2
L’auto di Luca era ripartita da un pezzo.
Giorgia si guardava allo specchio, mentre la madre era ancora fuori per la fine dei servizi. Che contrasto quel percorso dentro la BMW per poi scendere e ritrovarsi in quel modestissimo appartamento di periferia, davanti allo specchio, constatando il fatto che fosse oggettivamente diversa da tutte le sue compagne, oggettivamente meno alla moda, e decisamente meno provocante.
Il pensiero era subito volato a Diletta ed Emma, ma anche a compagne come Julia e Vanessa, che a scuola se la cavavano quasi come lei ma non avevano il minimo problema di appeal sociale. Problema che lei alimentava invece continuamente, con il suo essere cordialmente scostante.
Ripensò allo sguardo che aveva Luca quando era andato a scuola a prenderla, a come aveva osservato ben bene le sue compagne e tutte le altre liceali che le erano passate a tiro. Si, forse per un ragazzo di ventinove anni fare i raggi X a ragazze di quindici, sedici e diciassette, non poteva essere considerato motivo di merito. Ma dal punto di vista di Giorgia, il segnale era chiaro, come se lo era detto tante volte: erano quegli sguardi che le mancavano, che desiderava. Gli sguardi come quelli che Luca rifilava alle sue compagne, sguardi che lei non aveva mai ricevuto da nessuno a scuola ma nemmeno in giro quelle poche, anzi rare volte in cui era uscita.
La vita sociale di Giorgia non era di certo viva e florida come la maggior parte delle ragazze della sua età. Casa-scuola e viceversa erano le uniche attività, peraltro svolte sui mezzi pubblici deprimenti. Solo pochissime volte veniva stravolta questa routine, e di solito quando la mamma aveva bisogno di lei, quindi in buona sostanza meglio la routine.
Sospirò, convinta non avere un vero antidoto al problema: c’era chi nasceva appariscente, affascinante, o espansiva, che rischiava magari di sentirsi dare della zoccola a ogni passo; e c’era chi nasceva come lei, che poteva attirare l’attenzione solo nel momento in cui saliva su un’auto come quella di Luca.
Due giorni dopo, Giorgia, all’uscita trovò di nuovo il messaggio di Luca.
Luca: Ti porto a casa io tanto ero in zona.
E di nuovo invertì la rotta, e di nuovo incrociò Kevin ed Emma, in compagnia di Chiara.
«Giò anche oggi hai l’autista figo?» scherzò Emma.
«Chi?» indagò Chiara.
«Suo fratello, figo, con tanto di macchina, figa» replicò Emma, per poi aggiungere scherzando «Non è che ci porta a casa?».
«Posso chiederglielo» disse Giorgia a mezza voce, mentre scorse Luca sull’altro lato della strada, «Mi aspettate?».
Attraversò di corsa, sporgendosi dentro l’abitacolo, ma ebbe un momento di dubbio: era il caso di fare quella domanda? In fondo Luca già faceva un piacere a lei a riportarla a casa, lo avrebbe fatto anche per altri tre?
«Scusa. Ti andrebbe di accompagnare dei miei compagni?» chiese, indicandoli.
Luca diede loro un paio di occhiate.
«Ok, ma dietro in tre con gli zaini si sta un po’ stretti».
Giorgia si girò facendo il segno del pollice alzato. Gli altri tre attraversarono tutti felici. Kevin senza tanti complimenti aprì la portiera davanti.
«Gio non ti scoccia se mi metto davanti, vero? Tanto le donne non sanno apprezzare una macchina del genere fino in fondo» gongolò, sedendosi con un tonfo degno di un ippopotamo in uno stagno, «Appena me ne compro una, Chiara, sei la prima a cui faccio fare un giro».
Giorgia rimase in mezzo, tra Emma e Chiara che ridacchiavano. Luca diede un bello sguardo sul retro per poi proferire un gentile «Salve, dove vi porto?».
«A fare shopping! Paga Giorgia!» replicò Emma prendendola per le spalle e scrollandola allegramente.
«Ah, le ragazze!» replicò Luca, «Si dimenticano pure di mangiare se vedono la possibilità di fare shopping».
«Non generalizzare» si lagnò Giorgia.
