impalata, e quindi mi trattenni.
"Bleah," cercai di dire, sforzandomi di fare una smorfia. "È proprio brutto."
"Finiscila."
Brierley recuperò una camicia e se la abbottonò velocemente, provocando un moto di protesta e un conseguente lutto dei miei ormoni, e la segretaria finalmente uscì dal suo mutismo selettivo e riuscì a spiccicare parola senza balbettare troppo. "La cartella su Thomas Pollock, signore," disse lasciando una cartellina sulla scrivania. "Timbrata e firmata, come richiesto. C'è anche la copia del documento di attestata vendita dell'Orfanotrofio Seymour sotto la direzione della signorina Cole."
"Ti ringrazio, Sylvia. Volevo giusto dirti," aggiunse l'uomo avvicinandosi a lei, e potei chiaramente vederla trattenere il fiato e spalancare gli occhi azzurri, "che ultimamente stai facendo davvero un buon lavoro."
Le lasciò scivolare una mano dietro la schiena, fino alla parte bassa. "Qualsiasi cosa ti serva, sappi che puoi contare su di me, okay?"
Sentii Scorpius sbuffare al mio fianco, così forte che temetti i due potessero sentirlo, ma erano troppo impegnati a guardarsi appassionatamente negli occhi.
"Grazie, signore," sussurrò la donna, bagnandosi le labbra con la lingua. "Me lo - me lo ricorderò."
Lui le fece l'occhiolino e sciolse la presa, dandole le spalle e lasciandola leggermente instabile sulle gambe. La donna fece per schizzare fuori dalla stanza, ma Brierley la richiamò appena fu sulla soglia. "Scusami, potresti ricordarmi a che ora è la cena con l'Assistente del Ministro? Alle ventuno o alle ventuno e trenta?"
"Alle ventuno, signore."
L'uomo sorrise. "Dannazione, sapevo che sarei stato in ritardo ma non così in ritardo... grazie, cara. Puoi andare."
La segretaria gli rivolse un cenno del capo e uscì, lasciandoci soli con Brierley. Il sorriso malizioso scomparve velocemente come era apparso, e prese da un armadio una giacca nera appesa ad una stampella, infilandosela e poi ravvivandosi i lunghi capelli color oro fuso passandovi le dita in mezzo.
Si spruzzò del profumo come ultimo tocco di classe, e il forte odore mi arrivò alle narici persino da lì. Sembrava stranamente la stessa, identica colonia di Scorpius. Mi diede un lieve giramento di testa, nonché l'acquolina in bocca.
Trascendeva ogni ideale di bellezza esistente al mondo. Non importava che le sue caratteristiche potessero non coincidere con quelle dell'uomo perfetto di ogni singola persona, non ci si faceva neanche più caso una volta avutolo sotto gli occhi. Letteralmente guardarlo mi faceva spalancare la bocca, era una reazione naturale. Più che altro, mi domandavo come il ragazzo accanto a me potesse esservi del tutto immune.
Del tipo, io se fossi stata un maschio sarei comunque stata impossibilmente, irrimediabilmente e inequivocabilmente innamorata di quel tizio.
Si guardò allo specchio fissato all'anta dell'armadio, annuì in modo impercettibile, come se fosse stato soddisfatto del risultato ottenuto - mi domandavo come potesse anche solo venirgli il dubbio a riguardo, - e afferrò una cartellina nera. Mi dispiacque quando uscì anche lui, privandomi di cotanta perfezione, ma appena non lo ebbi più sotto gli occhi mi ricordai della mia missione e ritornai con i piedi a terra.
Scorpius scattò e chiuse la porta a chiave, togliendosi così il Mantello dell'Invisibilità. Raddrizzò la schiena con una smorfia, poi mi guardò con sufficienza. "Hai bisogno di un fazzoletto, Weasley? Con tutta quella bava potresti riempire il Lago Nero."
Scrollai le spalle. "Davvero non capisco come tu abbia fatto a non rimanere folgorato. Quel Brierley è bello come il David di Michelangelo."
Scorpius roteò gli occhi, e mi superò per porsi al di là della scrivania. "Stronzate. Hai visto come ha trattato la segretaria? Come se già fosse stato sicuro che lei non l'avrebbe rifiutato."
"Oh, mi ricorda qualcuno," lo presi in giro ridendo, e mi guadagnai l'ennesima occhiataccia.
"Perché invece di eccitarti non vieni qui a darmi una mano?" mi rimproverò infastidito. "Non stiamo facendo una gita di piacere, sai?"
Acquistai la sua sinistra e gli posai una mano sul fianco, attirando la sua attenzione prima rivolta alla quantità innumerevole di fogli sulla scrivania del direttore. "Forse potrebbe esserlo," sussurrai frapponendomi tra lui e il mobile e mettendomi a sedere sul legno. "Perché non ti rilassi un po', Scorp? Sei troppo teso," gli passai i palmi delle mani dietro le scapole, sentendole irrigidite sotto il mio tocco.
Scorpius deglutì. "Stiamo facendo una cosa pericolosa e importante, Rose. Non è il momento di distrarsi."
Sorrisi mordendomi il labbro inferiore, e i suoi occhi attenti vi caddero sopra. Appena vi passai la lingua in mezzo, prese un respiro profondo. Ormai lo conoscevo troppo bene, sapevo perfettamente che cosa fare per convincerlo a lasciarsi andare.
Feci scorrere la mano dalla spalla al pettorale, giù per gli addominali fino alla cintura dei pantaloni, e lo tirai a me fino ad avere le gambe avviluppate attorno alla sua vita. Le sue dita trovarono naturalmente posto sui miei fianchi, chinò la testa in modo che il mio respiro iniziò a confondersi con il suo.
"Forse abbiamo cinque minuti di tempo," proferì prima di farsi attrarre e incontrare le mie labbra con le sue. Mi cinse la vita per spingermi ancora più contro di sé, e posò le mani aperte sulle mie cosce scatenando un brivido che mi percorse la spina dorsale. La sua lingua accarezzò la mia ed esplorò la mia bocca mozzandomi il fiato dal desiderio di averlo più vicino.
Il suo profumo era doppiamente intenso, molto più del solito, avevo la pelle d'oca nell'inspirarlo. Lasciai che mordicchiasse il mio collo, e mi sfuggì un sospiro di apprezzamento che lo fece lamentare appena. "Cazzo," mormorai con gli occhi chiusi quando iniziò a succhiare la porzione di pelle sopra il seno, che aveva scoperto scostandomi la scollatura a V del maglione.
Incrociai le caviglie dietro la sua schiena, facendo di conseguenza scontrare le nostre intimità con un lieve gemito che risuonò nella stanza vuota. Presi a tirare senza accorgermene le ciocche bionde alla base della sua nuca tra le dita, mentre con la mano libera accarezzai i suoi addominali contratti e in rilievo.
Mi sentivo così vogliosa, avevo voglia di averlo più vicino, ancora più vicino, fino a fondere i nostri corpi, a renderli un tutt'uno. Non mi interessava né della stanza in cui ci trovavamo, né della possibilità di essere scoperti, né del fatto di star amoreggiando nella prigione più protetta del mondo.
Non pensavo a niente che non fosse lui, il suo tocco, la sua bocca, il suo profumo.
