19 - 𝐿𝑎𝑡𝑒𝑙𝑦
{Cast: Cole Mohr as Teddy Lupin}
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"Ti dirò la verità, Rose", proferì il professor Longbottom, "a me sembra che studi semplicemente troppo. Dovresti prendere una pausa."
Abbassai lo sguardo sulla tazza fumante di tè che avevo in mano, verde quanto gli occhi del mio professore preferito - nonché amico di vecchia data dei miei genitori. "Non è che abbia granché da fare, qua. E poi senza studiare come li supero i M.A.G.O.?"
Neville incurvò le spalle e si portò alle labbra la sua tazza. Ne trasse un lungo sorso, forse anche pensando un po' a cosa dire. "Gli esami per te saranno una passeggiata. Forse potresti uscire. Un giro all'aria aperta non ti farebbe male."
La mamma, dall'altro capo del tavolo rispetto a lui, mise giù il fascicolo che stava studiando - qualcosa per l'accettazione di un programma sugli elfi domestici chiamato C.R.E.P.A. - e si tolse gli occhiali da lettura. "È quello che le dico sempre io. Stare tappata in casa non fa bene."
"Tutti i miei amici sono ad Hogwarts," obiettai. "Con chi dovrei uscire, con Grattastinchi? O giocare a Quidditch con il nonno in giardino?"
Neville sospirò. "Non ti si può dare torto," ammise. Guardò ad intervalli me e la mamma, che mi aveva appena rifilato un'occhiataccia per aver parlato così. Non sopportava quando la vena ironica ereditata dagli Weasley saltava fuori, ed era un peccato, dato che la sfruttavo tutti i giorni da quando ero tornata a casa.
"Immagino che non ci siano novità, per il rientro a scuola," azzardò Neville. Avrei voluto rispondergli che se non lo sapeva lui era difficile che lo facessimo noi, ma ingoiai la mia cattiveria gratuita e mi limitai a scuotere la testa.
"Sono certa che la McGranitt stia facendo il massimo per smascherare il colpevole," disse fiduciosa la mamma, finendo il tè nella sua tazza di ceramica che io e Hugo avevamo disegnato l'anno prima, in un attacco di noia. Con un colpo di bacchetta la fece levitare fino al lavandino, e con un altro la inondò con un getto d'acqua fredda.
Neville annuì. "Certo, ha interrogato tutti gli studenti, ma - si sa, i ragazzi di oggi sono inclini a mentire, e non siamo più autorizzati a usare certi metodi. Non penso nessuno avrebbe il coraggio di farsi avanti con una cosa così grave sulle spalle, sapendo che l'espulsione è praticamente certa. Si deve solo trovare un metodo alternativo."
Loro non erano autorizzati ad usarli e per questo dovevano stare al loro posto, ma noi invece no. E stava arrivando il momento della verità, era questione di ore.
"Certo," concordò la mamma annotando qualcosa di lato al suo fascicolo con la piuma d'oca. Mi sembrava fosse stato proprio il mio professore di Erbologia a regalargliela al compleanno.
"Come stanno i miei amici?" chiesi, ansiosa allungandomi sul tavolo verso il docente. Lui mi sorrise. "Danno di matto senza di te. Per fortuna Al sta aiutando Isabelle a studiare, perché non sa proprio dove sbattere la testa senza di te. E non so se hai sentito, ma i Grifondoro hanno perso la partita con i Corvonero... la tua sostituta è stata così disastrosa che benché Lily abbia preso il Boccino, la squadra avversaria vantava comunque un punteggio più alto."
Erano tutte cose che già sapevo, perché mi scrivevo quasi ogni giorno con Izzy, Kalea, Lily, Hugo, Albus e anche Noah, ma faceva comunque piacere sentirsele dire. No, non della sconfitta con i Corvonero - non ci credevo che Paige Halsey si fosse rivelata così incapace, o avrei scelto chiunque altro al suo posto. Comunque un giorno mi avevano anche allegato una foto di tutti quanti loro, scattata con la macchina fotografica dello zio George, durante una visita ad Hogsmeade.
Il mio cuore aveva perso un battito quando aveva visto al lato la figura imbronciata di Malfoy. Teneva gli occhi fissi nell'obiettivo e le braccia al petto, gli angoli della bocca curvati all'ingiù. Chissà quanto dovevano averlo pregato per fargli fare la foto.
