Giovani Wannabe
La messa in uso della macchina di Manuel simboleggia, nella pratica, un rito di passaggio più sentito della scelta e del conseguente acquisto della stessa.
Il colore - rosso brillante, quasi vivo- a Simone era parso scontato. Nonostante Manuel c'abbia messo delle ore a decidere, Simone non poteva che immaginarselo alla guida di un'auto rossa.
Forse per la simbologia del colore, o forse perché Manuel, in sé, restituisce da sempre l'immagine di un rosso palpitante, a tratti palpabile, Simone aveva accolto la notizia della scelta con un sorrisino un po' sornione, che, da solo, prendeva la valenza di mille e più cose non dette.
"E quindi?" s'era ritrovato a chiedere, gli occhi curiosi di Manuel fissi nei suoi, "ora dove si va? "
Eh, avrebbe risposto Manuel, dove si va?
Ma dove ti pare, gli avrebbe detto, che lasci il segno dovunque vai.
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Le mattine di Giugno conservano, per connotazione o per pigrizia, gli strascichi del freddo delle sere di primavera.
Nonostante ciò, l'albeggiare delle cinque del mattino trova Simone sveglio, accompagnato dal silenzio della villa dormiente e dal cinguettio di qualche uccellino estremamente mattiniero.
Il cielo non s'è ancora schiarito, macchiato da striature di rosa e d'azzuro che ricordano un po'delle pennellate lasciate di fretta su una tela umida, ancora al principio del suo potenziale.
Nel pallore della luce del mattino assonnato, spiccano il rosso lucido della macchinina di Manuel e Manuel stesso, i ricci ormai lunghi cadenti sulla fronte e due caffè alla mano, che lo aspetta seduto sul cofano.
E, nonostante dal primo incontro siano passati due anni o poco più - e una serie di eventi che avrebbero potuto riempirne dieci, di anni- il cuore di Simone reagisce sempre allo stesso modo: un palpitare efferato e immune a qualsiasi altro tipo di stimolo.
Il tutto peggiora drasticamente quando Manuel, fin troppo conscio, beffardo e bastardo, stira le labbra in un sorriso, scatenando nel petto del piccolo una sinfonia di percussioni a tratti quasi dolorosa.
"Finalmente", gli dice, la voce ancora roca di chi è sveglio da poco - la voce che accompagna Simone nei suoi sogni più torbidi- e gli allunga il bicchierino ancora tiepido.
Simone si siede accanto a lui, fa scontrare le loro spalle e resta lì, con le braccia che a tratti si sfiorano, "per una volta che ho fatto tardi io, oh".
Manuel gli tira un calcetto sulla caviglia, butta giù il resto del suo caffè e sale in auto in attesa che Simone lo segua, che tanto lo sa - lo sanno entrambi- che Simone si ritrova sempre a seguirlo.
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Le ruote macinano il grigio dell'asfalto senza sosta mentre il paesaggio spoglio scorre veloce contro i finestrini; le strade, insolitamente deserte, accompagnano l'avvento della periferia nuda che si lascia il caotico esistere di Roma alle spalle.
Simone ha lo zaino tra le converse sporche e l'irrefrenabile voglia d'immortalare le mani di Manuel mentre stringono il volante con una noncuranza terribilmente seducente, gli occhiali scuri gli coprono il viso e i primi raggi del sole gli si impigliano tra i ricci.
Simone si china e tira fuori la piccola istantanea che da un paio di mesi a quella parte ha cominciato ad accompagnare le sue giornate e, di conseguenza, quelle di Manuel.
Punta l'obiettivo e Manuel sbuffa, fa per cacciarlo via con la mano che un attimo prima stringeva il cambio,
"ma la vuoi fini'co ste foto? Sei diventato 'na persecuzione, tu e sta cazzo di macchinetta", gli dice, e Simone potrebbe anche credergli, non fosse per quel mezzo sorrisino che l'altro cerca di morder via.
Scatta, quindi, e intanto alza gli occhi al cielo, "Madonna Manuel, ma quanto rompi il cazzo".