L'occhio mi cadde, quando lambì con la punta della lingua la bruciante zona dove mi aveva appena lasciato l'ennesimo marchio, sulla parte di scrivania vicino alla quale ero appoggiata. In bella vista, un'ampolla con un pompon grigio ferro, nella quale riluceva un liquido madreperlaceo che mi stuzzicò la memoria.
"Scorpius," lo presi per le spalle allontanandolo da me. Lui mi rivolse un'espressione confusa, i capelli scompigliati, le guance rosse e le labbra gonfie. "Cosa?"
Era anche Malfoy impossibilmente bello, con la differenza che lui era anche affascinante, sexy, intelligente, e aveva un savoir-faire particolarmente stuzzicante; Brierley invece, anche considerando il modo in cui si era comportato con la segretaria, aveva sì le sembianze di una statua greca, e poteva attirare più attenzione, ma lui era su un altro livello.
"Sì è spruzzato dell'Amortentia," osservai sistemandomi il maglione, e allungandomi per afferrare la boccetta e porgergliela. "Siamo stati influenzati dalla pozione."
Appena realizzai quello che era successo e più in generale che eravamo ancora dentro Azkaban, mi salì un groppone sullo stomaco e l'ansia tornò a invadermi le vene.
Lui notò il cambiamento nella mia espressione. "Mi dispiace, Rose. Davvero."
"Ci conviene trovare questi documenti prima che torni qualcuno," risposi solamente, sapendo perfettamente che non era colpa sua, ma al contempo non mi andava per niente di affrontare l'argomento. Detestavo gli effetti che l'Amortentia provocava su di noi, ci spingeva letteralmente l'una tra le braccia dell'altro.
E cosa più sgradita, metteva in dubbio la mia sicurezza più grande, ovvero che tra me e Malfoy non ci fosse alcun legame sentimentale.
Rimanemmo in silenzio per tutto il periodo di tempo in cui spulciammo attentamente ogni cartella, cassetto e fascicolo presenti in quella stanza. Io non avevo trovato niente, e dai sospiri frustrati che emetteva il mio compagno emergeva che anche lui non stava avendo fortuna migliore.
La verità era che non eravamo concentrati abbastanza, avevamo paura e gravava sulle nostre spalle un peso non indifferente. Mi passai più volte le mani tra i capelli, strizzando gli occhi, cercando di recuperare un po' di attenzione.
Mi costrinsi a respirare a fondo finché i nervi non mi si fossero rilassati, ma più inalavo grosse quantità di ossigeno, più le idee mi si confondevano e più mi impanicavo. Stavamo deliberatamente rischiando la vita, ma sopratutto stavo costringendo Scorpius a fare lo stesso. Era anche vero che senza di lui difficilmente sarei stata sufficientemente stabile a livello mentale da proseguire in quell'opera da sola, ma avrei preferito non mi avesse seguita in un'impresa del genere.
Infondo eravamo soltanto due ragazzini che si opponevano ai vertici più alti del Ministero, Shacklebolt compreso, come avremmo dovuto fare a uscirne vincitori?
"Ho trovato qualcosa," annunciò allora Scorpius.
Okay, come non detto. Magari potevamo farcela.
Scorpius aveva tra le mani una cartellina gialla. Mentre quelle accanto erano gonfie, se non straripanti, di fogli scarabocchiati o stampati in modo ordinato, quella tra le sue mani era sospettosamente scarna. Recava il nome di Caleb vergato in corsivo, e un numero vicino, 7504.
Infatti, quando il ragazzo al mio fianco la aprì scostando l'elastico che la teneva chiusa, non poté che invadermi un sentimento di acuta delusione alla vista del nulla che conteneva. "È vuota," osservai, alzando le sopracciglia. "E ora?"
"Non del tutto," replicò Scorpius stringendo gli occhi, e aprì un'ala inferiore per tirarne fuori vittorioso un post-it piegato più volte. Mise giù la cartellina e lo spiegò con delicatezza per evitare di romperlo.
Vedi Ufficio per la Segretezza, A. Hopkins.
Scorpius assunse un'aria mesta. "E siamo reindirizzati. Di nuovo."
"Immagino sia difficile entrare in un posto che si chiama Ufficio per la Segretezza, vero?" commentai incrociando le braccia al petto. Saremmo mai riusciti a trovare qualcosa? O sarebbe stato per tutto il tempo un continuo rimandare e scoprire cose inutili o avere ansia per niente?
"Per noi forse sì," rispose Scorpius, "ma per lui sicuramente no."
Indicò con il dito il nome che recava il post-it, e mi ricordai di averlo visto scritto su una delle targhe d'ottone affisse sopra le numerose porte del corridoio. Alzai gli occhi su di lui, che già mi stava guardando. "Non ci resta che provare."
^^
A quanto pareva, l'unica corrispondenza con A. Hopkins era una donna, Adelaide, che aveva l'ufficio di fronte quello prescelto. "Non posso credere che abbia funzionato," sussurrai incredula quando vidi la signora spalancare trafelata la porta dell'Ufficio per la Segretezza e chiedere a gran voce di suo marito Daniel. Non era stato troppo difficile mandarle un pezzo di pergamena incantata che diceva di accorrere nella suddetta stanza per l'improvviso imprigionamento del compagno.
Dovevo ammettere che non ci eravamo andati per niente leggeri, e che era rischioso divulgare una notizia del genere, ma lo era ancora di più l'aspettare in attesa che ci venisse una qualche idea migliore, e il fattore tempo iniziava a scarseggiare.
Non ci eravamo messi d'accordo sull'orario del ritorno, perché era impossibile prevedere quanto ci avremmo messo a trovare qualche informazione utile, e papà aveva soltanto un'occasione per prenderci, nonché una finestra temporale ristrettissima: una volta comparso nella hall non poteva intavolare con gli Auror una conversazione campata in aria per più di qualche minuto, e quando conclusa avremmo detto addio al passaggio per tornare a casa.
Non rimanemmo ad ascoltare le urla di Adelaide e i balbettii sconnessi e confusi delle donne dall'altro lato delle due scrivanie che non sapevano di cose stesse parlando. Appena però fummo nell'Ufficio per la Segretezza, un enorme salone con le tre pareti interamente occupate da scaffali contenenti milioni di fascicoli e cartelle, potemmo constatare che sulla quarta si affacciava un'altra grossa porta, con accanto scritto Austin Hopkins, e capimmo di aver beccato il cognome sbagliato.
Per fortuna per Adelaide l'annuncio della cattura del marito fu così spaventosa, angosciante e improvvisa che scoppiò in un pianto agonizzante nel bel mezzo della sala, con più di qualche impiegato che la fissava imbarazzato e senza sapere cosa dire.
Io e Scorpius ci scambiammo un'occhiata. Ovviamente io mi sentivo in colpa per l'aver scatenato in lei tale reazione, lui era solo immensamente divertito. Adelaide, il trucco che le colava giù dal mento rigandole di nero il viso inspiegabilmente abbronzato, continuava a strepitare e singhiozzare così rumorosamente che sembrava la stessero torturando viva.
