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32 - 𝑇𝒉𝑖𝑛𝑘𝑖𝑛𝑔 𝑜𝑢𝑡 𝑙𝑜𝑢𝑑

{Still, if I had to choose a companion to be at the return of eternal darkness with, I'd choose you - «Harry Potter e la Maledizione dell'Erede»

^^

Appena scesi dal treno con il baule e Glauco nella gabbia di metallo, mi resi conto che entro pochi secondi avrei visto i miei genitori.

Generalmente il ritornare a casa per le vacanze di Natale era il momento che più mi riempiva di gioia durante l'anno, tanto da non riuscire a stare ferma. Mi elettrizzava il rivedere la mia famiglia, il mettere la barba bianca ad Albus per fingere che fosse Babbo Natale, vedere Teddy che se la faceva crescere davvero, lo scartare i regali, la notte di Capodanno in cui zio George, James e Fred II si impegnavano sempre al massimo per i fuochi d'artificio più pazzeschi del Mondo Magico.

Il fare i biscotti con la mamma e Izzy e guardare Hugo mangiarsi l'intero vassoio in pochi secondi, con la conseguente sgridata. Il vedere film di Natale con i miei genitori, mio fratello e la mia amica, la sera, sul divano con un'unica coperta e le tazze di tè bollente tra le mani.

Ancora, cenone di Natale con i Malfoy, le mille portate di zia Angelina, i maglioni della nonna, l'aspettare la mezzanotte insieme per aprire i regali. Natale insieme ad Halloween era la mia festività preferita, e lasciare Hogwarts non mi pesava mai.

Non era come durante le vacanze estive, nelle quali non sarei stata al Castello per tre mesi, non avrei visto i miei amici e avrebbe fatto soltanto caldo - detestavo il caldo.

Quell'anno però era tutto diverso. L'ultima cosa che avevo detto a mio padre era che lo odiavo e che avrei voluto non fossimo stati mai imparentati, perché sotto effetto della Pozione Vulnerante, che aveva alterato letteralmente ogni mio comportamento, privandomi di lucidità.

Invece a mia madre, pur di convincerla a lasciarmi a casa, avevo gridato che James non era la mia priorità e che avrebbe fatto meglio ad andare all'ospedale senza di me dato che non avevo intenzione di muovermi.

Ero sicura che intelligente com'era, lei però avrebbe compreso che era stato solo un modo per rimanere sola e attuare la fuga con l'aiuto di Teddy e di mio cugino, soprattutto perché avevano realizzato dopo poche ore che loro due stavano fingendo per permettermi di lasciare casa e andare ad Hogwarts. Speravo che non ce l'avrebbe avuta troppo con me, specialmente perché il nostro piano alla fine, sorprendentemente, aveva funzionato, Caleb era stato smascherato e tutto era tornato alla normalità - più o meno.

Per quanto riguardava Caleb, ero scombussolata dal sogno che avevo fatto. Non avevo avuto l'impressione di svegliarmi, una volta sentito il fischio dell'Hogwarts Express, ma alla fine non aveva potuto che trattarsi di un incubo, no?

Appena fui sulla piattaforma, accanto a Izzy e immersa sia tra la folla di maghi e streghe che era venuta a prendere i figli, sia nel vapore che il treno emetteva e che riempiva l'aria, mi accorsi che c'era qualcosa che non quadrava.

Non avevo infatti avuto problemi ad individuare lo zio Harry e la zia Ginny, con James e Teddy. Erano semplicemente in piedi e salutavano con la mano, e lo zio stava parlando con Draco Malfoy, che aspettava anche lui il figlio con le braccia incrociate al petto e un'aria rilassata.

Io e Hugo ci scambiammo un'occhiata. All'appello mancava solo nostro padre.

Lasciammo comunque che Albus, Lily e Scorpius ci guidassero verso i loro genitori, e io, mio fratello e Izzy rimanemmo un passo indietro guardandoci confusi intorno.

Era uno scherzo, oppure davvero non era venuto a prenderci?

"Rose, mi dispiace," zio Harry assunse un'aria compassionevole, la mano sulla spalla di Al, "vi riportiamo noi a casa, oggi."

"Papà ha avuto un contrattempo a lavoro?" domandò Hugo, colmo di delusione. Zio Harry si morse il labbro, senza rispondere.

Era ovvio che non fosse venuto per quello che gli avevo detto la settimana prima. Papà era, sfortunatamente, testardo e permaloso esattamente quanto me, per una cosa del genere era capace di tenere il muso e non guardare più in faccia nessuno per settimane.

Mi sentivo in colpa anche se sapevo che non era affatto colpa mia. Avevo detto cose orribili a tutti a causa della Pozione Vulnerante, ma papà era letteralmente l'unico che ancora era arrabbiato con me.