«Hai ragione, Giorgia guai a fare shopping, vero!» lanciò una frecciatina Emma. Luca sorrise guardandola, poi lo sguardo scivolò su Giorgia che sembrava essere stata molto colpita dalla stoccata della compagna.
Quando i tre “ospiti” furono scaricati, Luca ripartì con Giorgia ancora seduta nel mezzo del sedile posteriore.
«Che ne dici di fare veramente shopping?» le chiese.
«Shopping? Ma non mi serve…»
«Gio, tranquilla, pago io».
«Ma il pranzo…?».
«Ci facciamo una bento box al sushi, se ti va» insistette lui.
Vagarono per il centro commerciale godendosi il vuoto delle primissime ore del pomeriggio. Giorgia rimase molto sulle sue, fino a che Luca non la spronò a parole.
«Giò, io ti vedo, come ti giudichi. Non hai considerazione di te. E come fai a diventare più socievole, più estroversa, se non parti da te? Prendi qualcosa. Qualcosa che faccia voltare le persone verso di te. Su!».
Giorgia si fece forza, guardò tante cose, ma alla fine non comprò nulla di veramente appariscente, per lo meno migliorò il suo umore.
Nel piccolo tavolino bianco di Naminobu, i due si lasciarono cadere, un po’ stanchi. Giorgia continuava a scorrere il menù avanti e indietro.
«Sei molto indecisa».
«Non sono mai stata al sushi» replicò lei, sulla difensiva.
«Bene, inauguriamo! Ti consiglio sempre le basi al salmone, i nostri palati sono più abituati. Sono buonissime anche le preparazioni veg».
Mangiarono con calma, scivolando di nuovo a parlare della socialità di Giorgia.
«Vedi, basta poco, qualche battuta per ridere. Non è necessario essere ironici, basta far ridere, anche di pancia».
Giorgia annuì.
«So come sei, sei cordiale, educata, ma tieni la gente un po’ a distanza. E pensare che hai delle compagne simpatiche, carine. Ci faresti facilmente amicizia, ma dipende molto da te».
«Lo so, ma non è così facile, per me. Non riesco proprio a cambiare il mio modo di essere».
«A volte basta poco» replicò lui, «un piccolo aiuto, anche. Cosa hai pensato di fare per il tuo compleanno?».
«Oddio, non lo so. Manca quasi un mese».
«Fai una festa. Una cosa per una ventina di persone. Quindici. Con pochi maschi, che sono quelli che fanno disastri».
«Ma io non sono in grado… e poi dove…?»
«Ho un appartamento sfitto, non è grande ma è carinissimo, dobbiamo farlo rivedere prima di un nuovo affitto lungo, se ti va, pensaci. Te lo meriti un compleanno come si deve, con un po’ di amiche. Finalmente un bel compleanno corposo, una festa come si merita una come te, che si impegna sempre. Pensaci».
«Grazie per il pensiero, ma non so».
«Non devi dirmelo adesso. Ma pensaci».
Poi Luca avviò una videochiamata, Giorgia fu ben felice di vedere il volto della madre, anche perchè il suo breve messaggio “tardo non preoccuparti” era stato un po’ vago.
«Giorgia! Sei con Luca…».
«Si, si, mamma, tutto ok! Sto tornando».
«Ma cosa hai fatto fino a quest’ora? Non avevi compiti, studio?».
«Abbiamo fatto acquisti!» replicò tronfio Luca, «Dai falle vedere un po’».
Lei timidamente mostrò le borse degli acquisti, la madre fece una faccia indefinita, quasi apprensiva, ma Luca propruppe in un sorriso allegro.
«Tranquilla, è andato tutto benissimo, non sono due magliette che fanno la differenza. E io ho trattato benissimo la sorellina, confermi?» chiese a Giorgia, che annuì.
Sotto casa, Giorgia scese, e si sentì in dovere di dire qualcosa.
«Mi dispiace per mamma, fa venire ansia, lo so».
«Tranquilla, per tutti è una cosa nuova, è normale. Vivila serena. Pensa piuttosto a quella cosa del compleanno, sorellina».
Lei si fece di nuovo pensierosa. Le sarebbe piaciuto, sarebbe stata una esperienza bellissima, ma a che prezzo organizzare tutto?
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro