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Campagna "Non una di meno".

Le origini.

Ispirato allo storico NiUnaMenos messicano ed argentino, "Non una donna in meno, non una donna morta in più", il suo grido di battaglia è la lotta contro la violenza sulle donne e la discriminazione di genere in tutte le sue forme, a casa, sul lavoro, in politica ed in ogni altro contesto.

Il Movimento in Italia.

Nel giugno del 2016 le pagine della cronaca d'Italia si riempirono dei dettagli su di un femminicidio avvenuto a Roma. Una ragazza di 22 anni, Sara Di Pietrantonio, uccisa il 28 maggio 2016 in una zona periferica di Roma, la Magliana. Il suo ex la perseguitava morbosamente e non accettava la fine della loro relazione. La narrazione mediatica diventò sempre più assurda, alternando articoli "l'ha uccisa perché l'amava troppo" a toni più vittimistici dell'assassino.

Il 2 giugno 2016, il giorno in cui in Italia si celebra la nascita della Repubblica Italiana, un folto gruppo di donne è andato in via della Magliana, nel luogo dove si era consumato il femminicidio. Nessuna cerimonia, ma tanta rabbia e tanti cartelli. 

Not in my name, l'assassino non è un malato ma il figlio sano del patriarcato, ti amo da vivere, amateci di meno, questa è guerra contro le donne e noi risponderemo!.

Non una di meno nascerà ufficialmente dopo la manifestazione femminista nazionale del 26 novembre. Una marea di gente ha invaso le vie del centro di Roma, 200.000 persone da tutta Italia e non solo hanno voluto portare in piazza i loro corpi.

Da lì ci sono stati i lavori per la scrittura del piano nazionale femminista contro la violenza.

"Il Piano è un documento di proposta e di azione, frutto della scrittura collettiva di migliaia di donne e soggettività alleate, che parte dalla messa in comune di esperienze e conoscenza e che prende le mosse da una metodologia intersezionale, che intende cioè analizzare le forme di oppressione che si innestano sulle differenze sociali, di origine, di classe, di identità di genere e sessuale, abilità e età."

"Per prevenire la violenza è necessaria "una narrazione femminista e transfemminista" – perché i media svolgono un ruolo strategico nell'alimentare o contrastare la violenza, necessario, dunque, eliminare la rivittimizzazione secondaria attraverso i media, eliminando a monte le narrazioni tossiche."

Per cosa si batte.

Non una di meno si batte per la libertà della donna, continuamente minata e sempre più sotto attacco. Un esempio banale? I femminicidi. Nonostante il numero sempre crescente di vittime, le istituzioni non hanno ancora preso coscienza e fatto nulla di concreto per poter arginare il fenomeno. L'obiettivo è anche quello di parlare di indipendenza economica e di battersi per l'autodeterminazione, la salute, la libertà di scelta, il lavoro, l'educazione, le pari opportunità.

Non una di meno è scesa in piazza anche contro la strumentalizzazione della violenza di genere in chiave razzista.

Non una di meno delinea le mappe desideranti della città femminista, perché per creare spazi e tempi di vita sani e sicuri è necessario recuperare i cosiddetti quartieri abbandonati, aumentare i luoghi autonomi, riprogettare e risignificare i territori urbani partendo dalle esigenze delle donne.

"Libere dalla violenza economica, dallo sfruttamento e dalla precarietà", perché per superare la violenza di genere nella crisi occorrono strumenti e misure in grado di garantire l'autodeterminazione e l'autonomia delle donne, antidoti alla violenza data da dipendenza economica, sfruttamento e precarietà. La risposta per Non una di meno è un salario minimo europeo e un di base, dunque incondizionato e universale, slegato dalla prestazione lavorativa, dalla cittadinanza e dalle condizioni di soggiorno. Mutualismo e solidarietà contro le ritorsioni datoriali, contro i ricatti, le molestie, le discriminazioni e ogni forma di violenza dentro e fuori i posti di lavoro.

E Non una di meno si è mobilitata anche per rispondere a chi, come Pillon, vorrebbe utilizzare proprio il ricatto e la dipendenza economica per riaffermare la famiglia come ordine gerarchico patriarcale, quando sarebbero necessarie politiche a sostegno della maternità e della genitorialità (realmente) condivisa, con estensione incondizionata delle indennità di maternità, di paternità e parentale a tutte le tipologie contrattuali.

Chi c'è dietro "Non una di meno"?

Ci sono le donne di Io Decido, rete romana di attiviste che si erano mobilitate in ospedali, strade e università. Ci sono le donne di Unione donne in Italia, nate tra il 1944-1945. Erano in prima linea per la lotta della conquista dei diritti al voto, all'istruzione, al lavoro, e poi l'aborto, i consultori, la violenza sessuale. E ci sono anche Donne in Rete, unica rete italiana a carattere nazionale di Centri Anti-violenza non istituzionale e gestito da donne. 

Dalla provincia al mondo intero. Nell'ottobre del 2017, con due milioni e trecentomila tweet nel mondo, la valanga #metoo metteva in crisi un sistema di potere che fondava sul silenzio delle donne la legittimazione di abusi e molestie. In un periodo storico che vede l'emersione a livello globale di nuovi autoritarismi e fascismi il #metoo si è configurato come una presa di parola delle donne in tanti paesi e in tanti ambiti delle loro vite.

Come trasformare la narrazione in uno strumento capace di cambiare in modo efficace i comportamenti quotidiani e i rapporti di forza odierni? Una risposta lanciata da Non una di meno verso lo sciopero femminista dell'8 marzo dello scorso anno è stata il #WETOOgether, una presa di coscienza di un movimento che eccede l'esistente, attraversa frontiere, lingue, identità per costruire nuove geografie solidali.

E il 23 novembre 2019 la marea femminista è tornata per le strade di Roma a manifestare contro la violenza patriarcale, economica, istituzionale. Il corteo ha anche ricordato un ultimo dato sconcertante che è saltato alla ribalta negli ultimi giorni. Ogni quarto d'ora, in Italia, una donna è vittima di violenza. Ottantotto donne al giorno subiscono maltrattamenti, abusi sessuali, vengono picchiate. Questi sono i dati agghiaccianti della polizia di Stato, in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Le vittime della violenza di genere sono italiane nell′80,2% dei casi, e gli autori sono italiani nel 74% dei casi. E l′82% delle volte chi fa violenza su una donna non deve introdursi con violenza nell'abitazione, ha le chiavi di casa o lei gli si apre la porta. È infatti quasi sempre il compagno o un conoscente.

E risponde a questi dati anche la politica, nello specifico il ministro dell'economia Roberto Gualtieri. Infatti pare sia pronto il decreto ministeriale per attivare il fondo per gli orfani di femminicidio. Lo annuncia su Twitter il ministro scrivendo: "I soldi non restituiscono l'affetto mancato, ma con 12 milioni da lunedì finanzieremo borse di studio, spese mediche, formazione e inserimento al lavoro".

Quello che invece speriamo noi è di svegliarci in un mondo dove la donna sia rispettata e tutelata e dove non ci sia bisogno di finanziare dei soldi per gli orfani di femminicidio. 

Fonti:

https://nonunadimeno.wordpress.com/

https://www.dinamopress.it/news/non-meno-un-movimento-eccede-lesistente/

https://www.panorama.it/news/cronaca/non-una-di-meno-cosa-fa/

https://www.money.it/Non-una-di-meno-cos-e-cosa-fa

Profili social "Non una di meno":

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