La avevo appesa sopra la mia scrivania in camera, e ogni volta che la malinconia mi faceva stringere il cuore guardavo tutti i miei amici sorridere e agitare le mani in segno di saluto, e allora mi sentivo un po' meglio.
"Manchi a tutti, Rose," Neville mi strinse affettuosamente una mano. "Mi hanno chiesto," arrischiò poi guardando con la coda dell'occhio la mamma, "anzi, pregato, di convincerti ad andare ad Hogsmeade questo weekend, dato che hanno l'uscita."
Ero già pronta a dire di sì e correre di sopra per scrivere una lettera ad Albus, quando la voce della mamma mi fece bloccare sul posto. "Assolutamente no," rispose per me, non alzando gli occhi dal suo plico di fogli. "È troppo pericoloso. Non stai a casa da un mese per rischiare di mandare tutto all'aria in un sabato, Rose. Finché la McGranitt non trova chi ti sta facendo del male—"
"Ma non lo troverà mai! Io voglio tornare a scuola, mamma, non ce la faccio più a stare qui!" sbottai balzando in piedi. La sedia stridette furiosamente contro il pavimento, facendo soffiare Grattastinchi, acciambellato in una pozza di sole sul pavimento poco più in là.
Mamma mi guardò, sorpresa dalla mia reazione. "Siamo al dodici di dicembre, tra dieci giorni torneranno tutti a casa per le vacanze di Natale... non vedo perché dovresti fare tutte queste scene."
Non potevo credere mi stesse dicendo una cosa del genere. Sembrava non fosse mai stata ad Hogwarts, che non avesse mai subito il fascino del Castello, che non avesse mai avuto degli affetti là. Per diamine, aveva sposato uno dei suoi amici e un altro aveva appena finito di dare una lezione di Erbologia privata alla figlia, come poteva dirmi che non capiva perché volessi tornarci?
"Perché io non ce la faccio più a stare chiusa qua dentro, mamma!" sbottai nervosamente. Neville assunse l'espressione di chi avrebbe voluto trovarsi ovunque tranne che nella nostra cucina in quel momento. Arraffò velocemente tutte le piantine con cui avevamo appena terminato di fare lezione e se le mise in valigia. "È meglio che vada..."
"È per la tua sicurezza!" ripeté lei, imperterrita, per la millesima volta da quando ero tornata a casa, "preferiresti stare ad Hogwarts rischiando ogni giorno di morire pur di stare con i tuoi amici piuttosto che qui, al sicuro?"
Le bastò guardare i miei occhi pieni di sfida per arrivare ad una risposta che non le piacque per niente. Perse la sua faccia ostinata e corrugò le sopracciglia. "È un sì, vero?"
"Mi dispiace, mamma. Ciao, Neville, ci vediamo martedì prossimo," conclusi afferrando il mio quaderno di Erbologia. Me ne andai in camera mia, sorda alle grida di mia madre che mi chiamava per scendere, furiosa.
Rabbrividii appena entrai nella stanza, perché avevo lasciato la finestra spalancata, ma fui ricompensata dalla presenza di Glauco che si lisciava le penne sulla mia scrivania. La mia civetta bruna mi beccò affettuosamente il dito quando la accarezzai, poi tese la zampa verso di me.
Sciolsi il cordoncino che legava la lettera all'animale con il cuore che mi impazziva nel petto e poi gli diedi un piccolo verme come ricompensa combattendo contro il disgusto. Io avevo provato a farlo diventare vegetariano, però non ne aveva voluto sapere.
Glauco mi era stato donato dallo zio Harry il primo giorno di scuola del primo anno, ed era il fratello di Diomede, l'altra civetta grigia regalata ad Albus. Avevamo passato le vacanze invernali ad addestrarli, e James ci aveva presi in giro per almeno un mese quando avevamo scelto i nomi.
Glauco sfregò la testolina contro il palmo della mia mano e poi si andò a sistemare sulla testiera del mio letto, tornando a lisciarsi le penne arruffate dal volo.
