21
La classe di Giorgia era in pullman assieme a un'altra sezione, dopo tre giorni intensi per Firenze. Erano partiti già da una buon'ora e mezza e diversi ragazzi stavano già dormendo saporitamente, gli altri perdevano tempo dibattendo di calcio e musica e poco altro. Molte ragazze erano semplicemente testa contro testa, ascoltando musica e condividendo le cuffie.
Giorgia era appoggiata al vetro e guardava la strada che scorreva affianco a lei. Non pensava a nulla di particolare, erano più che altro una serie di pensieri che comparivano e scomparivano in un attimo, intervallati da frammenti di frasi che esplodevano ogni tanto sul mezzo. Diletta, a fianco a lei, si guardava le scarpe cercando di cancellare con le dita i segni sulla gomma bianca.
«Ti pagherai veramente solo la gita e poi smetterai?» chiese a Giorgia, improvvisamente.
«Sì, questa roba mi ha portato solo casini».
«Vic ti adora, per lui sei perfetta, certe cose non le ha mai dette nemmeno Ezzy. E non sai quanto mi scocci».
«Non cambierò idea. Se penso che tutto è nato per Luca…» rispose sospirando.
«Ancora giuro non capisco come tu riesca a non detestarlo con tutto il tuo corpo».
«Troppo complicato, troppo… Diletta, tu non hai fratelli, vero?».
«No, e nemmeno ne voglio».
«Lui ha fatto tutte queste cose pessime, ma è l’unico pezzo di famiglia sano che ho».
«”Sano” mi sembra una parola eccessiva».
Avrebbe voluto rispondere, quando dietro di lei aveva sentito di nuovo nominare Luca in termini non proprio dolci. C’erano Maria Giulia e Vanessa: erano state contattate da Luca. Giorgia sporse l’orecchio verso il sedile posteriore, ma tempo un minuto e fu Vanessa a scoprirla.
«Sì, Gio, stiamo parlando di quel puttaniere di tuo fratello, lo sai cosa ha avuto il coraggio di fare?».
Giorgia si sporse, in ascolto. Fu affiancata in un attimo da Diletta, guardata male da Vanessa, che riprese:
«Ha avuto il coraggio di chiamarmi, di chiedere come andava, se la gita stava andando bene, e poi alla fine, questa faccia di bronzo maledetto, ha chiesto il numero di Julia!».
«E poi,» aggiunse Maria Giulia, «tempo cinque minuti e ha fatto la stessa cosa con me, sputata sputata, ci è mancato veramente poco che lo insultassi pesantemente».
Giorgia non fece altro che dire «Mi dispiace molto che continui a darvi il tormento» poi volse lo sguardo a Julia che se ne stava pacifica affianco ad Emma.
****
Chiara era in punizione per le balle sull’andamento scolastico e sulla mancata gita, ma questo di fatto non le aveva cambiato di molto la vita. La sua camera era il suo orizzonte. I libri il suo rifugio.
I genitori, il giorno precedente, le avevano detto dell’imminente colloquio, e lei aveva semplicemente fatto spallucce, tanto, peggio di così non le poteva andare. Sentiva un malessere sordo e diffuso, dentro al suo corpo. Un malessere che pareva non abbandonarla mai.
Era alle prese con New Moon, ma ce l’aveva appoggiato sulla faccia, in un momento di apatia totale, stesa nel letto, quando era suonato il telefono da un numero sconosciuto.
«Pronto, Chiara?».
Quella voce, non poteva essere lui! Si sentì quasi paralizzata, tanto da faticare a dire «Sì».
«Ciao scusa, sono Luca, il fratello di Giorgia. Scusa se ti disturbo, scusa veramente. E inoltre vorrei anche scusarmi per il comportamento inqualificabile nei mesi precedenti. Dopo il compleanno di Giorgia ho chiesto a lei di aiutarmi con te, ma mi ha fatto capire che… beh lo hai visto anche il martedì dopo, avrei voluto un aiuto. Mi ha fatto capire che non eri minimamente interessata. Però poi ho capito che Giorgia è una ragazza molto gelosa, e che macchina alle spalle. Ecco, per questo volevo dirti ancora scusa per quanto è successo. Giuro non era mia intenzione».