Austin Hopkins, un distinto signore sulla sessantina, uscì con un ruga che gli solcava la fronte e la preoccupazione nello sguardo, riconoscendo le urla di quella che doveva essere la sorella. Scorpius mi indicò la porta del suo studio lasciata spalancata, ed entrammo nel momento in cui Adelaide vide il fratello e con un altro grido spacca timpani gli si buttò tra le braccia disperata.
"Austin, hanno preso Daniel! Hanno scoperto tutto!" strepitò come un'aquila. Dannazione. Evidentemente avevano davvero qualcosa da nascondere. Comunque, Scorpius mi prese per il gomito indicandomi i fascicoli impilati ordinatamente sul cassettone davanti un piccolo armadio, e fu particolarmente complicato controllarli sotto il Mantello, in quanto non potevamo chiudere la porta e togliercelo.
Erano, per grazia divina, sistemati in ordine alfabetico, così non fu difficile trovare quello con su scritto Thomas, Caleb. La prima pagina era occupata dalle informazioni più generali, come data e luogo di nascita, i genitori e i dati sanitari, che tipo di bacchetta avesse avuto e gli esami sostenuti ad Hogwarts - solo i G.U.F.O. quindi. Sospirai nel leggere anche la data di morte, il 22 dicembre.
Chiaramente non avevamo tempo per metterci a leggere qualsiasi cosa, ma bastò un semplice pezzo di carta scivolato fuori dalla cartellina ad attirare la mia attenzione. Lo presi tra due dita con mani tremanti, fissandolo.
"Ecco qua," sentii mormorare da Malfoy. "Piano, sezione e numero della cella, nomi delle guardie di turno quando è morto, rapporto su quello che è successo, chi gli ha fatto visita tramite permessi speciali... ha anche avuto un compagno, dal giorno dell'incarcerazione fino al ventuno dicembre, quando è stato rimesso in libertà. Lo sapevi che - cosa c'è?" chiese interrompendosi nel mezzo della frase, corrugando le sopracciglia, nel vedermi con gli occhi sgranati.
Senza rispondere gli porsi semplicemente il foglio, che lesse velocemente. Quando arrivò alla parte più interessante, spalancò la bocca, incredulo. "Che cosa?" fece incredulo, a voce un po' troppo alta.
"Dobbiamo dire a tutti la verità," stabilii piegando il certificato e mettendomelo nella tasca interna del cappotto. "I maghi inglesi devono sapere chi è il loro Ministro."
"Ora però devi stare calma," mi intimò posandomi una mano sulla spalla, che scrollai senza pensarci due volte. "Che cosa stai dicendo?" sbottai astiosa. "Shacklebolt è un vile, un uomo orribile! Ha orchestrato il tutto, incurante di ciò che Caleb rappresenta!"
Scorpius appoggiò la cartellina sul cassettone. "Questo noi non possiamo saperlo. Non sappiamo come sono andate le cose, non sappiamo proprio niente."
"C'è scritto tutto, Scorpius. Forse dovresti imparare a leggere."
"E tu a riflettere prima di agire. Ricordati che siamo qui per un motivo, Rose, e questo non cambia le cose più di tanto. Quello che dobbiamo fare ora è andare dove sta la cella e indagare. Il rivelare tutto al Mondo Magico provocherebbe una crisi di Stato, lo sai vero? Perché non puoi spiegare questo," toccò appena il mio cappotto per indicare il certificato, "senza spiegare anche il resto, come sia finito in prigione, il fatto che non abbia fatto niente e la sua morte. E fidati, adesso non può giovare a nessuno una cosa del genere. Nemmeno a Caleb stesso."
Annuii appena. Era vero, dovevamo considerare le nostre priorità. Una notizia del genere, se gestita male, poteva pregiudicarci la possibilità di far sapere che Caleb non era colpevole. Poteva aggravare la situazione, impedirci le indagini.
"Dobbiamo prenderla," decisi, riferendomi alla cartella. "Chissà quante cose essenziali ci sono dentro. Non abbiamo il tempo di leggerle tutte adesso."
Scorpius scosse la testa. Dall'altra stanza si sentivano ancora gli ululati di Adelaide. "No, se ne accorgeranno. Nessuno si deve rendere conto che siamo qua, te lo ricordi? Rubare un documento proibito non mi pare il modo migliore per passare inosservati."
"Non torneremo più qui dentro, Malfoy. È la nostra unica possibilità. E comunque penseranno ad un furto interno, non che due ragazzini con un Mantello si siano intrufolati proprio per prendere una cartellina," cercai di farlo ragionare, ma non mi voleva ascoltare. La sua primaria preoccupazione non era lo scoprire quanto più possibile per aiutare Caleb, era il farci uscire indenni da questa storia. E lo capivo, perché anch'io non volevo che nessuno si facesse male, né macchiare la mia fedina penale, ma una volta qui era assurdo ignorare un'occasione del genere per la paura di essere beccati.
Sentimmo le voci dei due Hopkins farsi più vicine, e per questo, mentre Malfoy al mio fianco si affrettava a coprirci completamente con il Mantello, io afferrai il documento e lo strinsi al petto. All'inizio non se ne accorse, poi gettò l'occhio sul cassettone e vide che mancava l'intera cartellina, e mi scoccò uno sguardo irritato, ma non poté replicare perché i fratelli erano entrati nella stanza.
Ci dileguammo lasciandoli discutere sul marito di Adelaide, e superammo gli Auror all'inizio del piano fermandoci soltanto una volta che fummo a metà tra le due rampe di scale, al sicuro da occhi e orecchie indiscreti.
"Che cosa ti è saltato in mente? Ti avevo detto di non prenderlo, Rose, dannazione! Ci sarà mai una volta in cui fai come ti viene detto?" sbottò furibondo Scorpius, serrando i pugni lungo i fianchi. Aveva evidentemente voglia di gridarmi contro, ma si trattenne dal farlo per non essere sentito.
Io roteai gli occhi. "Ci sono informazioni importanti, qui. Non potevamo semplicemente lasciarlo là dentro, che dici?"
"Io dico che la tua presenza qua è fottutamente inutile, dovevi restartene a casa e non rovinare tutto," ringhiò fissandomi con la furia nello sguardo. "Sei venuta per sabotare questa maledetta missione, per mettermi i bastoni tra le ruote? Tutto quello che sto facendo, lo faccio per te, cazzo!"
Al di sotto dell'irritazione che mi stava pervadendo a causa delle sue dure e crudeli parole, la disperazione nella sua voce mi smosse in profondità, facendo affiorare un senso di colpa che mai avrei pensato di poter provare.
In realtà sapevo già da prima che a lui non interessava più di tanto aiutare Caleb, sia perché di fatto era inutile dato che era già morto, sia perché con tutto il male che ci aveva fatto non nutriva alcuna simpatia nei suoi confronti. Per questo non era un segreto che tutto l'aiuto che mi aveva fornito da settembre e che mi stava continuando a fornire anche in quel momento, fosse dettato dall'amicizia che avevamo costruito in quei mesi.
Era solo che sentirselo dire, con quegli occhi profondi e limpidi e sinceri, il respiro leggermente accelerato e la bocca socchiusa, faceva tutto un altro effetto. Chinai appena il capo per non guardarlo più, mordendomi il labbro.