Erano un paio di giorni che lui, Diomede e Zazu, il barbagianni di Izzy, continuavano a fare avanti e indietro da casa mia ad Hogwarts e viceversa in qualunque condizione atmosferica, pur di far andare avanti la nostra incessante corrispondenza.
Passavo la metà delle mie giornate con le lettere che mi mandavano, mettendole in ordine, annotandomi le cose importanti, prendendo appunti su cosa replicare e poi formulando risposte, e l'altra metà passava nell'ansia di attendere informazioni dai miei amici.
Inoltre, il terzo giorno in cui ero stata a casa, un altro ospite aveva picchiettato con il becco alla mia porta: il gufo nero di Malfoy, Ara, aveva di lì preso a farmi visita ogni cinque giorni, e io mi ero ritrovata a bramare quelle righe che mi mandava il suo padrone con ansia.
Ad un certo punto Kalea doveva aver detto ad Albus che non avevo intenzione di rispondere a nessuna di queste, e Albus doveva averne parlato con Malfoy, perché le lettere si erano fatte più brevi e limitate alle novità sul fronte del trovare chi mi aveva somministrato la Pozione Vulnerante.
In ogni caso, nonostante ciò che era successo con lui negli spogliatoi dopo la partita di Quidditch, una cosa positiva l'avevo guadagnata, e cioè che una volta tornata al Castello piangendo copiosamente avevo trovato Albus. Lui mi aveva vista in condizioni pietose e mi era corso ad abbracciare, e di lì avevamo fatto pace.
Mi aveva spiegato che se mi evitava era perché era geloso di Malfoy e non voleva vederci insieme, perché aveva paura che ci saremmo stati entrambi male. Gli avevo assicurato ferocemente che non c'era niente tra me e l'amico, e per quanto fosse stato sorpreso dal mio tono furente mi aveva creduto.
Una volta chiarito con lui però, Malfoy aveva occupato anche la parte dei miei pensieri che prima avevo dedicato ad Albus. Era passato un mese da quella litigata negli spogliatoi maschili, e dalla fase di rabbia cieca che provavo nei suoi confronti ero passata a chiedermi se non avessi esagerato a reagire così.
Certo, ancora mi faceva immensamente schifo il pensiero di averlo baciato in quel modo - si poteva ancora parlare di bacio? Insomma, non era stato solo un bacio, no? - con quell'altra tizia nuda nella stanza accanto che aveva appena finito di fare sesso con lui, però se la si vedeva dal suo punto di vista non aveva troppo sbagliato.
Ad ogni modo il mio orgoglio era troppo forte perché gli rispondessi anche ad una sola delle sue lettere.
Lettere che contenevano sempre scuse, voglia di sapere come stessi, che cosa facessi, e le ultime due sottolineavano anche quanto poco mancasse al rivederci.
Infatti oggi era il dodici di dicembre, e feci appena in tempo a sfiorare Malfoy con la mente che Ara planò dentro la mia stanza - mi ero dimenticata di chiudere la finestra - e si sistemò al fianco di Glauco.
Li guardai allibita scambiarsi un gesto d'affetto. Adesso che i nostri due animali avevano una storia e noi no. Ottimo.
Diedi una ricompensa anche a lei e le presi la lettera che aveva legata alla zampa. Quasi mi scivolò tra le mani, per quanto era pesante. Come la guardai meglio vidi che si trattava di una busta, non di una lettera e basta, con un piccolo rigonfiamento in basso che indicava la presenza di un allegato.
Con le mani tremanti, chiusi bene la finestra e poi a chiave la porta, e corsi alla scrivania. Presi la lettera di Albus e la aprii con un gesto secco.
"Cara Rose,
Nascondi questa lettera quando l'avrai finita di leggere. Nessuno deve scoprire cosa stiamo progettando. Sappi che l'aquila è atterrata nel nido (è Izzy che ha voluto scriverlo. Io non l'avrei fatto): ovvero, se non fosse abbastanza chiaro già di per sé, il Veritaserum è pronto. Grazie al tuo aiuto abbiamo perfezionato il piano per somministrarlo ai sospettati, che verrà attuato stasera. Con James abbiamo allestito la festa clandestina più bella di Hogwarts, e tutta la scuola ha già dato il suo consenso. Non sarà difficile tirare fuori dalla folla chi ci serve, interrogarlo e rimandarlo alla festa, sopratutto perché Teddy sarà con noi, pronto a Obliviare il ricordo, e James, il più esperto in questo tipo di incantesimi, Confonderà chiunque si accorga di quello che sta succedendo."