«O-ok» si limitò a ribattere Chiara, rivivendo per la millesima volta quei momenti, e soprattutto la foga con cui lui l’aveva scacciata quando aveva visto la sorella entrare dalla porta.
Era disillusa, era ferita, ed era colma di malessere a tal punto che se anche lui fosse stato sincero, lei mai avrebbe permesso di avvicinarla di nuovo.
«Magari nei prossimi giorni, se ti va, con il tempo che migliora, facciamo un salto a bere un caffè, o quelle cose che piacciono a voi, gli smoothie, si chiamano così?»
«Sì».
«Bene, ne sarei un sacco felice, per farti capire che sono pentitissimo, anche se ripeto che non è dipeso da me! E poi, con i tuoi tempi, potremo instaurare per lo meno una amicizia onesta».
«Sì, magari a primavera».
Le risposte secche e senza molto sentimento, convinsero Luca che il piano non avrebbe dato i frutti desiderati, così forzò la mano.
«Senti Chiara, come sai la nostra azienda sta operando una fusione con un gruppo olandese. A seguito di questo realizzeremo nuovo materiale informativo sia per loro che per noi. In qualche modo faccio parte del team di progettazione del materiale ed eravamo in cerca di volti che sintetizzassero questo connubio tra Nord Europa ed Italia. Avevo pensato a quella vostra compagna di origine polacca, che sta facendo i primi passi nella moda. Beh, pensavo fosse una buona soluzione, costerebbe molto meno di una modella di agenzia affermata. Ecco, non so se tu hai il suo contatto, oppure anche il contatto di chi si occupa della sua immagine, ma ecco… non so se lo conosci, forse è più facile che tu abbia il numero di lei… Julia, vero?»
«Sì».
«Se per caso lo avessi, ovviamente avvisala che mi hai dato il contatto, non voglio pensi che lo abbia preso chissà con quali metodi, ok?».
Chiara rivide la scena di lei con Luca, ma al posto suo c’era Julia, imbarbagliata dalle parole di lui e finita a fare cose che non avrebbe voluto fare.
«Ti… ti procuro il numero appena posso. Ho cambiato cellulare, e la rubrica è azzerata. Scusa».
«Ok, si certo, ci sta, magari conosci qualcuno che ha il suo numero» insistette lui.
«Si, magari trovo, magari ti dico entro breve» rispose lei, trattenendo a stento la definitiva rottura della voce.
«Certo, sì, certo, grazie Chiara!».
La chiamata si chiuse con un po’ troppi silenzi, mentre lei iniziava a piangere.
****
Il pullman era in vista del casello, Julia ricevette una telefonata che la ridestò dall’abbiocco che l’aveva colta. Chiara la stava chiamando.
«Ju, non rispondere, capito? Non rispondere, capito?!».
«Ma, come “non rispondere”? A chi?».
«A Luca, al fratello di Giorgia, non rispondere! Non rispondere mai! Lui… lui è solo un orco, un pedofilo, capito?! Lui vuole solo la tua anima, capito?! Ha già preso la mia, ma vuole anche la tua!».
«Ma che… ma Chiara, stai bene?».
«No, non sto bene, sono persa, sono vuota dentro, mi ha svuotata lui! Non rispondere, ok?! Non rispondere!».
«Chiara, devo chiamarti un medico? Ma veramente stai bene? Vuoi parlare, vuoi parlare un po?».
«No, è troppo tardi per parlare. Ma tu non rispondere!» le disse di nuovo Chiara, turbando Julia a tal punto che mise giù e subito Emma la guardò chiedendole se era tutto a posto.
«Chiara sta sbroccando, non so cosa sia successo, ma sta sbroccando» disse, alzandosi e dirigendosi verso Giorgia.
