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GIUNGLA ELETTRICA (3)

MARCO Eccola lì che ballava da sola. Mi avvicinai lentamente levandomi gli altri di dosso. Riconobbe il mio viso in un attimo e io le ero sempre più vicino. Poi la stanza divenne buia e partì un gioco di laser verdi e rossi. Tracciavano traiettorie perfette nell'aria, un ricamo apparente che s'intreccia e si snoda su di noi. La luce tornò rossa e poi viola e recuperai i suoi occhi.

- Ti ho trovata per puro caso. - dissi provando a mantenere un tono di voce che ricordasse un bisbiglio e non un urlo nel trambusto generale.

- Sono io che ho trovato te - rispose Anna, - hai qualcosa di diverso. Cambiato look?

- No, forse saranno i capelli. Ho deciso di venire qui all'ultimo secondo...tornavo dalla palestra, non mi sono pettinato. Forse è questo.

- Già...- disse avvinghiandosi alle mie spalle, - stai bene da scompigliato.

Non avevo nulla da obiettare, la baciai.

ANNA Gli tocco le tempie, sono calde. Tra le dita scorrono i suoi capelli e mi prende per la vita e poi scende a toccarmi il sedere e ci baciamo. Un periodo di stasi ci avvolse e la musica era sempre la stessa? Un pezzo in loop? O come diceva una delle mie compagne di corso che la musica elettronica è tutta uguale e che serve solo a dare la carica quando si è depressi o si ha una gran voglia di fottere.

- Andiamo - disse lui.
- Dove?

Marco non rispose ma continuando a ballare ci trovammo nei pressi dei bagni.
Scelsi quello delle donne. Saltammo la fila. Sotto gli occhi di un paio di stronzette pallide e ubriache che si stavano pisciando addosso entrai con lui.
Ultimo cesso in fondo a destra ed eravamo già seminudi. Gli annusai i capelli mentre teneva la faccia premuta contro il mio seno. Alzando la testa rimasi accecata dal faretto di luce bianca. Ce n'era uno per ogni bagno e pensai a quanto fossimo orrendi sotto al chiaroscuro di un'illuminazione così sparata ma che in fondo non importava. In un attimo mi trovai seduta tra le sue braccia che mi tenevano in alto. Quasi mi scottai con la testa sempre più vicina al faretto. La neo eletta Icaro del Club Sirena. Dall'alto, oltre i divisori di legno del bagno, vedevo le altre ragazze. Sedute sul cesso, impegnate a ravvivarsi con l'asciugatore, nauseate nel loro stesso vomito, le vedevo tutte.

AMALIA Nel riflesso dello specchio, in bagno, ronzavano tutte intorno le belle ragazze che entravano e uscivano. Chiesi da accendere a un paio di loro ma nessuna fumava o avevano la sigaretta elettronica. Andai nella sala del gioco d'azzardo. Alcuni dei clienti nella mia lista si stavano azzuffando intorno alla roulette inglese. A quanto pareva il croupier aveva barato consegnando una quota di fiches minore al numero vincente.
Giordano balzò fuori dalla mischia e disse:

- Peccato che in giorni come questo non ci sia anche la roulette russa.
Mi accese la sigaretta.

- Spero che non la mettano mai - risi, - insomma ho bisogno di loro per lavorare. Devo fare numero.

- Bei numeri, sempre bei numeri ti servono. Per continuare...intendo.

- E tu? Stai lavorando in qualche altro locale?

Intanto la rissa andava sfumandosi. Mirko, uno dei buttafuori ne aveva presi un paio afferrandoli per il colletto della camicia.

- No, per il momento no. Ti va di bere qualcosa?

GIORDANO Ordinammo due gin tonic. Amalia era ancora troppo giovane per capire che è uno schifo avere a che fare con le persone. Ricordava me qualche anno prima.
Il numero delle ragazze stava scemando nel locale. Ora era un sessanta percento uomini. Mi era passata la voglia di provarci con qualcuna. Troppo impegnativo o stavo iniziando a perdere colpi. Passata una mezz'ora al bar simulai una perdita di lucidità:

- Mh mh Amalia vuoi divertirti?

Lei non parve alterata dalla mia richiesta.

AMALIA Una caduta di stile enorme accentuata ancor di più dal suo falso stato di incoscienza. Come se la' dentro nessuno sapesse che per fare ubriacare Giordano ce ne volevano cinque o sei di gin tonic.
Intanto la barista continuava a servire.

- L'hai vista quella?

- Sara dici? La bartender? Rispose Giordano.

- Si, la trovo una gran pezzo di figa.

- Mh, si. Lo è. Carina.

- Me la presenti?

- La conosco solo di vista. E' stata appena assunta.

- Peccato - dissi, - allora dovrò fare tutto da sola.

MARCO Sgattaiolammo via dai bagni sotto sguardi indiscreti di qualche cretina brilla. Ci misi un po' a ricompormi, avevo ancora il durello. Forse mi ero macchiato sul bermuda o sulla camicia ma non importava nell'oscurità imperante.
Salutai Anna come si saluta una collega, né con distacco né con affetto. Lei disse che ci saremmo risentiti. Non avevo niente da aggiungere. La abbracciai un'ultima volta e mi ricongiunsi con Amalia e Giordano, stavano ancora bevendo.

- E tu che ne pensi di lei? Mi chiese uno dei due indicando la tipa di prima che preparava i cocktails.

- E' una bella ragazza...senza dubbio - risposi con l'ultimo briciolo di libido che mi restava in corpo.

MICHELE Una goccia di sangue rende l'erba...
E di colpo ricordai che era una frase presente nel pezzo "Dreamcast" di Blank Banshee.
L'aveva messa il deejay in quel momento. Fu una piacevole sorpresa. Dopotutto non era proprio da buttare quella serata al Club Sirena. Tra una boccata d'aria fresca fuori dal locale, un giretto nel privè col drink in mano e l'accasciarsi su buona parte delle poltroncine, ebbi modo di scambiare due parole con un tipo che studiava Ingegneria meccanica. Disse che in realtà non era quel che avrebbe voluto fare davvero o una cosa del genere.
Mia sorella si fece viva dalle parti dei tavoli da blackjack.
Aveva l'aria sconvolta.

- I giochi di carte sono ipnotici - disse.

Non risposi. Mi limitai a mostrarle l'orario sullo schermo del telefono.
In macchina non parlammo.
Percorsi strade vuote. Erano le sei di mattina.

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