Sorrisi mordendomi le labbra con nervosismo. Stava andando tutto per il meglio, mi fidavo dei miei amici, e di Albus. L'idea poi di coinvolgere James e Teddy era stata geniale, davvero. Mai avevo visto ragazzi di quell'età così esperti negli incantesimi che aveva citato Albus, ed era arrivato per loro il momento di sfruttare le loro doti.
"Quello che però ti abbiamo tenuto nascosto finora, Rose, è che parteciperai anche tu. Allegate alla lettera di Scorpius, ci sono due fialette di Pozione Polisucco che lui è riuscito a distillare di nascosto. Devi infilarci i capelli di tua madre, e andare al Ministero della Magia. Secondo piano, Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia: in particolare, l'Ufficio per l'Uso Improprio dei Manufatti dei Babbani. Lì, infatti, da due mesi sta la macchina volante di nonno Arthur, l'unica tua speranza di raggiungere Hogsmeade, dato che non ti ci puoi Materializzare. Non venire direttamente al Castello, o la McGranitt ti vedrà; entra da Mielandia e usa il passaggio segreto della Strega Orba."
Più leggevo la lettera di Albus, più mi convincevo che mio cugino non stava bene mentalmente. Era prima di tutto un piano folle: già il fatto di entrare sotto le spoglie di mia madre laddove era la donna più famosa e voluta con la speranza di non essere notata era assurda. Per non parlare del dover prendere la macchina volante del nonno, e di doverla guidare, senza avere la benché minima idea di dove si debbano mettere le mani, fino ad Hogsmeade.
No, Albus era diventato matto, non c'era altra soluzione. Come avrei dovuto fare tutto ciò?
"Mi dispiace dirti ora di tutto questo, sarebbe stato meglio parlarne subito, ma meno sapevi e meglio era, considerando che tua madre è una delle più potenti Legilimens e per questo ti avrebbe potuta beccare all'istante. E se ti stai chiedendo perché Teddy e James non ti siano venuti a prendere, sappi che ora entra in gioco il loro diversivo: Teddy ha accidentalmente rotto a James una gamba e gli ha fatto venire un trauma cerebrale - niente di grave, ti assicuro, è tutto finto, un nuovo pezzo dello zio George per far saltare scuola - cosicché i tuoi genitori e i miei debbano correre al San Mungo in modo da non poter venire al Ministero. Terranno gli adulti impegnati fino a che tu non sarai fuori da là."
Era impressionante vedere come avesse pianificato tutto nei minimi dettagli, e come mi stesse informando di quel piano assurdo minuti prima dell'ipotetica attuazione.
Ci aveva però visto giusto: con la dote di mamma come Legilimens, mai sarei riuscita a nasconderle una cosa del genere.
Continuai a leggere avidamente per avere più informazioni possibili su quello che avrei dovuto fare.
"Tua madre ti verrà a dire di andare al San Mungo con loro. Usa una risposta acida come te soltanto le sai fare, in modo che non si faccia sentire o non le venga in mente di venire a casa prima. Sfortunatamente lo zio George non ha ancora inventato niente che faccia sembrare di essere morto, per cui una volta arrivati all'ospedale ci metteranno poco a capire che quello di James era uno scherzo, e a tornare. Per questo il tuo tempo è assolutamente ridotto: entrare, prendere la macchina e uscire. Non fermarti a parlare con nessuno, vai dritta all'Ufficio per l'Uso Improprio dei Manufatti dei Babbani, convincili a darti la macchina e poi fila via. Non credo faranno storie per Hermione Granger, ma in caso usa un Confundus."
Rilessi attentamente la lettera dall'inizio sebbene mancassero ancora diverse righe alla fine, e con un taccuino accanto trascrissi tutti i punti fondamentali dell'impresa che mi accingevo a compiere. Sarebbe stato non poco difficile, ma dovevo farlo, oppure non avrei assistito agli interrogatori con il Veritaserum quella sera. E io dovevo esserci.