La pellicola si colora poco a poco tra le sue dita trepidanti, ma ne bastano i primi contorni sfocati per far capire a Simone che quella diventerà, di lì a breve, una delle sue foto preferite.
La ripone al sicuro nella tasca esterna dello zaino e torna a guardare la versione di Manuel in carne ed ossa accanto a lui. Non se ne vergogna neanche più, ormai i suoi occhi sono abituati a percorrere il suo profilo tanto quanto Manuel è abituato a sentirseli addosso.
Ne sente il bisogno.
Lo sentono entrambi.
I finestrini tirati giù lasciano entrare un vento deciso, ormai tiepido, che s'aggroviglia tra i ricci di Manuel e gli solletica le ciglia; all'ennesimo tentativo stizzito e inconcludente di intrappolare le ciocche dietro le orecchie, Simone gli passa un elastico che aveva messo attorno al polso apposta per lui, "ma ti vuoi decide'a tagliarti 'sti capelli?"
Manuel lo guarda per qualche secondo di troppo, scansa via l'elastico e porta gli occhiali sulla fronte a fermare i riccioli. Incurante dei danni provocati alla salute mentale di Simone, gli lancia un occhiolino e si gira di nuovo verso la strada.
"Che c'è, n'te piacciono i capelli lunghi?", gli chiede, provoca, ché ormai non riesce a farne a meno, delle guance del piccolo che s'imporporano a causa sua.
Ci dedicherebbe le giornate, a far arrossire Simone.
Lo bacerebbe via, quel rosso dalle sue guance.
Simone, per tutta risposta, si morde le labbra regalando a Manuel una stretta al cuore e un'altrettanto insistente fitta al basso ventre.
Incespica un po' con le parole, il piccolo, gli scivolano via in un sussurro morbido al quale non crede neanche lui stesso, "non sono i capelli Manu, sei te che sei brutto".
Manuel ride, spinge sull'acceleratore quel tanto che basta per far rombare il motore e poggia una mano sulla coscia di Simone, "facciamo che ti credo".
Il silenzio è pregno e l'aria profuma d'erba tagliata, l'odore del mare è ancora lontano, così come il cianciare dei bagnanti.
Simone sente la pelle bruciare sotto la presa ferma di Manuel che ancora si stringe attorno alla sua gamba. Le mani, tristemente vuote, formicolano, attratte insistentemente dal ragazzo al suo fianco.
Basterebbe così poco, così poco, ad afferrare quel polso sottile, per suggerire a quella mano ferma di scivolare più su; Simone riesce perfino a percepirne la sensazione, se si sforza abbastanza.
Si sente quasi affogare, dalla voglia e dal caldo, da Manuel, Manuel, Manuel, che continua a tormentarlo con il più semplice dei gesti.
Si sporge allora in avanti, verso la radio, un tentativo disperato di distrarre i pensieri.
Manuel, però, è di tutt'altro avviso, ed è lui stesso ad afferrare il polso di Simone in una mimica quasi ironica dei pensieri del piccolo.
"O'sai come funziona Simò, è chi guida che sceglie 'a musica".
"Ancora?"
Manuel alza le spalle, "che voi oh, sei te che m' hai fatto vede' Supernatural"
"Ma non per farti monopolizzare la radio!"
"Monopo-ché? Ma 'o vedi che non sai manco parlà? Poi pretendi de mette' a musica nella macchina mia. Ma vedi d'annattene va"
"E dove me ne dovrei andà?"
"Eh Simò, n't'o 'o posso dì, altrimenti t'incazzi e rompi le palle tutto il giorno".
E la tensione svanisce, resta soltanto Manuel, ironico e pretenzioso, fastidioso e terribilmente bello.
E stronzo, talmente stronzo che il più delle volte Simone neanche lo capisce se ha più voglia di baciarlo o prenderlo a pugni- qualsiasi cosa, pur di chiudergli quella boccaccia indisponente e bellissima.
"Ma che infame", gli dice, incrocia le braccia al petto e finge di non cullarsi nel trillare della sua risata.
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Simone ha le margherite sui bermuda.
Manuel teme che il suo cuore non possa reggere ad una dose così alta di dolcezza.