Aveva ragione, non stavo aiutando, anzi, creavo solamente danni.
"Mi dispiace."
"Andiamo," rispose freddamente, facendomi sentire ancora peggio di quanto già non facessi. Con un sospiro annuii e lo seguii su per le scale, fino a tornare al piano dove era distribuita la prima ala della prigione vera e propria, la sezione A-1.
Lo stomaco mi iniziò a fare male dall'angoscia quando passammo per la sala che metteva in comunicazione il piano inferiore con l'amministrazione e quelli superiori, con le celle. Gli Auror erano appoggiati alle pareti e scrutavano con attenzione ogni dettaglio, tanto che montò in me l'irrazionale paura che potessero vedere attraverso il Mantello e beccarci.
Invece non fu complicato superarli, e in punta dei piedi passammo quella sezione per raggiungere la G-9, come indicato nella cartella, l'ultima, ben tre piani più sopra. Io e Scorpius non dicemmo una parola, per l'ansia di essere scoperti e perché lui era arrabbiato con me - aveva un cipiglio adombrato che gli avevo visto spesso addosso.
Fui però distratta da come l'ennesimo corridoio fosse radicalmente diverso da quello che ospitava gli uffici importanti. Il pavimento ligneo era orrendamente rigato e scheggiato, come se la gente vi si fosse aggrappata con le unghie pur di non essere portata via - impressione che doveva terribilmente avvicinarsi alla verità, dato il posto in cui ci trovavamo.
Le poche lampade gettavano una luce fredda e cruda sull'ambiente, rendendo più profonde e spaventose le ombre proiettate a terra. Si udivano ovunque lamenti, grida e bestemmie, e mi chiesi come Caleb fosse riuscito a sopravvivere in un ambiente del genere; poi mi ricordai che non l'aveva fatto, e il macigno che gravava sul mio cuore parve farsi il doppio pesante.
Accanto a me, un uomo si aggrappò improvvisamente alla piccola apertura nella porta blindata che era adibita al passaggio del cibo. Le dita callose circondarono le sbarre, le unghie sporche, con mezzelune nere al di sotto di queste, graffiarono il metallo provocandomi brividi su per la schiena.
"Acqua!" gracchiò con voce roca e sofferente. "Vi prego, datemi dell'acqua!"
Sgranai gli occhi quando un Auror intervenne, ma non per procurargli da bere come chiedeva, bensì per sbattere violentemente con un bastone contro le sbarre costringendo il detenuto a indietreggiare se non voleva essere colpito. Mi portai una mano alla bocca, impietrita.
Era questo il modo in cui i prigionieri venivano trattati ad Azkaban? Il fatto era semplicemente inconcepibile: una prigione era un luogo dove tramite il recupero di valori perduti, la penitenza e l'isolamento un uomo doveva recuperare la retta via. Come avrebbe dovuto imparare a comportarsi se avesse ricevuto soltanto violenza?
Più andavo avanti, più mi rendevo conto che il Mondo Magico e chi lo governava non era affatto come volevano far credere. Bisognava fare qualcosa, e subito. Qual era il punto di sostituire i Dissennatori con gli Auror per dare ai secondini più umanità, se questi agivano peggio dei primi?
Dopo una sfuriata e vari insulti l'Auror tornò al suo posto, lasciando l'uomo a gemere al di là della porta. Quanto odio, nel mondo. Tirai fuori la bacchetta, solo per accorgermi che Scorpius l'aveva già fatto e che con una parola borbottata sotto voce fece comparire una bottiglia d'acqua. La fece passare attraverso la piccola apertura e la depositò sul pavimento.
Ogni volta che faceva così spontaneamente un gesto del genere, mi rendevo sempre più conto che la mia concezione di lui come arrogante, egoista e presuntuoso era del tutto sbagliata. Malfoy era pronto in ogni occasione a dare una mano a chi lo chiedeva e a chi ne sentiva il bisogno, senza porre come priorità i suoi desideri personali. Lo ammiravo.
Mi fece poi cenno di proseguire, ed eseguii senza replicare, fino a raggiungere la cella 7504, quella che era stata di Caleb. Non mi sorpresi nel vedere che era vuota, come quella accanto alla sua. Ci trovavamo nella sezione G, una delle ultime, quella di chi scagliava le Maledizioni Senza Perdono, quella di chi aveva ucciso.
L'unico merito che mi sentivo ancora di riconoscere al Ministero e a Shacklebolt era quello di aver ridotto sensibilmente il numero di detenuti che si erano macchiati di quel crimine. Anche se, stavo iniziando a pensare che fosse un cambiamento dovuto alla mentalità della generazione postbellica, la quale non ne voleva più sapere dei conflitti e degli orrori affrontati in passato.
Non ci rimase che rivolgerci quindi al locale di fronte quello appartenuto a Caleb, e mi sporsi in punta dei piedi per vedere se c'era qualcuno dentro. Scorpius mi prese per il braccio allontanandomi quando arrivò un Auror con un piatto colmo di una sostanza indefinibile e un'espressione scocciata. Con un colpo di bacchetta fece scorrere le piccole sbarre e depositò il piatto sul pavimento della stanzetta.
Malfoy da sotto il Mantello tirò fuori anche la sua e Confuse l'Auror, per poi sussurrare un "Alohomora", e farmi cenno di scivolare nella cella.
L'ambiente si intonava perfettamente al corridoio fuori, con polvere e sporcizia ovunque, un lettino minuscolo e con le lenzuola bucherellate e un libro dalle pagine ingiallite aperto a metà sul pavimento. Dava l'impressione di essere abitato da molto tempo, e l'uomo seduto per terra, che ci dava le spalle permettendoci unicamente di vedere la sua testa rasata e l'uniforme grigia, ne era l'unico inquilino.
Quello che però più mi sconcertò, e dovevo ammettere che mi diede i brividi, furono il centinaio di disegni disseminati per la stanza, fatti con i pastelli dai colori più disparati, ammonticchiati in un angolo oppure appesi con cura alle pareti, di cui non si aveva un centimetro libero. E, cosa ancora più impressionante, non avevano alcun senso logico: erano soltanto degli scarabocchi, il foglio dipinto come se l'autore vi avesse passato con forza più volte, alcuni semplici cerchi e altri veri e propri turbinii di colori.
Istintivamente strinsi la mano di Scorpius, che non ricambiò il mio gesto, ma da come si guardava attorno potei dire che quella visione gli trasmetteva la mia stessa sensazione.
... e cioè di essere finiti nella tana di un pazzo. Di proposito.
Malfoy ci tolse di dosso il Mantello
e si schiarì la voce. A quel suono, l'uomo seduto per terra scattò come un animale selvaggio, girandosi improvvisamente, a quattro zampe, appiattito contro la parete, e fissandoci con quei due occhi neri come la pece e scintillanti di una luce ferina.
La sua voce era la cosa più spiacevole che avessi mai sentito. "Qual buon vento porta due giovani maghi nella prigione più sorvegliata del Mondo Magico, a far visita al vecchio S-Sweyn Abraxas?" gracchiò, con un tic del collo che lo portava ad alzare anche la spalla e un sorriso che scopriva i denti marci. La s sibilò in modo così acuto da ferirci le orecchie.