Mi salì un nodo in gola. Ero agitata anche solo all'idea di entrare nel Ministero durante un giorno infrasettimanale sotto l'identità di mia mamma, rubare una macchina e poi attraversare l'Inghilterra senza saper guidare. Però una volta arrivata a Mielandia, di lì sarebbe stata una passeggiata: mille volte avevo preso il condotto segreto, e una in più non mi avrebbe fatto nulla.
Si sarebbe fatta di nuovo un'impresa tosta a girare per Hogwarts senza dover essere vista. Mi sarei dovuta cucire addosso il Mantello dell'Invisibilità.
"C'è un'altra cosa che dovresti sapere, Rose. Abbiamo setacciato la Sezione Proibita per notti intere di seguito, ma l'unico libro sul Veritaserum è quello che tu e Scorpius avete trovato, e che non dice praticamente niente. Non sappiamo nulla su come somministrarlo, né sugli gli effetti collaterali, che sono due aspetti che non possiamo permetterci di sottovalutare. C'è però una nota che dice che un capitolo intero sul Veritaserum è contenuto nel Taccuino di Newt Scamander, dove tratta dell'unico modo per usare la piuma di Jobberknoll. Di conseguenza, ti direi di andarlo a prendere, dato che il Taccuino si trova nell'Ufficio Misteri al Ministero della Magia, soltanto che l'accesso è riservato a pochi eletti, tra cui zia Hermione non rientra."
Aggiunsi velocemente tra le note il Taccuino di Newt Scamander.
"L'unico che conosciamo che può entrarci è Draco, il papà di Scorpius. E dato che non possiam chiedere direttamente a lui, Scorpius userà la seconda fialetta di Pozione Polisucco e assumerà le sembianze del padre. Entrerete insieme nel Ministero, tu andrai al secondo piano e lui al nono, e poi tornerete ad Hogsmeade."
Chiusi gli occhi e mi presi la testa tra le mani. Non poteva essere vero, Albus non mi avrebbe mai fatto una cosa del genere. Sapeva che non volevo vederlo neanche sotto tortura, anche se non sapeva il perché, e Izzy che invece era al corrente di tutto l'aveva dissuaso dal chiedere spiegazioni ulteriori.
Evidentemente a vuoto.
"Mi dispiace, Ronnie," concludeva la lettera, "non so che cosa sia successo tra voi ma questo è l'unico modo per scoprire chi ti sta facendo del male, e se devo obbligarti a stare con Scorpius poche ore per riuscirci, allora lo faccio senza esitazioni. Scorpius si Materializzerà là con Teddy appena i tuoi saranno usciti per il San Mungo, poi Teddy correrà all'ospedale anche lui, e di lì avrà inizio il vostro tempo. Prendete la pozione una volta già dentro al Ministero, per non sprecare tempo prezioso. Fosse per me darei il Veritaserum ai sospettati senza curarmi delle conseguenze, ma non sarei meglio del colpevole se lo facessi. Ti voglio davvero bene, Ronnie. Mandami un gufo appena prendi la macchina, io inizierò ad organizzare le cose qui. Buona fortuna,
Albus".
Feci in tempo soltanto a nascondere la lettera di Albus in fondo al mio armadio e prendere le fialette di Pozione Polisucco da quella di Malfoy prima che la mamma aprisse la mia porta. Lanciò uno sguardo a Glauco e Ara senza vederli veramente, poi uno a me.
"Rose," esclamò torcendosi le mani. Aveva negli occhi un'agitazione che poche volte le avevo visto, e se non avessi già saputo di James e che stava fingendo, probabilmente mi sarei preoccupata da morire soltanto a vederla così.
Deglutì. "Rose, James - James è al San Mungo. Zia Ginny—" singhiozzò, "zia Ginny dice che è grave. Io e papà stiamo andando all'ospedale..."
Per quanto si lamentasse di lui dicendo sempre che era irresponsabile, un bambino e troppo immaturo, un pezzo del suo cuore era irrimediabilmente dedicato a lui.