"Dovremmo andare, nonna Molly ha organizzato un pranzo domani per festeggiare il vostro ritorno, così vi sistemate un po', e riposate stasera," fece zia Ginny, sorridente, per spezzare la tensione caduta in seguito al silenzio dello zio.

Deglutii, stringendo le dita attorno al manico del mio baule, sforzandomi di mantenere un'espressione calma. Non volevo che Hugo fosse turbato. Per lui il ritorno a casa era sacro, perché era il preferito di mamma e di tutte le zie ed era anche il più coccolato della seconda generazione.

Mi dispiaceva che per una mia mancanza, almeno una parte di quell'esperienza che adorava così tanto fosse andata in fumo.

"Dai, andiamo," fece Izzy passando il braccio sotto il mio e tirandomi in avanti. Non ero affatto emozionata all'idea di rivedere i miei genitori come sarei stata normalmente. Avevo il terrore di aver rovinato loro il Natale.

Nell'andare via non riuscii, nell'atmosfera frenetica e caotica della stazione, a salutare né i miei amici, fatta eccezione per Kalea, né Malfoy. Non lo vidi per niente, sebbene i capelli così chiari e l'altezza erano caratteristiche che non avrebbero dovuto rendere difficile l'individuarlo.

Mi dispiacque, ma comunque l'avrei rivisto in quattro giorni al cenone di Natale della nonna, perciò questo spiacere fu ben presto rimpiazzato dalla preoccupazione che mi inondava le vene.

In una mezz'ora di tempo, tra il lasciare la stazione, il superare la gente che ci si gettava addosso per salutare gli eroi della guerra e anche i giornalisti che ci riempirono di foto come al solito, e soprattutto il tragitto travagliato per il traffico - zio Harry insisteva nel prendere la macchina come i Babbani, perché doveva dimostrare al cugino Dudley di essere perfettamente capace a guidare, - gli zii lasciarono me, mio fratello e Izzy davanti la porta della nostra casa, e con vari saluti se ne andarono, lasciandoci soli.

Io avrei voluto non entrare mai, rimanere là fuori ancora tutto il tempo possibile, ma Hugo era entusiasta di essere finalmente lì, e anche la mia migliore amica, per quanto capisse il mio stato d'animo, di sicuro non lo condivideva, tanto che a momenti saltellava dalla gioia.

Per questo non obiettai quando Hugo spalancò la porta con un sorriso a trentadue denti. "La parte più figa di questo nucleo familiare è a casa, gente!" gridò, facendo il suo trionfale ingresso.

Immediatamente fu zittito dalla papà che lo fulminò con lo sguardo e che soffiò come Grattastinchi, e la mamma assunse un colorito rossastro nell'ucciderlo con gli occhi.

Infatti tutti coloro che si trovavano nel nostro salotto, seduti al tavolo di mogano, si girarono a guardarlo sbigottiti dal suo urlo animalesco.

Impallidii vistosamente nel vedere diverse persone che avevo incontrato al Ministero sotto il mio tetto, primo fra tutti il Ministro Shacklebolt in persona.

Il Ministro era seduto a capotavola. Si trattava di un mago alto un metro e ottanta, ben piazzato, dalle spalle larghe e la schiena dritta. Era stato il Capo Auror durante la Grande Guerra, e sebbene adesso avesse la barba bianca come la neve, un tempo, considerata la sua pelle scura, doveva averla avuta nera carbone. Gli occhi erano color liquirizia, leggermente storti, tanto da mettere appena in imbarazzo chi lo guardava, perché non sapeva a quale dei due rivolgere l'attenzione senza far sembrare di star fissando.

Teneva le spalle in fuori, aderiva perfettamente allo schienale della sedia, le mani grandi incrociate sul tavolo davanti a sé e l'espressione austera. Immaginai che lo svolgere un lavoro così importante e faticoso per così tanti anni l'avesse fatto diventare più severo e intransigente.

Alla sua destra sedeva la donna che riconobbi come l'Assistente del Ministro. Era la stessa che mi era venuta addosso al Ministero quando ero sotto le spoglie di mia madre, e che mi aveva dato l'impressione di essere la più falsa e opportunista della cerchia di Shacklebolt.

Mi bastò un'occhiata per confermare ciò che avevo sentito a pelle. Indossava un completo verde acido che faceva a pugni con il rosa acceso degli occhiali da vista e del rossetto. I capelli biondo platino erano acconciati in un tiratissimo chignon alto sulla testa, facendo risaltare ancora di più gli spigoli del viso, gli zigomi sporgenti e la faccia cavallina, e il mento aguzzo.

Mi fissò impettita al di là delle lenti degli occhiali, come se fossi una rara specie di insetto che le svolazzava intorno. Doveva essere brava nel suo lavoro, perché io solamente dall'aspetto e dall'espressione superba non avrei proprio retto ad averla avuta intorno a tutte le ore del giorno.