"Santo cielo..." sussurrai, incapace di distogliere lo sguardo. Scorpius al mio fianco si leccò le labbra con evidente nervosismo, ma cercando di non lasciarlo trasparire. "Siamo qui per l'omicidio di Caleb Thomas."
"Caleb Shacklebolt, vorrai dire."
Mi portai una mano al petto, dove nascondevo il documento trovato poco prima nello studio di Austin Hopkins.
Il certificato d'adozione.
Mi ripugnava il modo in cui il Ministro aveva ripudiato il figlio e scaricato alle dipendenze della famiglia Thomas, e solo perché non voleva occuparsene una volta incaricato di essere la guida dei maghi della Gran Bretagna. Acquistata importanza e morta la moglie, non ci aveva pensato due volte a costringere il suo Sottosegretario anziano a prendere il bambino e crescerlo come proprio.
Che comportamento deplorevole era quello? Shacklebolt era un bastardo, avido di fama e di potere, e giurai che l'avrebbe pagata per la sua arroganza.
"Sensibile all'argomento, gioia?" ghignò l'uomo, spostandosi senza darci le spalle dall'angolo della cella fino al letto, dove afferrò un foglio bianco e iniziò a disegnare furiosamente. Rivolse poi quegli strani occhi animaleschi su di me. "Avevi un debole per quel ragazzo, piccola Auror?"
Auror? Quel tipo era schizzato.
"O forse ce l'hai per questo bel biondino?" riprese con quel tono malizioso che mi fece prudere le mani dalla voglia di schiaffeggiarlo. Gli lanciai un'occhiata infastidita. "Perché non rispondi alle domande che ti faccio e basta?"
Il tipo alzò le spalle. "S-Sweyn Abraxas ha già detto tutto quello che sapeva agli altri Auror. S-Sweyn Abraxas non ha intenzione di ripetere niente per voi due."
Parlava pure in terza persona? Stavamo sprecando il nostro tempo.
"Ma noi sappiamo che Caleb si è ucciso da solo. E sappiamo anche che il Ministero vuole far finta che sia evaso per incolparlo di un crimine che ha commesso un'altra persona," feci aguzzando lo sguardo, avvicinandomi a lui. "Caleb era mio amico. Gli volevo bene, e ora stanno coprendo e infangando la sua morte solo per il tornaconto personale del Ministro. Aiutaci, aiuta lui."
Una risata stridula uscì dalla bocca del detenuto, facendomi sobbalzare. Abraxas si rigirò il pastello verde acido tra le dita. "S-Sweyn Abraxas è dentro Azkaban, amore. Ritieni che a S-Sweyn Abraxas interessi di un ragazzino morto?"
"Peggio di così non può andarti," gli fece notare Scorpius scrollando le spalle.
Gli diedi uno schiaffo sullo stomaco. "Non peggiorare la situazione, cretino."
"Forse avresti dovuto pensarci prima di porti come giustiziera della notte, che dici piccola?" replicò lui alzando le sopracciglia. "O forse avresti dovuto andarci più pesante."
In una frazione di secondo fu addosso all'uomo, gli afferrò il collo con una mano, tenendogli la bacchetta puntata sulla giugulare con l'altra. Sgranai gli occhi e mi tappai la bocca per non lasciarmi sfuggire un urlo.
L'espressione di Malfoy era gelida e dura, impenetrabile, mentre quella di Abraxas faceva trapelare paura. Prese a respirare in modo pesante, le mani gli si chiudevano e aprivano di scatto, assunse un colorito rossastro per via della mancanza di aria causatagli dal ragazzo.
"Io non sono come lei. Se tu non mi dici niente, io ti uccido. Puoi decidere di aiutarci e avere una ricompensa, qualsiasi cosa tu voglia, eccetto uscire di qui, oppure puoi rifiutarti e morire. Non hai alternative, Abraxas, e noi non abbiamo tempo da perdere," il tono freddo e distaccato che usò mi spaventò. Sapevo che non l'avrebbe ucciso davvero, perché era di Scorpius che stavamo parlando, ma se non l'avessi conosciuto così bene sarei stata convinta al mille percento che invece sarebbe stato capace di farlo.
"Allora?" spinse più a fondo la punta della bacchetta sollecitando nel prigioniero una risposta. "Tic tac, bastardo. È il momento di prendere una decisione."
Passarono alcuni secondi, in cui il detenuto fece schizzare gli occhi color pece da me a Malfoy febbrilmente, il volto congestionato e l'aria insofferente. Mi dispiaceva vederlo in quel modo, perché non si meritava di essere trattato così, ma avevamo bisogno di notizie il più presto possibile.
"E va bene!" sbottò quindi, arrendendosi, e Scorpius lo lasciò libero all'istante, indietreggiando fino a riacquistare il mio fianco. Lo guardammo contorcersi sul lettino traballante mentre tossiva alla ricerca di aria, chiaramente esagerando per fare scena.
Alla fine raccolse con il palmo della mano la saliva raccoltasi ai lati della sua bocca e ci rivolse un grande, teatrale e inquietante sorriso. "Che cosa può S-Sweyn Abraxas fare per voi?"
"Vogliamo sapere come è morto Caleb. Che cosa è successo. Chi era il suo compagno di cella. Come veniva trattato. Chi gli ha fatto visita. Le ultime parole che ti ha rivolto. Dicci tutto, e noi in cambio ti daremo qualcosa che tu vuoi," rispose veloce e conciso. Guardai il taglio affilato della sua mascella, la bocca piegata duramente, i muscoli in tensione, le dita lunghe che scostavano in continuazione i capelli che gli ricadevano sulla fronte, tutti segni di quanto fosse meno a suo agio di quanto lasciasse credere.
"Era un bravo ragazzo, Caleb," sospirò Abraxas riprendendo in mano il foglio cominciato in precedenza e stavolta il pastello rosso. Fece un paio di linee storte e poi annuì lievemente. "Davvero un bravo ragazzo. È un peccato, che l'abbiano ammazzato. Non aveva fatto niente di male, lui. Ha avuto solo la sfortuna di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato, capite."
Ammazzato? Mi mancò l'aria. Sentii le lacrime bruciarmi il retro degli occhi, strinsi forte le mani fino a sentire le unghie incidere i palmi. Ammazzato.
"Cosa vuoi dire? Come, ammazzato? Caleb si è suicidato. Ho letto le sue lettere," lo incalzò Scorpius, passandosi le dita tra i capelli, frustrato.
"L'hanno costretto. Un tipo, è entrato nella sua cella quella notte. L'hanno chiamato Lord Protettore. Il Lord Protettore ha dato istruzioni a Caleb. Il Lord Protettore decide tutto. Il Lord Protettore ha occhi ovunque. Il Lord Protettore ha detto a Caleb di ammazzarsi, oppure avrebbe ammazzato lui Rose Weasley," cantilenò Abraxas prendendo il pastello nero e continuando a scarabocchiare, muovendo la testa da destra a sinistra come se fosse stato in trance.
Chi era questo tizio, perché voleva Caleb morto? Era in combutta con il Ministero, seguiva i suoi ordini, o era così potente che era il Ministero stesso ad essere piegato al suo volere?
Il Lord Protettore decide tutto.
Sospettavo la seconda opzione.