Non sapevo neanche bene il perché, in realtà. James era completamente diverso da mamma, non erano due caratteri compatibili, e spesso e volentieri la faceva arrabbiare così tanto da fargli lanciare spatole da cucina in testa, però quando le andava vicino e la abbracciava, oppure quando la veniva a trovare senza preavviso soltanto per passare un po' di tempo con lei, o anche quando la riempiva di gufi pieni di cuori a lavoro, lei si scioglieva per lui.
Sicuramente l'aveva anche influenzata il fatto che James fosse il primo vero bambino in casa. Certo, si erano presi cura di Teddy, ma avevano neanche vent'anni e la maggior parte del vero babysitting l'aveva fatto la nonna Andromeda, e Draco. Poi c'era stata Victoire Weasley, però con il fatto che zio Bill e zia Fleur abitavano in Francia non l'avevano vista tantissimo.
Jay invece era stato colui con il quale i miei genitori e i suoi avevano fatto le loro prime esperienze. Le pappe, il cambio del pannolino, la gara a quale parola avrebbe detto per prima, l'insegnargli a camminare, erano tutte cose che avevano tutti e quattro imparato con James.
Per questo erano stati a dir poco perfetti con noi successivi, perché era stato lui a prendersi tutte le cadute dalla culla, i cibi sbagliati, gli esperimenti su come guarirlo anche dal più lieve raffreddore senza dover ricorrere ogni volta all'ospedale in preda al panico.
James per lei era a tutti gli effetti il primo figlio che avesse mai avuto, e per questo i suoi grandi occhi castani erano pieni di terrore.
La fissai gelidamente. La rabbia che avevo provato nei suoi confronti non si era affatto attenuata, anzi si era amplificata a causa della spiacevole notizia ricevuta da Al riguardo l'arrivo di Malfoy.
"Scusa mamma," dissi con la voce grondante di sarcasmo, "se è troppo pericoloso uscire di casa per andare ad Hogsmeade, allora lo è anche per andare al San Mungo."
Feci per sbatterle la porta in faccia, quando lei frappose un piede per impedirmelo. "Ma come puoi dire questo! James per te è... non so neanche più che cosa sia, se un fratello, un migliore amico, o altro, ma lui è in ospedale, sta male, e ha bisogno anche di te!" grosse lacrime luccicanti le presero a scorrere sulle guance.
Distolsi lo sguardo per non venire meno al mio impegno. "James non si è mai degnato di venirmi a trovare per tutto il tempo in cui sono stata qua, mamma. Non si merita che corra al suo capezzale appena ne ha bisogno. Ma prego," aggiunsi ironicamente, "non fatevi rallentare da me."
Lei mi guardò come se le avessi dato il peggior dispiacere della sua vita. Le spostai bruscamente il piede e poi le sbattei la porta in faccia, ignorando il suo tirare su con il naso. Mi allontanai da là come la sentii singhiozzare, altrimenti l'avrei fatto anch'io, e mi lasciai scivolare le fiale di Pozione Polisucco in tasca.
Attesi con le orecchie drizzate di sentirli chiudere la porta a chiave e allontanarsi sul vialetto. Papà per tutte e due le litigate non era uscito da camera sua, e durante la mia permanenza a casa si era fatto vedere solo durante i pasti e quando ci veniva a trovare qualcuno, oppure eravamo noi ad andare dai nonni. Non gli era proprio andata giù la questione di Malfoy, e non potevo neanche dirgli che non c'era più da preoccuparsi su quel fronte.
Una volta fui sicura della loro effettiva sortita mi precipitai in camera loro correndo così veloce da rischiare di scivolare sul parquet lucidato. Per poco non investii Grattastinchi che si preparava a saltare sul davanzale della finestra per mettersi al sole accanto al vetro.
Quando mi soffiò gli feci il dito medio.
Sapevo di avere poco tempo prima che Teddy e Malfoy si presentassero alla porta, perciò mi gettai nell'armadio e mi misi a spulciare ogni vestito che aveva la mamma, alla ricerca di un suo capello, prima di ricordarmi della spazzola nel bagno dei miei.
Maniaca dell'ordine com'era, aveva la sua personale, che non poteva usare nessun altro di noi, e in quel momento mi fece un gran favore, perché se avessi beccato un capello di Hugo, del suo stesso colore, sarebbero stati guai.