Le restituii uno sguardo poco amichevole che la fece impettire. Abbassò gli occhi arricciando le labbra rosa shocking e fingendo di dare una letta al plico di documenti che aveva davanti. Maleducata. Neanche aveva salutato.

Dall'altro lato del Ministro sedeva colui che doveva aver rimpiazzato Dean Thomas come Sottosegretario anziano, Henry Peterson. Era un uomo sui sessant'anni, distinto, in giacca e cravatta, rigido sulla sedia e dai lineamenti duri come il marmo.

Sicuramente doveva essere una persona dal carattere forte, inflessibile e rispettoso delle regole, perché dubitavo che Shacklebolt tenesse in conto di farsi sorprendere un'altra volta da un suo sottoposto. Se fosse successo di nuovo, se qualcun altro avesse deciso di compiere qualche azione illegale, ero certa che non sarebbe andato incontro ad una pena "leggera" come quella imposta al padre di Caleb.

Certo, se avesse saputo che ero stata io, insieme a Malfoy, a far scoppiare il caos al Ministero della settimana prima, non ne sarebbe stato contento comunque.

Accanto all'Assistente sedeva la mamma, che si rigirava una penna tra le mani con fare nervoso, e papà in piedi alle sue spalle, che sembrava quasi star sorvegliando il tavolo con aria protettiva. Se lei ricopriva il ruolo di Capo del Dipartimento per la Regolazione delle Arti Magiche, lui invece era il Vicecapo Auror - Draco Malfoy era il Capo, ma non sapevo perché non fosse lui ad attendere quella riunione.

Inoltre, di fronte alla mamma sedeva il Viceministro, Tiberius Randall, dai radi capelli castani in testa e un'espressione quasi spaventata, sicuramente intimorita. Si asciugava costantemente la fronte benché non stesse sudando, in un tic nervoso, e aveva il volto e il collo di un preoccupante colorito bluastro, come se non stesse respirando in modo corretto.

Non mi diede l'impressione di essere una personalità di spicco, soprattutto non seduto a quel tavolo con alcuni tra i maghi e le streghe più importanti dell'Inghilterra, ma se occupava il suo ruolo significava che non poteva che essere adatto. Shacklebolt tutto era fuorché uno sprovveduto.

Infine accanto a lui, un uomo dal pizzetto nero curato - alla Doctor Strange - e i capelli pieni di gel, che fissava con i suoi occhi chiari coloro che aveva davanti. L'avevo visto spesso sui manifesti appesi per la città, specialmente verso giugno, sei mesi prima, perché i Babbani avevano tenuto delle elezioni: si trattava del Primo Ministro Britannico Babbano, Logan Shaw. Non pareva messo in soggezione dall'avere davanti dei maghi, però li guardava con rispetto e attenzione.

Shaw fu l'unico che mi restituì un'occhiata incuriosita al pari di come io l'avevo lanciata a lui. I suoi occhi si sgranarono appena, la bocca si schiuse in evidente segno di sorpresa. Non aveva mai visto giovani maghi prima?

Mi accorsi che era molto più giovane di quanto apparisse con quella capigliatura pretenziosa e i vestiti perfettamente stirati. Non avrà avuto più di venticinque anni. Poi aveva un bello sguardo, interessante, denotava vivacità, acutezza, doveva essere un ragazzo brillante per avere quel compito così prestigioso nella società Babbana.

Papà dovette notare il modo in cui mi stava guardando perché aggrottò le sopracciglia poco entusiasta. Anch'io mi sentii lievemente a disagio.

La mamma si alzò in piedi, distraendo tutti e tre. La sua mascella era tesa, e difficilmente le avevo visto addosso un'espressione più tesa e stanca di quella che stava indossando in quel momento. Erano cambiamenti impercettibili, che sicuramente non influenzavano il modo in cui si presentava - il tailleur blu era impeccabile, così come neanche un capello sfuggiva alla sua acconciatura.

Soltanto chi la conosceva bene poteva accorgersi dello stress che provava: la bocca era lievemente piegata all'ingiù, le dita torturavano il bordo di un foglio scarabocchiato velocemente, la fronte corrugata.

"Ragazzi," esordì in tono inflessibile, quasi rigida, "andate di sopra."

La guardammo interdetti. Mi scambiai uno sguardo con Hugo, che scrollò le spalle. Rivolse un cenno di saluto a tutti, come se fossero suoi amici di infanzia, sorrise ampiamente, in modo disarmante, poi afferrò il suo baule e se ne andò. Entro pochi secondi sentimmo i suoi pesanti passi su per le scale, e lui che intonava una canzoncina stonata.