Registrai poi le sue ultime parole. Ecco la conferma che Caleb era morto soltanto per salvarmi, perché si sentiva in colpa per quello che aveva fatto e voleva rimediare a tutti i costi. Non gli era bastato il farsi rinchiudere in quel posto orribile per me, si era voluto uccidere per saldare quel debito che credeva di avere, e che per me non era mai esistito.
"L'hai visto, questo Lord Protettore?" domandò Scorpius, la voce più sottile. Abraxas scosse mollemente il capo. "S-Sweyn Abraxas non ha visto proprio niente. S-Sweyn Abraxas ha solo sentito qualcuno che gli diceva di chiudere gli occhi e non parlare, e così S-Sweyn Abraxas ha fatto." Adesso il prigioniero era visibilmente più agitato. Anch'io in cuor mio ero profondamente inquietata, nonché terrorizzata all'idea di trovarmi nello stesso posto in cui era passata quella figura che aveva portato Caleb alla morte.
Volevo soltanto andare a casa, essere circondata dall'affetto della mia famiglia e dimenticarmi di essere stata in quel luogo terrificante. Ma io così sarei stata al sicuro. Chi, invece, metteva al sicuro loro, i maghi e le streghe là dentro, privati di bacchette, amici, parenti, abbandonati a loro stessi? Chi gli assicurava che non sarebbero stati loro i prossimi ad essere indotti ad una fine così crudele?
"L'uomo che dormiva con lui, Peritus Quill, ha tentato di uccidere sua cognata, tra gli altri. Tipetto interessante, Peritus Quill. È stato liberato dal Lord Protettore, perché voleva stare solo con Caleb. È scappato e non è più tornato. Ha ricevuto la grazia, ma il Lord Protettore non la concede due volte," continuò Abraxas senza smettere di dondolare la testa, un sorriso spaventoso, vuoto, stampato in viso. "Non sprecate il vostro tempo. Peritus Quill sa che non deve aprire bocca, sa che il Lord Protettore lo punirà, se vi dirà qualcosa. E poi punirà voi."
Per la prima volta da quando aveva iniziato a raccontare, il detenuto alzò gli occhi su di noi. Ci fissò a lungo, poi con il pastello verde disegnò una macchia al centro del suo foglio, facendo spallucce. "Avete già chiesto troppo. Il Lord Protettore è indulgente con le giovani menti, gli possono essere utili, ma non sfidatelo. Se farete troppe domande in giro, il Lord Protettore vi scuoierà vivi. Non sprecate la lunga vita che avete davanti, dimenticatevi di Caleb, dimenticatevi di questo posto infestato. Fatelo per voi stessi," concluse sussurrando.
Il suo avvertimento provocò in me uno spasmo di pura paura, che liberò le lacrime dal freno con cui le stavo bloccando, e si riversarono sulle mie guance, bagnandole. In che cosa ci stavamo cacciando? Tutto ciò era enormemente più grande di noi. Caleb ci era finito dentro per caso, ma a me a Scorpius ci era stata appena concessa la possibilità di lasciarci tutto alle spalle, di fingere, di dimenticare.
Ma non era forse a causa mia che Caleb aveva fornito al Lord Protettore, quella meschina e misteriosa figura, il pretesto per realizzare i suoi piani? Io ero in dovere di fare qualcosa, di fermare quell'uomo prima che portasse altra morte e altro dolore, prima che ci rimettesse qualcun altro. I miei genitori avevano affrontato di tutto e di più a diciassette anni, mettendo da parte i loro desideri e le loro paure, facendo ciò che era giusto, e io non sarei stata da meno.
Ero stata cresciuta con dei sani princìpi, delle regole da seguire, degli ideali che avevo fatto miei perché li avevo sempre ritenuti i più veri. Non potevo comportarmi come una bambina, chiudere gli occhi di fronte al pericolo, nascondermi dietro la schiena di qualcuno pronto a morire per me. Che senso aveva, battersi e identificarsi in quei valori, se poi rimanevano solo un qualcosa di astratto, inapplicati alla realtà?
"Non ci dirai altro, vero?" chiesi, asciugandomi le lacrime velocemente, sperando che fossero passate inosservate.
Abraxas scosse la testa. "S-Sweyn Abraxas non vi metterà ancora più in pericolo. Del resto, S-Sweyn Abraxas non sa nient'altro di utile."
Si alzò e barcollò fino davanti a noi, permettendoci di vedere meglio gli abiti logori, la barba lunga e gli occhi neri infossati. Mi porse il foglio che aveva disegnato fino a quel momento. "S-Sweyn Abraxas spera che tu abbia una vita lunga e felice, Rose Weasley. Caleb gli ha raccontato quello che ti ha fatto. Era molto dispiaciuto. Prima di dipartire da questo mondo, Caleb ha detto a S-Sweyn Abraxas che sapeva che saresti venuta qui, e ha detto di dirti che devi rinunciare. Certe persone sono più potenti di altre, non ci si può fare niente. E tu sei stata, per Caleb, l'unica persona nella sua breve esistenza che si è battuta per lui. Vivi la vita che lui non ha potuto vivere, Rose," terminò sconsolato prendendomi la mano e stringendola forte.
Guardai il foglio che mi aveva dato. A grandi linee, ritraeva me, con una nuvola rossa in testa, e Scorpius, avvolti da una luce verde, con due X al posto degli occhi e una figura incappucciata di nero che ci puntava una bacchetta contro con una mano, e nell'altra aveva una sfera infuocata.
"Dicci chi è il Lord Protettore, Sweyn, ti prego," implorai, "Caleb non meritava di finire così."
Abraxas si allontanò, tornando seduto sul suo lettino. "S-Sweyn Abraxas non sa chi sia il Lord Protettore, ma anche se lo sapesse, non te lo direbbe, perché significherebbe la tua fine. Può solo dirti che ti è molto più vicino di quanto pensi."
Si rivolse poi a Scorpius, che ci aveva ascoltati in silenzio fino a quel momento ma che indossava un colorito cinereo. "Sweyn Abraxas può avere la sua ricompensa?"
Lui annuì. Abraxas prese una delle tante pile di disegni disseminate per la stanza, chiusa, a differenza delle altre, da uno spago consunto. "Li potete dare a Gea Abraxas? Sweyn non sa più dove vive, ma magari potete trovarla?"
"Certo," risposi io, prendendo il plico di fogli. "Glieli faremo avere tutti. C'è altro?"
Il prigioniero sospirò, fornendoci poi quell'ultima richiesta che Scorpius accontentò, e Sweyn Abraxas, dimentico di tutto, tornò a disegnare sul pavimento della sua cella, ignaro di aver appena parlato con me e Malfoy.
Quello che avrebbe dovuto farmi riflettere, era che quello strano individuo aveva iniziato a disegnare ben prima che noi entrassimo nella sua cella, quindi non c'era modo di sapere per lui chi fossimo, o cosa avremmo chiesto; quindi, come faceva ad essere a conoscenza di quell'immagine che mi aveva consegnato?
^^
Rimanemmo a lungo in silenzio una volta usciti da quella cella. Protetti di nuovo dalla magia del Mantello, ci dirigemmo verso la hall, dove papà aveva installato una Passaporta temporanea per permetterci di tornare a casa senza dipendere da lui. Era una semplice, minuscola, invisibile graffetta, abbandonata all'angolo della stanza, e bastava calpestarla per essere riportati direttamente nel nostro salotto.