Presi uno dei suoi e lo misi nella fiala, che assunse un vivace rosso castagna, e poi la inserii insieme a quella di Malfoy nella tasca del completo che mi sarei messa per sembrare lei al cento percento.
Non mi rimase poi che aspettare i due seduta sul divano del salotto comunicante con la cucina.
Cercai di rilassarmi il più possibile, ma sentivo i palmi delle mani sudare e il cuore battere forte. Non era neanche all'idea di ciò che stavo per fare, né malessere per come avevo trattato mia mamma, ma per quanto orribile fossi, era al solo pensiero di rivedere Malfoy.
L'ultima volta che ci eravamo visti era stata quando i miei amici erano venuti a salutare me e la mia famiglia in partenza davanti ai grossi portoni di Hogwarts. Non ci eravamo salutati, perché io avevo girato la testa dall'altra parte quando aveva accennato un passo per raggiungermi, e allora si era fermato.
Avevo visto che zia Ginny aveva attirato lui, Albus e Lily in un abbraccio affettuoso cui si era aggiunto anche lo zio Harry. "Fate i bravi," aveva detto la zia, con finta severità, "non voglio più sentire che vieni messa in punizione con Hugo, Lily, né che fai a botte con Caleb Thomas, Scorpius. Non farti rovinare questo bellissimo viso da quel babbuino," gli aveva accarezzato la guancia. Lui era arrossito e aveva promesso.
La zia poi si era voltata verso Al. "Immagino che a te non ti si possa dire molto, adesso che non ci sarà più la tua compagna di avventure," mi lanciò un'occhiata divertita cui avevo risposto con un pollice alzato, "tu impegnati al massimo come sempre e vedrai che questi giorni senza Rose passeranno in un baleno. E ricordati quello che ti ho detto riguardo il Quidditch: quando vedi il Boccino, e inizi a inseguirlo, tieni le gambe più vicine possibili e il busto basso, così riduci l'attrito in volo e non ti prendono con i Bolidi— oh, venite qua," si era commossa infine, e aveva di nuovo stretto tutti e tre tra le braccia.
La scena mi aveva fatta riflettere su quanto mi avesse detto nello spogliatoio prima che ci baciassimo, ovvero su come zia Ginny per lui avesse rappresentato un'ancora, e su come gli avesse dato affetto spropositato senza chiederne in cambio e senza contare degli orrori subiti dalla sua famiglia.
Per lui poteva anche esser apparso strano, dato che non la conosceva ancora all'epoca, ma per chi come me con lei ci era cresciuto, be', non ci si poteva aspettare niente di diverso. La zia era la donna più forte, buona, caparbia e coraggiosa sulla faccia della terra. Non si era mai fatta mettere i piedi in testa da nessuno, era una forza della natura concentrata in un barattolo d'altezza.
L'ultima volta, invece, che io e Malfoy ci eravamo parlati, risaliva proprio all'episodio dello spogliatoio. Le sue parole erano state ancora di scuse, cercava di giustificarsi per ciò che aveva fatto senza pensare che magari potesse essere nel torto anche lui.
Uscita dalla stanza avevo pianto tutte le mie lacrime fino al Castello, dove mi ero fatta una bella doccia bollente, avevo chiuso le valigie e poi ero passata a salutare professori e amici.
Mi era presa una rabbia così forte da farmi contrarre ogni organo del mio corpo. Come si era permesso di baciarmi, toccarmi e parlarmi in quel modo sapendo della ragazza nell'altra stanza? Dicendomi che non voleva nessun'altra, e invece se l'era appena finita di fare?
Ero rimasta arrabbiata finché non ero andata a dormire. Il resto della serata infatti l'avevo passata senza ben accorgermi di quando stessi facendo. Avevo cenato con un panino, mi ero vista un film con i miei genitori sul divano, però non ero presente con la mente, perché continuavo a pensare a lui.
Quando invece mi ero infilata nel letto, con il piumone tirato fino alle orecchie, le luci spente e la voce del presentatore tv che mi arrivava dal salotto, allora avevo realizzato che ero davvero tornata a casa, che la mattina seguente non mi sarei dovuta alzare presto per andare a lezione, non avrei visto Albus, Izzy e Kalea, non avrei scherzato con Noah, né salutato il professor Longbottom, e soprattutto non avrei osservato rapita la slanciata e delineata figura di Malfoy da un lato all'altro della Sala Grande.