L'ombrellone è stato piantato con non poche difficoltà, qualche crollo improvviso ed un tentato volo di fuga, i teli stesi a metà tra l'ombra e il sole ormai bollente.
Accanto a lui, Simone strofina con parsimonia le mani sulle spalle, intento a spalmare quanta più crema possibile sulla sua pelle nivea.
Manuel, d'un tratto, vorrebbe farsi lozione.
Affonda le piante dei piedi nei granelli di sabbia che gli scottano le dita, fissa gli occhi sull'orizzonte luccicante e inspira forte, l'aria è di salsedine e pelle calda e Simone.
Il sangue quasi gli ribolle quando si volta, accolto dall'immagine del piccolo ormai steso accanto a lui, le ciglia scure e le guance rosse, le labbra leggermente dischiuse.
Indecente.
Simone è indecente nella sua bellezza sfacciata.
Oppure, forse, è soltanto la mente di Manuel a non conoscere freni alcuni.
Gli risulta impossibile guardare altro che non sia Simone, e nel mentre del suo contemplare, Simone schiude leggermente gli occhi, lascia a quelle pozze scure la libertà di luccicare al sole.
"Che guardi Manu?", e la sua voce sembra miele.
Manuel affonda una mano tra quei ricci morbidi, ne carezza la consistenza con le dita, si bea del lieve inarcarsi della schiena del piccolo per seguire le sue coccole,"sei bello Simó".
Puntuale, il viso di Simone si tinge di rosso, così come il collo, le clavicole, il petto.
Manuel si sente morire.
I bermuda gli si fanno stretti.
"Vado a fa' il bagno"
E non fa niente che l'acqua è fredda.
Anzi, meglio.
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Manuel sta per tornare a riva quando Simone fa il suo ingresso in acqua e sortisce su di lui l'effetto di piantarlo lì, immobile, quasi ancorato al fondale, mentre fissa le onde sfiorare lentamente l'addome del piccolo in una carezza perpetua e beffarda.
Simone gli sorride, dolce contro il sale, e piano piano s'avvicina con le spalle già scottate.
"È fredda", lamenta, mette su un broncio adorabile che Manuel vorrebbe leccar via. Gli accarezza una guancia morbida, con una tenerezza che non credeva appartenergli, "sei te che te sei bruciato, Simò".
Simone, se possibile, s'imbroncia ancor di più, s'accoccola sul suo palmo e punta quegli occhioni grandi grandi su di lui, "ma sono rimasto all'ombra!"
"Che voi, sei delicato".
"Io non sono delicato"
"Dillo alle tue spalle Simó"
"Le mie spalle sono grandi!"
"Le tue spalle saranno pure grandi, ma stanno peggio de n'aragosta bollita".
Evidentemente, Simone deve rendersi conto dell'inutilità di controbattere all'ovvio. Tale presa di coscienza non gli impedisce, però, di lanciarsi su Manuel nel tentativo sadico di portarlo a svuotare il mar Tirreno a sorsate.
Manuel, giustamente, non riesce, ma nel suo dimenarsi si ritrova, in qualche modo, arpionato ai fianchi di Simone.
L'acqua salata gli pizzica gli occhi, e forse è a causa dell'euforia, o della carenza d'ossigeno, che Manuel si trova a sporgersi verso quella pelle candida, lasciando un morso ben marcato su quei fianchi tanto belli da far girar la testa.
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"Ancora co' sta macchinetta, Simó?"
Ormai fatta sera, il sole s'appresta a terminare la sua le lenta discesa verso il mare in un'esplosione di toni d'arancio dalle ombre lunghe che alterano i profili dei ragazzi, infine soli, su quella piccola spiaggetta di periferia.
Disteso sulla schiena, Simone sbircia tra le foto nate da quella giornata, un' alternanza di paesaggi e Manuel scorre tra le sue dita e porta un ennesimo sorriso a nascere sulle sue labbra.
Manuel, di fianco a lui, siede con la schiena ritta e i gomiti poggiati alle ginocchia. Dalla sua posizione, Simone riesce a malapena a scorgerne la punta del naso, la mascella tagliente, la curva forte delle spalle scurite dal troppo sole.