Era inutile cercare di nascondere a me stessa quanto effettivamente fossi rimasta traumatizzata da quella visita, dalle parole di Abraxas. Caleb allora davvero era stato ucciso - o meglio, si era ucciso lui stesso perché sotto ricatto. C'era qualcuno di così potente da riuscire a tenere sotto scacco il Ministero. Il Ministro in quelle poche ore si era rivelato una persona orribile. Rischiavamo la vita continuando con le nostre ricerche.
C'era qualcosa che avevo tralasciato oppure avevo riassunto bene la situazione di merda in cui ci trovavamo?
Invece chiaramente tutto ciò non bastava, perché all'improvviso qualcuno afferrò il Mantello da dietro di noi e lo tirò, lasciandoci totalmente scoperti nel bel mezzo della hall, circondati da almeno una dozzina di Auror.
Io mi guardai intorno paralizzata, incontrando solamente facce ostili.
Era ufficialmente giunta la nostra ora.
Scorpius fu molto più reattivo di me: sferrò un pugno poderoso sul naso dell'Auror che ci aveva chissà come smascherati, riafferrò il Mantello, ce lo gettò addosso e mi gridò, afferrandomi la mano, "Corri!"
E così corsi. Non che avessi molta scelta, in realtà. O quello, oppure essere catturata, e vedermi rovinata la carriera di Auror per sempre, o qualunque carriera. Mi strinsi forte il cappotto al petto per non perdere la quantità industriale di documenti che vi tenevo dentro, ringraziando di indossare le mie sneakers invece degli stivali, e riuscendo, con enorme sforzo, a stare dietro alle chilometriche gambe di Scorpius.
Corsi anche più velocemente di quanto avessi fatto al Ministero due settimane prima, perché stavolta ero portatrice di un segreto non mio, che andava svelato al mondo. Dovevo rendere giustizia a Caleb, e non ci sarei mai riuscita se fossi stata dietro le sbarre della prigione.
Scorpius mi condusse alla fine del corridoio, e al contrario di quanto mi aspettassi, mi strattonò verso le rampe di scale che portavano ai piani superiori anziché a quelli inferiori. Ci avremmo messo il doppio del tempo a percorrere i gradini in salita, e gli Auror erano sicuramente più allenati di noi, ma mi resi conto che mi fidavo ciecamente di Malfoy, e perciò ingoiai una protesta e lo seguii.
Pian piano le urla dei nostri inseguitori si attutirono fino a scomparire, così i loro passi alle nostre spalle. Sarà stata una mia immaginazione, ma mi parve addirittura di sentir qualcuno ridere, e intimare ad un altro di lasciar perdere.
Man mano che salivamo, cosa che effettivamente non sapevo dove altro ci avrebbe portati se non al tetto, da cui sarebbe stato difficile scappare, ebbi la singolare impressione che le temperature si stessero abbassando. Mi strofinai le mani contro le braccia, stringendomi addosso il Mantello, e avrei dovuto collegare la nuvoletta che uscì dalla mia bocca appena prima di entrare nell'attico alla presenza di creature particolari.
Scorpius aprì la porta, e trovandola buia accese la punta della sua bacchetta, soltanto per illuminare, e quindi permetterci di vedere, un numero infinito di Dissennatori, che occupavano tutta la stanza, grande almeno centocinquanta metri quadri, e con le capriate lignee ricoperte di ghiaccio.
Appena ci percepirono, dato che non potevano veramente guardarci, si girarono tutti verso di noi. A me rivenne in mente uno degli incubi che avevo fatto durante la settimana in cui aveva fatto effetto la quarta dose della Pozione Vulnerante, ovvero quello in cui uno di quei mostri mi derubava della mia anima, e in un impeto irrazionale, spinta dal puro terrore, afferrai il pomello della porta e la richiusi.
Rimanemmo senza spiccicare parola a fissare quella lastra di legno che ci separava da delle entità che ci avrebbero sicuramente uccisi se catturati, i respiri pesanti e gli occhi spalancati.
Chi diavolo se lo aspettava che ad Azkaban avessero dedicato il super attico ad una banda di Dissennatori affamati? Forse quel Brierley avrebbe un po' dovuto rivedere le sue priorità.
Anzi, se all'inizio mi era parso strano che la parte più lussuosa della prigione fosse nel seminterrato, adesso avevo capito che era per conservare la massima distanza da esseri che altrimenti avrebbero rappresentato una grossa minaccia.
La stessa minaccia che stava gravando su me e Malfoy in quel momento.
"Magari è incantata. Magari non possono aprirla..." suggerii, ottimista. Scorpius ebbe il tempo di lanciarmi uno sguardo scettico, prima che il pomello attirasse la nostra attenzione. Prima si irradiò dal suo centro una ragnatela di brina, e poi iniziò, lentamente, a girare su sé stesso.
Il che accese una lampadina grande quanto una casa nel mio cervello, tanto che afferrai la mano di Malfoy e gli urlai di correre, cosa che non si fece ripetere due volte.
Il punto era, correre dove? Anche sul suo volto leggevo la stessa indecisione: di sotto, dove ci aspettavano tutti gli Auror pronti ad affatturarci, e che contavano proprio su quello, oppure di sopra, sul tetto a strapiombo sul mare agitato, senza via di scampo se non quella di saltare?
Bella situazione di merda. Non avevo altre parole per descriverla.
"Su!" gridò allora Scorpius, spingendomi per le scale quasi di peso, data la sorpresa provocata dalla sua decisione. Avrei pensato che volesse piuttosto combattere gli Auror, più che soccombere ai Dissennatori o farsi un bel volo nell'acqua ghiacciata, ma ogni tanto avevo bisogno di ricordarmi che era un Malfoy con cui stavo avendo a che fare.
Iniziai a mettere in moto anch'io le gambe, aggrappandomi a lui e al corrimano per fare più in fretta. I Dissennatori spalancarono la porta, una massa nera incappucciata che si fermò un attimo per capire dove fossimo andati, e che poi rivolse i brutti musi scheletrici verso di noi. Non persero tempo a decidere, si mossero all'unisono su per le scale, troppo vicini a noi perché riuscissi a pensare a qualcosa che non fosse, corri.
Quanto avrei voluto avere la mia Nimbus là sopra, ci sarei montata a cavallo e sarei sfrecciata tra le nuvole gonfie di pioggia, nel vento sferzante, nel gelo di fine dicembre, libera e relativamente al sicuro.
Per quanto pericoloso fosse stare su uno stuzzicadenti di legno infiammabile a cinquanta metri da terra, sicuramente essere inseguiti da un'orda di Dissennatori era infinite volte peggio.
Inciampai. Sfuggii alla presa di Scorpius e battei forte un ginocchio su un gradino di marmo, con un breve grido di dolore. Una fitta di irradiò dalla parte colpita in tutto il corpo, togliendomi l'aria dai polmoni.
"Rose!" gridò Malfoy, tornando indietro, afferrandomi per le braccia e tirandomi su di peso. "Rose, andiamo!"