Izzy chinò il capo e lo seguì, io rimasi immobile. Mi limitai a fissare gli uomini seduti al tavolo, finché la mamma non sbottò. "Anche tu, Rose."

"Non pensi che dovrebbe restare, Hermione cara?" replicò con tono disgustosamente zuccheroso l'Assistente, in apparenza facendo le fusa ma in realtà con un guizzo malevolo negli occhi.

La mamma la uccise con lo sguardo. "Ephelia, no," stabilì perentoria. Ora la furia era ben evidente nella sua figura, ma si notava anche chiara preoccupazione.

Di che cosa stavano parlando? Che era successo per cui io sarei dovuta rimanere a partecipare alla conversazione dei maghi e delle streghe più importanti del momento? Del Ministro in persona?

"Hermione, so che vuoi proteggerla, ma—" cercò di dire timidamente il Viceministro. Lei serrò la bocca in linea sottile. Era veramente furibonda. Il Viceministro tacque vedendo la sua espressione e chinò appena il capo.

Papà le posò una mano sulla spalla da dietro. "Rose, vai," disse solamente, in tono piuttosto freddo, e non mi rimase, di fronte agli ordini dei miei genitori, che andare in camera, pur di non fargli fare una figuraccia davanti a tutti.

Quale mai poteva essere il motivo della loro riunione? Prima avrei pensato a qualcosa che avesse a che fare con le dimissioni di Shacklebolt e l'individuazione di un nuovo Ministro adatto per il ruolo, ma allora perché sarei dovuta restare, a sentire gli ospiti? Come poteva ciò riguardarmi?

E poi, se avessero in qualche modo sospettato del mio coinvolgimento nella questione dello scompiglio al Ministero di certo i miei non avrebbero cercato di proteggermi, e me l'avrebbero detto sin dall'inizio.

Mi sfiorò l'idea che si trattasse di Caleb, ma neanche quello era possibile, perché ormai Albus aveva detto che aveva acquisito la sua cella ad Azkaban e le procedure di routine si erano concluse. Non gli restava che scontare in solitudine tutti gli anni che sarebbero venuti, ormai la sua prigionia era definitiva.

Non riuscivo a capacitarmi della motivazione per cui quell'arpia dell'Assistente avesse dovuto aprire bocca e osato contraddire mia madre. In ogni caso, se avesse desiderato il suo appoggio per una futura candidatura al ruolo di Ministro, dubitavo che lei l'avrebbe mai sostenuta, anzi.

Entrai in camera, e trovai Izzy che stava sistemando le innumerevoli cose che si era portata nei due cassetti dell'armadio che erano i suoi da anni, e appendendo qualche abito elegante alle stampelle.

"Che è successo? Ci hai messo un secolo a salire," commentò, mettendosi le mani sui fianchi e guardando in modo critico la pila di maglioni pesanti che avrebbe dovuto infilare nel cassetto. Avrebbe dovuto fare un Incantesimo Estensibile per farlo, perché non ci sarebbe mai riuscita altrimenti.

Mi sdraiai a pancia in su sul mio letto, e le raccontai velocemente - non c'era molto da dire, in effetti - quello che era successo di sotto. Insistetti in particolare sulle reazioni dei miei genitori, che erano la cosa che mi aveva insospettita di più.

Alla fine Izzy alzò le spalle. "Non so che dire," rispose onestamente, "non ti rimane che chiederglielo, quando se ne vanno tutti."

Fallii nel non far trapelare un sorrisetto sulle labbra. "Non vedo perché aspettare."

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"Smettila di fare il finto tonto, so che ce l'hai," rimproverai mio fratello, puntandogli un dito contro. "Tirale fuori."

Hugo mise su una faccia di bronzo che mi fece saltare i nervi. "Non so di che parli," garantì, facendo spallucce.

"Oh, avanti," fece Izzy con le sopracciglia alzate e le braccia incrociate al petto. "Sappiamo benissimo che James e Fred hanno scelto te e Lily come i loro successori a scuola. È impossibile che non ce le abbiate."

Hugo sembrò indeciso. Gli avevo promesso che avrei lavato i piatti per due giorni al posto suo e che gli avrei fatto la relazione di Trasfigurazione che doveva portare per gennaio, ma non era ancora convinto.

"A che vi serve?" chiese infine, sospettoso. "Non vorrete mica origliare l'incontro in cucina, vero?"

"Sì," risposi senza troppi preamboli, impaziente, "è esattamente quello che vogliamo fare. Ora daccele."

"Voglio sentire anch'io," stabilì aprendo il suo baule e tirandone fuori dopo qualche secondo passato a rovistare, un pacchetto che recava a caratteri cubitali esattamente ciò che mi serviva.