Mi era presa una tale tristezza che anche se mi faceva schifo per come si era comportato, avevo iniziato a ripensare a quel pomeriggio con oggettività e minuziosità ed ero arrivata alla conclusione che forse non aveva sbagliato del tutto.
Certo, avrebbe dovuto avvertirmi che era appena andato a letto - per modo di dire - con un'altra ragazza che stava ancora nuda nelle docce, però non era stato corretto da parte mia arrabbiarmi così tanto, semplicemente perché non erano affari miei con chi andasse.
Non mi aveva mai promesso alcuna esclusività soltanto per tre baci, per quanto belli fossero stati, e io mi ero immaginata che non andasse più con nessuna solo perché quella era una caratteristica del Malfoy arrogante che avevo conosciuto fino a quel momento, e non di quello che credevo di star imparando a conoscere.
Evidentemente era stato un grossolano errore da parte mia, ritenere che fossero due persone diverse e non due facce della stessa medaglia. Solamente poiché mi faceva vedere aspetti di sé che non mi aveva mai mostrato, non significava che si fosse trasformato in tutt'altro, e io avrei dovuto capirlo prima.
Aveva preso poi a scrivermi regolarmente. Difficilmente le sue lettere contenevano delle scuse, era troppo orgoglioso per scusarsi nero su bianco e per aprire il proprio cuore, o forse pensava di averne già dette abbastanza al Castello. Piuttosto mi scriveva su come passasse le giornate, su cosa facesse con gli altri durante le lezioni, sulle uscite ad Hogsmeade adesso che c'era la neve, sulle partite di Quidditch, e sui progressi che faceva il Veritaserum.
Mi aveva raccontato di un'epica battaglia di palle di neve che avevano fatto una domenica mattina sulle sponde del Lago Nero, e di come l'avessero costretto a provare a pattinare sul lago ghiacciato. Non avevo potuto che ridere quando avevo letto della sua accidentale caduta che gli era quasi valsa una rottura dell'osso sacro.
Dalle sue parole era stato anche sinceramente dispiaciuto di come i Grifondoro avessero perso con i Corvonero il sette dicembre, ma era stato colpito dalla velocità e dalla capacità di Lily di prendere il Boccino quando aveva capito che bisognava rimediare alla scarsezza della mia sostituta per contenere i danni.
Scriveva anche delle ronde notturne che faceva, e che una volta aveva quasi beccato due ragazzini del secondo anno, una di Grifondoro e uno di Serpeverde, - "Sembrano noi, tranne per il fatto che questa ha la pelle più scura della tua e i capelli castani" - che si aggiravano nei pressi dello stesso piano in cui stava preparando il Veritaserum. Li aveva mandati a letto levandogli cinquanta punti ciascuno, inflessibile come al solito.
Il punto era che non me la sentivo di rivederlo, per il semplice motivo che se l'avessi fatto, tutta la tristezza che provavo nello stare lontana da lui si sarebbe trasformata nuovamente in rabbia.
Non volevo fare la parte della nevrotica, ma la mia vena Granger mi impediva di fargliela passare liscia così facilmente, anche se avevo sbagliato più io che lui. Volevo stare di nuovo in sua compagnia, baciarlo, anche, ma per farlo avrei prima dovuto affrontare l'argomento, e sapevo di non poterlo fare senza litigare, perché noi eravamo fatti così, litigavamo per qualsiasi cosa.
Non che avessi molta scelta, dato che a momenti l'avrei rivisto. Cosa avrei fatto? Come mi sarei comportata? Che cosa dovevo dire per tutto il tempo in cui saremmo stati soli?
Mi pentii improvvisamente di non aver risposto mai neanche ad una delle sue lettere, troppo furibonda e altera per scriverne una io. Avrei potuto mantenere almeno un rapporto decente se l'avessi fatto, invece di tagliare i ponti tra di noi e subire il trauma di ritrovarmelo davanti senza preavviso.
Mi ricordai anche che non avevo neanche letto la lettera che mi aveva inviato con la Pozione Polisucco, ma ormai poco ci potei fare, dato che lui e Teddy si Materializzarono nel mio salotto.
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