Ho capito, anch'io ci tengo alla pelle, avrei voluto replicare, ma non avevo né tempo da perdere né forze per farlo.
Riprendemmo a correre, io ignorando lo spasimo alla gamba, e facendo più affidamento sui suoi muscoli di quanto potessi fare sui miei. Quelle scale sembravano davvero infinite, eppure lui non dimostrava la minima fatica, probabilmente spinto dalla quantità di adrenalina che avevamo nel sangue in quel momento.
Continuavo ad avere l'impressione che le lunghe dita scheletriche dei Dissennatori stessero artigliando il retro dei miei vestiti, che il gelo che portavano con loro rendesse scivoloso il marmo sotto i nostri piedi.
Ero anche troppo scioccata dalla loro presenza, dal fatto che dei fottuti Dissennatori mi stessero inseguendo, per provare effettivamente paura. Sentivo solo l'urgenza di scappare, un riflesso che sapevo essere dettato dal terrore, ma in quell'istante tutto ciò a cui la mia testa pensava era correre.
Corri, corri, corri. Corri.
Niente Caleb, niente Lord Protettore, niente Scorpius, niente famiglia, niente Albus, niente di niente.
Soltanto un impulso primordiale che mi diceva di mettere in moto quei venti centimetri di gambe che avevo, perché altrimenti quella fottuta corsetta da jogger al parco, da Teletubbies in carrozzella, sarebbe stata l'ultima che avrei fatto.
Finalmente sbucammo su un pianerottolo minuscolo che dava su un enorme porta di metallo arrugginito, la quale scardinai, con un veloce colpo di bacchetta. Si generò un boato pazzesco che fece tremare le pareti attorno a noi, e ci ritrovammo all'aperto, sul tetto di Azkaban.
Sopra di noi, il cielo era sparso di stelle luminose, e non c'era una singola nuvola, elemento che bene o male rischiarava la nostra vista. Il vento non tirava forte ma l'aria era già gelida di suo, figurarsi a che temperatura calò dopo che i Dissennatori ci ebbero raggiunti.
Indietreggiamo finché potemmo, ritrovandoci sull'orlo del tetto, le onde nere che si infrangevano contro la nuda roccia che costituiva le fondamenta della prigione.
"E ora?" chiesi a Malfoy al mio fianco, guardandolo sperando che avesse una buona idea. Eravamo accerchiati, da un lato creature distruttrici e mortali e dall'altro un salto di duecento metri a picco sul mare.
Lui fece spallucce, rivolgendomi un sorrisetto. "Oh, andiamo, Weasley, non sei tu il Caposcuola perfetto? Non dirmi che non sai evocare un Patronus."
Lo fissai a bocca aperta, non tanto per la sua proposta - insomma, stavamo fronteggiando dei Dissennatori, l'Incanto Patronus era veramente l'unica arma a nostra disposizione per non diventare dei vegetali privati di coscienza - ma per il modo in cui fece quella battuta. Mi riportò improvvisamente ad Hogwarts, fra i banchi di scuola, quando battibeccavamo innervosendoci di proposito e ridendo l'uno degli sbuffi spazientiti dell'altra.
Lui ghignò di fronte alla mia faccia da pesce lesso, poi mi afferrò il mento con due dita e fece scontrare con forza le nostre labbra. Un bacio a stampo che a me parve infinito, ma che durò una frazione di secondo.
"Se non usciamo vivi da qui, Weasley," ansimò sulla mia bocca, "sappi che ho sempre saputo di essere migliore di te con gli incantesimi."
Gli mollai automaticamente uno schiaffo sullo stomaco. "E io che pensavo stessi per dire una cosa romantica!" gridai roteando gli occhi, brandendo la bacchetta contro i Dissennatori che si stavano radunando a cerchio attorno a noi. "E comunque quella più brava sono io!"
"Accomodati, allora," replicò lui ironico. "In caso non te ne fossi accorta, abbiamo un centinaio di Dissennatori pronti a succhiarci l'anima dal corpo."
Gli restituii un sorriso divertito. "Ma davvero? E io che pensavo stessimo giocando ad acchiapparella con una setta malefica. Grazie per le tue considerazioni illuminanti!"
Lo sentii ridere, prima che gridasse a pieni polmoni, "Expecto Patronum!"
Chiusi gli occhi e feci la stessa identica cosa, focalizzandomi su un ricordo felice. Ne potevo scegliere a milioni, tra le sedute intensive di baci con Malfoy, il pomeriggio insieme passato a Londra, lo spirito natalizio che aveva pervaso casa Potter a Natale e le serate in famiglia trascorse con un buon film a mangiare schifezze, le uscite ad Hogsmeade con i miei amici e persino l'adrenalina datami dalle partite di Quidditch, ma c'era un volto in particolare che collegavo all'idea di felicità, ed era quello di Albus.
Albus, con cui mi rincorrevo nel giardino della Tana. Albus, con cui sradicavo gli gnomi che vi si nascondevano. Albus, con cui ero salita la prima volta sulla scopa. Albus, con cui avevo preso il primo treno per Hogwarts. Albus, con cui ridevo, scherzavo, parlavo, giocavo, piangevo, strillavo, l'Albus che amavo.
Lui era mio fratello al pari di Hugo, e bastò semplicemente ricordare le fattezze del suo volto, il naso dritto, gli occhi verdissimi, le guance rosse dal freddo e i capelli corvini spettinati, il neo sotto l'occhio, il sopracciglio destro mozzo per un gioco finito male con James e Fred.
Mi bastò pensare a mio cugino, al mio migliore amico, a mio fratello, per riuscire ad evocare il mio Patronus corporeo.
Un'enorme leonessa fuoriuscì dalla mia bacchetta, una figura snella, agile e poderosa che si mise a saltare tra i Dissennatori azzannandoli e mettendoli in fuga, regale e bellissima.
E soprattutto, non mi accorsi dell'altro animale che faceva la stessa identica cosa finché i due Patroni non si incontrarono, e il respirò mi si mozzò dalla sorpresa e dall'emozione.
Un leone splendido, alto, con la criniera folta e due occhi vispi, strofinò il muso nel collo della mia leonessa, e insieme iniziarono ad emanare una luce così forte da obbligarmi a coprire gli occhi per non rimanere accecata.
"Pensavo si addicesse a noi," aveva detto riguardo il mio braccialetto con la figura del leone.
Noi.
Un simile bagliore sarebbe stato visto anche dalla costa, e riuscì a mettere in fuga ogni singolo Dissennatore, che ritornò nel buco lasciato dalla porta che avevo divelto dai cardini, strisciando da dov'era venuto fuori.
Terminato il loro compito, i due magnifici leoni si dissolsero, lasciando me e Scorpius soli, in balia del vento e del rumore delle onde.
Alzai gli occhi su di lui, che fissava ancora il punto in cui gli animali si erano congiunti, sbalordito. Io, se possibile, ero ancora più sorpresa di lui. Avrei creduto che il suo Patronus fosse un serpente o, che so, una blatta, di certo non il re della savana, non il simbolo dei Grifondoro.
Non l'equivalente del mio.
Non la mia anima gemella.
^^
🌻 Il prossimo sarà l'ultimo capitolo della prima parte xx 🌻
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