Annuii e nel modo più quatto e silenzioso possibile ci piazzammo in cima alle scale. Ci lanciammo un'occhiata d'intesa, il respiro pesante dall'ansia, e Hugo lasciò calare la nostra arma segreta: le Orecchie Oblunghe.

Si trattava di un vero e proprio orecchio di plastica, e quella che componeva la finta pelle era impressionante per quanto sembrava fatta di carne vera. Un filo lungo estensibile grazie alla magia ci permetteva di farlo calare fino a quanto ci pareva.

Accostammo tutti e tre il viso all'Orecchio Oblungo e rimanemmo in ascolto.

Per alcuni attimi non si sentì nulla, tanto che temetti non funzionasse, ma poi la voce dell'Assistente ci arrivò forte e chiara. "Sappiamo benissimo tutti, qui, che un evento del genere non può trapelare. Si scatenerebbe un putiferio, il Ministro verrebbe reputato incapace di gestire una situazione così insidiosa. È di vitale importanza mantenere il tutto segreto—"

Un sospiro. "È di una vita che stiamo parlando, Ephelia. Non si può semplicemente ignorare la cosa," la voce del Ministro Shacklebolt era terribilmente affaticata. Mi chiesi da quanto quell'incontro stesse andando avanti.

Qualcuno - il Sottosegretario Peterson? - iniziò a premere fastidiosamente il bottoncino della propria penna. "Soprattutto, se poi qualcuno lo venisse a sapere, il Ministero verrebbe accusato di aver nascosto una notizia del genere, e la situazione peggiorerebbe."

"Chi è che lo sa per il momento?" chiese papà, in tono assolutamente professionale. Soltanto da come aveva parlato mi diede l'impressione di essere un vero Auror, un vero agente. E pensare che aveva detto a malapena una manciata di parole.

"I sette presenti a questa tavola, le tre guardie di turno, il direttore della prigione, il medico che ha accertato il decesso... un Babbano nella fuga cui è stata tolta la memoria... oh, mi scusi," aggiunse con una vena di imbarazzo quello che identificai come il Viceministro Randall, probabilmente verso il Primo Ministro Babbano, "non è un termine carino da utilizzare."

Sentii sfogliare dei documenti in modo febbrile. "È possibile contenere la notizia, è vero. E al Mondo Magico quanto a quello Non Magico farebbe bene evitare uno scandalo del genere, ma..." un sospiro della mamma, "non sarebbe giusto."

"Soprattutto, non abbiamo certezze che il padre non parlerà. In fin dei conti, dopo l'infrazione compiuta in precedenza, è da considerare imprevedibile," considerò il Sottosegretario anziano.

Ci fu un rumore forte, come di qualcosa di pesante sbattuto con violenza. "Possiamo, solo per un attimo, smetterla di parlare della reputazione del vostro benamato Ministero e concentrarci su quello che è successo?" sbottò iracondo il Primo Ministro Babbano, con passione. "È di un giovane, che stiamo parlando."

Shacklebolt si schiarì la gola. "Lo capiamo, signor Shaw, che lei posa essere sconvolto dalle nostre reazioni, ma il suo mondo, il suo popolo, non ha passato quello che abbiamo affrontato noi. Sono passati poco più di vent'anni, dalla guerra più sanguinosa e terribile che i maghi e le streghe d'Inghilterra e del mondo abbiano mai vissuto, e noi vogliamo solamente preservare il delicato equilibrio formatosi con sudore, fatica e dedizione."

Fece una pausa. Tutti i rumori erano cessati, le parole del Ministro erano oggetto di riflessione di tutti, anche di noi tre, che non avevamo proprio capito di che diavolo stessero parlando.

"Se la nostra società venisse turbata da uno scalpore simile, signore, questo fragile equilibrio si spezzerebbe. So che vent'anni possono sembrare abbastanza per risanare una spaccatura del genere, ma le assicuro che non sono niente. Tutti noi, anche i nostri ragazzi, pur non essendo nati durante il periodo peggiore, portiamo le cicatrici della guerra dentro di noi. Chi ha perso famiglia, amici, casa. Abbiamo tutti delle ferite, e un annuncio così non farebbe altro che farle riaprire. Ed è qualcosa che per il bene della mia gente, delle persone che hanno riposto la loro fiducia in me per essere guidate e protette, non posso permettere che accada."

Shacklebolt terminò il suo monologo con un pizzico d'affanno. Calò sul tavolo un silenzio assorto, denso di rispetto e di intimidazione. Ciò che aveva detto non andava preso alla leggera, era vero che tutti ancora sentivano il peso della guerra che si era appena finita di combattere.

Bastava pensare al fatto che Teddy fosse cresciuto con noi, che fosse considerato un figlio dallo zio Harry, che aveva dovuto fargli da padre in assenza dei suoi genitori. Bastava pensare allo zio George e alla nonna Molly che ogni primo aprile piangevano su un vecchio maglione con una F ricamata sopra.