Quasi gli manca il fiato.
Lo spinge leggermente, punta un piede tra le scapole e lo ricopre di sabbia, tanto che Manuel si gira verso di lui per pizzicargli un fianco, lo stesso che ancora porta il segno dei suoi denti.
Le dita si soffermano poi sulla pelle di Simone, ne tracciano la morbidezza, percorrono la sporgenza del fianco e restano lì, il pollice fermo nell'incavo del bacino a tracciare piccoli cerchi che fanno tremare Simone fin dentro l'anima.
Simone, che avvolge il polso di Manuel tra le dita e continua a fissarlo, mentre le foto abbandonate sul suo petto catturano l'attenzione di Manuel, "ma quante me ne hai scattate?"
"Volevo ricordarmi del mare"
Manuel picchetta su una foto, all'altezza dello sterno di Simone, "questo so io Simó, no er paesaggio".
Sotto i suoi occhi, il pomo d'adamo di Simone s'alza è s'abbassa in un disperato tentativo di deglutire. Manuel si china ancora di più, poggia il peso sui gomiti e porta i palmi delle mani intrecciate a far da cuscino alla nuca di Simone che, intanto, sembra aver perso completamente la parola.
Dolcemente, Manuel fa scontrare i loro nasi, risale il volto di Simone e gli bacia un sopracciglio, si sposta su uno zigomo bollente, giù fino al lobo dell'orecchio che cattura fra i denti in una morsa ferma.
Simone, sotto di lui, trema.
I piedi scivolano sulla sabbia mentre tenta d'aggrapparsi a lui, sussulta, geme contro il suo orecchio e porta Manuel sull'orlo della pazzia,"Simone, Simone, se non la smetti non rispondo di me".
Simone geme di nuovo, gli graffia la schiena, "Manuel".
Quasi singhiozza, quando Manuel lascia scivolare una gamba tra le sue cosce, gli occhi stretti e lacrimanti costretti a riaprirsi dalla voce quasi ringhiante di Manuel che, repentino, scosta una delle sue mani per stringerla attorno a quella gola candida, sussultante sotto il suo palmo, "mi devi guardare Simone, devi guardare me".
Simone apre gli occhi e affoga nella disperazione che trova a riempire quelli di Manuel, fissi sul suo volto ormai in fiamme. Le dita tra i suoi ricci stringono la presa, la gola s'allunga e si offre alle labbra di Manuel che vi si avventa affamato, morde, marchia.
"Lo devono sape'che sei mio Simó. Solo mio."
La mano attorno alla gola stringe di più, la gamba stretta tra le cosce di Simone si spinge più in alto, si presta passiva ai piccoli movimenti quasi involontari del bacino del piccolo che l'accoglie con sussurri e gemiti soffocati contro la guancia di Manuel.
"Bravo Simò, sei bravissimo. Fammi vede' come vieni per me. Sei così bello, così bello, non vedo l'ora di fare l'amore con te".
Se non fosse distrutto, Simone proverebbe almeno un po' di vergogna per la velocità con cui raggiunge l'orgasmo.
Manuel se lo stringe addosso, gli bacia le ginocchia ancora tremanti, i ricciolini sudati, lascia che Simone sonnecchi sul suo petto accompagnato dalle sue carezze.
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Il viaggio del ritorno è accompagnato dal fresco della notte.
Manuel non ha smesso un solo istante di sfiorare Simone, disegnando cerchi delicati sulla pelle tenera dell'interno coscia.
"Non m'hai più risposto Simò"
"A cosa?"
"Perché ci sono io nei tuoi paesaggi? "
Simone gli sorride, sposta la propria mano sulla sua, "tu sei tutti i miei paesaggi Manu, tutti i posti che non ho visto".
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Liberamente ispirata all'omonima canzone dei pinguini.
Vorrei anche dire che io il fandom in Italiano non lo so fare, perché volevo farli sc*pare sul serio MA NON SO DERCRIVERE QUINDI MI DISPIACE se volete ho un sacco di p*rno sull'Enjoltaire.
:)
Tell me what you think? Luv ya. ❤️
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