«Giò, Chiara mi ha chiamato, è partita di testa, ha detto che tuo fratello le ha succhiato l’anima» disse, con una specie di risatina nervosa. Non sapeva bene cosa aspettarsi da Giorgia, ma sicuramente una mano per spiegare quella scena assurda.
Giorgia e Diletta si erano guardate. La prima aveva assunto uno sguardo ansioso, la seconda si limitò a dire «Tadà! I nodi al pettine».
«Julia, è lunga da spiegare, ma Chiara ti sembrava veramente molto fuori? Cioè pericolosamente fuori?».
«In che senso?» chiese Julia, perplessa.
«Nel senso che possa fare qualcosa di grave. Tipo farsi del male da sola».
«Beh, era parecchio fuori di testa».
A quel punto iniziarono momenti agitati. Sia Julia che Giorgia provarono a chiamare inutilmente Chiara. Giorgia si alzò sui sedili e chiamò seccamente Ginevra.
«Ginny, vieni qua!» le intimò, ma questa gli fece il gesto dell’ombrello e si riaccomodò.
«Ginny, è una cazzo di cosa seria, vieni subito o ti sgozzo!» le urlò Diletta, facendo girare anche il professore di Educazione Motoria.
Ginevra alzò stancamente il sedere dal sedile ed arrivò al capannello.
«Chiama Chiara, prova».
«Perchè?».
«Non risponde e secondo me sta succedendo un casino, tipo che sta provando a… farsi del male».
«Ma sei sicura?» chiese Ginny cercandola in rubrica e facendo partire la chiamata, dopo diversi secondi, eterni, sospirò dicendo «Non risponde».
Memore di quanto erano state amiche fino a poco tempo prima, era corsa dall’autista, chiedendo quanto mancava e se poteva accelerare, era una questione estremamente importante. Qualcuno stava male.
L’autista diede poco peso alla cosa. Arrivò Giorgia a rincarare le richieste e, appena il pullman si fermò nel piazzare, le due ragazze schizzarono di sotto.
«Chi è venuto a prenderti?» chiese Giorgia.
«Jacopo con la minicar».
«Andiamo, dobbiamo schizzare a casa di Chiara, dirlo con i suoi!».
Jacopo rimase interdetto vedendo salire sul piccolo veicolo sia la sua morosa che la compagna. Ma al «Parti!» veemente di Ginevra, sgommò chiedendo dove dovessero andare.
«A casa di Chiara!»
«E dove cazzo è ‘sta casa di Chiara?!».
Ricevuto l’indirizzo, spinse al massimo, per quanto poteva, il veicolo. Si fermarono a destinazione, davanti al parco dove Chiara e Ginevra giocavano da piccole, quest’ultima non potè trattenere una lacrima pensando a quanto le aveva prospettato Giorgia.
Si appesero a campanello, non era tardi, ma i genitori risposero con l’aria di chi si era già appisolato da un pezzo davanti alla TV, per lo meno.
«Chiara, Chiara è in casa?! Non risponde al cell! Ci faccia salire la prego!» urlò Ginevra.
Il portone si sbloccò e loro salirono i gradini a quattro a quattro, ma già prima di essere davanti al portoncino di casa si accorsero che dentro stava succedendo qualcosa: il padre dava schiaffetti a Chiara cercando di svegliarla, mentre la madre terrorizzata la chiamava a gran voce.
Jacopo, che nella sua vita sportiva aveva visto almeno un paio di volte l’intervento d’emergenza dei sanitari, mantenne i nervi saldi e chiamò il 118 in un lampo.
****
Svariate pillole in un mix complicato da stabilire. Chiara uscì di casa in barella, con la maschera ad ossigeno. Seguita dai due genitori. Una volta chiuso il portellone dell’ambulanza, questa partì a sirene spiegate.
Giorgia e Ginevra iniziarono a piangere, Ginevra cadde in ginocchio, tenendosi le mani sul volto e ripensando a quanto aveva ignorato l’amica negli ultimi mesi. Giorgia ebbe la lampante dimostrazione che Luca non era la parte sana della sua famiglia, e lei non era stata in grado di accorgersene per tutti quei mesi.
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