Non c'era un singolo mago o strega, anche nati del dopoguerra come noi, che non percepisse gli effetti della tragedia che si era svolta anni prima.

In ogni cosa si poteva rivedere, nelle espressioni della gente, nei palazzi crepati, e soprattutto nella giornata del secondo di maggio, quando si celebrava l'anniversario della sconfitta di Voldemort da parte dello zio Harry, nel 1998.

Sarebbe dovuta essere una data felice, perché segnava la fine della Seconda Guerra Magica e un nuovo inizio, ma era più un giorno di lutto nazionale, per ricordare tutte le persone morte in quell'occasione e negli anni precedenti, anche nella Prima Guerra.

Noi in genere ci svegliavamo e tutti insieme, anche con la famiglia di Al, andavamo al cimitero per portare i fiori più belli, frutti della piena primavera, sulle tombe dei cari che avevamo perso. Zio George si occupava dello zio Fred; zio Harry e James ne portavano a Lily e James Potter; Teddy a Remus e Tonks Lupin; Lily e io a Sirius Black; Albus e la mamma a Severus Piton; papà e Hugo a Dobby, l'elfo domestico libero; zia Ginny e Neville ad Albus Silente.

Però non era un momento triste. Ognuno di noi si permetteva di ricordare quelle persone cui aveva voluto bene, gli attimi felici trascorsi con loro oppure la memoria che serbavano cara nel cuore, ed era una bellissima esperienza di crescita personale.

"Lo capisco," replicò in un sussurro il Primo Ministro Babbano, riportandomi al presente e strappandomi alle mie divagazioni mentali, "Davvero, più di quanto creda, ma non pensa—"

"Ma insomma!" abbaiò l'irritante voce dell'Assistente, tale Ephelia, "abbia un po' di rispetto. Il Ministro Shacklebolt le ha già spiegato la nostra politica. Sia educato e non insista."

La maleducazione di quella donna mi colpiva di più ogni volta che apriva bocca. Mi figurai la mamma roteare gli occhi e mordersi le mani nel cercare di non prenderla a pizze.

"Senta, signorina Skeeter, io comprendo il suo punto di vista e non voglio essere irrispettoso nei confronti del Ministro, ma se non accettate la mia opinione non vedo perché dovrei sedere a questo tavolo con voi," proclamò coinciso il Primo Ministro Shaw, inflessibile.

Ammirai i suoi nervi saldi: se l'Assistente avesse avuto quell'atteggiamento con me io l'avrei già attaccata a un muro.

Parlò il Sottosegretario anziano. "Temo lei abbia frainteso le parole della signorina Skeeter, signor Shaw," affermò con quel modo di fare duro e intransigente che gli avevo associato fin dall'inizio. Immaginai avesse scoccato un'occhiata perentoria alla Skeeter - cognome che tra l'altro mi ricordava qualcosa.

"La sua presenza qui è importante al pari di quella di tutti noi. Il punto è che non c'è molto da aggiungere. Il Ministro Kingsley Shacklebolt ha stabilito l'intenzione di mantenere segreto lo scandalo, e di conseguenza, pur rammaricandoci profondamente del coinvolgimento di un civile londinese nel tentativo di fuga, non possiamo che chiederle di fare altrettanto." Il Sottosegretario fu breve e coinciso. Sarebbe stato difficile replicare ad un discorso del genere, soprattutto perché laddove lui aveva parlato di chiedere, il suo tono lasciava sottintendere l'ordinare.

Anche Shaw dovette ammettere la sua sconfitta, perché la sua sedia stridette contro il parquet in un gesto che tradussi come l'alzarsi. "Benissimo. Maschereremo ciò che è avvenuto al civile Thomas Gibbins come incidente sul lavoro. Manderò una richiesta ufficiale per modificare la memoria alla famiglia alla Men In Black, o comunque si chiami la diavoleria che fate," sbottò, con chiaro risentimento nella sua ultima frase.

Rivolse un saluto secco a tutti i presenti, ringraziò i miei per l'ospitalità e nel giro di qualche secondo sentimmo la porta aprirsi e chiudersi.

Apprezzai il modo in cui si era comportato. Appena aveva capito che la sua presenza non era considerata al pari delle altre aveva fatto le valigie e se n'era andato, un comportamento ammirevole. Neanch'io sarei mai rimasta in una stanza di gente che si credeva superiore a me.

Iniziò un generale rumore di sottofondo di fogli che venivano sfogliati, penne che colpivano il tavolo ed elastici delle cartellette tirati. Diverse zip aprirono borse e valigette, scattarono bottoni, e in un minuto si alzarono tutti.

"Grazie per aver permesso che questa riunione d'urgenza si svolgesse qui, Hermione," riuscimmo a sentir dire da Shacklebolt oltre il frastuono generale di sedie che strusciavano e sussurri vari, "non potevamo rischiare che al Ministero ci sentisse qualcuno."

"Non si preoccupi, per me e mio marito è stato un piacere accogliervi," replicò lei, educata e cordiale come sempre.

"Comprendo che avreste voluto salutare i vostri figli come si deve, essendo tornati ora da Hogwarts," proseguì il Ministro pacatamente, "del resto, il signor Malfoy ha fatto lo stesso per il figlio Scorpius, mettendo le mani avanti e rifiutando di presentarsi, oggi. Non che si possa biasimare la sua scelta, ovviamente. Anzi, la condivido."

La mamma esitò per un paio di istanti. "Harry aveva il giorno libero, lui e Ginny hanno potuto prendere senza problemi anche i nostri ragazzi," fece con cautela, non sapendo bene come rispondere al Ministro. "Per Draco la situazione è più... complicata."

"Ah sì, la morte della cara Astoria Malfoy è stata una perdita per la comunità. Una delle poche donne veramente a modo che abbia mai conosciuto. Non ha mai dato segni di cedimento se non nell'ultimo istante della sua fin troppo breve vita," commentò quasi distrattamente Shacklebolt.

Io, Hugo e Izzy ci scambiammo un'occhiata. Dove voleva andare a parare? E come cavolo parlava? Sembrava aver ingoiato un dizionario.

"Penso lo stesso," disse la mamma circospetta, "Astoria, io e Ginny eravamo ormai diventate amiche."

"E pensi—" Shacklebolt si interruppe bruscamente, e iniziò a tossire così forte che mi fece male la gola per lui. L'attacco durò diversi istanti, e dal secondo colpo si fecero attutiti, probabilmente si era portato un tovagliolo davanti alla bocca.

"Ministro, tutto bene?" fece preoccupata la mamma, e l'uomo dopo un altro, duro colpo di tosse riprese a parlare. "Sto bene, Hermione, grazie. Ti stavo chiedendo," riprese con voce affannata, "se pensi che il giovane Scorpius abbia più ripreso dalla madre, o dalla famiglia del padre."

Le sue parole insidiose mi fecero congelare sul posto. Che voleva dire? Aveva dubbi riguardo l'onestà di Scorpius? Alludeva al passato di Mangiamorte di Draco? Ma perché mai? Non avevano fatto nulla di male, Scorpius era uno studente eccellente, era stato Prefetto della sua Casa e ora Caposcuola, Capitano della sua squadra di Quidditch, voti altissimi, e poi non avrebbe mai fatto male ad una mosca.

Che cosa intendeva davvero il Ministro?

"Scorpius è il ragazzo più buono che abbia mai conosciuto," affermò la mamma, decisa, "è sempre stato al fianco di Rose nelle sue... vicissitudini, e frequenta la nostra famiglia da anni. Lo conosco bene come se fosse parte della mia famiglia."

Stava chiaramente esagerando, non aveva un legame così stretto con Malfoy, - quella era la zia Ginny, che lo reputava figlio al pari degli altri tre - quattro, con Teddy, - ma per togliere ogni dubbio al Ministro non poteva far altro che dire così.

Lui infatti ci sorprese. "Anch'io penso sia proprio un bravo ragazzo. Immagino che sia la prova lampante che la famiglia in cui nasci ti influenza soltanto fino ad un certo punto, e lui si è rivelato l'esatto contrario di—"

"Che cosa diavolo state facendo voi?" tuonò all'improvviso papà facendoci letteralmente sobbalzare dal terrore. A Hugo sfuggì di mano l'Orecchio Oblungo, che cadde nel vuoto tra una rampa e l'altra e fu afferrato al volo da quella palla di pelo che era Grattastinchi, con tanto di miagolio soddisfatto.

Alzammo spaventati lo sguardo su di lui, che aveva le mani sui fianchi e gli occhi azzurri che mandavano lampi.

Hugo alzò le mani, indietreggiando lentamente. "Niente, giuro."

"Devi davvero imparare a mentire meglio," gli dissi a mezza bocca, facendo soffocare una risata a Izzy e ricevendo un'occhiata storta sia da papà che da mio fratello.

"Seguitemi," ordinò papà irremovibile, e superandoci percorse il corridoio in parquet pieno di luce su cui affacciavano le camere mie e di Hugo, e quella dei genitori, e ci condusse nello studio in comune che aveva con la mamma.

In realtà era più di lei di quanto fosse effettivamente di lui, perché papà era molto meno tipo da scrivania e più uomo d'azione. Aveva giusto una parte della libreria dove teneva i documenti che doveva riempire, scartoffie dopo un'operazione che non erano abbastanza importanti perché fosse il Capo, Draco Malfoy, a prendersene cura.

Alla fine lui le abbandonava sulla scrivania - metterle in ordine era troppo faticoso - e la mamma gliele ordinava per data e le riempiva di post-it su cose che lui doveva correggere, e poi le riponeva sullo scaffale della libreria con il suo nome.

Sapevamo anche che in quella stanza aveva uno scompartimento segreto dove nascondeva tutti i dolci che lei gli vietava per non fargli salire la pressione ulteriormente, ma lo custodiva così gelosamente che non avevamo la minima idea di dove fosse - né se esistesse veramente, in realtà.

Ad ogni modo, si trattava di una stanza mediamente grande, inondata di luce per la maggior parte del giorno. Come lo studio del signor Malfoy verteva sui toni chiari del beige e del bianco, e al posto di quella che sarebbe dovuta essere una parete, posta alle spalle della scrivania, c'era una vetrata che da bambina mi aveva sempre affascinata.

I miei genitori avevano scelto una casa che non si trovava neanche lontanamente in città. Non ci voleva molto ad arrivarci, bastava una mezz'ora di mezzi Babbani, e soprattutto non era affatto la tipica abitazione di campagna.

Prima di tutto, era moderna. Era stata costruita basandosi del tutto sui giochi di luce durante il giorno, tali che la cucina e il salone avrebbero avuto la loro dose di illuminazione fino alle tre del pomeriggio; poi toccava allo studio, e dalle camere da letto veniva osservato il tramonto.

Non eravamo circondati da prato, che avrebbe portato mille animali ad entrare dentro, ma da ghiaia, e poi un sentiero conduceva su una collina che in primavera si riempiva di fiori, sormontata da un enorme ciliegio che ci offriva sempre protezione dal sole cocente, o appigli per arrampicarci e vedere le stelle, oppure ombra sotto la quale studiare.

Avevamo un garage, con dentro una macchina Babbana regalata alla mamma dal suo capo quando era stata promossa e aveva preso il suo posto.

Insomma, non era un appartamento da città, ma avevamo tutte le comodità e in più non si moriva asfissiati dalla calura estiva, e il paesaggio era semplicemente stupendo.

Dava un po' l'impressione di essere la casa dei Cullen in Twilight, altra saga che Izzy mi aveva obbligata a leggere e che onestamente, anche se non rientrava proprio tra le mie preferite, avevo divorato in pochi giorni. Con la differenza che quella era immersa nel bosco, la nostra in collina.

Io e Izzy ci sedemmo sulle sedie di pelle bianche davanti alla scrivania della mamma, Hugo rimase in piedi tra noi, e papà ci si sedette di fronte incrociando le dita e guardandoci.

Ci volle qualche minuto perché iniziasse a parlare. Prese un bel respiro e appoggiò la testa contro il palmo della mano. I suoi occhi azzurri ci scrutarono con attenzione, i capelli rossi creavano uno strano e piacevole contrasto con il beige dei mobili e il bianco delle pareti e degli ornamenti. E poi, il cielo blu alle sue spalle, e la collina imbiondita dall'erba seccata dal freddo.

"Che cosa avete capito, ascoltando la nostra conversazione?" domandò, squadrandoci ad uno ad uno per saggiare le nostre risposte. Mi sentii sotto pressione come se mi stesse interrogando come sospettata per un caso di omicidio. Aspettava una reazione.

Hugo mi lanciò un'occhiata. "Io non ho capito nulla," rispose candidamente, "solamente che c'è stato uno scandalo, che il Ministro non vuole far trapelare. E che l'Assistente è una rompicoglioni, e il Viceministro un idiota. Per il resto non si sono fatti nomi, né sono stati citati dei luoghi o altro."

Papà aprì la bocca per dire qualcosa, ma la richiuse nel vedere la mia espressione stranita. "E tu?" fece bruscamente.

"Avete detto che un Babbano è stato ucciso e che le uniche persone che sanno quello che è successo, oltre voi, sono delle guardie di turno. Che non si hanno certezze se il padre del colpevole aprirà bocca. E che colui che ha portato a termine questo clamore è un giovane," constatai riflettendo velocemente.

Per alcuni momenti, vuoto totale. Avrebbero potuto star parlando di qualsiasi cosa, perché come aveva detto Hugo, non avevano detto né nomi né citato luoghi o fornito indicazioni temporali.

Solo che poi mi ricordai della malevola insinuazione dell'Assistente Skeeter, che aveva buttato sul tavolo l'ipotesi che avrei dovuto essere presente anch'io.

E quindi mi colpì, mi colpì come un treno la realizzazione di chi stavano parlando.

La bocca mi si spalancò per l'orrore, papà capì che ci ero arrivata e si passò le mani sul volto.

"Papà," sussurrai con un filo di voce, "Caleb è scappato da Azkaban?"

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